• Oneri deducibili e Detraibili

    Spese rappresentanza commercialista: inerenza per la deducibilità

    Secondo l'Ordinanza n 26553/2025 la Cassazione ribadisce un importante principio per le spese di rappresentanza: sono indeducibili le spese per il commercialista se non dimostra la diretta riconducibilità all’attività professionale.

    Vediamo il caso di specie giunto in Cassazione.

    Spese rappresentanzacommercialista: deducibilità solo se provata l’inerenza

    La deducibilità delle spese di rappresentanza è da sempre un terreno delicato per i professionisti.

    La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 26553 del 2 ottobre 2025 ha ribadito un principio chiave: non basta che la spesa rientri astrattamente tra quelle deducibili, occorre dimostrare la concreta destinazione all’attività professionale.

    Il caso deciso dalla Cassazione con l'Ordinanza n 26553/2025 trae origine da un avviso di accertamento notificato a un commercialista.

    L’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione alcune spese di rappresentanza, ritenute non inerenti. Secondo l’Ufficio, mancavano prove che collegassero tali spese ai clienti effettivamente destinatari degli omaggi.

    Il professionista impugnava l’atto davanti al giudice tributario, ma sia in primo che in secondo grado il ricorso veniva respinto. 

    La Cassazione è stata adita per chiarire se la deducibilità fosse subordinata all’indicazione analitica dei clienti destinatari o meno.

    La Corte ha ricordato che le spese di rappresentanza sono deducibili entro il limite dell’1% dei compensi percepiti

    Tuttavia, l’elemento decisivo è l’inerenza: spetta al professionista dimostrare che la spesa sia stata effettivamente sostenuta per finalità promozionali e professionali, e non personali.

    Per la Cassazione non è sufficiente dimostrare che il bene rientri nella categoria delle spese di rappresentanza (es. opere d’arte, gioielli, omaggi di pregio) ma occorre fornire prova concreta della destinazione

    La valutazione spetta al giudice di merito e non può basarsi su semplici presunzioni di verosimiglianza.

    Ricordiamo anche che per le spese di rappresentanza le percentuali di deducibilità sono:

    • per i professionisti con il limite dell' 1% dei compensi annui,
    • per le imprese le percentuali sono progressive in base ai ricavi (art. 108 TUIR).

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Detrazioni figli a carico: fino a che età spetta

    Con la Risposta a interpello n 243/2025 l'agenzia chiarisce che la detrazione Irpef per gli oneri e le spese sostenuti dai genitori nell’interesse dei figli fiscalmente a carico spettano anche dopo che il figlio ha compiuto il 30° anno di età e quindi non ha più diritto alle detrazioni per familiari a carico (ai sensi dell’art. 12 del TUIR).

    Vediamo il dettaglio del caso prospettato dall'istante.

    Detrazioni figli a carico over 30: cosa cambia nel 2025

    L'Agenzia creplica ad un sostituto d’imposta datore di lavoro che intende chiarire gli effetti delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 in materia di detrazioni per figli a carico.

    Egli segnala di aver eliminato dalle buste paga di gennaio 2025 il beneficio fiscale relativo alla detrazione per i dipendenti con figli che hanno compiuto 30 anni durante l’anno, in base alla nuova formulazione dell’articolo 12 del TUIR. 

    Egli domanda se la perdita della detrazione comporta anche la perdita dello status di familiare fiscalmente a carico.

    La questione centrale del qusito è se il compimento del 30° anno di età comporti automaticamente la perdita dello status di familiare a carico, con tutte le conseguenze in termini di deducibilità o detraibilità delle spese sostenute dai genitori. 

    La norma di riferimento per il caso è l’articolo 1, comma 11, della Legge n. 207/2024  o Legge di Bilancio 2025, che modifica l’articolo 12, comma 1, lettera c), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

    A partire dal periodo d’imposta 2025, la detrazione di 950 euro per ciascun figlio si applica solo ai figli tra i 21 e i 30 anni, oltre tale soglia, la detrazione è ammessa esclusivamente se il figlio è disabile (ai sensi della legge 104/1992).

    Resta invariata la definizione di “familiare fiscalmente a carico”, che continua a basarsi su limiti di reddito:

    • 2.840,51 euro per la generalità dei familiari;
    • 4.000 euro per i figli fino a 24 anni.

    L’istante sostiene che anche se non si ha più diritto alla detrazione per figli a carico, potrebbe comunque permanere la condizione di familiare a carico, con possibilità di portare in detrazione o deduzione le spese sostenute nell’interesse del figlio nella dichiarazione dei redditi.

    L’Agenzia delle Entrate conferma l’interpretazione proposta dall’istante e specifica che anche se il figlio ha compiuto 30 anni e non rientra più tra i beneficiari della detrazione specifica, può continuare a essere considerato fiscalmente a carico se il suo reddito non supera i limiti stabiliti dal TUIR.

    In tal caso, i genitori potranno:

    • usufruire delle detrazioni per spese sanitarie, scolastiche, assicurative, ecc.;
    • indicare il codice fiscale del figlio nella Certificazione Unica;
    • non applicare la detrazione da lavoro dipendente mensile, ma mantenere la possibilità di dedurre o detrarre spese annuali.

    Il punto centrale è il rinvio operato dal comma 4-ter dell’articolo 12 del TUIR, secondo cui i figli per cui non spetta più la detrazione continuano a essere equiparati, ai fini fiscali, a quelli per cui spetta, purché fiscalmente a carico.

    È una forma di continuità normativa che garantisce al contribuente la possibilità di dedurre o detrarre molte tipologie di spese, indipendentemente dall’età, se il figlio rispetta i limiti di reddito.

    L'agenzia evidenzia che già la circolare n. 4/E del 2022 aveva chiarito che, per figli sotto i 21 anni non più beneficiari di detrazioni specifiche, restavano valide le agevolazioni legate alle spese sostenute.  Lo stesso principio è stato ribadito nella circolare n. 4/E del 2025, in riferimento ai figli over 30.

    Detrazioni per familiari a carico: indicazioni per i sostituti di imposta

    Ciò premesso, i sostituti d’imposta dovranno:

    • sospendere la detrazione mensile da gennaio dell’anno in cui il figlio compie 30 anni;
    • continuare a indicare il figlio nella CU se fiscalmente a carico;
    • informare i dipendenti della possibilità di recuperare le spese sostenute in fase di dichiarazione.

    La perdita della detrazione mensile non equivale alla perdita dello status di familiare fiscalmente a carico, con tutte le conseguenze in termini di deducibilità. 

    Questo principio viene ora confermato anche alla luce delle modifiche normative del 2025.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Costi non ancora certi: condizione di deducibilità dalla Cassazione

    Con la sentenza n. 24485 depositata il 4 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per la fiscalità d’impresa: quando un costo o un ricavo legato a una controversia giudiziaria può essere imputato a bilancio ai fini fiscali.

    La decisione introduce un principio interpretativo che si discosta sensibilmente dalla prassi consolidata dell’Amministrazione finanziaria e dalla precedente giurisprudenza di legittimità, riconoscendo rilievo prioritario al requisito della “certezza” rispetto a quello della competenza temporale.


    La vicenda trae origine da un accertamento per l’anno d’imposta 2014, notificato a una azienda speciale comunale, nata da una scissione parziale.

    L’Agenzia delle Entrate contestava due voci:

    • a deduzione nel 2014 di un costo da risarcimento derivante da una sentenza di primo grado del 2009, poi riformata in appello nel 2014;
    • l’omessa contabilizzazione nel 2014 del risarcimento attivo per danni indiretti stabilito nella sentenza di secondo grado, ma ancora oggetto di contestazione da parte della compagnia assicurativa.

    La CTR aveva avallato la tesi dell’Ufficio, ritenendo che:

    • la sentenza del 2009, pur non definitiva, fosse esecutiva e che quindi il relativo costo dovesse essere imputato all’anno 2009;
    • le somme attive da risarcimento dovessero essere tassate nel 2014, a prescindere dalle contestazioni pendenti.

    Vediamo la decisione della Corte di Cassazione, in controtendenza rispetto all'orientamento consolidato.

    Costi non ancora certi: principio Cassazione sulla deducibilità

    La Corte di Cassazione ha censurato integralmente la motivazione della CTR, riaffermando che la sola esecutività formale non implica automaticamente la certezza fiscale del componente.

    In particolare:

    • la sentenza del 2009 era stata sospesa dalla Corte d’Appello nel 2010 e successivamente riformata,
    • la certezza dell’obbligo di pagamento è maturata solo nel 2014, anno della sentenza definitiva.
    • le somme attive per risarcimento non dovevano essere tassate nel 2014, poiché contestate in modo non pretestuoso dalla compagnia assicurativa (sulla base della mancata copertura assicurativa dei danni indiretti).

    Questo approccio rafforza l’idea che la contabilizzazione fiscale dei componenti da contenzioso non può avvenire automaticamente in base alla sentenza di primo grado, ma solo quando vi sia ragionevole certezza sia dell’an (esistenza del debito o credito) che del quantum (ammontare).

    La Corte formula un principio che ha valenza generale, destinato a incidere in modo rilevante sulla prassi contabile e fiscale:Quando gli elementi attivi e passivi che concorrono a formare il reddito sono portati da un provvedimento emesso in seguito ad un giudizio di cui sia parte il contribuente, quest’ultimo non è tenuto a contabilizzarli se essi sono messi in discussione mediante la proposizione di mezzi di impugnazione ammissibili e non manifestamente infondati, dovendo la contabilizzazione essere effettuata solo quando quegli elementi siano divenuti ragionevolmente certi sia nell’an che nel quantum.”


    La pronuncia non solo smentisce la posizione dell’Agenzia delle Entrate, ma si pone in contrasto con precedenti decisioni della stessa Corte di Cassazione.

    Con questa decisione, invece:

    • il momento rilevante per la deducibilità o tassazione non è più la data della sentenza, ma il momento in cui il componente è “ragionevolmente certo”.
    • si introduce una valutazione sostanziale e prudenziale del principio di competenza.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Deducibilità delle quote di TFM: principio della Cassazione

    Il TFM o trattamento di fine mandato è un’indennità che la società si impegna a corrispondere agli amministratori alla scadenza del loto mandato.
    Gli accantonamenti al fondo TFM rilevano per competenza in ogni esercizio nella voce fondi per trattamento di quiescenza e obblighi simili del passivo dello Stato patrimoniale.

    Dal punto di vista fiscale, gli accantonamenti effettuati al fondo TFM sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio, in base al criterio di competenza (articolo 105 comma 4 del TUIR)

    Per la giurisprudenza prevalente la deducibilità degli accantonamenti è subordinata alla circostanza che il diritto all’indennità risulti da “atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”, che ne specifichi l’importo, diversamente, il TFM può essere dedotto nell’esercizio in cui è effettivamente corrisposto, secondo il criterio di cassa.

    Tale orientamento è confermato dalla pronucia della Cassazione n 18026/2025.

    Vediamo i dettagli della causa.

    Deducibilità delle quote di TFM: principio della Cassazione

    Il Trattamento di Fine Mandato (TFM) è un’indennità riconosciuta agli amministratori delle società al termine del loro incarico, a condizione che sia previsto da atto scritto con data certa anteriore all’inizio del mandato, e che specifichi l’importo o il criterio di calcolo.

    L’art. 105, comma 4 del TUIR consente la deducibilità degli accantonamenti relativi al TFM per competenza, ma solo in presenza di documentazione idonea.

    In assenza, si applica il principio di cassa (art. 95, co. 5 TUIR).

    Sul piano contabile, secondo il documento OIC 31, se l’azienda stipula una polizza assicurativa che trasferisce integralmente l’obbligo alla compagnia, i premi pagati possono essere iscritti a conto economico in luogo degli accantonamenti.

    Con tre avvisi di accertamento relativi agli anni 2011-2012-2013, l’Agenzia delle Entrate contestava alle società Alfa Group S.p.A. e Alfa S.p.A. la deduzione indebita degli accantonamenti al fondo TFM in favore dei propri amministratori.

    Secondo l’Ufficio, le somme erano superiori ai limiti previsti dagli artt. 50, comma 1, lett. c-bis), 105, comma 4 TUIR e 2120 c.c., richiamando analogie tra TFM e TFR.

    La Commissione Tributaria Provinciale e poi la CTR avevano respinto i ricorsi delle società, accogliendo la tesi dell’Agenzia: il TFM doveva rispettare i medesimi limiti previsti per i dipendenti, dunque non integralmente deducibile.

    Le società, congiuntamente, hanno proposto ricorso per Cassazione denunciando la violazione dell’art. 105 TUIR e del principio di competenza, oltre che la falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. (che disciplina esclusivamente il TFR dei lavoratori subordinati).

    Nel ricorso, le società hanno chiarito che il TFM era stato deliberato contestualmente alla nomina degli amministratori, risultando da atto con data certa e con indicazione dell’importo. 

    Inoltre, hanno evidenziato che i limiti di deducibilità andavano riferiti all’art. 2389 c.c., che disciplina i compensi degli amministratori, e non al TFR.

    Con ordinanza n. 18026/2025, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso delle società, cassando la sentenza della CTR e decidendo nel merito: gli avvisi di accertamento sono stati annullati.

    La Corte ha affermato chiaramente che:“In mancanza di una norma che obblighi le società a provvedere all’ammortamento del TFM nelle forme previste per i lavoratori dipendenti, non può applicarsi l’art. 2120 c.c., dettato per questi ultimi”.

    La deducibilità per competenza, ai sensi dell’art. 105, comma 4 TUIR, è quindi ammessa se l’indennità è prevista da un atto scritto con data certa anteriore all’inizio del rapporto e ne è specificato l’importo o criterio di calcolo.

    La Corte ha inoltre ribadito che: “Il TFM è deducibile per competenza, purché sussistano i presupposti formali richiesti. In mancanza, si applica il principio di cassa (art. 95, co. 5 TUIR)”.

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    Spese di trasferta: il punto delle novità dopo il DL fiscale

    La Legge di bilancio per l’anno 2025 ha introdotto l’obbligo generalizzato di tracciabilità del pagamento delle spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea sostenute in occasione di trasferte o missioni.

    Il sostenimento di queste spese, senza rispondere all’obbligo di tracciamento del pagamento, comporta la ripresa fiscale del costo o del rimborso, a seconda dei casi.

    Ad esempio, quando un lavoratore dipendente sostiene delle spese per una trasferta, spese che vengono poi rimborsate dall’impresa:

    • se il pagamento è effettuato con modalità tracciabili: l’importo rimborsato non costituisce reddito imponibile per il lavoratore, ma costituisce costo deducibile per l’impresa;
    • se le spese sono sostenute in contanti: l’importo rimborsato costituisce reddito imponibile per il lavoratore e costo indeducibile per l’impresa.

    La misura, per tutta evidenza, nel caso in cui non si riesca a effettuare i pagamenti con modalità tracciate, risulta particolarmente gravosa dal punto di vista fiscale, presentando un costo, inerente ed effettivamente sostenuto, che diviene reddito imponibile per il lavoratore e onere indeducibile per l’impresa.

    La finalità della norma, per tutta evidenza, è antievasiva: l’obiettivo non è l’elusione dei soggetti che sostengono queste spese, ma la presunta evasione operata da quelle classi di operatori che forniscono servizi di trasporto, ristorazione e ospitalità.

    Con il Decreto Legge numero 84, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 giugno 2025 il legislatore fa alcune modifiche alla normativa introdotta dalla Legge di bilancio 2025, con decorrenza da giorno 18 giugno 2025.

    L’obiettivo delle modifiche normative è duplice: da un lato vuole rendere più coerente la normativa nel suo complesso, allineando il trattamento previsto per le imprese e lavoratori autonomi, dall’altro cerca di non gravare troppo sugli operatori disapplicando gli obblighi previsti nelle situazioni in cui viene meno la finalità antievasiva sottostante.

    Esclusione per le spese di trasferta sostenute all’estero

    Ai sensi dell’articolo 1 del DL 84/2025, le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea sostenute in occasione di trasferte o missioni da lavoratori dipendenti, imprese e lavoratori autonomi sono soggette all’obbligo di pagamento con modalità tracciata solo quando sostenute nel territorio dello stato italiano.

    Ne consegue che le spese di trasferta sostenute all’estero non soggiacciono a questo obbligo, e possono essere pagate in contanti senza che questo ne influenzi la fiscalità.

    La motivazione che sta alla base della modifica normativa è duplice:

    • da un lato, l’obiettivo di fare emergere la base imponibile dei fornitori di servizi di trasporto, ristorazione e ospitalità viene meno quando le trasferte avvengono all’estero;
    • dall’altro lato, dovere sostenere queste spese con modalità tracciate anche all’estero spesso può risultare concretamente difficoltoso: non tutti i paesi all’estero hanno infatti lo stesso grado di diffusione dei mezzi di pagamento elettronici.

    Obbligo di tracciabilità anche per professionisti e lavoratori autonomi

    Il medesimo intervento legislativo operato dall’articolo 1 del DL 84/2025 interviene anche sulle spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea sostenute, in occasione di trasferte o missioni, in modo specifico da lavoratori autonomi e professionisti.

    La modifica normativa si è resa necessaria per armonizzare la norma che ha stabilito l’obbligo anche il lavoratore autonomo della tracciabilità delle spese di trasferta, con la disciplina (l’articolo 5 del Decreto Legislativo 192/2024) che ha reso irrilevanti fiscalmente tali spese per il professionista e committente.

    Nella contrapposizione delle due norme, a vincere è stato l’obbligo di tracciabilità; così, modificando gli articoli 54 e 54-ter del TUIR, le somme ricevute dal professionista a titolo di rimborso per spese (analiticamente documentate) di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea, sostenute in Italia in occasione di trasferte o missioni e riaddebitate in fattura, concorrono alla formazione del reddito del professionista o del lavoratore autonomo solo nel caso in cui i relativi pagamenti non siano stati effettuati con strumenti tracciabili.

    La precedente versione della norma stabiliva la generica irrilevanza fiscale in capo al professionista per le spese di trasferta, analiticamente documentate, e riaddebitate al committente; adesso, ai fini dell’irrilevanza fiscale, viene aggiunto l’obbligo di eseguire i pagamenti con modalità tracciate.

    Similmente, intervenendo sull’articolo 54-septies del TUIR sono sottoposte al medesimo obbligo di esecuzione del pagamento con modalità tracciate, per godere della deducibilità fiscale, anche le spese di trasferta:

    • sostenute direttamente da lavoratori autonomi e professionisti;
    • sostenute direttamente da lavoratori autonomi e professionisti quale committente di incarichi conferiti ad altri lavoratori autonomi o professionisti;
    • rimborsate analiticamente da lavoratori autonomi e professioni ai propri dipendenti o a collaboratori (per esecuzione di incarichi),

    Va precisato, infine, che la normativa rileva non solo ai fini delle imposte dirette, ma anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP.

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    Bonus caldaia 2025: come funzionerà

    La Circolare n 8 del 19 giugno ha chiarito tutte le novità 2025 per i bonus edilizi.

    Vediamo come cambia il bonus caldaia 2025 dopo le novità con anche i riferimenti alle norme UE sull'inquinamento.

    Bonus caldaia 2025: come funzionerà

    Con la Circolare n 8/2025 viene chiarito come funzionerà d'ora in avanti il bonus caldaia.

    Il comma 55, lettere a) e b), della Legge di Bilancio 2025 ha escluso dall’Ecobonus, di cui all’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013, e dal bonus recupero del patrimonio edilizio, di cui all’articolo 16 del medesimo decreto-legge, gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, per le spese sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027.
    Tale disposizione è in linea con la Direttiva (UE) 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024 sulla prestazione energetica nell’edilizia, che all’articolo 17, paragrafo 15, stabilisce che dal «1° gennaio 2025 gli Stati membri non offrono più incentivi finanziari per l’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, ad eccezione di quelle selezionate per gli investimenti, prima del 2025, conformemente al regolamento (UE) 2021/241, all’articolo 7, paragrafo 1, lettera h), punto i), terzo trattino, del regolamento (UE) 2021/1058 e all’articolo 73 del regolamento (UE) 2021/2115 del Parlamento europeo e del Consiglio».

    Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18 ottobre 2024 è stata pubblicata la Comunicazione 2024/6206 della Commissione sull’eliminazione graduale degli incentivi finanziari alle caldaie uniche alimentate a combustibili fossili a norma della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia.

    Il documento “fornisce orientamenti in merito all’articolo 17, paragrafo 15, della direttiva riveduta, che mirano a contribuire a una migliore comprensione delle disposizioni e a facilitare  un’applicazione più uniforme e coerente”
    In particolare, nel paragrafo 4.2 “Interpretazione” della predetta Comunicazione è precisato che l’articolo 17, paragrafo 15, della direttiva “si

    applica all’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, ovverosia all’acquisto, all’assemblaggio e alla messa in funzione di una caldaia che:

    • 1) brucia combustibili fossili, ossia fonti energetiche non rinnovabili a base di carbonio, quali combustibili solidi, gas naturale e petrolio, 
    • e 2) è una caldaia unica, ossia non combinata con un altro generatore di calore che utilizza energia da fonti rinnovabili e che produce una quota considerevole dell’energia totale in uscita dal sistema combinato”.

    La Comunicazione di seguito specifica che una “caldaia a gas può essere considerata «alimentata a combustibili fossili» in funzione del mix di combustibili nella rete del gas al momento dell’installazione. Di norma, quando la rete locale del gas trasporta prevalentemente gas naturale, l’installazione di caldaie a gas non dovrebbe ricevere incentivi finanziari; può invece beneficiare di incentivi a norma dell’articolo 17, paragrafo 15, se la rete locale del gas trasporta prevalentemente combustibili rinnovabili”.

    È evidenziato, inoltre, che, “sebbene l’articolo 17, paragrafo 15, non vieti gli incentivi finanziari per l’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili rinnovabili, questi potrebbero essere preclusi dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sull’etichettatura energetica.  Tale disposizione impone che gli eventuali incentivi previsti dagli Stati membri puntino alle due classi di efficienza energetica più elevate tra quelle in cui si situa una percentuale significativa dei prodotti o alle classi più elevate indicate negli atti delegati dell’UE sull’etichettatura energetica dei prodotti in questione. Nel caso degli apparecchi per il riscaldamento d’ambiente aventi capacità fino a 70 kW soggetti all’etichettatura energetica, ciò significa che gli Stati membri possono incentivare solo quelli che rientrano nelle due classi di efficienza energetica più elevate tra quelle in cui si situa una percentuale significativa dei prodotti. Stando ai dati attualmente disponibili, le caldaie uniche non rientrano in queste due classi e non possono dunque essere incentivate, indipendentemente dal fatto che siano limentate a combustibili fossili o rinnovabili. (…). La disposizione di cui sopra  non si applica alle caldaie specificamente concepite per funzionare con  combustibili gassosi o liquidi prodotti prevalentemente a partire da biomassa, in  quanto non soggette alle norme dell’UE in materia di etichettatura energetica. Per  le caldaie a biomassa a combustibile solido esiste un regolamento specifico in  materia di etichettatura energetica, con una scala adattata: dato che rientrano  nelle due classi più elevate tra quelle in cui si situa una percentuale significativa  dei prodotti, possono beneficiare di incentivi”.
    Il paragrafo 4.3 della Comunicazione elenca alcuni “esempi di incentivi  finanziari che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 17,  paragrafo 15”. Alla voce “Incentivi non correlati alle caldaie” è precisato che gli “apparecchi che non rispondono alla definizione di caldaie, quali stufe o  apparecchi di microcogenerazione, non sono interessati dall’eliminazione  graduale degli incentivi finanziari a favore delle caldaie uniche alimentate a  combustibili fossili”.
    Ciò considerato,l'agenzia ha chiarito che:

    • con riferimento all’Ecobonus, di cui all’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013, si ritiene che gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili esclusi dagli incentivi fiscali riguardino le caldaie a condensazione e i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili. L’esclusione dalla detrazione di cui al citato articolo 14 non si applica,  invece, ai microcogeneratori, quand’anche siano alimentati da combustibili fossili, e ai generatori a biomassa. Va, inoltre, osservato che la Comunicazione non contiene alcuno specifico riferimento alle pompe di calore ad assorbimento a gas. Nondimeno, dalla definizione di caldaia, resa al paragrafo 4.1. “Definizioni” della Comunicazione, secondo cui la stessa è “il complesso bruciatore-focolare concepito in modo da permettere di trasferire a dei fluidi il calore prodotto dalla combustione”, si evince che l’esclusione dai benefici fiscali per gli interventi ammessi all’Ecobonus non può riguardare la pompa di calore ad assorbimento a gas, il cui bruciatore assolve a una diversa funzione, considerato, altresì, l’elevato grado di rinnovabilità dell’energia fornita per la copertura degli usi finali. Si ritiene, infine, che i sistemi ibridi costituiti da una pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro, così comedisciplinati dal d.m. 6 agosto 2020, possano continuare a beneficiare della predetta agevolazione di cui all’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013, in assenza di limitazioni espressamente previste dalla norma;
    • con riferimento, inoltre, alle agevolazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis del TUIR, attualmente disciplinati dall’articolo 16, comma 1, del d.l. n. 63 del 2013, acquisito al riguardo il parere dell’ENEA e del MASE, si ritiene che gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, esclusi dagli incentivi fiscali, riguardino le caldaie a condensazione e i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili. Sono, inoltre, agevolabili gli interventi riguardanti i microcogeneratori, quand’anche siano alimentati da combustibili fossili, i generatori a biomassa, le pompe di calore ad assorbimento a gas e i sistemi ibridi costituiti da una pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione.

    Sotto il profilo fiscale, si evidenzia che le spese non più ammesse a detrazione ai sensi dell’Ecobonus e del bonus recupero del patrimonio edilizio sono quelle sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027 per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili come sopra declinati. 

    Resta fermo che sono ammesse alle agevolazioni le spese sostenute fino al 31 dicembre 2024, in relazione ai predetti interventi, anche se gli stessi sono realizzati o completati dal 1° gennaio 2025.

    Con riferimento al Superbonus, ferma restando l’esclusione dalle agevolazioni delle predette spese sostenute nel 2025, si precisa che, qualora, prima del 1° gennaio 2025, risulti presentata, per gli interventi ammessi al Superbonus, la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), o l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo in caso di interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, l’intervento di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, anche se realizzato nel 2025, continua a rilevare ai fini del miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio o delle unità immobiliari oggetto di intervento oppure, ove non sia possibile, del conseguimento della classe energetica più alta, anche nei casi in cui sia l’unico intervento “trainante”.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    730/2025 detrazione auto disabili con permuta dell’usato

    E' nel vivo la campagna dei dichiarativi 2025:

    Vediamo come comportasi per la detrazione delle spese per un veicolo di disabile dove, c'è stata rivendita del veicolo usato e aquisto di veicolo nuovo.

    A tal proposito le Entrate in data 7 febbraio scorso con la Risoluzione n 11 del 7 febbraio hanno in sintesi chiarito che nel prezzo del veicolo nuovo si può sommare il valore del veicolo usato consegnato in permuta al concessionario.

    Detrazione spese acquisto veicolo disabile nel caso della permuta: il caso

    L'Istante dichiarava di aver acquistato nel 2023 un'autovettura per il trasporto del figlio disabile a carico, e dichiarava anche che, ha venduto al concessionario un veicolo usato il cui ''valore'', evidenziato nel «contratto di ordine di acquisto dell'auto», è stato utilizzato a scomputo dell'importo dovuto per l'acquisto del nuovo veicolo pagato con bonifico bancario.
    Ciò posto, l'Istante chiede se, ai fini della detrazione di cui all'articolo 15, comma 1, lett. c), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), spettante per le spese sostenute per l'acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili, il beneficio fiscale spetta anche con riferimento al ''valore'' del veicolo «concesso in ''permuta'' al concessionario in occasione dell'acquisto», scomputato dal prezzo di acquisto della nuova autovettura.

    Vediamo la replica delle entrate.

    Detrazione spese acquisto veicolo disabile nel caso della permuta: chiarimenti ADE

    Le Entrate replicano ricordando innanzitutto che l'articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR prevede una detrazione dall'imposta lorda (IRPEF), calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro, sostenuta per l'acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili di cui al citato articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. 

    La detrazione spetta sul costo di acquisto del veicolo (nuovo o usato) e sulle spese di riparazione imputabili a manutenzione straordinaria; sono, quindi, escluse quelle di ordinaria manutenzione, quali il premio assicurativo, il carburante, il lubrificante, gli pneumatici e le spese in genere riconducibili alla normale manutenzione del veicolo.
    La detrazione pari al 19 per cento è determinata sul predetto limite di spesa con riferimento all'acquisto di un solo veicolo in un periodo di 4 anni (decorrente dalla data di acquisto). 

    Concorrono al raggiungimento del limite di spesa di euro 18.075,99 anche le spese di riparazione del veicolo, purché sostenute entro i 4 anni dall'acquisto del veicolo stesso a detrazione spetta per le spese sostenute per l'acquisto di:

    • motoveicoli e autoveicoli, anche se prodotti in serie e adattati in funzione delle limitazioni permanenti delle capacità motorie della persona con disabilità;
    • motoveicoli e autoveicoli, anche non adattati, per il trasporto di persone con handicap psichico o mentale di gravità tale da avere determinato il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento e di invalidi con grave limitazione della capacità di deambulazione o persone affette da pluriamputazioni;
    • autoveicoli, anche non adattati, per il trasporto dei non vedenti e sordi.

    A partire dal 2020 anche ai fini della detrazione delle spese per l'acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili, il pagamento deve essere effettuato mediante sistemi di pagamento tracciaibli ossia:

    • «versamento bancario o postale 
    • ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241», 
    • ossia «carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero […] altri sistemi di pagamento».

    Ciò premesso, si esamina ora l'ipotesi in cui, in occasione dell'acquisto del nuovo veicolo, il soggetto acquirente vende al concessionario un veicolo usato concordandone un ''valore'' e che l'importo corrispondente a tale ''valore'' sia utilizzato a scomputo dell'importo dovuto a saldo per l'acquisto del nuovo veicolo.

    Le Entrate hanno chiarito che poiché il pagamento per l'acquisto del veicolo nuovo viene effettuato in parte in denaro e in parte mediante la ''vendita'' del veicolo usato, ''compensando'', in tal modo, i reciproci rapporti di debito e credito delle parti contraenti, la spesa deve considerarsi sostenuta per il suo intero ammontare.

    Inoltre, l'ade ritiene che il requisitio di tracciabilità sia soddisfatto qualora il beneficiario della detrazione sia in possesso di idonea documentazione dalla quale risulti il soggetto acquirente (che sostiene la spesa), il prezzo di acquisto del veicolo nuovo nonché il ''valore'' dell'autovettura usata venduta al concessionario utilizzato a scomputo dell'importo dovuto a saldo (come, ad esempio, il contratto di acquisto del nuovo veicolo, l'atto di vendita del veicolo usato e/o la fattura di acquisto che riporti anche il ''valore'' compensato).

    Qualora sia in possesso della predetta documentazione, l'acquirente potrà fruire della detrazione di cui all'articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR calcolata sull'intero prezzo di acquisto del nuovo veicolo considerando, non solo l'importo versato mediante sistemi di pagamento tracciabili previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ma anche l'ammontare corrispondente al ''valore'' di cessione del veicolo usato.

    Allegati:
  • Oneri deducibili e Detraibili

    730/2025: tutte le detrazioni per le spese per cane guida

    Per provvedere alla dichiaraizone dei redditi dei pensionati e dipendenti Modello 730/2025 anno di imposta 2024 le Entrate hanno pubblicato tutte le regole: scarica qui modello e istruzioni.

    Vediamo dove indicare le spese sostenute nel 2024 per i cani guida ai fini della detraibilità delle spese tanto di acquisto dell'animale quanto di mantenimento dello stesso.

    730/2025: detrazione spese acquisto cane guida

    Nle Modello 730/2025 il Quadro E al Rigo E5 ospita le spese per l’acquisto di cani guida.
    Il rigo E5 va compilato come segue:

    La detrazione spetta per l’intero ammontare del costo sostenuto ma con riferimento all’acquisto di un solo cane e una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo i casi di perdita dell’animale.
    La detrazione può essere ripartita in quattro rate annuali di pari importo, indicando nell’apposita casella del rigo il numero corrispondente alla rata di cui si vuole fruire e l’intero importo della spesa sostenuta.
    L’importo da indicare nel rigo E5 deve comprendere le spese indicate nella sezione “Oneri detraibili” (punti da 341 a 352) della Certificazione Unica con il codice onere 5.

    730/2025: spese per il mantenimento del cane guida

    Sempre nel Quadro E ma al Rigo E81 vanno indicate le spese di mantenimento ai fini della detrazione.

    Tale casella va barrata per usufruire della detrazione forfetaria di 1.000 euro. 

    La detrazione spetta esclusivamente al cieco (e non anche alle persone di cui questi risulti fiscalmente a carico) a prescindere
    dalla documentazione della spesa effettivamente sostenuta. 

    Attenzione al fatto che dall’anno d’imposta 2020 la fruizione di questa detrazione varia in base all’importo del reddito complessivo. In particolare essa spetta per intero ai titolari di reddito complessivo fino a 120.000 euro. In caso di superamento del predetto limite, il credito decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di un reddito complessivo pari a 240.000 euro.

    Per la verifica del limite reddituale si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Detrazioni per carichi di famiglia: tutte le novità 2025

    Con la Circolare n 4/2025 le Entrate chiariscono anche le novità per le detrazioni dei carichi di famiglia introdotte dalla Legge di Bilnacio 2025.

    Vediamo tutti i dettagli.

    Detrazioni per carichi di famiglia: i chiarimenti ADE

    Il comma 11 della legge di bilancio 2025 apporta alcune modifiche all’articolo 12 del TUIR, in materia di detrazione per carichi di famiglia.

    In particolare, si prevede la spettanza della detrazione per i figli a carico in relazione ai soli contribuenti che abbiano figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, e i figli conviventi del coniuge deceduto, di età pari o superiore a 21 anni, ma inferiore a 30 anni, nonché figli di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

    Attenzione al fatto che, rispetto alla disciplina previgente, che riconosceva la detrazione in oggetto per tutti i figli con età pari o superiore a 21 anni, la novità introduce, ai fini della spettanza della stessa, un limite di età per i figli, prevedendo che la detrazione sia riconosciuta per quelli di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni.
    Dato che le detrazioni per carichi di famiglia sono rapportate al mese e competono per i mesi in cui sussistono le condizioni richieste, ne consegue che la detrazione di cui al novellato articolo 12, comma 1, lettera c), del TUIR spetta dal mese del compimento dei 21 anni di età del figlio fino al mese antecedente al compimento dei 30 anni.
    La detrazione spetta, inoltre, per ciascun figlio con disabilità accertata ai sensi della l. n. 104 del 1992, di età pari o superiore a 21 anni.
    Inoltre si estende il riconoscimento della detrazione di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 12 del TUIR anche:

    • ai figli affiliati 
    • ai figli del coniuge deceduto che convivono con il contribuente.

    Nonostante la legge di bilancio 2025 abbia, come detto, equiparato, ai fini della spettanza della detrazione per figli a carico, i figli del contribuente e i figli del coniuge deceduto che convivano con il contribuente stesso, si precisa, tuttavia, che, nel caso di convivenza con il figlio del coniuge deceduto, non trova applicazione la previsione di cui all’ultimo periodo della lettera c) del comma 1 dell’articolo 12 del TUIR24, in quanto tale disposizione continua a fare riferimento esclusivamente ai figli del contribuente (e non anche ai figli conviventi del coniuge deceduto).

    Ne consegue, pertanto, che il contribuente che convive con il figlio del coniuge deceduto beneficia solo della detrazione per figli a carico, senza possibilità di fruire, laddove più conveniente, della detrazione prevista per il coniuge a carico, di cui alla lettera a).

    La ratio della previsione, di cui all’ultimo periodo della lettera c) del comma 1 dell’articolo 12 del TUIR, consiste nel far beneficiare di una eventuale maggiore misura della detrazione per familiari a carico quei soggetti, non coniugati o successivamente separati, che, per mancanza dell’altro genitore o per mancato riconoscimento del figlio da parte di quest’ultimo, si trovano nella  condizione di avere il figlio a carico in via esclusiva.

    Alla luce di tali considerazioni, si ritiene, pertanto, che la previsione di cui all’ultimo periodo della lettera c) del comma 1 dell’articolo 12 del TUIR non si applichi al genitore superstite che non convive con il figlio; infatti, attesa la spettanza delle detrazioni in capo al contribuente – soggetto terzo – che convive con il figlio del soggetto deceduto, ne consegue che il genitore superstite non è  l’unico soggetto ad avere diritto alle detrazioni per il figlio a carico.

    Inoltre, la detrazione per figli a carico spetta, in presenza dei requisiti previsti dalla normativa fiscale, anche in relazione all’altro genitore (in vita) del medesimo figlio del coniuge deceduto. 

    In tale caso, la ripartizione della etrazione tra il contribuente convivente con il figlio del coniuge deceduto e l’altro  genitore non convivente segue le regole ordinarie previste dalla disciplina fiscale.

    Il citato comma 11, lettera a), numero 225, modifica, altresì, la lettera d) del  comma 1 dell’articolo 12 del TUIR, limitando ai soli ascendenti conviventi con  il contribuente la detrazione ivi prevista per gli altri familiari conviventi.

    La disciplina previgente includeva tra i familiari a carico, per i quali era riconosciuta la detrazione di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 12 del TUIR, le persone indicate all’articolo 433 del codice civile, che convivessero con il contribuente o che percepissero assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, esclusi in ogni caso i figli, ancorché per i medesimi non spettasse la detrazione ai sensi della lettera c) del medesimo comma.
    Più nel dettaglio, la detrazione spettava, nel rispetto delle altre condizioni previste dalla norma, per il coniuge legalmente ed effettivamente separato, i genitori, gli  ascendenti prossimi, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle  germani o unilaterali, i discendenti dei figli.
    La modifica normativa, fermo restando il rispetto delle altre condizioni previste dall’articolo 12 del TUIR, ha, pertanto, circoscritto, attraverso l’eliminazione del riferimento al citato articolo 433, il riconoscimento della detrazione ai soli ascendenti (ad esempio ai genitori) che convivano con il contribuente. e modifiche apportate dalla legge di bilancio 2025 all’articolo 12 del TUIR esplicano, di conseguenza, effetti anche sulle altre disposizioni che rinviano ai soggetti del citato articolo 12.
    In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2025 non è più possibile fruire delle detrazioni e delle deduzioni spettanti per gli oneri e per le spese sostenuti per le altre persone indicate nell’articolo 433 c.c.; resta, invece, possibile fruirne per gli oneri e le spese sostenuti per gli ascendenti fiscalmente a carico, conviventi con il contribuente, nonché per il  coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, fiscalmente a carico.

    Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla circolare in oggetto.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Ravvedimento speciale: interessi indeducibili per il professionista

    Con Risposta a interpello n 56 del 3 marzo le Entrate replicano ad un quesito sulla deducibilità degli interessi da ravvedimento versati da un professionista ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo – articolo 54,

    comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

    In sintesi gli interessi versati per il ravvedimento speciale non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo. 

    Vediamo il quesito e il caso specifico.

    Ravvedimento speciale: interessi indeducibili per il professionista

    Un professionista, che ha utilizzato l’istituto del ravvedimento speciale, introdotto dalla legge n. 197/2022 per regolarizzare alcune violazioni tributarie relative a periodi d’imposta precedenti prospettava il caso seguente:

    • nel 2024 il contribuente ha presentato dichiarazioni integrative che hanno comportato un maggiore debito d’imposta,
    • ha versato un’unica soluzione le imposte dovute, le sanzioni ridotte e gli interessi. 

    L'istante chiede all’Agenzia se può dedurre dal reddito di lavoro autonomo gli interessi versati per il ravvedimento speciale.

    Il professionista ipotizza che tali interessi siano deducibili al pari degli interessi passivi versati per il ritardato pagamento delle imposte. 

    A suo dire, l’assenza di una specifica disciplina nel Tuir riguardo alla deducibilità di questo tipo di interessi legittimerebbe la loro deduzione secondo i principi generali.

    L’Agenzia delle entrate rigetta l'interpretazione chiarendo che, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, gli interessi moratori versati in occasione del ravvedimento speciale non sono deducibili, perché:

    • sono oneri accessori rispetto all’obbligazione principale, ovvero il pagamento delle imposte e, poiché le imposte ravvedute sono indeducibili, anche gli interessi moratori lo sono a loro volta,
    • l’articolo 54 del Tuir stabilisce che sono deducibili solo le spese sostenute nell’esercizio dell’attività professionale. Gli interessi moratori, derivanti da un inadempimento, non possono essere considerati spese inerenti all’attività professionale
    • le risposte fornite in precedenza dall’Agenzia riguardano interessi con una funzione ''compensativa'' del ritardo nell'esazione dei tributi, differente rispetto a quella ''risarcitoria'' che contraddistingue gli interessi da ravvedimento.

    Le entrate evidenziano che, in mancanza di una precisa previsione normativa, e trattandosi di una forma speciale di ravvedimento operoso, la questione si risolve rinviando alla disciplina ordinaria prevista dall'articolo 13, comma 2, del Dlgs n. 472/1997, secondo cui sono dovuti gli “interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno”.

    La qualificazione di tali interessi come ''interessi moratori'', in quanto  derivanti da inadempimento del contribuente li rende accessori rispetto all'obbligazione principale (cioè, il pagamento del tributo), con la conseguenza di condividerne il medesimo trattamento fiscale. 

    Pertanto, nel caso di specie, considerata l'indeducibilità delle imposte ravvedute quali Irpef, addizionali e Irap, anche gli interessi moratori versati, quali oneri accessori alle predette imposte, devono ritenersi indeducibili.

    Inoltre, l’assenza di previsioni specifiche circa il regime di deducibilità degli interessi passivi nelle disposizioni del Tuir in materia di reddito di lavoro autonomo implica che, la loro rilevanza fiscale sia subordinata ai principi generali contenuti nell’articolo 54, comma 1 e pertanto è necessario cioè che sussista una connessione funzionale dei costi e degli oneri sostenuti rispetto alla produzione dei compensi che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo.

    Gli interessi moratori versati avvalendosi del ravvedimento speciale non possono essere considerati inerenti nel senso indicato dalla normativa, in quanto derivano dal ritardato pagamento di imposte che, per loro natura, non sono costi connessi funzionalmente alla produzione del reddito di lavoro autonomo.

    L'agenzia replica che gli interessi versati nel 2024 dal professionista per il ravvedimento speciale non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo.

    Allegati: