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Bilanci di esercizio 2024: il calendario e le novità
Il bilancio di esercizio 2024 da depositare nel 2025 contiene diverse novità, tra queste la più rilevante è l'entrata in vigore dell'OIC 34 sulla disciplina che regola la rilevazione e valutazione dei ricavi e le informazioni da indicare in Nota Integrativa.
In attesa della apertura ufficiale della campagna bilancio 2025 con anche il riferimento della Guida sul deposito che ogni anno viene pubblicata da UNIONCAMERE, vediamo una sintesi delle novità che figureranno quest'anno e il calendario dei lavori.
Bilanci 2024: principali novità di quest’anno
Le società di capitali devono procedere con l’approvazione del bilancio entro:
- 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio;
- 180 giorni in caso di particolari esigenze.
Attenzione al fatto che, quest'anno non è stata però riproposta, per il bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2024 la norma che prevedeva lo slittamento automatico a 180 giorni del termine di approvazione del bilancio e quindi il bilancio 2024 andrà approvato, salva l’esistenza delle particolari esigenze, nell’ordinario termine del 30 aprile 2025. La tabella di sintesi riassume i tempi di "lavorazione" del bilancio 2024 campagna 2025.
Bilancio 2024 Termine ordinario Approvazione a 180 giorni Redazione progetto bilancio e relazione sulla gestione 31 marzo 30 maggio Trasmissione progetto di bilancio e relazione sulla gestione all'organo di revisione 31 marzo 30 maggio Trasmissione della relazione del collegio sindacale e dell’organo di revisione agli amministratori 15 aprile 15 giugno Deposito del bilancio e delle relazioni presso la sede sociale 15 aprile 15 giugno Approvazione del bilancio da parte dell’assemblea 30 aprile 30 giugno Deposito del bilancio presso il Registro delle imprese
30 maggio 30 luglio Premesso lo specchietto di riepilogo dei tempi di "lavorazione" del bilancio di esercizio 2024 si evidenzia che la principale novità di quest'anno è rappresentata dall’entrata in vigore del documento OIC 34.
Il nuovo principio contabile affronta tematiche che non erano state affrontate dagli standard di riferimento e le indicazioni in esso contenute consentono di chiarire il trattamento da adottare in riferimento alla prassi consistente nella vendita di beni unitamente alla fornitura di servizi, da prestare successivamente cosiddetti ricavi misti.
Inoltre, tra le novità vi è anche quella sulla imputazione temporale dei ricavi derivanti da prestazioni di servizi, che consentono di ricorrere al criterio dello stato di avanzamento, se sono rispettate specifiche condizioni.
Inoltre sempre in tema di OIC, il bilancio 2024 conterrà gli emendamenti ad altri principi contabili nazionali rilasciati dalla Fondazione OIC dopo la pubblicazione dell'OIC 34 e in particolare:
- i documenti emendati OIC 11, 12, 13, 15, 16, 19, 23, 31 e 33, con lo scopo di eliminare le incoerenze rispetto all’OIC 34.
Un'altra novità è quella dei limiti dimensionali per la redazione del bilancio di esercizio in vigore già dal 2024 e quindi applicabili ai bilanci per così dire in corso e in chiusura.
Con il DLgs. 125/2024 si determina l’estensione del numero di soggetti che possono fruire delle semplificazioni nella redazione del bilancio.
Inoltre, nella predisposizione del bilancio 2024 rilevano anche le disposizioni introdotte dal DLgs. 192/2024 decreto di riforma dell’Irpef e dell’Ires finalizzate alla riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali.
Infine, si segnala l’emanazione del DLgs. 125/2024, contenente le nuove regole per la rendicontazione di sostenibilità, che da collocarsi nella Relazione sulla gestione.
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La semplificazione dei bilanci di liquidazione
Dal punto di vista normativo l’obbligo di redazione dei bilanci di liquidazione discende dall’articolo 2490 del Codice civile.
Le modalità di redazione di questi bilanci, invece, dal punto di vista civilistico, sono regolamentati dal principio contabile numero 5, emanato dall’Organismo Italiano di Contabilità.
L’OIC recentemente ha apportato modifiche significative al principio contabile numero 5, in un’ottica di maggiore prudenza e maggiore semplicità.
Il nuovo principio contabile è stato pubblicato in una versione attualmente in bozza e si aspetta la pubblicazione della versione definitiva.
Il motivo per cui queste modifiche sono state necessarie è il fatto che la precedente versione del principio contabile spesso non trovava piena applicazione nella prassi contabile, a causa di una non trascurabile complessità e delle difficoltà ad applicare delle stime ai beni aziendali da liquidare basate sul valore di realizzo prospettico, un valore molto spesso difficile da determinare.
Le novità in tema di bilancio di liquidazione
Il nuovo bilancio di liquidazione, come disegnato dalla nuova versione del principio contabile OIC 5, prevede un significato cambiamento nell’impostazione di base: il nuovo bilancio di liquidazione assume l’obiettivo di fornire una rendicontazione dell’andamento della procedura di liquidazione, e non più una stima prospettica dei beni aziendali.
Tale nuovo obiettivo fa sì che il criterio di valutazione al valore di realizzo prospettico, di incerta determinazione, precedentemente adoperato, lascia il passo a criteri di valutazione più semplici, più prudenti, oltre che più facilmente determinabili e applicabili:
- le poste dell’attivo, come immobilizzazioni (materiali e immateriali), rimanenze, partecipazioni, titoli, eccetera, sono valutate al minore tra il costo e il presumibile valore di realizzo, desumibile dall’andamento del mercato;
- i crediti sono valutati al presumibile valore di realizzo;
- le poste del passivo, indipendentemente dalla natura commerciale o finanziaria del debito, sono stimate al valore di presumibile estinzione;
- ai fondi rischi e oneri sono adesso iscrivibili solo passività caratterizzate dai requisiti della certezza e dell’attendibilità, in quanto accantonamenti per oneri relativi a un’obbligazione non evitabile dalla società.
Proprio in relazione ai fondi per rischi e oneri, va segnalato che, con il nuovo principio contabile OIC 5, va in soffitta il Fondo per costi ed oneri di liquidazione, il quale indicava l’ammontare complessivo dei costi che la società riteneva di dover sostenere durante il periodo di liquidazione, al netto dei proventi che stimava di conseguire.
Tale fondo assumeva significato nel momento in cui il bilancio di liquidazione doveva costituire una rappresentazione prospettica del risultato della liquidazione, mentre perde di significato nel momento in cui lo stesso bilancio assume il più semplice ed efficace compito di rendicontare il processo liquidatorio, fino a quel momento effettuato.
Anche per questo quindi, il nuovo bilancio di liquidazione, oltre ad essere più semplice e facilmente redigibile, è anche più prudente e attendibile.
A tale fine il principio contabile OIC 5 prevede specifici schemi per il bilancio di per i periodi della liquidazione, dove la classificazione delle voci avviene per natura, senza distinzione tra ciò che era immobilizzato e ciò che era circolante, dato che, nel contesto di un processo di dismissione dei beni aziendali, questa distinzione perde di significato.
Tra le voci di bilancio, al Conto economico, si segnalano delle specifiche voci destinate a raccogliere i componenti di reddito, positivi e negativi, derivanti dalla dismissione delle attività:
- A6: Proventi della procedura liquidatoria;
- B15: Oneri della procedura liquidatoria.
Queste voci, rappresentative del risultato fino a quel momento raggiunto, sostituiscono il Fondo per costi ed oneri di liquidazione, rappresentativo del risultato che si stimava si sarebbe raggiunto, in coerenza con la nuova impostazione del bilancio di liquidazione.
Va precisato che le microimprese potranno continuare a utilizzare gli ordinari schemi di bilancio anche in sede di liquidazione, in alternativa a quelli specifici proposti dall’OIC per la procedura.
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Bilanci 2024: pronte le liste di controllo ASSIREVI
Come ogni anno Assirevi, Associazione privata riconosciuta senza scopo di lucro riconosciuta che riunisce 16 società di revisione italiane, ha pubblicato le liste di controllo per la revisione dei bilanci d'esercizio e bilanci consolidati. Scopo dei documenti ASSIREVI è fornire supporto ad imprese e professionisti impegnati nella redazione e revisione del Bilancio.
Il professionisti impegnati in questi compiti, potranno naturalmente adattare alla relatà aziendale i documenti di Assirevi valutando di approfondire in base a:
- dimensioni aziendali,
- natura dell’attività dell’impresa,
- valutazione dei rischi di revisione,
- nonché di eventuali modifiche normative, regolamentari e nei principi contabili di riferimento intervenute.
Bilanci 2024: pronte le liste di controllo ASSIREVI
Assirevi ha pubblicato le liste di controllo (in formato word editabile) per i bilanci d’esercizio e consolidati 2024 delle società Oic adopter.
I documenti insieme alle checklist con le informazioni integrative da fornire nelle note ai bilanci redatti in base ai principi contabili Ias/Ifrs, sono disponibili sul sito.
Le liste destinate alle imprese che redigono bilanci di esercizio e consolidati in base alle disposizioni del Codice civile e dei principi contabili nazionali sono aggiornate per recepire l’introduzione del nuovo Oic 34 “Ricavi”.
In proposito leggi anche: OIC 34 Ricavi: società che agisce per conto proprio o per conto di terzi
I documenti per il bilancio d’esercizio contengono una sezione generale dedicata alla sua composizione, al rendiconto finanziario, alle informazioni da fornire nella Nota integrativa e al deposito del bilancio.
Successivamente vi sono le singole voci di Stato patrimoniale, sulla base dell’ordine riportato negli schemi previsti dal codice civile.
Specifiche schede si riferiscono ai seguenti aspetti:
- operazioni di locazione finanziaria e compravendita con retrolocazione finanziaria;
- operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione;
- cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio;
- svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali;
- strumenti finanziari derivati
- patrimoni destinati a uno specifico affare;
- fusione e scissione;
- patrimoni destinati a uno specifico affare;
- quote di emissione gas a effetto serra.
I documenti per il bilancio consolidato, si sono dettagli per predisporre:
- criteri generali di redazione;
- criteri di dettaglio per la redazione;
- metodo di consolidamento integrale;
- metodo di consolidamento proporzionale;
- traduzione dei bilanci non espressi in euro.
La lista di controllo destinata alle imprese Ias adopter recepisce nuovi obblighi informativi previsti novità normative 2024 quali tra gli altri:
- la passività del leasing in un’operazione di vendita e retrolocazione,
- la classificazione delle passività come correnti e non correnti con riferimento a debiti e altre passività a data di estinzione incerta
- la classificazione, come correnti e non correnti, delle passività derivanti da un finanziamento con clausole.
Si ricorda che le checklist sono uno strumento per i revisori ma anche per i soggetti direttamente coinvolti nel processo di redazione del bilancio.
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Impugnativa Bilancio: la Cassazione chiarisce i termini
Con Sentenza n 10521/2024 la Cassazione in sintesi ha specificato che l'approvazione del bilancio successivo non incide su di una impugnazione precedente.
Vediamo la decisione delle Suprema Corte.
Impugnativa Bilancio: la Cassazione chiarisce i termini
Si rispondeva sulla nullità della delibera di approvazione del bilancio principalmente accogliendo alcuni dei motivi del ricorso che contestavano le decisioni della Corte d'Appello.
In particolare, la suprema corte ha accettato gli argomenti relativi ai limiti temporali per la contestazione della delibera di bilancio, osservando che non era corretto precludere l'introduzione di nuovi vizi specifici dopo l'approvazione del bilancio successivo, se l'azione di impugnativa era stata già introdotta prima di tale approvazione.
La Cassazione ha chiarito che secondo l'articolo 2434-bis del codice civile, sebbene ci sia un termine decadenziale che impedisce di impugnare le delibere di approvazione del bilancio dopo l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo, ciò non preclude la possibilità di aggiungere nuove motivazioni alla contestazione originaria se quest'ultima è stata avviata in tempo.
Con tale argomentazione la Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d'Appello su questi motivi e ha rinviato il caso per un nuovo esame alla stessa Corte d'Appello.
In sostanza, la Cassazione ha confermato la possibilità per i ricorrenti di espandere le loro argomentazioni riguardo agli specifici vizi del bilancio contestato, anche se non originariamente presentati nell'atto di citazione iniziale, purché la contestazione generale del bilancio fosse già stata avviata prima dell'approvazione del bilancio successivo.
Questo ha permesso ai ricorrenti di continuare a perseguire la loro causa sulla nullità della delibera di approvazione del bilancio, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte d'Appello.
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Deducibili le perdite su crediti anche se derivanti da un comportamento antieconomico
Il comma 5 dell’articolo 101 del TUIR disciplina la deducibilità delle perdite su crediti, le quali, se previamente rilevate in bilancio, sono fiscalmente deducibili nel momento in cui tali perdite:
- risultino confermate da elementi certi e precisi;
- in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali.
Per il caso del creditore in bonis, il perno della deducibilità fiscale risulta essere, quindi, la presenza di elementi certi e precisi che dimostrino la definitività della perdita realizzata e il suo ammontare, essendo, in linea di principio, deducibile una perdita definitiva ma non una perdita stimata.
La valutazione dell’esistenza degli elementi certi e precisi, richiesta dal comma 5 dell’articolo 101 del TUIR è da effettuarsi caso per caso, in quanto subordinata a specifiche situazioni che possono, tuttavia, essere classificate in due grandi categorie:
- quelle derivanti da una valutazione di inesigibilità definitiva;
- quelle conseguenti ad un atto realizzativo o estintivo.
Per un approfondimento sulla deducibilità delle perdite su crediti è possibile leggere l’articolo: Perdite su crediti: il punto sulla normativa civile e fiscale.
Il problema dell’antieconomicità
L’ordinanza numero 8445 della Corte di Cassazione, pubblicata il 28 marzo 2024, prende in esame una importante ipotesi di limitazione della deducibilità delle perdite su crediti, anche quando sostenute dagli elementi certi e precisi richiesti dalla normativa, non a caso oggetto di contestazione fino in Cassazione: il caso in cui il realizzo della perdita sottenda un comportamento antieconomico da parte del soggetto che l’ha realizzata, e che ne richiede il riconoscimento fiscale.
Nel caso in esame viene contestata dall’amministrazione finanziaria la deducibilità di una perdita su crediti realizzata nel contesto di un accordo transattivo, in conseguenza di un accordo tra le parti.
Non è la prima volta che l’Agenzia delle Entrate pone difficoltà alla deducibilità delle perdite su crediti in questa situazione; a riguardo è possibile leggere l’articolo L'accordo transattivo per difficoltà economica del cliente.
Ma sul tema, nel caso in esame, la Corte di Cassazione è rimasta allineata alle precedenti indicazioni giurisprudenziali, che ormai si possono considerare consolidate, rifiutando così di apporre una limitazione di valutazione soggettiva (l’antieconomicità) a una struttura giuridica oggettiva (l’effettiva realizzazione di una perdita).
Con maggiore precisione, La Corte di Cassazione con l’ordinanza 8445/2024 sostiene che:
- “in tema di imposte sui redditi, non è necessario, al fine di ritenere deducibili le perdite sui crediti quali componenti negative del reddito d'impresa, che il creditore fornisca la prova di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell'insolvenza del debitore e, quindi, l'assoggettamento di costui ad una procedura concorsuale, essendo sufficiente che tali perdite risultino documentate in modo certo e preciso, atteso che […] le perdite sono deducibili, oltre che se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, quando, comunque, risultino da elementi certi e precisi”;
- “con particolare riguardo all’ipotesi di transazione quale causa della perdita del credito (e prova della sua oggettività) è stato più volte affermato essere sufficiente provare il titolo della perdita realizzativa, rimanendo insindacabile altresì la palese antieconomicità, rientrando nelle scelte dell’imprenditore”;
- “la scelta imprenditoriale di transigere con un proprio cliente non rende indeducibile la perdita conseguente, perché il legislatore ha riguardo solo alla oggettività della perdita e non pone nessuna limitazione o differenziazione a seconda della causa di produzione della stessa, potendo legittimamente compiere operazioni antieconomiche in base a considerazioni di strategia generale ed in vista di benefici economici su altri fronti”.
In definitiva, quindi, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8445/2024, sostiene il principio contenuto nella lettura letterale dell’articolo 101 del TUIR: una perdita su crediti, effettivamente realizzata, definita e definitiva, sostenuta da elementi certi e precisi, è deducibile anche in caso di accordo transattivo palesemente antieconomico, perché l’esame delle motivazioni che stanno alla base della decisione non è richiesta dalla normativa e, comunque, tali motivazioni non inficiano in alcun modo le caratteristiche della perdita che è in ogni caso effettivamente realizzata.
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Deposito Bilanci 2023: diritti e bolli da pagare
La Guida 2024 Unioncamere per il deposito bilanci 2023 campagna 2024, tra l'altro, contiene gli importi per diritti di segreteria e bollo da corrispondere per il suddetto deposito.
Nel capitolo 3 del documento al punto 3.1 vengono evidenziati i diritti e bolli per il deposito di:
- bilanci ordinari,
- bilanci abbreviati,
- bilanci delle microimprese.
Per gli altri importi di deposito bilanci si rimanda alla lettura integrale del capitolo 3.
Deposito Bilanci 2023: diritti e bolli da pagare
Ai sensi degli artt. 2435-bis e 2435-ter c.c. il bilancio va depositato entro 30 giorni dalla data del verbale di approvazione.
A tale fine con il servizio di deposito delle CCAA, occorre versare:
- diritti di segreteria:
- € 62,40, esente se start-up innovativa o incubatore certificato. Tale esenzione è dipendente dal mantenimento dei requisiti previsti dalla legge per l’acquisizione della qualifica di start up innovativa o di incubatore certificato, e dura comunque non oltre il quinto anno dalla costituzione per la start up innovativa e non oltre il quinto anno dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese per l’incubatore certificato;
- € 32,40 per le cooperative sociali dalla data di iscrizione nella sezione MU con categoria CSO dell’Albo nazionale cooperative.
- imposta di bollo:
- € 65,00, esente se start-up innovativa, incubatore certificato o PMI innovativa. Tale esenzione è dipendente dal mantenimento dei requisiti previsti dalla legge per l’acquisizione della qualifica di start up innovativa, di incubatore certificato o di PMI innovativa, e dura comunque non oltre il quinto anno dalla costituzione per la start up innovativa e non oltre il quinto anno dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese per l’incubatore certificato e per la PMI innovativa; cooperative sociali esenti dalla Manuale operativo per il deposito dei bilanci al registro delle imprese anno 2024
Viene anche precisato che, i documenti da presentare sono i seguenti:
- n. 1 copia del bilancio composto di Stato Patrimoniale, Conto Economico, Rendiconto Finanziario (obbligatorio per il solo bilancio ordinario) e Nota Integrativa (esclusi i bilanci delle micro-imprese – art. 2435-ter c.c.); il bilancio deve essere comparato con quello dell’anno precedente;
- n. 1 Relazione sulla Gestione, tale relazione è un allegato obbligatorio del bilancio ordinario (non necessaria per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e per le micro-imprese, ai sensi degli artt. 2435-bis e 2435-ter c.c.);
- n. 1 Verbale di assemblea (o del Consiglio di Sorveglianza) che ha approvato il bilancio, oppure, nel caso di decisione adottata mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto (art. 2479 c.c.), Verbale della deliberazione di approvazione del bilancio redatto dagli amministratori;
- n. 1 Relazione del Collegio Sindacale (ove esistente) o Relazione unitaria di controllo societario del Collegio Sindacale incaricato della revisione legale dei conti;
- n. 1 Relazione del soggetto incaricato alla revisione legale dei conti (se diverso dal Collegio Sindacale).
Nel capitolo 5 della stessa guida delle camere di commercio si precisa che:
- l’importo dei diritti di segreteria è pari a € 62,40 per via telematica, € 92,40 per deposito effettuato mediante supporto informatico digitale, comprensivo di € 2,40 per il contributo al finanziamento dell’Organismo italiano di contabilità OIC;
- l’importo relativo all’imposta di bollo è pari a € 65,00.
Attenzione al fatto che i depositi a rettifica di bilanci già depositati sono soggetti agli ordinari diritti di segreteria (€ 62,40) e all’imposta di bollo (€ 65,00).
La rettifica degli elenchi soci già iscritti è soggetta al diritto di segreteria (€ 30,00) e all’imposta di bollo (€ 65,00).
Per tutti gli altri importi di deposito bilanci si rimanda alla lettura intergrale del capitolo 3 della guida di unioncamere
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Indicatori di performance aziendale: documento del CNDCEC su Ebitda e PFN
Il CNDCEC ha diffuso in data 15 marzo un documento tecnico su Ebitda e PFN a fini valutativi e negoziali.
Il documento è il risultato di uno studio tecnico dettagliato su:
- l’Ebitda, acronimo di Earnings before interests taxes, depreciation and amortization, anche definito “indicatore alternativo di performance” che può essere uno degli “indicatori finanziari” di cui all’art. 2428 del Codice civile per la redazione della relazione sulla gestione.
- la PFN, definita come ”indicatore alternativo di performance” e le rettifiche al suo calcolo, che nella prassi negoziale delle operazioni di M&A costituiscono oggetto di discussione.
Viene appunto evidenziato che in frequenti applicazioni in ambito finanziario, i due indicatori sono impiegati congiuntamente per il calcolo di uno dei più comuni indici di sostenibilità finanziaria, il rapporto PFN/Ebitda, che assume una significativa valenza per svariati utilizzi quali:
- la misurazione del merito creditizio e l’attribuzione di un credit rating,
- l’analisi della performance finanziaria di periodo e la scrittura di specifiche clausole di disciplina finanziari nei contratti di finanziamento.
Vediamo la nota del CNDCEC che ha presentato lo studio degli esperti sui due indici per valutare il bilancio d'impresa.
Indicatori di performance aziendale: Ebitda e PFN
Come sottolienato dallo stesso presidente dei Commercialisti, Elbano De Nuccio, “Ebitda e Posizione Finanziaria Netta (“PFN”) sono due grandezze contabili a cui si ricorre comunemente nella frequentazione quotidiana del mondo aziendale per individuare degli agili e condivisibili misuratori di performance, nonché per l’esperienza maturata nell’effettuazione di operazioni straordinarie (fusioni o acquisizioni, anche “M&A”).
L’Ebitda pur rappresentando una misura del risultato economico di un periodo aziendale, non è statuito da alcuno standard setter, nè internazionale nè italiano e, in questo senso, è alternativo rispetto alle definizioni “ufficiali”.
L’Ebitda può essere inoltre uno degli “indicatori finanziari” di cui all’art. 2428 del Codice civile per la redazione della relazione sulla gestione.
Esso inoltre è una grandezza utilizzata come:
- a) misuratore di performance economica nonché,
- b) elemento alla base della valutazione dell’impresa.
Il presidente sottolinea che: “Il documento, che è un prezioso strumento da impiegare nel quotidiano dopo aver proposto una definizione di Ebitda che ha origine non teorica bensì empirica, si sofferma in particolare su alcune componenti di costo o ricavo la cui inclusione o esclusione dalla nozione di Ebitda nella prassi non è sempre “pacifica”, ma deve essere valutata in funzione dello specifico contesto. Vengono poi individuate alcune rettifiche alla nozione di Ebitda che la prassi delle operazioni di M&A ha introdotto nell’ultimo decennio, motivate principalmente da esigenze negoziali”.
Per quanto riguarda la PFN, spesso definita come “indicatore alternativo di performance”, de Nuccio sottolinea che il documento si pone l’obiettivo di individuare le rettifiche al calcolo della PFN, che nella prassi negoziale delle operazioni di M&A costituiscono oggetto di discussione.
In frequenti applicazioni in ambito finanziario, i due indicatori sono impiegati congiuntamente per il calcolo di uno dei più comuni indici di sostenibilità finanziaria.
Nella parte conclusiva del documento sono inoltre riportate alcune esemplificazioni pratiche al fine di un migliore comprensione dei concetti e degli intendimenti espressi con lo studio realizzato.
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Assemblee societarie a distanza: proroga fino al 31 dicembre 2024
Una norma che ha caratterizzato il periodo della pandemia da Covid-19 è stata quella contenuta nell’articolo 106 del DL 18/2020, che, in risposta ai problemi di assembramento, ha permesso a società ed enti non commerciali di espletare le assemblee societarie da remoto, utilizzando modalità telematiche, anche quando lo statuto sociale non contempla tale possibilità.
Va ricordato che tale modalità di convocazione delle assemblee non è preclusa dal legislatore, ma richiede che il soggetto giuridico ne preveda la possibilità sullo statuto sociale.
La disciplina in deroga legittima tale modalità di svolgimento delle riunioni sociali, anche nel caso in cui lo statuto non ne prevede l’eventualità.
Terminato il periodo della pandemia, la legislazione in deroga è stata di anno in anno rinnovata, l’ultima volta ad opera della Legge numero 18 del 23 febbraio 2024, l’annuale Decreto Milleproroghe, che per l’appunto proroga la possibilità di esercitare le assemblee da remoto, anche in assenza di previsione statutaria, fino al 30 aprile 2024 (per un approfondimento è possibile leggere l’articolo Assemblee a distanza per società e associazioni fino ad aprile 2024).
Tuttavia, il disposto normativo inserito in sede di conversione sul Decreto Milleproroghe, sembra essere una norma transitoria, il cui effetto terminerà nel momento in cui sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Disegno di Legge Capitali (Atto camera 1515).
La nuova norma
L’articolo 11 comma 2 del DdL Capitali prevede che “il termine di cui all’articolo 106, comma 7, del Decreto Legge 17 marzo 2020, numero 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, numero 27, relativo allo svolgimento delle assemblee di società ed enti, è differito al 31 dicembre 2024”.
Quindi la medesima disciplina in deroga rappresentata dall’articolo 106 del DL 18/2020 continuerà ad avere forza fino al 31 dicembre 2024.
Finora non sono state chiare le motivazioni che hanno spinto il legislatore a derogare le disposizioni statutarie con norme transitorie il cui obiettivo originario risulta da tempo superato, essendo terminate le problematiche concernenti l’assembramento che hanno caratterizzato il periodo della pandemia.
Una possibile motivazione può essere rintracciata nella parte della normativa in deroga che interessa le società quotate. Queste società, durante il periodo pandemico, grazie alle norme in deroga, hanno potuto imporre ai soci la partecipazione alle assemblee sociali per il mezzo di un rappresentante designato dalla società, impedendo così ai singoli soci di partecipare personalmente, fisicamente o telematicamente, alle assemblee.
Il DdL Capitali, tra le altre cose, non a caso proprio con il comma 1 del medesimo articolo 11, consente alle società quotate di rendere stabile tale modalità di svolgimento delle assemblee che impedisce la partecipazione diretta ai soci, e di precludere a questi la possibilità di presentare proposte di deliberazioni in assemblea o anche solo di fare domande, con una possibile contrazione del livello di democraticità delle riunioni; per cui la proroga reiterata della normativa emergenziale in deroga potrebbe costituire una sorta di ponte transitorio tra il periodo pandemico e il momento dell’approvazione delle nuove norme.
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Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore
L'agenzia delle entrate con l'interpello n 42 del 9 febbraio fornisce chiarimenti su errata opzione della scelta in dichiarazione per il riallineamento fiscale.
In dettaglio, chiarisce che non è utilizzabile l'istituto del ravvedimento operoso e specifica i casi in cui è utilizzabile la remissione in bonis, vediamo il perché e i dettagli del caso di specie.
Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore
L'istante pone un quesito in merito alla possibilità di modificare, mediante dichiarazione integrativa, la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 2019, per rettificare il contenuto dei campi ove è stata esercitata ''erroneamente'' una opzione (quella per riallineamento dei valori ex articolo 176, comma 2ter, del Tuir), in luogo di quella effettivamente scelta (opzione per il riallineamento di cui dall'articolo 1, commi da 696 a 704, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).
In particolare, il contribuente «nel corso del 2017, ha effettuato un'operazione straordinaria di fusione dalla quale sono emerse delle differenze tra il valore civilistico e il valore fiscale relativamente ad un terreno sul quale insiste un fabbricato industriale.
Per effetto della citata operazione di fusione, nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2018 è stato compilato il quadro RV per evidenziare il disallineamento dei valori pari ad euro […]. […]
La società istante ha inteso usufruire della normativa ritenuta di favore [prevista dal citato articolo 1, commi da 696 a 704, della legge n. 160 del 2019, per riallineare fiscalmente e a pagamento i differenziali di valore contabile/fiscale riferibili ai beni d'impresa, ndr.]. […] (…)».
Tuttavia, nella dichiarazione dei redditi 2020 (anno d'imposta 2019), regolarmente presentata dalla Società istante, il citato riallineamento è stato erroneamente esposto nella sez. VIA del quadro RQ anziché nella sezione XXIIIB dello stesso quadro RQ.
In conseguenza dell'errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi inviata telematicamente, l'imposta sostitutiva è stata erroneamente versata utilizzando il codice tributo 1126 (di cui al riallineamento ex art. 176 del TUIR) invece che con il codice da riallineamento ex art. commi 696 e seguenti della Legge n. 160/2019 (codice tributo 1811) che, peraltro, avrebbe comportato un versamento inferiore.
Premesso che, «nel corso del prossimo futuro, concluderà una serie di atti di vendita aventi ad oggetto gli immobili oggetto di riallineamento l'istante intende pertanto conoscere se:
- può rimediare presentando una dichiarazione integrativa con i dati esatti ricorrendo al ravvedimento operoso e chiedendo la rettifica del codice tributo indicato nel modello F24 mediante pratica Civis;
- in caso di risposta negativa, l’istante ritiene di poter sanare l’errore recuperando la somma tramite credito d'imposta, in linea, a suo parere, con l'articolo 3, commi 2 e 3, del Dm n. 86/2002 in tema di rivalutazioni e riallineamento di valori.
Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore
Le Entrate specificano che ambedue i quesiti prospettati:
- l'uno in merito alla possibilità di modificare, mediante ravvedimento operoso, la dichiarazione in parola esercitando una opzione differente rispetto a quella già espressa,
- e l'altro di recuperare l'imposta sostitutiva versata tramite il riconoscimento di un credito d'imposta
trovano risposta sfavorevole per le ragioni di seguito esposte.
Con l'istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall'articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, è possibile definire una irregolarità fiscale (i.e. errori, omissioni, versamenti tardivi o carenti), provvedendo spontaneamente alla rimozione formale della violazione commessa e, contestualmente, al pagamento dell'imposta dovuta, degli interessi e della sanzione in misura ridotta in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse.
Detto istituto non può, invece, essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori o omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.
Al più, lo strumento specificamente introdotto dal legislatore in particolare, con l'articolo 2, comma 1 del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44) volto a evitare che, in determinate circostanze, al contribuente, in possesso di requisiti sostanziali normativamente richiesti, sia preclusa la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali è, invero, l'istituto della remissione in bonis.
In base al richiamato articolo 2, «sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento abbia avuto formale conoscenza», il contribuente può fruire di benefici di natura fiscale e accedere ai regimi fiscali opzionali laddove:
- «a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
- b) effettui la comunicazione ovvero esegua l'adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
- c) versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio1997, n.241, esclusa la compensazione ivi prevista».
Con la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012, è stato chiarito che «il contribuente deve effettuare la comunicazione ovvero eseguire l'adempimento richiesto ''entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile'', da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l'adempimento stesso» requisito che, nel caso di specie, non sussiste per decorso del termine.
Sempre con la circolare n. 38/E del 2012 è stato chiarito, inoltre, che la previsione normativa in oggetto "esclude che il beneficio possa essere fruito o il regime applicato nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell'obbligo di comunicazione ovvero dell'adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità. L'esistenza della buona fede, in altri termini, presuppone che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l'adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente".
A parere delle Entrate, nel caso descritto, non si ravvisa alcuna distonia che avrebbe potuto dar luogo all'applicazione della disciplina della remissione in bonis, in ogni caso scaduta visto che il ''comportamento'' tenuto dall'istante versamento dell'imposta sostitutiva eseguito ben prima (24 luglio 2020) della presentazione della dichiarazione annuale (28 ottobre 2020) a suo dire errata è coerente con il regime opzionale indicato nella citata dichiarazione e non con quello che si chiede di modificare.
Ne deriva che la richiesta di modificare l'opzione a posteriori appare un mero ripensamento, una scelta basata su ragioni di opportunità, a nulla rilevando il richiamo al riallineamento fiscale di cui all'articolo 1 commi 696 e seguenti della legge n. 160 del 2019 presente nell'informativa del bilancio d'esercizio relativo al 2019, che rappresenta una manifestazione d'intento cui non ha fatto seguito un comportamento concludente e fiscalmente rilevante.
Alla luce delle considerazioni suesposte, all'istante è preclusa la possibilità di emendare l'opzione espressa nella dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta 2019.
Al fine di recuperare la maggiore imposta sostitutiva versata l'istante potrà esclusivamente presentare istanza di rimborso ex articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, entro i termini dal medesimo previsti (48 mesi dal versamento), illustrando all'ufficio competente i motivi per i quali il versamento va considerato indebito.
Non è, invece, ammissibile il riconoscimento di un credito d'imposta in conformità a quanto disposto dall'articolo 3, commi 2 e 3, del DM n. 86 del 19 aprile 2002,
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Proposta distribuzione utili: conseguenze sul bilancio in caso di modifica
Con il caso n 5 pubblicato il 7 settembre da Assonime intitolato "La modifica della proposta di destinazione degli utili e i suoi effetti sul bilancio di esercizio" si chiarisce che la delibera di distribuzione dell’utile adottata dall’assemblea, pur essendo conseguenziale alla delibera di approvazione del bilancio che accerta la consistenza dell’utile stesso, ha natura autonoma e nettamente distinta da quella di approvazione del bilancio.
Nel caso n 5 Assonime evidenzia che, gli amministratori devono indicare, nella nota integrativa del bilancio d’esercizio, la proposta di destinazione degli utili dell’esercizio.
Tuttavia, la competenza sulla decisione in ordine alla destinazione dell’utile spetta all’assemblea ordinaria che, sul punto, adotta un’autonoma deliberazione, successiva a quella di approvazione del bilancio, che può modificare la proposta presentata dagli amministratori.
Nella prassi è stata sollevata la questione se la modifica alla proposta degli amministratori in merito alla destinazione degli utili, deliberata dall’assemblea, comporti la necessità di approvare nuovamente il bilancio d’esercizio.
Ricordiamo che l’art. 2433 del Codice civile prevede che spetta all’assemblea ordinaria che approva il bilancio adottare una delibera di distribuzione utili.
La delibera di distribuzione dell’utile adottata dall’assemblea, pur essendo conseguenziale alla delibera di approvazione del bilancio che accerta la consistenza dell’utile stesso, ha natura autonoma e nettamente distinta da quella di approvazione del bilancio.
La proposta degli amministratori sulla destinazione degli utili contenuta nella nota integrativa ha la funzione di aprire la sequenza procedimentale volta alla destinazione dell’utile, definendo l’oggetto della delibera assembleare.
Nel caso in cui l’assemblea modifichi la proposta del consiglio di amministrazione, la nota integrativa non deve essere modificata poiché l’informazione in essa contenuta è diretta a rendere conoscibile la proposta iniziale del consiglio, quale si è cristallizzata al momento della presentazione del progetto di bilancio, e non la decisione finale assunta dall’assemblea, che deve essere desunta dal punto specifico dell’ordine del giorno del verbale di assemblea che adotta la delibera.