• Scritture Contabili

    Depositario libri contabili: modello per cessazione telematica

    L'agenzia delle entrate ha pubblicato il Provvedimento n 198619 del 17 aprile con relativi:

    con le regole per esercitare la possibilità da parte del depositario di cessare con istanza il proprio incarico, qualora l'ex cliente non abbia provveduto, è una recente novità della riforma fiscale.

    Cessazione depositario libri contabili: ecco il modello

    Con il provvedimento in oggetto le entrare hanno pubblicato le regole operative per questa novità della riforma fiscale.

    La comunicazione è predisposta e trasmessa esclusivamente mediante la procedura web resa disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, di cui a breve la stessa agenzia darà notizia con avviso.

    La comunicazione è trasmessa dal depositario dei libri, dei registri, delle scritture e dei documenti di cui all’articolo 35, comma 2, lett. d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di cessazione del relativo incarico, qualora il cliente depositante non abbia già provveduto alla variazione. 

    Attenzione la comunicazione può essere effettuata esclusivamente dopo aver informato il cliente depositante, tramite posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, che il depositario effettuerà la comunicazione all’Agenzia delle entrate. 

    In fase di compilazione della comunicazione, l’Agenzia delle entrate effettua controlli formali sulla correttezza e congruenza delle informazioni ivi contenute e, in caso di esito positivo, rilascia una attestazione di avvenuta cessazione dell’incarico di depositario. 

    A decorrere dalla data di rilascio dell’attestazione di cessazione, il luogo di conservazione dei libri, dei registri, delle scritture e dei documenti sopra indicati si presume coincidere con il domicilio fiscale del cliente depositante

    La comunicazione e la attestazione sono messe a disposizione del depositario e del cliente depositante nelle rispettive aree riservate del sito internet dell’Agenzia delle entrate. 

    Con apposito avviso, pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate, verrà resa nota la data di disponibilità della procedura web: dalla predetta data potranno essere trasmesse anche le comunicazioni riferite alle cessazioni di incarico avvenute dal 13 gennaio 2024.  

    Cessazione depositario libri contabili: regole 2024

    Il Decreto Legislativo semplificazioni tributaria ( in GU n 9 del 12 gennaio) tra l'altro contiene l'importante novità riguardante la procedura telematica per comunicazione incarico di depositario delle scritture contabili.

    Nel dettaglio, viene modificato l’articolo 35 del decreto Iva recependo le raccomandazioni del CNDCEC.

    Se il cliente (divenuto ex cliente) non provvede in 30 giorni, il depositario nei successivi 60 giorni, dopo aver avvisato il contribuente con Pec o raccomandata, può provvedere in proprio comunicando telematicamente la cessazione dell’incarico, che inserita anche nel cassetto fiscale del cliente cessato. 

    Da tale momento si presume che il luogo di conservazione sia il domicilio fiscale del contribuente.

    In particolare la novità in vigore grazie al decreto semplificazioni che attua la Riforma Fiscale in corso, prevede che all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il comma 3, è inserito il seguente: 

    «3-bis.Nel caso di  variazione del  luogo in  cui sono tenuti e conservati i libri, i registri, le scritture e  i documenti di cui alla lettera d) del comma 2, se il contribuente ha affidato a  terzi l'incarico di tenuta e conservazione dei predetti libri e documenti e non provvede, in caso di cessazione del relativo incarico, alla presentazione della dichiarazione di cui al comma 3, nei successivi sessanta  giorni  dalla  scadenza  del termine   ivi previsto il depositario  avvisa  il contribuente,  mediante  posta  elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso  di  ricevimento, che comunicherà all'Agenzia delle entrate la cessazione dell'incarico. Il depositario, assolto l'onere comunicativo  di  cui  al  precedente periodo, entro i medesimi sessanta giorni provvede all'invio di  tale comunicazione all'Agenzia delle entrate. A decorrere  dalla  data  di invio di quest'ultima comunicazione, il  luogo di  conservazione  si presume coincidere con il domicilio fiscale del contribuente. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate,  da  emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è approvato il modello della comunicazione di cui al primo periodo e sono definite le relative modalità di  trasmissione telematica alla medesima Agenzia.

    La comunicazione di cui  al primo periodo è resa disponibile al soggetto passivo nella  propria area riservata del sito internet dell'Agenzia delle entrate.»

    Allegati:
  • Scritture Contabili

    Bonifici a cavallo d’anno: chiarimenti ADE sulla rilevanza fiscale

    L’agenzia delle Entrate in una delle risposte ai quesiti presentate nel corso di Telefisco 2024 del 1 febbraio replica a dubbi sulla deduzione dei costi secondo il principio di cassa dando rilievo all'ordine di pagamento del bonifico.

    Relativamente alla non coincidenza tra il pagamento effettuato con bonifico e il relativo addebito (successivo) dello stesso sul conto corrente viene sinteticamente evidenziato che nessuna rilevanza ai fini fiscali è da attribuirsi al momento in cui materialmente avviene poi l’addebito sul conto corrente dell’erogante.

    Deduzione costi per cassa: chiarimenti ADE su bonifico a cavallo d'anno

    Un professionista chiedeva la corretta competenza del costo ai fini della deducibilità dello stesso nell’ipotesi di bonifico effettuato il giorno 29 dicembre 2023, ma poi addebitato sul conto corrente il giorno 2 gennaio 2024.

    L’agenzia ha replicato ritenendo di poter applicare quanto già chiarito, nella risoluzione 23 aprile 2007, n. 77/E, riguardante il caso di un pagamento on line dei contributi mediante l’utilizzo della carta di credito.

    Nel documento di prassi è stato chiarito che «il momento maggiormente rilevante, nel caso in cui i contributi vengano versati con carta di credito on-line, è quello in cui viene utilizzata la carta di credito» e, di conseguenza, i contributi si considerano versati dal professionista nel momento stesso in cui manifesta la volontà di sostenere l’onere dando ordine di pagamento alla banca.

    Il momento successivo in cui avviene l’addebito sul conto corrente del professionista da parte della banca, secondo il chiarimento delle Entrate riguarda un rapporto interno che coinvolge delegante e delegato irrilevante ai fini fiscali.

    La risposta è interessante poiché applicabile in modo trasversale in ogni ipotesi di applicazione del principio di cassa, ad esempio:

    • all’impresa in contabilità semplificata, 
    • alla deduzione di un onere in dichiarazione dei redditi per un privato,
    • alle detrazioni fiscali legate ai bonus edilizi.
  • Scritture Contabili

    Quote di ammortamento deducibili anche se non annotate sui registri contabili

    Il famoso doppio binario, civilistico e fiscale, sul quale le imprese italiane devono districarsi tra la corretta predisposizione dei prospetti di bilancio e la corretta determinazione delle imposte, non è raro che talvolta generi qualche perplessità sul corretto trattamento di alcune specifiche situazioni.

    La questione è in un certo qual modo semplice: se le quote di ammortamento di beni ammortizzabili, in mancanza di annotazione sia sul registro dei beni ammortizzabili, sia sul libro giornale, sia sul registro degli inventari, possano essere comunque dedotte fiscalmente nonostante ciò.

    Come spesso accade, conflittuali punti di vista sulla medesima questione conducono in Cassazione; dove è stata appunto posta la questione, e la cui risposta si è concretizzata nell’ordinanza numero 7449 del 17 marzo 2021.

    La Corte di legittimità ha analizzato il problema percorrendo il diritto e addentrandosi al suo interno lo ha interpretato.

    Sul piano normativo l’articolo 16 del DPR 600/73 stabilisce il contenuto analitico del registro dei beni ammortizzabili, a cui le imprese devono fare riferimento per conoscere la base informativa da sostenere per legittimare la deducibilità delle quote d’ammortamento dei cespiti.

    L’articolo 2 del DPR 695/96 stabilisce che le annotazioni previste per questo registro possano, in alternativa, essere riportate sul registro degli inventari, oppure, per i contribuenti in contabilità semplificata, sul registro IVA degli acquisti.

    Infine, l’articolo 12 comma 1 del DPR 435/01 stabilisce la facoltatività della tenuta del registro dei beni ammortizzabili a condizione che:

    • “le registrazioni siano effettuate nel libro giornale” (lettera a);
    • su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, siano forniti, in forma sistematica, gli stessi dati che sarebbe stato necessario annotare nei registri” (lettera b).

    Quindi, fermo restando che il contribuente debba essere in grado di fornire un determinato contenuto informativo sui cespiti e sui relativi ammortamenti, queste informazioni non devono necessariamente essere riportate sul registro dei beni ammortizzabili, il quale, oggi, è di fatto facoltativo, ma possono essere legittimamente riportate con modalità alternative; la legittimità di ciò comporta, come conseguenza, la deducibilità dei relativi costi.

    Che tra quelle modalità che abbiamo definito alternative ci sia l’annotazione dello stesso contenuto informativo sul libro inventari o sul libro giornale, appare evidente. Ma se questo non è riportato su nessuno di questi registri?

    È qui che l’ordinanza, dopo aver percorso il diritto lo interpreta e lo chiarisce. 

    Secondo la Corte di Cassazione, infatti, l’articolo 12 comma 1 del DPR 435/01 ha introdottouna modalità di documentazione del costo ammortizzabile ulteriore e autonoma rispetto a quella della registrazione nel libro giornale”, rappresentata dalla capacità dell’impresa di fornire all’Amministrazione finanziariagli stessi dati che sarebbe stato necessario annotare nei registri”.

    Quindi, mentre la prassi ha finora interpretato i punti a) e b) del comma 1 dell’articolo 12 del DPR 435/01 in chiave sommatoria, richiedendo la sussistenza contemporanea di entrambe le situazioni, la suprema Corte chiarisce che le due condizioni sono autonome, e che, di conseguenza, è sufficiente la sussistenza di una sola delle due per realizzare la legittimità del comportamento del contribuente. E, in effetti, la norma in nessun punto accenna alla necessità della coesistenza di entrambe le fattispecie.

    Di conseguenza, quindi, se l’impresa, su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, è in grado di fornire a questa i medesimi dati che avrebbe dovuto annotare sul registro dei beni ammortizzabili o sul libro degli inventari o sul libro giornale, le quote di ammortamento dei cespiti saranno comunque deducibili, anche se queste informazioni non sono annotate in nessuno di questi registri.

    Per terminare la Corte precisa pure che le medesime considerazioni debbano valere anche per quei contribuenti che, pur avendo tenuto il Registro dei beni ammortizzabili, “lo abbiano fatto in modo irregolare, ad esempio omettendo […] determinate indicazioni”.