• Adempimenti Iva

    Schermatura protettiva da radiazioni: quali aliquota IVA

    L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 306/2025, ha escluso la possibilità di applicare l’aliquota IVA ridotta del 5% a un sistema di schermatura protettiva contro le radiazioni utilizzato in ambito medico. 

    Nonostante il parere tecnico favorevole dell’Agenzia delle Dogane, il prodotto non rientra tra quelli tassativamente indicati dalla normativa emergenziale COVID-19. 

    Vediamo i dettagli

    Schermatura protettiva da radiozioni: quali aliquota IVA

    La società ALFA aveva importato dagli Stati Uniti un sistema di protezione composto da pannelli in acrilico equivalenti a 1 mm di piombo, capaci di abbattere oltre il 98% delle radiazioni diffuse durante esami radiologici e interventi invasivi (es. impianto di stent)

    Il dispositivoclassificato come accessorio medico alla voce doganale NC 9022 90, era stato inizialmente assoggettato all’IVA ordinaria del 22%.

    ALFA ha chiesto chiarimenti per sapere se, in virtù della classificazione doganale, potesse applicare l’aliquota IVA ridotta del 5%, prevista dalla Tabella A, Parte II-bis, del DPR 633/1972, per i dispositivi utili al contenimento dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

    L’Agenzia ha ricordato che la normativa introdotta dall’art. 124 del Decreto Rilancio (DL 34/2020) prevede una lista tassativa di beni per i quali è ammessa l’IVA al 5%. Tra questi, figura – ad esempio – il tomografo computerizzato, classificato con il codice TARIC ex 902212, ma non il dispositivo oggetto dell’interpello.

    Nonostante il prodotto sia classificabile come “apparecchio basato su radiazioni ionizzanti” (voce doganale NC 9022 90), non rientra tra quelli elencati nell’Allegato 1 della circolare ADM n. 5/D del 2023.

    Essendo l’elenco chiuso e non ampliabile per analogia, non è possibile applicare l’aliquota agevolata nemmeno per beni simili per funzione o destinazione.

    L’Agenzia delle Entrate ha quindi stabilito che il dispositivo in oggetto non beneficia dell’aliquota ridotta del 5%. Le sue cessioni devono essere assoggettate all’IVA ordinaria del 22%, in quanto non è possibile estendere l’agevolazione prevista per i tomografi o altri dispositivi specificamente citati nella normativa emergenziale.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Acconto IVA 2025: entro il 29 dicembre

    Entro il 29 dicembre i soggetti obbligati devono versare l''acconto dellIVA 2025.

    In particolare, tanto i contribuenti IVA soggetti agli obblighi di liquidazione e versamento mensile quanto i trimestrali, devono provvedere al pagamento dell'acconto.

    Acconto IVA 2025: come si paga

    Il versamento dell'acconto IVA relativo all'anno 2025 avviene con il Modello F24 con modalità telematiche, direttamente utilizzando i servizi "F24 web" o "F24 online" dell'Agenzia delle Entrate, attraverso i canali telematici Fisconline o Entratel oppure ricorrendo, tranne nel caso di modello F24 a saldo zero, ai servizi di internet banking messi a disposizione da:

    • banche
    • Poste Italiane,
    • e Agenti della riscossione convenzionati con l'Agenzia delle Entrate) oppure tramite intermediario abilitato.

    I codici Tributo da utilizzare per il pagamento sono:

    • il 6035  per i trimestrali,
    • il 6013 per i mensili.

    Acconto IVA 2025: contribuenti interessati dal pagamento

    Devono versare l'acconto IVA 2025 entro il giorno 29 dicembre le seguenti categorie di contribuenti:

    • imprenditori artigiani e commercianti, agenti e rappresentanti di commercio, ecc;
    • lavoratori autonomi, professionisti titolari di partita Iva iscritti o non iscritti in albi professionali;
    • società di persone, società semplici, Snc, Sas, Studi Associati;
    • società di capitali ed enti commerciali, SpA, Srl, Soc. Cooperative, Sapa, Enti pubblici e privati diversi dalle società;
    • istituti di credito, Sim, altri intermediari finanziari, società fiduciarie.

    Acconto IVA 2025: come si calcola

    I metodi di determinazione dell’acconto IVA 2025 sono basati sui seguenti metodi:

    • storico: l’importo dovuto è determinato nella misura dell’88% dell’eventuale debito IVA risultante dall’ultima liquidazione del 2024;
    • previsionale: l'importo dovuto è pari all’88% dell’IVA che si prevede di versare per l’ultima liquidazione periodica del 2025, cioè per il mese di dicembre, per i contribuenti mensili, e per il quarto trimestre, per i trimestrali “per natura”, ovvero a saldo, in sede di dichiarazione annuale (per i trimestrali “per opzione”) Il contribuente deve stimare le fatture attive da emettere e di quelle passive da ricevere entro la fine dell’anno
    • e sulla liquidazione anticipata al 20 dicembre 2025: si considerano le operazioni (attive e passive) del periodo 1° dicembre al 20 dicembre 2025 (per i contribuenti mensili), ovvero dal 1° ottobre al 20 dicembre 2025 (per i contribuenti trimestrali). L’acconto da versare è in questo caso pari al 100% dell’IVA a debito che sia eventualmente emersa da tale liquidazione aggiuntiva.

    In particolare, l'acconto va versato entro il 29 dicembre 2025, dato il 27 dicembre è sabato, solo se uguale o superiore a 103,29 euro, senza possibilità di rateizzazione, utilizzando il modello F24 esclusivamente per via telematica, direttamente o tramite intermediari abilitati.

  • Adempimenti Iva

    Regime speciale franchigia IVA: le regole operative per i controlli

    Pubblicato il Provvedimento n 530656 del 10 dicembre con le regole per i controlli sugli adempimenti per chi si avvale del regime speciale di franchigia IVA.

    Viene in pratica stabilito come saranno effettuati tutti i controlli, vediamo maggiori dettagli.

    Leggi anche Regime franchigia IVA: regole per la comunicazione alle Entrate.

    In dettaglio

    Il provvedimento stabilisce le specifiche modalità dei controlli legati al nuovo regime di franchigia Iva transfrontaliero. Vediamo le varie fasi:           

    1. Controlli sulla comunicazione preventiva.
    2. Verifica delle soglie di fatturato.
    3. Assegnazione del suffisso “EX”.
    4. Controlli sulla comunicazione trimestrale.
    5. Cessazione del regime.
    6. Obbligo di identificazione in Italia per i soggetti non stabiliti.

    Per la comunicazione preventiva che le imprese stabilite in Italia devono trasmettere per accedere al regime, dopo il perido di invio, i dati vengono sottoposti a verifiche di conformità incrociando le informazioni con quelle già disponibili all’Agenzia.

    Si valuta la congruenza del volume d’affari rispetto a:

    • fatture elettroniche emesse per operazioni interne e verso la Pubblica amministrazion
    • operazioni verso soggetti non stabiliti in Italia                   
    • corrispettivi giornalieri trasmessi telematicamente
    • dichiarazioni annuali Iva
    • comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva.

    Il sistema genera un messaggio di scarto in caso di incongruenza ma l’impresa può ripresentare la comunicazione già dal giorno successivo.
    Vengono controllate le soglie di volume d’affari fissate dalla normativa:           

    • 100mila euro annui a livello Ue nell’anno precedente (se superata, l’accesso al regime è possibile solo dall’anno successivo
    • 100mila euro annui a livello Ue nell’anno in corso (se superata, la nuova richiesta potrà essere presentata dal secondo anno successivo)
    • soglia nazionale di esenzione prevista dallo Stato membro interessato (se superata, il contribuente riceve un messaggio di scarto e potrà ripresentare la comunicazione nei termini stabiliti da quello Stato).

    Per l’attribuzione del suffisso EX al numero di partita Iva:              

    • l’Agenzia lo assegna quando riceve risposta positiva dagli Stati di esenzione che ammettono il soggetto al regim                     
    • se entro 35 giorni lavorativi uno o più Stati non rispondono, l’Agenzia assegna comunque il suffisso, salvo proroghe richieste per ulteriori verifiche antielusione.

     Per tutti gli altri si rimanda al Provvedimento ADE del 10 dicembre.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    IVA dispositivi medici oftalmici: la giusta aliquota

    Con Risposta a interpello n 303 del 4 dicembre le entrate chiariscono la giusta aliquota dei dispositivi medici oftalmici.

    L’Agenzia delle Entrate chiarisce il corretto trattamento IVA applicabile a una serie di dispositivi medici oftalmici commercializzati da due società (identificate come ALFA e BETA), tra cui spray oculari, gocce lubrificanti, soluzioni oftalmiche monodose e prodotti simili, impiegati nel trattamento della sindrome dell’occhio secco, irritazioni oculari e per il comfort di chi indossa lenti a contatto.

    Dispositivi medici oftalmici: la giusta aliquota IVA

    I contribuenti chiedono se sia possibile applicare l’aliquota IVA agevolata del 10% su questi prodotti, in quanto classificabili come dispositivi medici a base di sostanze, già dotati di pareri tecnici favorevoli rilasciati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM).

    L’Agenzia conferma che:

    • è applicabile l’aliquota IVA ridotta del 10% ai sensi del n. 114) della Tabella A, Parte III del DPR 633/1972;
    • tale agevolazione vale solo per i dispositivi medici classificabili alla voce doganale 3004 della Nomenclatura combinata, come chiarito dalla Legge di Bilancio 2019, art. 1, comma 3;
    • la classificazione è stata validata da ADM, che ha riconosciuto che tutti i prodotti in oggetto rientrano nel codice NC 3004 90 00, ovvero “medicamenti costituiti da prodotti anche miscelati, preparati per scopi terapeutici o profilattici”.

    Le aziende possono dunque applicare l’aliquota IVA del 10% per tutti i dispositivi oftalmici indicati, a condizione che siano effettivamente presentati in forma di dosi e preparati per uso terapeutico o profilattico, come certificato dagli accertamenti tecnici dell’ADM.

  • Adempimenti Iva

    Regime di franchigia IVA: chiariti i termini per applicarlo

    Il 4 dicembre le Entrate hanno publbicato il provvedimento n 551770/2025 per chiarire i termini di applicazione del regime di franchigia IVA le cui regole sono state stabilite con precedente Provvedimento n. 460166/2024.

    In particolare le Entrate fissavano le  disposizioni attuative del decreto legislativo n. 180 del 13 novembre 2024 di attuazione della direttiva (UE) 2020/285 del Consiglio del 18 febbraio 2020, recante modifica della direttiva 2006/112/UE per quanto riguarda il regime speciale per le piccole imprese. Venivano stabilite le informazioni da trasmettere e le modalità di trasmissione della comunicazione preventiva.

    Leggi anche: Regime transfrontaliero di franchigia: novità dal 1° gennaio

    L'attuale provvedimento va ad apportare un atteso chiarimento.

    Regime di franchigia IVA: chiariti i termini per applicarlo

    Con il Provvedimento n. 460166 del 30 dicembre 2024, emanato in attuazione del decreto legislativo 13 novembre 2024, n. 180, che attua la Direttiva (UE) 2020/285 del Consiglio del 18 febbraio 2020, sono state sono individuate le informazioni che i soggetti che intendono avvalersi del regime di franchigia in uno Stato di esenzione sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate, nonché le modalità e i termini per effettuare la comunicazione preventiva contenente le predette informazioni.
    In particolare, il citato provvedimento definisce, tra l’altro, il processo di attribuzione da parte dell’Agenzia delle entrate al soggetto passivo del codice identificativo utilizzabile per effettuare in esenzione le operazioni in altri Stati membri dell’Unione europea (suffisso EX).
    Con il presente provvedimento, in ossequio alla previsione normativa di cui all’articolo 70-noviesdecies, comma 1, del decreto del Presidente della
    Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al fine di chiarire la tempistica per l’ammissione al regime di franchigia, viene precisato che il termine di 35 giorni lavorativi per l’assegnazione al soggetto passivo del suffisso EX decorre dalla ricezione della comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle entrate.
    Al fine di dare concreta attuazione alla previsione di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante “Disposizioni in materia di
    statuto dei diritti del contribuente”, in base al quale “L’amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e
    agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore”, si è predisposto un testo coordinato, avente natura meramente ricognitiva, del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 460166 del 30 dicembre 2024.

  • Adempimenti Iva

    Accollo fiscale solo con pagamento senza compensazione: l’agenzia chiarisce

    Con la Risposta n 291 del 12 novembre le Entrate chiariscono l'accollo del debito d'imposta altrui e il divieto di compensazione (Art. 17 del
    decreto legislativo n. 241 del 1997)

    La ''società promotrice'' istante rappresenta di voler costituire una Rete di Impresa, denominata ''[BETA] Rete Integrata per la Gestione Tributaria e la Compensazione Fiscale'', con l'obiettivo di favorire pratiche condivise di gestione fiscale, ottimizzazione dei flussi tributari e gestione efficiente dei crediti d'imposta tra i partecipanti.
    Precisa che il contratto di rete prevede, tra gli obiettivi principali, la compensazione multilaterale dei crediti tributari tra i retisti, ove ogni retista sia titolare del proprio credito tributario legittimamente maturato

    Afferma che «intende utilizzare il modello F24 con indicazione del codice tributo ''50'' (coobbligazione) per effettuare compensazioni tra soggetti retisti, in esecuzione di un contratto di appalto o servizio stipulato tra la Rete e i retisti, nel rispetto dei principi generali di trasparenza, tracciabilità e autonomia fiscale di ciascun aderente».
    Tanto premesso, l'istante chiede se:
    1) sia «legittimo e fiscalmente conforme effettuare la compensazione dei crediti tributari tra i retisti, ai sensi del contratto di rete stipulato, utilizzando il codice tributo ''50 coobbligazione'' »;
    2) l'«operazione, realizzata sulla base di rapporti contrattuali tra i retisti e la Rete (es. appalto), possa rientrare tra le forme ammesse di gestione condivisa della fiscalità»;
    3) tale «pratica non configuri un accollo fiscale (ex art. 8, comma 2, Legge 212/2000) ma piuttosto l'impiego di crediti propri in compensazione orizzontale tra soggetti che cooperano sulla base di un contratto di rete con oggetto fiscale»

    In sintesi le entrate specificano che, la compensazione di debiti e crediti tributari tra soggetti diversi, anche se aderenti a una Rete d’imprese, configura un accollo fiscale vietato dalla normativa in vigore, l'operazione è ammessa solo se il pagamento avviene senza compensazione. 

    Divieto di compensazione: l’agenzia chiarisce

    Le Entrate ricordano che l'articolo 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente) stabilisce che: «È ammesso l'accollo
    del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario».

    In base poi all'articolo 1 del decretolegge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019 n. 157, «1. Chiunque, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, si accolli il debito d'imposta altrui, procede al relativo pagamento secondo le modalità previste dalle diverse disposizioni normative vigenti. 2. Per il pagamento, in ogni caso, è escluso l'utilizzo in compensazione di crediti dell'accollante. (sottolineatura aggiunta, ndr.). […]».
    Dalla lettura congiunta delle due norme appena menzionate discende che l'accollo, in ambito tributario, è consentito unicamente al verificarsi della seguente condizione:

    • il debito dell'accollato deve essere estinto senza che si ricorra all'utilizzo della compensazione di crediti facenti capo al soggetto accollante.

    In tal senso si è espressa di recente anche la Corte di Cassazione, la quale, con l'ordinanza n. 3930 del 16 febbraio 2025, ha enunciato il seguente principio di diritto:«In tema di compensazione di obbligazioni tributarie, poiché l'accollo di debiti erariali assume solo efficacia di accollo interno nei confronti dell'amministrazione finanziaria, ne deriva che soggetto debitore nei confronti dell'erario resta sempre l'accollato, e che, pur relativamente a crediti e debiti d'imposta afferenti alla medesima annualità, l'assenza di identità soggettiva, presupposto già prescritto dall'art.17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, comporta che anche per le annualità precedenti l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, convertito con modificazioni, dalla l. n. 157 del 2019, né l'accollante può compensare con i propri crediti d'imposta i debiti tributari erariali negozialmente accollati, né che l'accollato può pretendere dall'erario che i propri debiti si compensino con i crediti d'imposta dell'accollante» 

    Sul tema la risoluzione n. 140/E del 15 novembre 2017 aveva già chiarito che la compensazione ex art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, non trova applicazione nell'ambito dell'accollo in quanto la stessa è ammessa soltanto «[…] per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi», tant' è vero che « deve negarsi […], in via generale, che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall'accollante nei confronti dell'erario». 

    Ciò con la precisazione che, al verificarsi di tale circostanza (così come previsto al comma 3, dell'articolo 1 del d.l. n. 124 del 2019), «I versamenti

    […] si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge. […] [e] si applicano le sanzioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471».

    Giova in ultimo sottolineare come le indicazioni appena richiamate siano in linea con quelle già fornite con la recente risposta a interpello n. 246, pubblicata nell'apposita sezione del sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate lo scorso 17 settembre 2025.

    A fronte della specifica richiesta di un contribuente il quale domandava se ''il modello operativo'' adottato, in cui il «retista A provvederà a pagare

    debiti tributari riferiti al retista B utilizzando crediti fiscali riferibili al retista A», fosse o meno estraneo all'accollo tributario è stato evidenziato come tale modello «[…] prevedendo il ricorso alla compensazione tra crediti e debiti tributari riconducibili a soggetti diversi a prescindere dal nomen iuris e dalla forma degli strumenti negoziali utilizzati per la circolazione dei debiti tributari (elementi la cui valutazione non è oggetto

    del presente interpello, restando al riguardo impregiudicata ogni attività di controllo) configuri un illegittimo accollo fiscale» (sottolineatura aggiunta, ndr.).

    Alla luce di quanto esposto, si ritiene che lo schema operativo proposto dall'istante configuri una compensazione tra debiti e crediti facenti capo a soggetti diversi, la quale, stante la normativa vigente, è vietata.

  • Adempimenti Iva

    Carte carburante prepagate: quale regime IVA applicare

    La Risposta a interpello n 235 del 10 settembre replica a dubbi di una società che gestisce la distribuzione di carburanti con annessa area di servizio.

    Veniva domandato quale fosse il corretto trattamento IVA delle proprie carte prepagate.

    In particolare, l’impresa aveva predisposto un sistema di carte nominative ricaricabili, utilizzabili esclusivamente per l’acquisto di carburanti (benzina, gasolio, GPL) presso l’unica stazione di servizio gestita dalla stessa.

    All momento della richiesta della carta, il cliente versava l’importo tramite strumenti di pagamento tracciabili o in contanti, ricevuto l’accredito, la società provvedeva non solo alla ricarica della carta, ma anche all’emissione immediata della fattura con evidenza di imponibile e IVA, recante la descrizione “ricarica carta prepagata per vendita carburanti”

    Successivamente, al momento del rifornimento, il corrispettivo dell’erogazione veniva comunque trasmesso telematicamente e nuovamente assoggettato a IVA.

    Da questa procedura derivava un effetto di duplicazione d’imposta: l’IVA risultava liquidata sia al momento della ricarica, sia al momento del rifornimento effettivo. 

    La società ha quindi chiesto se fosse possibile neutralizzare la doppia imposizione mediante annotazioni nel registro dei corrispettivi, trattando la ricarica come una mera anticipazione.

    Vediamo la replica ade.

    Carte carburante prepagate: quele regime IVA applicare

    L’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto richiamato le principali norme in materia. 

    In primo luogo, l’art. 22, comma 3, del DPR 633/1972 (decreto IVA), che disciplina gli obblighi di fatturazione per gli acquisti di carburante da parte di soggetti IVA. Inoltre, il DPR 696/1996 e il D.lgs. 127/2015 regolano rispettivamente gli obblighi di certificazione e di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi.

    Elemento centrale è però il D.lgs. 141/2018, attuativo della direttiva UE 2016/1065, che ha introdotto nell’ordinamento nazionale gli articoli da 6-bis a 6-quater del DPR 633/1972, relativi ai cosiddetti “buoni-corrispettivo”.

    La normativa distingue tra:

    • buoni monouso (quando al momento dell’emissione è nota l’aliquota IVA applicabile alla futura cessione) 
    • buoni multiuso (quando l’imposta diventa determinabile solo al momento del riscatto).

    Nel caso in esame, la carta prepagata non consente di conoscere subito quantità e valore del carburante acquistabile, poiché tali elementi dipendono dal prezzo praticato al momento del rifornimento, variabile nel tempo

    Ne consegue che la carta rientra nella definizione di “buono multiuso” ai sensi dell’art. 6-quater del decreto IVA.

    La qualificazione delle carte carburante come buoni multiuso comporta effetti rilevanti sul piano operativo. 

    L’Agenzia ha chiarito che il trasferimento del credito al momento della ricarica non costituisce un’operazione imponibile ai fini IVA.

    L’imposta diventa esigibile esclusivamente quando il buono viene utilizzato come corrispettivo per il rifornimento di carburante, momento in cui l’operazione si considera effettuata.

    In conseguenza di ciò, le fatture eventualmente già emesse per documentare le ricariche non risultano conformi alla disciplina vigente e potranno essere stornate tramite emissione di note di variazione ex art. 26, comma 3, del decreto IVA, al fine di recuperare l’imposta indebitamente versata. 

    Qualora i termini per le note di variazione siano già scaduti, il contribuente potrà ricorrere all’istituto di cui all’art. 30-ter del decreto IVA, fondato sul principio del legittimo affidamento, considerato che la società si era attenuta alle precedenti indicazioni di prassi (circolare 8/E del 2018).

    In sintesi, la Risposta n. 235/2025 conferma che le carte carburante ricaricabili non generano obblighi IVA al momento della ricarica, ma solo al momento dell’effettivo rifornimento, eliminando così il rischio di doppia imposizione e garantendo coerenza con la disciplina europea sui buoni corrispettivo.

  • Adempimenti Iva

    IVA appalti: somme per maggiori oneri quando sono imponibili

    Con la Risposta a interpello n. 215 del 19 agosto 2025, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata su un caso concreto riguardante la corretta qualificazione IVA di somme corrisposte a titolo di indennizzo in esecuzione di una sentenza del Tribunale.

    L’interpello era stato presentato da una società operante nel settore dell’edilizia civile e infrastrutturale, la quale aveva stipulato un contratto di appalto con altra società per la costruzione della nuova sede della committente.

    Durante l’esecuzione, l’appalto subiva numerosi ritardi dovuti a sospensioni imputabili alla stazione appaltante. 

    A seguito di contenzioso il Tribunale riconosceva ad committente un indennizzo per maggiori oneri diretti e indiretti, ai sensi dell’art. 25 del D.M. 145/2000.

    L’impresa emetteva dunque fattura senza applicazione dell’IVA, ritenendo che le somme avessero natura risarcitoria e non rappresentassero corrispettivo per una prestazione di servizi.

    Nell’interpello la società committente sosteneva che:

    • le somme ricevute avevano natura meramente risarcitoria, riconosciuta giudizialmente
    • non vi era alcuna controprestazione da parte dell’appaltatore: il pagamento era frutto di una condanna del giudice per ritardi ingiustificati.
    • mancava quindi il presupposto oggettivo previsto dall’art. 3, comma 1, del DPR 633/1972, non trattandosi di prestazione di servizi.
    • le somme dovevano considerarsi escluse da IVA ai sensi dell’art. 15, comma 1, n. 1, del medesimo decreto.

    A supporto, il contribuente richiamava la prassi consolidata in tema di risarcimenti contrattuali, distinguendo il caso in esame dagli accordi transattivi, nei quali le somme corrisposte possono costituire corrispettivo soggetto ad IVA.

    Vediamo perchè le Entrate sostengono il contrario.

    IVA appalti: somme per maggiori oneri quando sono imponibili

    L’Agenzia ha respinto la soluzione interpretativa del contribuente, qualificando le somme come corrispettivo integrativo soggetto ad IVA.

    Secondo l'Ade si applica l’IVA in quanto:

    • le somme corrisposte, sebbene definite “risarcimento” nella sentenza, sono strettamente connesse all’esecuzione del contratto di appalto.
    • il contratto è stato completamente eseguito: l’opera è stata realizzata e la stazione appaltante ne trae beneficio.
    • i maggiori oneri riconosciuti (spese generali, ammortamenti, retribuzioni) rappresentano un compenso aggiuntivo per la prestazione eseguita.
    • si configura un nesso sinallagmatico tra prestazione e pagamento, e quindi il presupposto oggettivo IVA risulta integrato.

    L’Agenzia conclude che le somme riconosciute non assolvono funzione risarcitoria, ma costituiscono una integrazione del prezzo originario dell’appalto.

    e il chiarimento è in linea con l’orientamento consolidato dell’Agenzia, ma estende l’applicazione del principio anche ai casi in cui il pagamento avviene per effetto di una sentenza giudiziaria, non solo in base ad accordi contrattuali o transattivi.

    La particolarità del caso risiede nella modalità di riconoscimento del pagamento: non previsto da clausole pattizie, ma disposto dall’autorità giudiziaria.

    La risposta appare quindi significativa, in quanto esclude la rilevanza formale del “nomen iuris” usato nella sentenza (indennizzo/risarcimento), e valorizza invece la sostanza economica dell’operazione, in linea con i principi comunitari.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Regime IVA IOSS: le novità dalla Direttiva UE n 1539

    La Direttiva UE 2025/1539 adottata dal Consiglio lo scorso 18 luglio viene pubbliucata sulla Gazzetta dell'Unione il giorno 25 luglio e contiene norme per incentivare l'uso del regime speciale IVA noto come IOSS.

    Tale regime IOSS (Import One Stop Shop) vuoole rendere più efficace la riscossione dell’IVA gravante sulle vendite a distanza di beni importati.

    La direttiva entra in vigore dal prossimo 14 agosto, ma le relative disposizione hanno decorrenza dal 1° luglio 2028 e dovranno essere recepite dai singoli Stati membri Ue nelle legislazioni nazionali.

    In genereale ricordiamo che il regime IOSS consente di registrarsi in un unico Stato membro per dichiarare e versare l’IVA dovuta in relazione alle vendite a distanza di beni importati, di valore non superiore a 150 euro, effettuate in tutti gli Stati membri Ue.

    Con le modifiche apportate alla Direttiva 2006/112/CE si prevede che i fornitori che effettuano vendite rientranti nell’ambito applicativo dell’IOSS, senza essere registrati al regime speciale, diventeranno, di norma, debitori dell’IVA all’importazione e dell’IVA sulle vendite a distanza negli Stati membri di destinazione finale dei beni, con il conseguente obbligo di registrarsi ai fini IVA in ciascuno di tali Stati.

    Regime IVA IOSS: le novità dalla Direttiva UE n 1539

    In particolare, tra le altre le novità, l'articolo 201 della Direttiva  2006/112/CE viene così modificato:                                                            

    • 1.   all'importazione l'IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d'importazione,
    • 2.   in deroga al paragrafo 1 del presente articolo, il fornitore o, se del caso, il fornitore presunto a norma dell'articolo 14 bis, paragrafo 1, che effettua vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi che sarebbero ammissibili al regime speciale di cui al titolo XII, capo 6, sezione 4, è il debitore dell'IVA all'importazione,
    • 3.   se il fornitore o il fornitore presunto di cui al paragrafo 2 del presente articolo non è stabilito nella Comunità ma in un paese terzo con cui né l'Unione né lo Stato membro di importazione hanno concluso un accordo di assistenza reciproca di portata analoga alla direttiva 2010/24/UE (*1) del Consiglio e al regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, tale fornitore o fornitore presunto designa un rappresentante fiscale nello Stato membro di importazione quale debitore dell'IVA all'importazione.

    Attenzione al fatto che gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 30 giugno 2028 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 

    Essi informano immediatamente la Commissione.
    Essi applicano tali misure a decorrere dal 1° luglio 2028.
    Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

    Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle misure principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

  • Adempimenti Iva

    Opzione IVA dal committente Logistica: le comunicazioni dal 30 luglio

    Con il Provveddimento n 309107 del 28 luglio le Entrate pubblicano Modello e istruzione per l'opzione, nel settore del trasporto merci e della logistica, per l’assolvimento dell’IVA da parte del committente del servizio.

    Scarica qui:

    Opzione IVA Logistica dal committente: le comunicazioni dal 30 luglio

    ll modello di comunicazione dell’opzione per le prestazioni di servizi rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto, movimentazione merci e servizi di logistica deve essere utilizzato per comunicare all’Agenzia delle entrate l’opzione esercitata dal committente e dal prestatore per il regime transitorio introdotto dall’articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2024, n. 207.

    Detto regime stabilisce che, il pagamento dell’IVA dovuta sulle prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati venga effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore, che è solidalmente responsabile dell'imposta dovuta. 

    La facoltà di esercizio dell’opzione, ivi prevista, è consentita anche nei rapporti tra i subappaltatori. 

    L’esercizio dell’opzione in uno qualsiasi dei rapporti tra subappaltante e subappaltatore prescinde dall'esercizio della medesima facoltà nel rap- porto tra committente e primo appaltatore. 

    Per ciascuno dei suddetti rapporti per i quali è esercitata l’opzione va presentata un’autonoma Comunicazione; in tal caso, nel proseguo delle presenti istruzioni per “committente” deve intendersi “subappaltante” e per “prestatore” deve intendersi “subappaltatore”.
    L'opzione è comunicata dal committente all'Agenzia delle entrate ed ha durata triennale. 

    L’esercizio dell’opzione si considera effettuato dalla data di trasmissione della presente Comunicazione.

    La Comunicazione deve essere presentata all’Agenzia delle entrate esclusivamente in via telematica:

    • direttamente dal committente
    • o tramite un intermediario (di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322).

    La trasmissione telematica è effettuata secondo le modalità usuali dei canali telematici dell’Agenzia delle entrate e il file contenente la Comunicazione è formato utilizzando il software “Reverse ChargeLogistica” dal sito ADE.
    A seguito della presentazione della Comunicazione è rilasciata una ricevuta che ne attesta la presa in carico, ovvero lo scarto a seguito dei controlli formali dei dati in essa contenuti.

    A fini della domanda occorre indicare il codice fiscale del committente, e nel caso in cui il dichiarante (colui che sottoscrive la Comunicazione) sia un soggetto diverso dal committente cui si riferisce la Comunicazione occorre anche indicare:

    • il codice fiscale del dichiarante persona fisica che sottoscrive la Comunicazione,
    • il codice di carica del dichiarante desumendolo dalla tabella disponibile nelle istruzioni del modello IVA annuale,
    • codice fiscale società.

    Nelle ipotesi in cui il dichiarante sia una società che presenta la Comunicazione per conto di un altro soggetto, deve essere compilato il campo specifico indicando il codice di carica corrispondente al rapporto intercorrente tra la società dichiarante e il committente.

    Attenzione al fatto che l'opzione può essere esercitata con il modello pubblicato dalle Entrate a partire dal 30 luglio 2025 ed è valida per tre anni salvo recova.

    Il versamento dell'IVA va effettuato con F24 usando il codice tributo istituito con la Risoluzione n 47/2025.

    Allegati: