• IMU e IVIE

    Esenzione IMU coltivatori diretti: quando spetta

    Con l’Ordinanza n. 14915 del 4 giugno 2025, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui presupposti per usufruire dell’esenzione IMU sui terreni agricoli, evidenziando la netta distinzione tra coltivatore diretto e imprenditore agricolo professionale (IAP).

    Vediamo i fatti di causa e la pronuncia della Corte.

    Esenzione IMU coltivatori diretti: quando spetta

    Un contribuente aveva impugnato un avviso di accertamento IMU sostenendo di aver diritto all’esenzione in quanto coltivatore diretto iscritto alla previdenza agricola. 

    Dopo una prima sentenza favorevole, la Commissione tributaria regionale aveva accolto l'appello del Comune, negando l’esenzione sulla base della mancanza dei requisiti previsti per l’IAP.

    Tuttavia, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, riconoscendo l’erronea applicazione normativa da parte dei giudici tributari regionali.

    La questione giuridica: CD e IAP non sono la stessa figura

    La Corte ha sottolineato come la Commissione tributaria regionale abbia confuso due figure distinte:

    • il coltivatore diretto, disciplinato da varie norme speciali di settore;
    • e l’imprenditore agricolo professionale (IAP), introdotto dal D.Lgs. 99/2004 e successivamente modificato dal D.Lgs. 101/2005.

    La CTR ha ritenuto che il contribuente, per ottenere l’esenzione, dovesse rispettare i requisiti dell’IAP (es. 50% del tempo lavorativo e del reddito da attività agricola), nonostante avesse dimostrato la qualifica di coltivatore diretto, mai contestata in giudizio.

    La Corte ha evidenziato che l’esenzione IMU sui terreni agricoli si applica ai coltivatori diretti che:

    • siano proprietari o titolari di altro diritto reale sul fondo;
    • coltivino direttamente e abitualmente il terreno, anche con l’aiuto della famiglia;
    • risultino iscritti alla gestione previdenziale agricola (INPS – CD);
    • versino i contributi relativi all’attività agricola.

    La Cassazione ha ribadito che i requisiti di cui all’art. 1 del D.Lgs. 99/2004 (tempo e reddito > 50% da attività agricola) valgono solo per l’IAP, non per i coltivatori diretti, per cui non è richiesto dimostrare che la coltivazione rappresenti la fonte principale di reddito.

    Con l’Ordinanza n. 14915/2025, la Suprema Corte ha:

    • accolto il ricorso del contribuente;
    • cassato la sentenza della CTR ;
    • rinviato il giudizio a una nuova sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per riesame.

    Il vizio riscontrato è duplice:

    • errata applicazione della normativa: la CTR ha applicato i requisiti dell’IAP al CD;
    • omessa motivazione su una doglianza specifica relativa a un errore di calcolo in una particella catastale.

    La sentenza riafferma un principio già noto, ma spesso trascurato nella prassi degli accertamenti locali: coltivatore diretto e imprenditore agricolo professionale sono diversi.

    Gli enti locali nell'attività di accertamento in materia IMU devono differenziare correttamente le due figure;

    • l'assenza della qualifica di IAP non esclude automaticamente l’esenzione IMU se sussiste quella di coltivatore diretto.

    L’Ordinanza Cass. Civ. Sez. 5, n. 14915/2025 conferma che l’esenzione IMU sui terreni agricoli non è subordinata ai requisiti dell’IAP quando il contribuente ha dimostrato la qualifica di coltivatore diretto.

    Un chiarimento importante, sia per gli enti locali in sede di accertamento, sia per i professionisti e gli operatori agricoli che intendono tutelarsi da richieste impositive non fondate.

  • IMU e IVIE

    Saldo IMU: entro il 16 dicembre

    L'IMU 2025 va versata entro il prossimo 16 dicembre. Ricordiamo che l’anno 2025 è il primo in cui i Comuni devono obbligatoriamente utilizzare il prospetto delle aliquote predisposto dal MEF per differenziare.

    Il 16 giugno scorso i contribuenti hanno versato l'IMU in una unica rata per l'anno 2025 oppure il primo acconto, che ora, con la scadenza deò 16 dicembre verrà saldato, vediamo come si versa.

    IMU 2025: come si paga

    Molti Comuni hanno adottato come modalità obbligatoria per il versamento dell’IMU il modello F24, con utilizzo degli specifici codici tributo. 

    Qualora invece il regolamento comunale lo prevede, si può effettuare i versamenti mediante bollettino di conto corrente.

    Vediamo una tabella di riepilogo con i codici tributo da utilizzare per la compilazione del modello F24:

    Codice tributo Imu Immobile Destinatario versamento
    3912 Abitazione principale e pertinenze Comune
    3913 Fabbricati rurali a uso strumentale Comune
    3914 Terreni Comune
    3916 Aree fabbricabili Comune
    3918 Altri fabbricati Comune
    3925 Fabbricati a uso produttivo categoria D Stato
    3930 Fabbricati a uso produttivo categoria D Comune

    Attenzione al fatto che, i contributenti che vantano altri crediti fiscali possono compensarli con l'F24 predisposto per l'IMU.

    IMU 2025: per quali immobili si paga

    L’IMU imposta municipale propria è dovuta in relazione agli immobili posseduti dal contribuente in ciascun comune tranne che per  l’abitazione principale e delle relative pertinenze, ricordando che  per abitazione principale si intende l’unico fabbricato nel quale il contribuente ha stabilito la dimora e la residenza.

    L'IMU è dovuta per:

    • fabbricati,
    • fabbricati rurali,
    • aree fabbricabilei,
    • terreni agricoli

    Per il calcolo dell'IMU dovuta per i fabbricati, tranne che per i fabbricati di categoria D, si fa riferimento alla rendita in Catasto vigente al 1° gennaio dell'anno dovuto, rivalutata del 5% e applicando lo specifico moltiplicatore di riferimento come di seguito riassunto:

    Categoria catastale Fabbricati Moltiplicatore
    A (diverso da A/10) – C/2 – C/6 – C/7 160
    B 140
    C/3 – C/4 – C/5 140
    A/10 e D/5 80
    D (escluso D/5) 65
    C/1 55

    Per quanto riguarda invece i terreni, la base imponibile è costituita dal reddito dominicale risultante in Catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, a cui applicare un moltiplicatore di 135.

    Attenziono al fatto che ricorrono, per i terreni dei casi di esenzione:

    • se ubicati nei Comuni montani elencati nella circolare n. 9/1993. Leggi anche Esenzione IMU 2025 terreni agricoli montani: elenco dei comuni 
    • se ubicati nelle cosiddette “isole minori” indicate nell’allegato A della Legge n. 448/2001
    • per i coltivatori diretti e gli Iap, purché iscritti nell’apposita previdenza, l’esenzione spetta per tutti i terreni non edificabili, ovunque ubicati posseduti e condotti da parte di tali soggetti;
    • terreni a immutabile destinazione agrosilvopastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile sono del tutto esenti.

    La base imponibile per le aree fabbricabile è data dal valore venale in comune commercio.

    Leggi anche IMU 2025: tutte le novità di quest'anno per approfondire i casi di riduzione o esenzione.

  • IMU e IVIE

    Niente IMU su fabbricati inagibili se manca accatastamento

    La Casssazione con la Sentenza n 27017 del 2025 ha rafforzato un principio già espresso relativo al presupposto impositivo dell'IMU, chiarendo che la mancanza del certificato di abitabilità o agibilità non incide sull’obbligo tributario.

    Niente IMU su fabbricati inagibili se manca accatastamento

    La Cassazione chiarisce quando non è dovuta l’IMU su immobili inagibili.

    La controversia trae origine da un accertamento ICI/IMU notificato dal Comune alla Curatela fallimentare di una società per il recupero di oltre 34.000 euro di imposta dovuta su alcuni fabbricati industriali, ritenuti soggetti a tassazione per l’anno 2014.

    Il curatore impugnava l’avviso sostenendo che gli immobili:

    • erano inagibili, in quanto oggetto di provvedimento di demolizione;
    • non risultavano utilizzati né accatastati ai fini fiscali;
    • non dovevano essere inclusi nella base imponibile ICI/IMU, né ai fini sanzionatori.

    Nonostante la pronuncia favorevole della Commissione tributaria regionale, il Comune ha insistito sull’assoggettabilità all’imposta, da qui il ricorso in Cassazione.

    Con la Sentenza n. 27017/2025, la Corte di Cassazione ha dato ragione al Curatore, enunciando un principio molto rilevante per la prassi professionale:

    • non sono soggetti a IMU (o ICI) gli immobili privi di accatastamento e inagibili di fatto, anche se formalmente dichiarati.

    In particolare, la Corte ha chiarito che non basta la destinazione urbanistica a rendere l’immobile imponibile;

    • l’effettiva inagibilità e la mancanza di utilizzo sono rilevanti per escludere il presupposto impositivo;
    • l’assenza di accatastamento impedisce di attribuire una rendita imponibile;
    • la non risposta dell’Agenzia all’interpello genera un dubbio oggettivo sull’applicabilità della norma, che esclude le sanzioni.

    Per i curatori fallimentari diventa strategico verificare lo stato urbanistico e catastale degli immobili in procedura.

    In presenza di provvedimenti di demolizione o fabbricati inutilizzabili, si può contestare legittimamente l’IMU e va considerato l’uso dell’interpello tributario, specie in casi di incertezza normativa.

    I professioni pertanto potranno: 

    • fare attenzione alla qualificazione dei fabbricati ai fini dichiarativi;
    • documentare lo stato di inagibilità con elementi oggettivi (verbali tecnici, ordinanze, rilievi);
    • rilevare la mancanza di accatastamento può legittimare l’esclusione dell’IMU;
    • utilizzare, in caso di accertamenti retroattivi, la sentenza come precedente difensivo.

  • IMU e IVIE

    Rottamazione tributi enti locali: in legge di bilancio 2026

    Il Governo ha approvato il DDL di Bilancio 2026 ( prima bozza) che inizia ufficialmente il suo iter di approvazione che si concluederà entro il 31 dicembre.

    Tra le norme vi è l'articolo 24 che tratta di definizione agevolata in materia dei tributi delle regioni e degli enti locali. leggi ancheRottamazione tributi locali: chi riguarderà, perchè a quanto pare la rottamazione dei tributi locali dapprima previste nel decreto legislativo sui tributi locali ora figura in finanziaria.

    Rottamazione tributi enti locali: in legge di bilancio 2026

    La bozza di articolo 26 della legge di bilancio 2026 prevede che ferma restando la facoltà di introdurre sistemi premiali di riduzione delle sanzioni, le
    regioni e gli enti locali,
     in osservanza dei principi di cui agli articoli 23, 53 e 119 della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento tributario nonché nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e con particolare riguardo a crediti di difficile esigibilità, possono introdurre autonomamente, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare tributi di loro spettanza, tipologie di definizione agevolata che prevedono l’esclusione o la riduzione degli interessi o anche delle sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto nel proprio sito internet istituzionale, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.

    Attenzione al fatto che, ciascuna regione e ciascun ente locale possono stabilire forme di definizione agevolata anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente.

    Nel caso in cui la legge statale preveda forme di definizione agevolata, le regioni e gli enti locali possono introdurre, anche nei casi di affidamento dell’attività di riscossione ai soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e all’articolo 1, comma 691, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, analoghe forme di definizione agevolata per assicurare ai contribuenti il medesimo trattamento tributario.
    Possono essere oggetto di definizione agevolata i tributi disciplinati e gestiti dalle regioni e dagli enti locali, con esclusione dell’imposta regionale sulle attività produttive, delle compartecipazioni e delle addizionali a tributi erariali.

    Le leggi e i regolamenti delle regioni e degli enti locali sulla definizione agevolata devono riferirsi a periodi di tempo circoscritti e consentire anche l’utilizzo di tecnologie digitali per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’applicazione delle relative disposizioni.
    Le leggi e i regolamenti delle regioni e degli enti locali sulla definizione agevolata sono adottati tenuto conto della situazione economica e finanziaria degli enti stessi e della capacità di incrementare la riscossione delle proprie entrate.
    I regolamenti degli enti locali, in deroga all’articolo 13, commi 15, 15-ter, 15-quater e 15-quinquies, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, all’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e all’articolo 1, comma 767, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istituzionale dell’ente creditore e sono trasmessi, ai soli fini statistici, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione.

    Le regioni e gli enti locali possono adottare forme di definizione agevolata anche per le entrate di natura patrimoniale.

    Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5-quater, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, l’articolo 13 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è abrogato limitatamente alla facoltà prevista per le regioni, le province e i comuni di adottare leggi e provvedimenti relativi alla definizione agevolata dei propri tributi.

  • IMU e IVIE

    Magazzino per le merci in transito: quando è in categoria catastale E1

    Con la Ordinanza n 21790 del 2025 la Cassazione si è occupata di classamento di immobili.

    In particolare, viene stabilito che l’inquadramento di un immobile nella categoria E/1, sottoclasse degli immobili a destinazione particolare, presuppone:

    • che lo stesso sia privo di autonomia funzionale e reddituale
    • che sia strettamente strumentale al servizio pubblico.

    Si tratta di una pronuncia che va a confermare l''orientamento consolidato della Corte vediamo il dettaglio del caso di specie.

    Immobili a destinazione particolare: principio della Cassazione sul classamento

    Un una società gerente un interporto, aveva ricevuto due avvisi di accertamento catastale con cui l’ufficio aveva rideterminato il classamento e la rendita, di due aree situate all’interno della struttura interportuale: 

    • la prima asfaltata e servita da raccordi stradali destinata al carico/scarico e movimentazione delle merci,
    • la seconda adibita allo stoccaggio delle stesse. 

    La società sosteneva che tali aree dovevano rientrare nella categoria catastale E/1 “Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei”, in quanto connesse e funzionali all’attività principale dell’interporto. 

    La Commissione tributaria regionale accoglieva infatti le sue doglianze ritenendo che le aree in questione non presentassero autonomia funzionale e reddituale, in quanto strettamente connesse alle finalità del complesso interportuale, ritenendo corretta l’attribuzione della categoria catastale E/1 proposta dall’interessata. 

    Con un unico motivo, l’ufficio ricorreva in giudizio ritenendo la sentenza in violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di classamento catastale.

    L'ufficio lamentava che il giudice regionale avesse errato nel ritenere che le aree fossero riconducibili alla categoria catastale E/1, senza considerare che possono essere strumentali al bene principale solo gli immobili utilizzati esclusivamente per l’erogazione del servizio di trasporto pubblico, requisito che nel caso di specie era mancante.

    Principio della Cassazione sul classamento di immobili in categoria E1

    La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, ribadendo un orientamento che appare ormai consolidato.

    L’inquadramento di un immobile nella categoria catastale E/1 è riservato esclusivamente a quei beni che sono strumentali al servizio pubblico, dovendo invece escludersi da tale ambito quelli che, pur inseriti nel complesso infrastrutturale di riferimento, siano utilizzati per lo svolgimento di attività economiche. 

    La pronuncia in oggetto evidenzia che  «[…] non è revocabile in dubbio che, mentre gli spazi sosta veicoli adibiti al servizio pubblico ed i parcheggi auto ad uso del personale dipendente siano strettamente strumentali all’esercizio delle funzioni coerenti con la destinazione d’uso dell’interporto, non altrettanto possa dirsi per i magazzini e per le aree di deposito per stoccaggio container o merci in genere».

    Viene operato un parallelismo con la sentenza n. 5070/2019, dove relativamente agli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, è stato affermato che gli stessi possono essere classificati come mezzi pubblici di trasporto e dunque accatastati in categoria “E” ove “pur soddisfacendo un interesse commerciale siano anche funzionali alle esigenze di mobilità generale della collettività”.

    I giudici hanno osservato che le aree oggetto dell’accertamento erano utilizzate per lo stoccaggio di merci in transito e per il traffico di autovetture di nuova importazione e che “l’attività di stoccaggio delle auto nel piazzale dell’interporto, in attesa di rispedirle alle destinazioni finali (venendo caricate su mezzi di trasporto), non è funzionale ad esigenze di mobilità generale della collettività”. 

    Gli immobili oggetto della rettifica operata dall’ufficio non possono essere ricondotti alla categoria catastale E/1 perché destinati a un utilizzo imprenditoriale autonomo: tanto, in coerenza con la regola per cui ciò che rileva ai fini del classamento è che nell'unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento venga svolta attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l'eventuale destinazione dell'immobile anche ad attività di pubblico interesse (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12741 del 23/05/2018; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2004 del 2019, secondo cui è proprio la destinazione del cespite ad una attività che sia svolta rispettando parametri economico-imprenditoriali ad essere decisiva in ordine alla classificazione in questione)”.

    Ciò premesso la cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

  • IMU e IVIE

    Dichiarazione IMU: è necessaria nella trasformazione urbanistica del fondo?

    La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26921/2025 è intervenuta nuovamente su un tema cruciale per la fiscalità locale: l'obbligo di dichiarazione ICI (e, per estensione, IMU) in caso di trasformazione urbanistica di un’area da agricola a edificabile e la conseguente decorrenza del termine di decadenza per l’accertamento del Comune.

    Il caso trae origine da avvisi di accertamento ICI notificati a due contribuenti per due annualità, relativi a un’area ricompresa nel comparto edificatorio di un Comunce.

    I proprietari avevano contestato il valore attribuito all’area e la sua effettiva edificabilità, in considerazione dell’assenza di PUA e dei rilevanti oneri di urbanizzazione.

    La Commissione tributaria regionale aveva accolto l’appello del Comune, ma i contribuenti hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando, tra l’altro, la questione dell’obbligo dichiarativo e della decorrenza del termine di decadenza per l’accertamento.

    Dichiarazione IMU: serve per il terreno agricolo che diventa edificabile con PUA?

    La Corte, dopo aver esaminato i numerosi motivi di ricorso, ha rigettato la maggior parte delle doglianze, accogliendo parzialmente solo il sesto motivo, relativo all’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni tributarie

    Tuttavia, ha colto l’occasione per enunciare un principio innovativo in merito all’obbligo dichiarativo.

    Essa ha enunciato il seguente importante principio: "L'onere dichiarativo della variazione degli elementi di imposizione previsto dall'art. 10, comma 4, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (ICI) e, nell'IMU, dall'art. 13, comma 12-ter, D.L. n. 201 del 2011 (…) non sussiste nell'ipotesi in cui la variazione consista nella sopravvenuta trasformazione di un terreno agricolo in area edificabile in forza dello strumento urbanistico generale adottato dall'ente impositore."

    La Corte ha fondato il principio sulla base del regime di pubblicità legale che caratterizza gli atti di pianificazione urbanistica comunale. 

    Poiché l’adozione del PUC è un atto pubblico, l’informazione sulla nuova destinazione urbanistica risulta “giuridicamente conoscibile” dal contribuente.

    Inoltre, ha evidenziato come sia lo stesso Comune a generare la variazione urbanistica, rendendo illogico pretendere una dichiarazione da parte del contribuente che confermi un fatto già noto all’ente impositore. In sostanza, il presupposto impositivo nasce da un atto amministrativo generale adottato dallo stesso soggetto accertatore.

  • IMU e IVIE

    Aree urbane: sono aree edificabili ai fini IMU

    Con la sentenza n. 26673/2025, la Corte di cassazione ha ribadito un principio chiave in materia di imposizione patrimoniale locale: le aree urbane classificate in catasto come F/1 devono essere considerate aree edificabili ai fini IMU, anche in assenza di rendita catastale, se la destinazione urbanistica lo consente.

    Il caso nasce dal ricorso di una cooperativa che aveva versato l’IMU per un’area urbana di oltre 11.000 mq, classificata in categoria F/1 (area urbana priva di rendita) e ritenuta pertinenziale a un piccolo deposito. L’ente impositore, il Comune, aveva negato il rimborso richiesto dal contribuente sostenendo che l’area, in quanto edificabile urbanisticamente, andava tassata autonomamente in base al valore venale.

    La Commissione tributaria regionale aveva inizialmente dato ragione alla cooperativa, ma la Cassazione ha annullato la sentenza, confermando la posizione del Comune. 

    IMU e aree urbane: non sono equiparabili ai fabbricati

    La Corte di Cassazione con la sentenza in oggetto ha  espresso il seguente principio:  

    «Ai fini dell'IMU, le c.d. "aree urbane", il cui classamento catastale in categoria F/1 esclude l'attribuzione di una rendita, a norma dell'art. 3, comma 2, lett. d), del DM 2 gennaio 1998, n. 28, non possono essere equiparate ai "fabbricati", a causa della carenza di un'edificazione in senso tecnico con la realizzazione di costruzioni coperte su uno o più livelli, né ai "terreni agricoli", a causa dell'alterazione subita dallo stato naturale del suolo per effetto delle opere ascrivibili all'intervento antropico, ma devono essere considerate alla stregua di "aree fabbricabili" nell'accezione sancita dall'art. 5, comma 5, del DLgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (quale richiamato dall'art. 13, comma 3, del DL 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), con la conseguenza che l'imposta deve essere liquidata sulla base del "valore venale in comune commercio", tenendo conto dell'edificabilità desumibile dalle previsioni della pianificazione urbanistica».

    Volendo in pratica riassumere i contenuti della pronuncia, la rendita nulla è cosa diversa dalla esenzione IMU: per le F/1 conta il valore venale.

    La pertinenza può escludere l’autonoma tassazione solo se rigorosamente provata nel caso concreto non è stata provata e la Cassazione ha dato ragione al Comune impositore.

    Le aree urbane vanno considerate, ai fini Imu come aree edificabili e non come aree meramente pertinenziali. 

  • IMU e IVIE

    Omessa dichiarazione IMU 2025: entro il 29 settembre possibile ravveddersi

    La dichiarazione IMU per l’anno 2024 doveva essere presentata ordinariamente entro il 30 giugno 2025, ma è ancora possibile regolarizzare l'omissione entro il 29 settembre 2025 (il 90° giorno dal termine, il 30 giugno è stato domenica, spostando la scadenza al lunedì successivo)

    Questo termine rappresenta il limite massimo per usufruire del ravvedimento operoso in caso di omessa dichiarazione, come previsto dall’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97. 

    Dichiarazione IMU 2025: entro il 29 settembre la tardiva

    Le dichiarazioni IMU e IMU ENC riferite al 2024 dovevano essere trasmesse entro il 30 giugno 2025, tTuttavia, la normativa ammette una finestra di 90 giorni per ravvedersi in caso di omissione, con sanzioni ridotte.

    Il termine effettivo per il ravvedimento operoso è il 29 settembre 2025, cadendo il 90° giorno, il 28 settembre, di domenica.

    In passato, la prassi ministeriale aveva aperto alla possibilità di ravvedere l’omessa dichiarazione IMU anche oltre 90 giorni, differenziando i tributi locali dalle imposte statali, ma a seguito del Dl n 8772024 noto come decreto sanzioni non è più possibile.

    Anche per i tributi locali, la dichiarazione presentata oltre i 90 giorni è considerata omessa a tutti gli effetti.

    Secondo l’art. 1 comma 775 della Legge 160/2019, la sanzione per l’omessa dichiarazione IMU varia:

    • dal 100% al 200% dell’imposta non versata;
    • con un minimo di 50 euro, se l’imposta è stata comunque pagata.

    Per ravvedersi entro il 29 settembre 2025, occorre:

    • presentare la dichiarazione IMU per il 2024;
    • versare l’eventuale IMU dovuta;
    • calcolcare gli interessi legali al 2% annuo dal 1° gennaio 2025;
    • pagare la sanzione ridotta.

    Come per altri tributi, anche per l’IMU l’avvio di un controllo da parte del Comune rende impossibile il ravvedimento (art. 13, comma 1-ter, DLgs. 472/97) è quindi fondamentale provvedere prima di ricevere comunicazioni ufficiali.

  • IMU e IVIE

    Nuove delibere IMU: la sanatoria del DL Fiscale

    Il Dl Fiscale, in fase di conversione in legge, prevede una sanatoria ampia per le delibere IMU dei Comuni.

    La disposizione prevede di approvare il prospetto entro il 15 settembre, e dopo l’approvazione alla Camera di un emendamento si allarga e chiarisce la portata della norma.

    Nuove delibere IMU: la sanatoria del DL Fiscale

    L’articolo 6 del DL Fiscale, modificato in sede referente, detta una normativa speciale, limitata all’anno 2025, circa l’approvazione del prospetto delle aliquote dell’imposta municipale propria (IMU), in deroga a quanto previsto all’articolo 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006

    L’articolo 1, comma 169 della legge 296 del 2006 dispone che gli enti locali deliberano le tariffe ed i tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione prevedendo che, in caso di mancata approvazione entro i citati termini, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.
    In primo luogo, la disposizione introduce una proroga al 15 settembre 2025 per l’approvazione del predetto prospetto.
    Ai sensi della disposizione citata, i comuni sarebbero stati tenuti ad adottare la delibera di approvazione del prospetto delle aliquote IMU entro
    la data prevista per la deliberazione del bilancio di previsione, che, per il bilancio di previsione 2025-2027, era fissata al 28 febbraio 2025, come disposto dal decreto del Ministero dell’interno del 24 dicembre 2024.
    La proroga riguarda anche:

    • gli enti locali che hanno adottato la delibera relativa alle aliquote IMU senza, però, elaborare il prospetto secondo quanto prescritto dall’articolo 1, comma 757, della legge n. 160 del 2019;
    • in base alla modifica operata dalla Commissione, i comuni che hanno deliberato l’approvazione delle aliquote in difformità del prospetto.

    Le eventuali variazioni al bilancio conseguenti al prospetto IMU sono recepite con una successiva variazione del bilancio di previsione 2025-
    2027.
    In secondo luogo, la disposizione dispone una sanatoria per quelle delibere di approvazione del prospetto adottate ai sensi del comma 757 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019, ma tardivamente secondo la normativa ordinaria, dichiarandone la validità, con riferimento a quelle adottate tra il 1° marzo 2025 e la data di entrata in vigore del presente decreto-legge ossia il 18 giugno 2025.

    Attenzione al fatto che, quest'anno l'approvazione delle delibere è essenziale poichè se il Comune non lo invia al Mef entro il prossimo 14 ottobre, per il 2025 si applicheranno le aliquote base dell’Imu.

    Fino al 2024, invece, l’assenza di delibera comportava la conferma delle aliquote dell’anno precedente.

    I Comuni devono diversificare le aliquote Imu entro il tracciato definito dal ministero con il Dm 7 luglio 2023.

  • IMU e IVIE

    IMU 2025: esenzione immobili merce

    Il prossimo 16 giugno è in scadenza il pagamento dell'acconto IMU. 

    In proposito leggi anche IMU 2025: acconto entro il 16 giugno, elenchi MEF delibere.

    A tal proposito vediamo il contenuto della recente Ordinanza n. 10392/2025 della Cassazione sugli esenzione IMU degli immobili-merce.

    IMU 2025: esenzione immobili merce

    In particolare, con l’ordinanza in oggetto la Corte di Cassazione ha affermato che l’esenzione dall’IMU per gli immobili merce, non spetta per i fabbricati acquistati e ristrutturati dall’impresa acquirente, per destinarli alla vendita. 

    La pronuncia si discosta quindi dall’orientamento espresso in precedenza dal Ministero dell’Economia e delle finanze, con la Risoluzione n 11/DF dell'11 dicembre 2013.

    Ai fini IMU gli immobili merce sono  “i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati”.

    In base all'art 13 comma 9 bis del DL n 201/2011, spettava per tali immobili una aliquota ridotta, mentre a fare data dal 2014 era stata riconosciuta l'esenzione. Secondo l'art 1 comma 751 della Legg n 160/2019 dal 1° gennaio 2022 spetta l'esenzione.

    La risoluzione ministeriale su indicata evidenzia che sono immobili merce i “fabbricati costruiti”, tale da comprendere anche il fabbricato acquistato dall’impresa costruttrice sul quale la stessa procede ad interventi di incisivo recupero ai sensi dell'art 3 comma 1 lett. c), d) e f) del DPR 380/2001.

    La risoluzione ministeriale ha inoltre affermato che sussiste una generale equiparazione tra i “fabbricati in corso di costruzione” ed i “fabbricati oggetto di interventi di incisivo recupero”. 

    Pertanto, anche i fabbricati acquistati dall’impresa di costruzione ed oggetto di detti interventi di recupero rientrerebbero nell’ambito applicativo delle agevolazioni per gli immobili merce a partire dall’ultimazione dei lavori di ristrutturazione.

    L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 10392/2025 ha rigettato tale posizione interpretativa, affermando che non rientra nell’ambito applicativo delle agevolazioni per gli “immobili merce” il fabbricato acquistato dall’impresa di costruzione, in quanto già immesso nel mercato immobiliareanche se la circolazione commerciale dell’immobile è atta ad una successiva attività di ristrutturazione da parte dell’impresa acquirente.

    Secondo la pronuncia di legittimità, al momento dell’acquisto non risulta possibile concepire né l’esistenza di un fabbricato “costruito” dal soggetto passivo dell’IMU e destinato alla vendita né la permanente destinazione alla vendita del bene costruito.