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Decreto marchi: regole MIMIT per rilevare quelli di interesse nazionale
Con un comunicato di oggi 17 settembre il MIMIT specifica che il Decreto 3 luglio con Disposizioni in materia di tutela dei marchi di particolare interesse e valenza nazionale pubblicato in GU n 200 del 27 agosto, ha il fine di garantire la tutela dei marchi di particolare interesse nazionale e prevenire la loro estinzione, in attuazione della Legge “Made in Italy” (206/2023).
Con il decreto sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione della procedura di subentro, da parte del Ministero, nella titolarità dei marchi di imprese che cessano definitivamente la propria attività, per non disperdere il patrimonio rappresentato dai marchi del Made in Italy, registrati o per i quali sia dimostrabile l’uso continuativo da almeno 50 anni, che godono di una rilevante notorietà e sono utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati da un'impresa produttiva nazionale di eccellenza collegata al territorio nazionale.
Il MIMIT sinteticamente ha specificato che il decreto prevede due linee di intervento:
- la prima, che riguarda i marchi collegati a imprese che intendono cessare l’attività;
- la seconda, rivolta ai marchi per i quali si presume il non utilizzo da almeno cinque anni.
In relazione alla prima linea di intervento sarà emanato, entro 60 giorni, un successivo decreto ministeriale, con il quale sarà definita la modulistica, la data di avvio della procedura e le eventuali ulteriori indicazioni di carattere operativo che le imprese dovranno seguire.
Nel caso in cui la Direzione Generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l’innovazione, le PMI e il Made in Italy manifesti l’interesse a subentrare nella titolarità, l’impresa concederà gratuitamente il marchio con apposito atto.
Per la seconda linea di intervento, il MIMIT, in caso di accertamento della decadenza del marchio per mancato utilizzo da almeno cinque anni, potrà depositare domanda di registrazione del marchio a proprio nome e autorizzarne la titolarità alle imprese nazionali ed estere che intendono investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all’estero, mediante contratto di licenza gratuita per un periodo non inferiore a 10 anni.
Cessazione del marchio d’impresa: regole
Ai sensi dell'art 2 l'impresa titolare o licenziataria di un marchio registrato da almeno cinquanta anni, ovvero di un marchio non registrato per il quale sia possibile dimostrare l'uso continuativo da almeno cinquanta anni, che intenda cessare definitivamente l'attività di produzione del prodotto identificato dal predetto marchio notifica, alla direzione generale, il progetto di cessazione dell'attività almeno sei mesi prima dell'effettiva cessazione.
Il progetto di cessazione è redatto secondo il format che sara' definito con successivo decreto da emanarsi entro 60 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del presente decreto ossia dal 27 agosto.
Il progetto deve contenere, in particolare, l'indicazione degli effetti derivanti dalla cessazione, i motivi economici, finanziari o tecnici della stessa, nonché i tempi di chiusura e le strategie inerenti il marchio in questione, specificando che lo stesso non e' o non sarà oggetto di cessione a titolo oneroso prima della cessazione delle attività
Al progetto va altresì allegata la documentazione comprovante la titolarità del marchio o la legittimazione a disporre dello stesso.
La direzione generale, entro tre mesi dalla notifica di cui sopra, comunica all'impresa gli esiti dell'istruttoria volta alla verifica della sussistenza dei requisiti del marchio in relazione al particolare interesse e alla valenza nazionale dello stesso, manifestando l'intenzione o meno di subentrare nella titolarita' del marchio, nel caso in cui lo stesso non sia stato ovvero non sara' oggetto di cessione a titolo oneroso entro la data della cessazione dell'attivita'.
Nel corso del suddetto termine, l'impresa titolare non puo' disporre del marchio mediante cessione a titolo gratuito.
Il mancato riscontro formale da parte della direzione generale entro il termine di cui sopra si intende come manifestazione di non interesse a subentrare nella titolarita' del marchio.
Nel caso in cui la direzione generale abbia manifestato l'interesse a subentrare nella titolarita' del marchio, l'impresa
giuridicamente legittimata a disporne, entro i successivi due mesi, cede gratuitamente il marchio al Ministero, con apposito atto redatto secondo le disposizioni vigenti, anche mediante una dichiarazione di cessione o di avvenuta cessione firmata dal cedente e dalla direzione generale, con l'elencazione dei diritti oggetto della cessione.
La direzione generale, a seguito del subentro nelle ipotesi previste dal presente articolo, presenta all'Ufficio italiano brevetti e marchi la domanda di trascrizione ai sensi degli articoli 138 e 196 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, per comunicare la variazione di titolarita' del marchio.
I relativi oneri, ivi inclusi quelli di cui al comma 5, sono a carico del fondo di cui all'art. 25 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, con legge 15 luglio 2022, n. 91.
Deposito di domanda marchio inutilizzato
Con l'art 3 si prevede che la direzione generale, in relazione ai marchi per i quali presume il non utilizzo da almeno cinque anni che possano risultare di particolare interesse e valenza nazionale, provvede, nel rispetto della normativa vigente, a formulare istanza di decadenza del marchio all'Ufficio italiano Brevetti e Marchi ai sensi degli articoli 184-bis e seguenti del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.
In caso di accertamento della decadenza del marchio per mancato utilizzo, la direzione generale può depositare domanda di registrazione all'Ufficio italiano brevetti e marchi.Marchio cessato di titolarità del Ministero: come rilevarlo
L'art 5 prevede che l'impresa, nazionale o estera, che intende investire in Italia o trasferire in Italia attivita' produttive ubicate all'estero, interessata ad utilizzare uno o piu' marchi di titolarita' del Ministero compresi nell'elenco di cu all'art. 4, puo' formulare richiesta all'Unita' di missione, indicando gli elementi informativib inerenti il progetto di investimento, con particolare riferimento alle ricadute occupazionali.
A seguito di ricezione della richiesta 'Unita' di missione provvede, ai fini di trasparenza, a dare comunicazione sul proprio sito istituzionale della ricezione di manifestazione di interesse identificando il marchio oggetto
dell'istanza.
Eventuali ulteriori imprese che intendono investire in Italia o trasferire in Italia attivita' produttive ubicate all'estero,
interessate ad utilizzare un marchio per il quale sia stata gia' inoltrata all'Unita' di missione richiesta di utilizzo, presentano analoga richiesta entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della manifestazione di interesse di cui al citato comma 2.
Nei casi di cui sopra l'Unita' di missione procede, ai fini della concessione dell'utilizzo del marchio, ad una valutazione
comparativa di tutte le richieste pervenute riguardanti il medesimo marchio, sulla base dei seguenti criteri: entita' dell'investimento, ricadute occupazionali, settore di riferimento, localizzazione dell'investimento, tempi di realizzazione dello stesso.
L'Unita' di missione, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3, provvede a pubblicare gli esiti della valutazione comparativa di cui al comma 4 sul sito istituzionale e a comunicare, all'impresa selezionata, il riconoscimento del diritto all'utilizzo del marchio.
Nel caso in cui entro il termine non vengano presentate ulteriori richieste, l'Unita' di missione comunica il
riconoscimento del diritto all'utilizzo del marchio all'impresa che ha presentato richiesta entro trenta giorni dal termine
Il marchio viene messo a disposizione dell'impresa dalla direzione generale mediante contratto di licenza gratuita per un periodo non inferiore a dieci anni, rinnovabile.
In ogni caso, il contratto di licenza si risolve automaticamente, anche prima della
scadenza del termine di durata dello stesso, qualora l'impresa cessi l'attivita' o delocalizzi gli stabilimenti produttivi al di fuori dei confini nazionali.
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Codice proprietà industriale: in vigore le novità sull’imposta di bollo
Dal 23 agosto sono in vigore le nuove regole per l'imposta di bollo previste dalla legge n 102/2023 pubblicata in GU n 184 dell'8 agosto con modifiche al codice della proprietà industriale.
In particolare si tratta dei nuovi importi dovuti per l’imposta di bollo applicabile alle domande di concessione o registrazione di titoli di proprietà industriale, atti allegati e successive formalità, trasmesse telematicamente o consegnate su supporto informatico alle Camere di commercio e all’Ufficio brevetti e marchi.
Codice proprietà industriale: alcune delle novità
Come annunciato già dal MIMIT in data 19 luglio la riforma, approvata a larga maggioranza, rientra nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ed è di competenza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Il provvedimento, in vigore dal 23 agosto, prevede, tra l'altro, che anche in Italia, come nel resto dei principali Paesi occidentali, il brevetto originato dalla ricerca svolta dai ricercatori di:
- Università,
- Enti pubblici di ricerca,
- Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,
sarà di titolarità della struttura.
Ciò renderà più agevole i percorsi di trasferimento tecnologico ed anche di valorizzazione delle invenzioni.
Inoltre, con il nuovo articolo 65, si norma la disciplina delle invenzioni che sono generate dall’attività di ricerca finanziata dalle imprese sulla base di criteri che saranno fissati entro 60 giorni dal Ministero delle imprese e del Made in Italy di concerto con il Ministero dell’Università e della Ricerca.
Sinteticamente, si evidenzia che, tra le novità introdotte dalla riforma vi sono:
- la possibilità di ottenere una protezione ad hoc per i disegni e i modelli presentati nell’ambito di fiere, nazionali ed internazionali;
- l’attenzione alla lotta alla contraffazione, con la previsione della possibilità di sequestrare prodotti contraffatti esposti nelle fiere,
- il rafforzamento del sistema dei presidi a tutela delle indicazioni geografiche, patrimonio di fondamentale importanza per l’Italia, con l’ampliamento delle ipotesi in cui è possibile attivare il procedimento di opposizione contro marchi imitativi delle DOP, da sempre vanto del Made in Italy.
Altra novità importante è l’introduzione della possibilità di pagare le tasse di deposito dei brevetti non solo contestualmente alla presentazione della domanda di brevetto, ma anche successivamente, aspetto questo di particolare interesse per le imprese anche in un’ottica di attrazione degli investimenti.
Codice proprietà industriale: come cambia l'imposta di bollo
In merito alla imposta di bollo dovuta per la presentazione delle domande di concessione o registrazione di titoli di proprietà industriale, atti allegati e successive formalità, presso le Camere di commercio e l’Ufficio brevetti e marchi, con trasmissione telematica o consegnate su supporto informatico, si interviene con l'articolo 31 della legge.
Apportando all'articolo 1, comma 1-quater, della tariffa, parte I, di cui all'allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, l'articolo introduce le seguenti modificazioni:
- aumento da 42,00 a 48,00 euro dell'importo dovuto per ogni domanda di concessione o di registrazione di marchi d'impresa, novità vegetali, certificati complementari di protezione e topografie di prodotti per semiconduttori (art. 1, comma 1-quater, lettera a));
- diminuzione da 20,00 a 16,00 euro dell'importo dovuto per ogni domanda di concessione o di registrazione di brevetto per invenzione, modello di utilità, disegno e modello ove alla stessa risulti allegatouno o più dei seguenti documenti:
- lettera di incarico a consulente di proprietà industriale o riferimento alla stessa;
- richiesta di copia autentica del verbale di deposito;
- rilascio di copia autentica del verbale di deposito (lettera a-bis));
- diminuzione da 85,00 a 80,00 euro dell'importo dovuto per ogni istanza di trascrizione e relativi allegati (lettera b));
- aumento da 15,00 a 16,00 euro dell'importo dovuto per ogni istanza di annotazione e per tutte le altre istanze diverse da quelle richiamate nei punti precedenti (lettere c) e d)).
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Diritto d’autore su software: i compensi per concessione d’uso sono canone
Con Principio di diritto n. 5 del 20 febbraio le Entrate forniscono chiarimenti sulla qualificazione di compensi per l'uso o la concessione in uso di software ai fini delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
In particolare le entrate ricordano innanzitutto che, secondo la legislazione italiana, le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, nonché i diritti sui programmi informatici sono tutelati dalla legge sul diritto d'autore (cfr. legge 22 aprile 1941, n. 633).
L'articolo 2, n. 8, di tale legge include tra le opere protette ''i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell'autore''.
Ai sensi dell'articolo 23, comma 2, lettera c) del TUIR', i compensi percepiti per l'utilizzazione di opere dell'ingegno si considerano prodotti nel territorio dello Stato se corrisposti da soggetti ivi residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti.
L'articolo 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 stabilisce che i compensi di cui all'articolo 23, comma 2, lettera c), del TUIR, corrisposti a non residenti, sono soggetti ad una ritenuta del 30% a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.
La normativa nazionale, spiega l'Agenzia, deve essere coordinata con quella convenzionale, ove esistente, la cui prevalenza sull'ordinamento interno è ammessa dall'articolo 169 del TUIR e dall'articolo 75 del D.P.R. n. 600 del 1973, oltre ad essere stata affermata dalla giurisprudenza costituzionale.
In particolare, l'agenzia specifica che, per quanto qui di interesse, rileva l'articolo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia rubricato ''Canoni'' (nella maggioranza dei Trattati conclusi dal nostro Paese, si tratta dell'articolo 12 corrispondente al medesimo articolo del Modello OCSE) che tipicamente include tra le ''royalties'', tra gli altri, i compensi corrisposti per l'uso o la concessione in uso di un diritto d'autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche.
Sul punto, il Commentario all'articolo 12 del Modello OCSE chiarisce, al paragrafo 12.2 che il carattere dei pagamenti in transazioni che riguardano il trasferimento di software dipende dalla natura dei diritti che il cessionario acquisisce, precisando altresì, che i diritti sui programmi di computer rappresentano una forma di proprietà intellettuale.
Il successivo paragrafo 13.1 precisa che i pagamenti effettuati per l'acquisizione di diritti parziali sul diritto d'autore rappresentano un canone per il quale il corrispettivo viene riconosciuto per la concessione del diritto di usare il programma in casi in cui l'utilizzo del programma costituirebbe una violazione del diritto d'autore.
Come chiarito nella risoluzione 3 aprile 2008, n. 128, in queste circostanze, i pagamenti sono effettuati a fronte della concessione in uso del diritto di autore sul programma (cioè lo sfruttamento di diritti che altrimenti apparterrebbero esclusivamente al titolare del diritto di autore).
Le entrate, tanto premesso, chiariscono che tenuto conto dell'ordinamento italiano e dei chiarimenti resi nel Commentario al Modello OCSE, i compensi corrisposti per la concessione del diritto di usare, riprodurre e distribuire il programma, in casi in cui ciò costituirebbe una violazione del diritto d'autore, vengano regolati, ai fini della ripartizione della potestà impositiva, dalla pertinente norma del Trattato.
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Influencer e diritti di immagine: imponibili quando l’attività è prestata in Italia
Con Risposta a interpello n 700 dell'11 ottobre 2021 le Entrate approfondiscono il caso dei compensi versati a modelli e influencer da soggetto non residente nel territorio dello stato.
In particolare, si chiarisce che i compensi percepiti da:
- modelli (indossatori e indossatrici)
- testimonial (attori cantanti e influencer)
per la partecipazione a una sessione di photo shooting e per la cessione dei relativi diritti d’immagine è reddito di lavoro autonomo e, se percepito da non residenti, è tassabile in Italia se lo shooting è svolto in Italia a prescindere dal luogo in cui è esercitata l’attività di sfruttamento del diritto all’immagine.
Diritti dell'immagine come sono tassati
Le Entrate chiariscono che secondo l'ordinamento tributario, i compensi erogati a "modelli" professionisti per l'esecuzione di sessioni di photo shooting e i compensi erogati per i correlati diritti di utilizzazione dell'immagine costituiscono redditi di lavoro autonomo ex articolo 53, comma 1, del TUIR in presenza dei requisiti di abitualità e professionalità richiesti dalla citata disposizione.
Entrambe le tipologie di compensi, infatti, sono strettamente riconducibili all'attività professionale di modello, in quanto quest'ultimo, come peraltro anche evidenziato dall'Istante, oltre a esercitare l'attività di indossatore nell'ambito di sfilate di moda, presta altresì la propria immagine in campagne pubblicitarie e promozionali.
Con specifico riferimento ai soggetti non residenti, l'articolo 23, comma 1, lettera d), del Tuir, prevede che si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate in Italia.
Nel caso in esame, posto che le sessioni di photo shooting sono svolte in Italia e data la precisata natura di redditi di lavoro autonomo sia dei compensi corrisposti dall' Istante ai "modelli" non residenti per le suddette sessioni che dei compensi erogati per i correlati diritti di utilizzazione dell'immagine, i compensi medesimi sono territorialmente rilevanti in Italia.
Nella risposta a interpello del 3 marzo 2021, n. 139, relativamente ad analoga fattispecie, è stato precisato che, ai fini territoriali, deve aversi riguardo al luogo di svolgimento dell'attività artistica o professionale cui i proventi medesimi sono correlati e, cioè, l'Italia (luogo di svolgimento delle sessioni di photo shooting), a nulla rilevando il luogo in cui è esercitata l'attività di sfruttamento economico del diritto all'immagine.
E' stato inoltre domandato se:
- il soggetto istante che eroga i compensi,
- non residente in Italia e non operante per il tramite di una stabile organizzazione,
- sia tenuta ad effettuare gli adempimenti del sostituto d'imposta in presenza del presupposto impositivo.
Le Entrate precisano che i redditi di lavoro autonomo rientrano fra quelli soggetti a ritenuta alla fonte in base alle disposizioni di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, ove corrisposti da soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta in base all'articolo 23 del medesimo d.P.R..
I redditi di lavoro autonomo, secondo quanto previsto dal citato articolo 25, comma 2, ove corrisposti a soggetti non residenti, subiscono una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta nella misura del 30%.
Le società ed enti non residenti che erogano redditi soggetti a ritenuta in Italia, seppur ricomprese, sotto il profilo soggettivo, fra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti d'imposta ne sono, in linea di principio, oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato.
Tale principio, implica che il soggetto non residente che eroga somme per le quali è previsto un prelievo alla fonte, in assenza di stabile organizzazione in Italia, non è obbligato ad assumere il ruolo di sostituto d'imposta.
Pertanto, l'Istante, non avendo una stabile organizzazione in Italia, non sarà tenuta ad applicare alcuna ritenuta sulle somme corrisposte ai "modelli" e ai testimonials non residenti.
Allegati: