• IMU e IVIE

    Dichiarazione IMU obbligatoria per l’esenzione, vediamo per quali immobili

    Nella recente edizione di Telefisco 2023, il MEF ha fornito un importante chiarimento relativo alla comunicazione IMU di alcune categorie di immobili ai fini della esenzione dalla imposta.

    In particolare, il ministero si adegua ad una recente pronuncia della Cassazione confermando che la dichiarazione IMU è obbligatoria per avere diritto all’esenzione. 

    Sinteticamente, viene affermato che l’onere della comunicazione è un principio generale del diritto tributario.

    Più nel dettaglio, viene chiarito che il beneficio dell’esenzione dall’IMU per 

    • i fabbricati “merce”, 
    • gli alloggi sociali,
    • le case dei militari,

    è subordinato alla presentazione della specifica dichiarazione, pur in assenza di un’espressa previsione «a pena di decadenza». 

    La questione è sorta con il Dl 102/2013, che ha introdotto cinque fattispecie di esonero dall’IMU soggette all’obbligo dichiarativo, previsto a pena di decadenza dal beneficio:

    • i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (fabbricati «merce»);
    • le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
    • gli alloggi sociali come definiti dal decreto del ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008;
    • gli immobili del personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare;
    • gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati ad attività di ricerca scientifica.

    Si sottolinea che la Cassazione, in merito all’obbligo dichiarativo relativamente ai casi dei fabbricati “merce”, più volte ha confermato che l’esonero dall’IMU presuppone la presentazione della dichiarazione a pena di decadenza dal beneficio.

    In particolare, con la pronuncia n.25774/2022 la Cassazione ha evidenziato che non è sufficiente l’indicazione nel bilancio della destinazione degli immobili alla vendita, rimarcando la necessità della dichiarazione.

    Con le decisioni n.5190 e n.5191 del 2022 la Cassazione ha avuto modo di evidenziare che la legge 160/2019 (disciplina della nuova IMU) non ha abrogato il Dl 102/2013, riaprendo la questione sui casi soggetti all’obbligo dichiarativo a pena di decadenza.

    Considerando che la disciplina sulla nuova IMU prevede tre fattispecie, ossia fabbricati merce, alloggi sociali e immobili forze armate e militari, soggette all’obbligo dichiarativo, si dovrebbe attribuire alla dichiarazione un’efficacia costitutiva dell’agevolazione. 

    Durante Telefisco 2023 il dipartimento delle Finanze prende atto dei recenti sviluppi giurisprudenziali e in particolare della decisione n.37385/2022 della Cassazione, nella quale si legge che "il principio della decadenza da un beneficio fiscale in assenza del compimento di un onere di comunicazione espressamente previsto dalla legge è del resto un principio generale del diritto tributario (v. Cass. n. 21465 del 2020; Cass. n. 5190 del 2022)".

    Pertanto l’assolvimento dell’obbligo dichiarativo è necessario per ottenere il relativo beneficio fiscale.

    Concludendo quindi, in questa nuova ottica che dev’essere letta la disposizione contenuta nella legge 160/2019, che ai fini dell’applicazione dell’esonero per i casi suddetti impone, in ogni caso, la presentazione della dichiarazione.

  • IMU e IVIE

    Esenzione IMU 2022: chi non paga il saldo

    Entro il 16 dicembre 2022 i contribuenti proprietari o in alternativa:

    • titolari del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie; 
    • genitore assegnatario dell'immobile della casa familiare;
    • concessionario nel caso di concessione di aree demaniali;
    • locatario per gli immobili concessi in locazione finanziaria dal momento della consegna e per tutta la durata del contratto. 

    andranno in cassa per il pagamento del saldo IMU 2022 (per approfondimenti ti consigliamoSaldo IMU 2022: in cassa entro il 16 dicembre). 

    La normativa IMU però prevede una esenzione dal pagamento della imposta per le abitazioni principali, diverse da quelle di lusso, e le relative pertinenze

    Ricordiamo che per “abitazione principale” si intende l'immobile utilizzato  come dimora del possessore e del proprio nucleo familiare a condizione che vi risiedano anagraficamente

    Di recente introduzioni, vi è inoltre, la sospensione fino al 30 giugno 2023 dal pagamento anche del saldo IMU 2022 per gli immobili siti nei comuni di Ischia colpiti dall'alluvione (In proposito leggi: Alluvione Ischia: sospensione versamenti fiscali e contributivi fino al 30.06.2023).

    Inoltre, durante il periodo pandemico covid 19, il legislatore ha previsto casi specifici di esonero dal pagamento dell'IMU. Di questi esoneri, l'unico caso rimasto ancora in vigore, è quello per gli immobili di cinema e teatri, vediamo i dettagli.

    Esenzione IMU 2022 per cinema e teatri: le condizioni per averla

    Tra quelle di carattere emergenziale, l'unica esenzione IMU rimasta in vigore anche per il 2022 è quella relativa agli immobili di categoria catastale D/3 utilizzati per spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti / spettacoli.

    Tale esenzione IMU ricorre a condizione che i gestori delle attività ivi esercitate siano i relativi soggetti passivi. 

    Si sottolinea inoltre che la norma, di carattere interpretativo, del “Decreto Aiuti-quater”, ha confermato che per il 2022 per tali immobili, la seconda rata dell'IMU non è dovuta.

    Esenzione IMU 2022: altri casi

    Inoltre, sinteticamente si ricorda che l'IMU non è dovuta su:

    • immobili posseduti dallo Stato, dai comuni, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dagli enti del Servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
    • fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;
    • fabbricati con destinazione ad usi culturali;
    • fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto nonché fabbricati di proprietà della Santa Sede;
    • fabbricati appartenenti a Stati esteri e a organizzazioni internazionali;
    • immobili di enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste.
  • IMU e IVIE

    IMU settore spettacolo: esenzione seconda rata 2022 nel DL Aiuti quater

    I commi 1 e 2 dell'art 12 del Decreto n 176 noto come decreto aiuti quaterpubblicato in GU n 270 del 18 novembre 2022, prevedono l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) per il settore dello spettacolo. 

    Sinteticamente, la norma, di carattere interpretativo, conferma che per il 2022 la seconda rata dell'IMU non è dovuta per gli immobili di categoria catastale D/3 utilizzati per spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti/spettacoli ma a condizione che i gestori delle attività ivi esercitate siano i relativi soggetti passivi

    Seconda rata IMU 2022 settore spettacolo: a chi spetta l'esenzione e perchè

    Ricordiamo che, l’articolo 78,comma 3, del decreto-legge 14 agosto 2020,n.104, recante «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia», convertito,con modificazioni, dalla legge 13 ottobre2020, n.126, ha previsto l’esenzione dal pagamento dell’imposta municipale propria (IMU) per gli anni 2021 e 2022 per:

    • gli immobili indicati al comma 1, lettera d), del medesimo articolo 78, ovvero gli immobili rietranti nella categoria catastale D/3 destinatia spettacoli cinematografici, teatri e sale perconcerti e spettacoli, 
    • a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate.

    L’efficacia della misura è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.

    Con la comunicazione C(2021) 8442 del18 novembre 2021, la Commissione europea ha adottato la sesta e ultima modifica al«Quadro temporaneo per le misure di aiutodi Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza della COVID-19», prorogandone l’efficacia al 30 giugno 2022. 

    La Commissione europea ha successivamente comunicato agli Stati membri che il Quadro temporaneo non sarebbe stato prorogato oltre tale data di scadenza (dichiarazione del12 maggio 2022).

    Alla luce di quanto sopra, essendo venuta meno l’incertezza sulla vigenza temporale del Quadro temporaneo esistente al tempo dell’introduzione della disposizione, il comma 1 è volto a chiarire il quadro europeo in materia di aiuti di Stato applicabile per la fruizione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta municipale propria (IMU) per gli anni 2021 e 2022 per gli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli.

    Con il comma 2 si chiarisce che a seguito della riconduzione in regime de minimis della seconda rata dell’IMU per il 2022 la fruizione della misura non è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

    Sostanzialmente l'art 12 del DL Aiuti quater reca una norma di interpretazione autentica in riferimento alle esenzioni IMU per il settore dello spettacolo e si di dispone che tali previsioni devono interpretarsi nel senso che la seconda rata dell’IMU per l’anno 2022 non è dovuta nel rispetto del Regolamento Ue 18 dicembre 2013 n. 1407 relativo all’applicazione degli artt 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”. 

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    Acconto IMU 2022: le sanzioni per i pagamenti errati o in ritardo

    Ieri 16 giugno scadeva  il versamento dell'acconto IMU 2022, in proposito leggi anche Acconto IMU 2022: in cassa entro il 16 giugno.

    Se il contribuente non ha pagato o ha pagato con un errore l'imposta è bene sapere che ci sono delle possibilità di sanare l'errore o ravvedersi dell'omesso versamento con sconti sulla sanzione a seconda della data di effettuazione del pagamento.

    In particolare, per gli errori legati al versamento dell’imposta trova applicazione la sanzione per omesso/tardivo versamento pari al 30% di quanto erroneamente versato, ma fanno eccezione i versamenti:

    • effettuati entro 14 giorni dalla scadenza, per i quali la sanzione è in misura pari all’1% per ogni giorno di ritardo ;
    • effettuati entro 90 giorni dalla scadenza, che vedono applicata la sanzione del 15%

    Andando più nel dettaglio, nel caso in cui vengano commesse delle irregolarità nel versamento dell’IMU è possibile procedere con la correzione spontanea ossia con il ravvedimento operoso ottenendo la riduzione della sanzione applicabile in misura crescente rispetto al tempo trascorso dal momento dell’adempimento non effettuato o eseguito erroneamente

    Di seguito una tabella di riepilogo delle sanzioni e norme di riferimento

    E' bene specificare che non risulta possibile:

    Ritardo nel versamento acconto IMU 2022

    Riduzione Sanzione

    30 giorni

    1 / 10

    90 giorni

    1 / 9

    entro 1 anno

    1 / 8

    entro 2 anni

    1 / 7

    oltre 2 anni

    1 / 6

    • usufruire del c.d. ravvedimento parziale espressamente escluso per i tributi diversi da quelli erariali
    • procedere con il ravvedimento dopo:
      • l’inizio di una verifica
      • che è stata mossa una contestazione
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    Esenzione IMU 2022: le regole per le residenze disgiunte dei coniugi

    Con l’introduzione dell’IMU si è espressamente previsto che in caso di due abitazioni principali ubicate nello stesso Comune, solo una di esse, a scelta del contribuente, ha diritto all’esenzione.

    Con l'avvicinarsi della scadenza del 16 giugno per il pagamento dell'acconto IMU 2022 è bene ricordare alcuni importanti dettagli su questo aspetto in quanto è di grande interesse nel caso di coniugi che abitano in due immobili differenti ad esempio per motivi di lavoro.

    Ricordiamo che già nella Circolare n.3/DF/2012, il MEF specificava che la mancanza di indicazioni legislative in ordine all’ipotesi delle residenze disgiunte dei coniugi in comuni diversi implicasse il raddoppio dell’esenzione, a tutela di esigenze effettive dei contribuentiquali ad esempio quelle di tipo lavorativo.

    Tuttavia, in numerose sentenze la Cassazione ha rigettato tale orientamento affermando che l’esenzione per l’abitazione principale non può mai essere duplicata, neppure in caso di residenza in Comuni diversi. 

    Con la sentenza n 17408/2021 la Cassazione ha anche affermato che laddove non sia dimostrato che il nucleo familiare risieda e dimori nello stesso immobile, l’esonero non compete per nessuna unità.

    Tuttavia, con l’ordinanza n. 17408/2021, la stessa Corte ammette l’esenzione per una abitazione in presenza di dimostrate esigenze professionali.

    Ciò premesso, con l’articolo 5-decies del DL n.146/2021 si è intervenuti, modificando la disposizione in vigore e accomunando la situazione delle due abitazioni principali nello stesso Comune a quella relativa alle abitazioni in Comuni diversi. 

    Il nuovo articolo stabilisce che, se i componenti del nucleo familiare risiedono in case diverse, l’esclusione dall’assoggettamento al tributo è applicabile soltanto a una di esse, a scelta degli stessi.

    Concludendo, un riepilogo di tutto quanto sopra specificato è stato fornito durante Telefisco 2022, dove il MEF ha richiamato le istruzioni alla dichiarazione IMU del DM 30 ottobre 2012 specificando che, qualora i componenti del nucleo familiare dimorino abitualmente e risiedano anagraficamente in immobili diversi, la scelta dell’abitazione principale deve avvenire in sede dichiarativa.

    Nello specifico per l'IMU 2022 la scelta andrà fatta ad cura del proprietario di casa che beneficerà della esenzione entro giugno 2023.

    In merito alla compilazione della dichiarazione il contribuente dovrà pertanto barrare il campo 15 relativo all’esenzione e riportare nelle annotazioni la seguente dicitura:

    • «Abitazione principale scelta dal nucleo familiare ex art. 1, comma 741, lett. b), della legge n. 160 del 2019».

    Secondo il Ministero non possano ravvisarsi ipotesi in cui il Comune sia già in possesso di elementi dai quali evincere l’immobile scelto dai contribuenti con esclusione della validità di scelte rese tacitamente, mediante comportamenti concludenti da parte degli stessi.

    Leggi anche 

  • IMU e IVIE

    IMU: cosa succede alla casa coniugale

    La Legge 160/19, in tema di IMU, definisce abitazione principale quell’immobile nel quale “il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e anagraficamente”, e, in relazione a questa, prevede che sia esente dall’imposta l’abitazione principale non di lusso del contribuente, anche nel caso in cui sia assegnata al coniuge affidatario dei figli a seguito di separazione legale.

    L’esenzione dall’IMU non opera (e quindi l’imposta dovrà essere versata) per le abitazioni principali considerate di lusso, facilmente individuabili in quanto appartenenti alle seguenti categorie catastali:

    • A/1 “Abitazioni di tipo signorile”;
    • A/8 “Abitazioni in ville”;
    • A/9 “Castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici”.

    Il problema dell’imponibilità ai fini IMU, per il caso dell’abitazione principale assegnata a uno dei coniugi, sorge dal fatto che, come conseguenza della separazione, un immobile possibilmente di proprietà di entrambi i coniugi, viene poi assegnato a solo uno di essi.

    La precedente versione della normativa IMU del 2012 prevedeva che il soggetto passivo ai fini IMU dell’immobile assegnato fosse il coniuge assegnatario, in quanto colui che in effetti l’utilizza, mentre l’altro coniuge veniva liberato dall’imposta.

    Il coniuge assegnatario, nel caso in cui l’abitazione assegnata rappresenti la sua abitazione principale, poteva beneficiare della relativa esenzione dall’imposta, codice catastale permettendo.

    Con le modifiche normative apportate all’IMU dalla Legge 160/19, la normativa viene leggermente modificata, prevedendo come beneficiario dell’esenzione dall’imposta per l’abitazione principale il genitore affidatario dei figli (e non più il coniuge assegnatario dell’immobile).

    La modifica normativa non ha mancato di lasciare perplessità, in relazione all’eventualità che i coniugi fossero senza figli o che questi, ormai maggiorenni, avessero un loro diverso nucleo familiare.

    Ma con la Circolare numero 1/DF del 18 marzo 2020, il Dipartimento finanze del MEF chiarisce che “la differente formulazione della norma […] che fa riferimento alla casa familiare e al genitore, e non più alla casa coniugale e al coniuge, è volta soltanto a chiarire che nell’ambito dell’assimilazione all’abitazione principale sono ricomprese anche le ipotesi di provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare in assenza di un precedente rapporto coniugale” e che “nulla quindi è mutato rispetto alla precedente disciplina”.

    Quindi, in definitiva, la modifica normativa ha un connotazione estensiva, in quanto funzionale a fare rientrare nel perimetro dell’esenzione dall’IMU per l’abitazione principale, oltre al coniuge assegnatario dell’immobile, anche il genitore affidatario dei figli nel contesto di una coppia di fatto.

    In entrambi i casi, ai fini dell’esenzione, la normativa richiede che l’assegnazione derivi da provvedimento del giudice, la cui individuazione e assegnazione della casa familiare non può essere contestata dal Comune in relazione all’esenzione dall’imposta.

    Articolo proveniente dal Blog aggiornato nel contenuto alla normativa vigente nel mese di novembre 2021

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    IMU 2021: le maggiorazioni approvate nel 2020 valgono anche per il 2021

    Con Risoluzione n 8 del 21 settembre 2021 il Mef fornisce un chiarimento sulla maggiorazione dello 0,08 per mille (ex art 1 comma 755 legge160/2019) dell'aliquota IMU 2021

    In particolare, il MEF in risposta ad un quesito specifica che "al riguardo, si ritiene che nel caso di specie la mancata adozione di una delibera sulle aliquote IMU per l’anno 2021 determina l’effetto della conferma automatica di tutte le aliquote approvate per il 2020, compresa anche quella maggiorata dell’1,14%, risultante per l’appunto dall’applicazione della suddetta maggiorazione dello 0,08%"

    E' bene specificare che nel quesito viene precisato che tale maggiorazione è stata espressamente confermata con deliberazione consiliare, nella medesima misura dello 0,08%, ininterrottamente per gli anni dal 2015 al 2019 e che, con riferimento all’anno 2021, il comune non ha adottato alcuna deliberazione in materia di aliquote IMU.

    Il comune, viene spiegato nel quesito, non ha provveduto per il 2021 nel presupposto che tale comportamento determini la conferma tacita di tutte le aliquote IMU già approvate (e pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle finanze) per l’anno 2020 (ai sensi dell'art. 1, comma 169, legge 27 dicembre 2006, n. 296, oltre che, con specifico riferimento all’IMU, nell’art. 1, comma 767, legge 27 dicembre 2019.)

    Il MEF con la risoluzione in oggetto, giunge a considerare una conferma automatica delle aliquote poiché l'art 1 comma 755 legge 160 del 2019 stabilisce che a “decorrere dall'anno 2020, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi dei commi da 10 a 26 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, i comuni, con espressa deliberazione del consiglio comunale, pubblicata nel sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi del comma 767, possono aumentare ulteriormente l'aliquota massima nella misura aggiuntiva massima dello 0,08 per cento, in sostituzione della maggiorazione del tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui al comma 677 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l'anno 2015 e confermata fino all'anno 2019 alle condizioni di cui al comma 28 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015. I comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento”.

    Dalla lettura della previsione normativa, spiega il Ministero delle Finanze, si evince che l’“espressa deliberazione del consiglio comunale” non può che riferirsi all’anno 2020 che costituisce il primo anno di applicazione del nuovo regime dell’IMU 

    Il Legislatore ha  chiesto agli enti locali di manifestare espressamente, per l’anno 2020, con delibera la volontà di confermare l’ex maggiorazione TASI, vigente per il comune nel regime di convivenza dei tributi IMUTASI precedente a quello di vigenza della sola IMU. Una volta superato l’anno di transizione tra i due regimi ordinamentali, la suddetta maggiorazione, nei comuni che versano nelle condizioni di legge, diventa a tutti gli effetti un’aliquota IMU con il medesimo regime giuridico delle altre aliquote, cui si applicano dunque le stesse regole generali stabilite per queste ultime. 

    La locuzione "I comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento”  comporta che negli anni successivi al 2020 i comuni possono, con espressa deliberazione consiliare, solo ridurre la maggiorazione applicata nell’anno 2020, mentre la mancata approvazione delle aliquote IMU per l’anno 2021 e successivi determina, come sopra chiarito, la conferma automatica, ope legis, di tutte le aliquote approvate per l’anno 2020, ivi inclusa l’aliquota maggiorata dell’1,14%, indicata nel quesito.

    Allegati:
  • IMU e IVIE

    IMU 2021: le aliquote massime per i fabbricati rurali strumentali e fabbricati merce

    In data 20 settembre il MEF ha pubblicato i rilievi fatti nei confronti delle delibere comunali volte a modificare, nei limiti dei poteri conferiti e rispetto alla norma nazionale, gli ambiti applicativi dell'IMU 2021.

    In particolare, in riferimento:

    • ai fabbricati rurali strumentali 
    • e i fabbricati merce

    un comune deliberava che l’aliquota ordinaria, applicabile a tutti gli immobili diversi dalla abitazione principale, è fissata nella misura dello 0,96 per cento (in assenza della previsione di una specifica aliquota per i fabbricati rurali strumentali e per i fabbricati-merce).

    Il MEF specifica che la suddetta aliquota stabilita per gli immobili diversi dalla abitazione principale non può trovare applicazione:

    • né per i fabbricati rurali strumentali all’attività agricola, 
    • né per i fabbricati costruiti dall’impresa costruttrice e destinati alla vendita fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati (c.d. fabbricati merce), 

    in quanto essa è superiore al limite massimo stabilito per ciascuna di tali tipologie di immobili dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160. 

    Inoltre precisa che:

    • i fabbricati rurali ad uso strumentale e i fabbricati merce erano stati esentati dall’imposta municipale propria (IMU) a decorrere dall’anno 2014 (in virtù, rispettivamente, dell’art. 1, comma 708, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e dell’art. 13, comma 9-bis, del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 ) e sono invece nuovamente assoggettati all’imposta a partire dall’anno 2020. 

    Per quanto concerne i fabbricati rurali ad uso strumentale,  ad essi si applichi l’aliquota dell’IMU dello 0,1 per cento, che può essere diminuita sino all’azzeramento ma non aumentata (art. 9, comma 3-bis, del D. L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, l’art.1, comma 750, della citata legge n. 160 del 2019)

    In merito ai fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, i quali peraltro cesseranno di essere imponibili ai fini dell’IMU a decorrere dal 1° gennaio 2022, l’aliquota di base dell’IMU dello 0,1 per cento può essere diminuita sino all’azzeramento e aumentata fino allo 0,25 per cento (comma 751 dello stesso art. 1 della legge n. 160 del 2019)

    Si invita, pertanto, l'Ente a specificare con un’apposita deliberazione consiliare, da adottare entro il termine per l’approvazione del bilancio di previsione, le aliquote applicabili alle fattispecie sopra menzionate.

  • IMU e IVIE

    Esenzione IMU se i coniugi risiedono in comuni diversi per motivi lavorativi

    La normativa IMU prevede l’esenzione dall’imposta dovuta per l’abitazione principale. Il comma 741 dell’articolo 1 della Legge 160/19, vigente dal 2020 ma analogo alla precedente formulazione, definisce abitazione principale quell’immobile nel quale “il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e anagraficamente”.

    La stessa norma prevede anche che, nel caso in cui i membri del gruppo familiare abbiano stabilito la residenza e la dimora abituale in diversi immobili del medesimo comune, l’agevolazione per l’abitazione principale si applica su un solo immobile.

    In conseguenza dell’interpretazione estensiva assunta dal MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) con la Circolare n.3/DF del 18 maggio 2012, fino al 2019 si riteneva che due immobili, siti in due diversi comuni, potessero entrambi usufruire dell’agevolazione come abitazione principale, se ognuno fosse stato adibito a dimora abituale e residenza anagrafica da uno dei due coniugi.

    Nel 2020 la situazione cambia radicalmente, in conseguenza di una serie di sentenze della Corte di Cassazione, che, interpretando la norma, consolidano la giurisprudenza nello stabilire, al contrario, che se i coniugi risiedono in due comuni diversi, l’agevolazione fiscale è esclusa per entrambi.

    Con la recente ordinanza numero 17408 del 17 giugno 2021 la Corte di Cassazione torna nuovamente sul tema, con più motivate argomentazioni, aprendo però anche alla possibilità che, in talune situazioni, una delle due abitazioni possa godere delle agevolazioni previste per l’abitazione principale.

    Sulla sentenza in trattazione i giudici di legittimità puntualizzano come, in base alla normativa, il contribuente possa beneficiare dell’agevolazione fiscale prevista per l’abitazione principale solo nel caso in cui “in riferimento alla stessa unità immobiliare, tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente” e che la norma debba essere intesa in senso restrittivo perché il suo scopo “è quello di evitare comportamenti elusivi in ordine all’applicazione delle agevolazioni per l’abitazione principale”.

    La Corte conosce l’interpretazione assunta dal MEF sul tema, diametralmente opposta alla sua, ma dichiara che una circolare ministeriale “in materia tributaria non costituisce fonte di diritti ed obblighi”, a differenza delle interpretazioni dei giudici di legittimità.

    La posizione della Corte di Cassazione è motivata con estrema chiarezza: il fondamento di questa interpretazione si basa sull’unicità dell’abitazione principale per il contribuente e i componenti del suo nucleo familiare, i quali nell’abitazione principale, per godere dell’agevolazione fiscale, dovranno risiedere anagraficamente e dimorare fisicamente, in quanto “la nozione di abitazione principale postula […] l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore e del suo nucleo familiare, sicché non possono coesistere due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge sia nell’ambito dello stesso comune o di comuni diversi”; con la differenza che, mentre la seconda parte del comma 741 dell’articolo 1 della Legge 160/19 pone una deroga in favore del contribuente per l’espresso caso in cui i membri del nucleo familiare risiedano in più abitazioni all’interno dello stesso comune, la medesima agevolazione non è prevista qualora la medesima situazione si realizzi in comuni diversi.

    Tuttavia l’ordinanza numero 17408 del 17 giugno 2021, pur delineando i principi interpretativi in chiave restrittiva, apre anche alla possibilità dell’esistenza di eccezioni alla regola generale, purché l’evidenza dimostri che queste fattispecie non nascondano delle situazioni elusive, secondo la ratio alla base della chiave di lettura scelta. La Corte precisa che “non può escludersi che i due coniugi, ad esempio per motivi di lavoro, fissino in due differenti, e magari distanti, comuni la loro residenza e la loro dimora abituale. In siffatta evenienza […] dovrà accertarsi in quale di questi immobili si realizzi l’abitazione principale del nucleo familiare, riconoscendo l’esenzione dello stesso”. Ma l’abitazione principale può essere solo una, vigendo una “regola di esperienza per cui per ogni nucleo familiare non può esservi che una sola abitazione principale”.

    Quindi, in definitiva, la regola generale ci dice che i componenti di un nucleo familiare devono risiedere anagraficamente e dimorare fisicamente all’interno della stessa unità immobiliare per potersi realizzare una qualificazione dell’abitazione principale utile ai fini dell’agevolazione fiscale. Quando ciò non avviene, se comunque membri risiedono tutti all’interno dello stesso comune, una unità immobiliare potrà godere dell’agevolazione per l’abitazione principale, per espressa previsione normativa. Nel caso in cui gli stessi risiedono invece in comuni diversi, nessuna abitazione potrà assume la qualifica di abitazione principale, a meno che ciò non avvenga per giustificati motivi, tra i quali si evidenziano quelli lavorativi associati alla distanza geografica.

    L’ordinanza non individua delle fattispecie specifiche, ma anzi, utilizzando l’espressione “per esempio”, lascia intendere che molteplici possono essere le situazioni utili a configurare una legittimità in tal senso: anche quando i coniugi risiedono in differenti comuni, l’attribuzione della qualità di abitazione principale per una sola abitazione è possibile (non indistintamente ammessa), a condizione che le specifiche circostanze siano da giustificare la situazione.

    Il problema di fondo è che, con una impostazione di questo tipo, la valutazione di correttezza del comportamento del contribuente andrebbe effettuata caso per caso, e ciò non può fare altro che far lievitare l’incertezza del diritto attorno alla questione, in un momento storico in cui proprio l’incertezza normativa viene additata come una delle cause del notevole contenzioso tributario arretrato, che si vorrebbe snellire con la riforma del processo tributario in discussione in questi giorni. Per cui non sarà strano se il legislatore sceglierà di tipicizzare questo punto della normativa IMU modificandola o specificandola con una norma di interpretazione autentica.

  • IMU e IVIE

    Modello Redditi 2021: l’IVIE e il quadro RW. Entro il 30 giugno la prima rata se dovuta

    Che cosa è l'IVIE

    Quando un contribuente detiene un immobile all’estero deve valutare se è soggetto al pagamento dell’imposta IVIE l'imposta sugli investimenti immobiliari all’estero.

    Essa è una imposta che segue gli stessi criteri dell’IMU per quel che riguarda i soggetti tenuti al pagamento e per le disposizioni che regolamentano l’imposta stessa.

    A partire dal 2016, quindi, anche per la prima casa posseduta all’estero l'imposta IVIE non è dovuta, tranne i casi di immobili considerati di lusso, ossia le unità immobiliari che in Italia risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. 

    In questo caso, inoltre non c'è obbligo di dichiarazione ai fini di monitoraggio fiscale (che si adempie con il quadro RW) se la situazione non è variata rispetto all'anno precedente. 

    L'IVIE non è dovuta dal contribuente se inferiore a 200 euro. Si tenga presente che ai fini della soglia di esenzione, si deve fare riferimento al valore complessivo dell’immobile senza considerare né quote di possesso né periodo di possesso. 

    Chi deve pagare l'IVIE

    I soggetti passivi dell’IVIE sono: 

    • il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività di impresa o di lavoro autonomo; 
    • il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi (e non il titolare della nuda proprietà); 
    • il concessionario nel caso di concessione di aree demaniali; 
    • il locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

    Si tenga presente che l’individuazione dei diritti reali che attribuiscono la qualifica di soggetto passivo va effettuata in relazione agli analoghi istituti previsti negli ordinamenti esteri in cui l’immobile è ubicato; di conseguenza, deve pagare l’IVIE anche il titolare di un diritto di leasehold nei paesi di common law. 

    Fino al 2019, soggetti passivi dell’imposta erano soltanto le persone fisiche residenti ai fini fiscali in Italia (a prescindere, quindi, dalla cittadinanza) proprietari di immobili esteri, ovvero titolari di altro diritto reale sugli stessi. 

    A partire dal 2020, invece, l’imposta è dovuta anche:

    • dagli enti non commerciali, tra cui anche i trust e le fondazioni; 
    • dalle società semplici 
    • e dagli enti alle stesse equiparati (ex art. 5 del TUIR). 

    Nel caso in cui gli immobili siano detenuti in comunione, l’imposta è dovuta da ciascun soggetto partecipante alla comunione con riferimento al valore relativo alla propria quota. 

    Si specifica che il titolare della nuda proprietà non paga IVIE ma è tenuto a compilare comunque il Quadro RW. 

    L'aliquota IVIE

    L’IVIE prevede un’aliquota nella misura dello 0,76%. 

    In prima istanza, la base imponibile è data dal costo risultante dall’atto o dal contratto di acquisto, in mancanza di tale valore, viene calcolata sul valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. 

    Si sottolinea che la circolare ministeriale n. 45/E del 2010 ha specificato che il costo dovrebbe essere maggiorato degli eventuali oneri accessori quali, ad esempio, le spese notarili e gli oneri di intermediazione, ad esclusione degli interessi passivi. 

    In caso di diritti reali diversi dalla proprietà, il valore viene determinato dal valore del contratto da cui risulta il costo complessivamente sostenuto per l’acquisto di tale diritto. 

    Nel caso in cui non sia a disposizione tale valore, si deve assumere il valore con riferimento ai criteri dettati dalla legislazione del Paese in cui l’immobile è situato. 

    Nel caso invece di immobile costruito, si fa riferimento al costo di costruzione sostenuto dal proprietario e risultante dalla relativa documentazione. 

    In caso di immobile acquisito per successione o donazione: il valore è quello indicato nella dichiarazione di successione o nell’atto registrato, ovvero in altri atti previsti dagli ordinamenti esteri che abbiano tali finalità. In mancanza, è necessario assumere il costo di acquisto o di costruzione sostenuto dal de cuius o dal donante come risultante dalla relativa documentazione.

    In assenza dei valori di cui sopra, sarà necessario prendere come base imponibile il valore di mercato al 31 dicembre rilevabile nel luogo in cui l’immobile è situato. A tal fine è possibile considerare la media dei valori risultanti dai listini elaborati da organismi, enti / società che operano nel settore immobiliare locale.

    Compilazione del quadro RW

    Il Decreto Salva Italia (D.L. 201/2011), all’art. 19 commi 13 – 22, ha stabilito che i beni detenuti all'estero da contribuenti italiani persone fisiche residenti in Italia sono assoggettati, oltreché alle imposte del paese in cui essi sono ubicati, anche ad un’imposta patrimoniale in Italia. L'imposta patrimoniale IVIE deve essere dichiarata e liquidata nel modello Redditi nel Quadro RW

    Per quanto riguarda le modalità di versamento di tale imposta è bene sapere che sono previste le stesse modalità previste per l’IRPEF, pertanto anche quelle relative alle modalità di versamento delle imposte in acconto e a saldo. 

    La liquidazione dell’IVIE viene operata nel rigo RW7 del modello Redditi 2021: 

    Attenzione va prestata al fatto che l’acconto per l’anno 2021 risulta dovuto se l’importo nel rigo RW7, colonna 1 del quadro RW del modello REDDITI PF 2021 risulta pari o superiore a 52,00 euro. 

    Diversamente, l’acconto non è dovuto e l’imposta in esame è versata a saldo per l’intero ammontare. 

    Non sono, in ogni caso, tenuti al pagamento dell’acconto i contribuenti che risultano soggetti all’IVIE per la prima volta nel 2021. 

    L’acconto dovrà quindi essere versato: 

    • in unica soluzione entro il 30 novembre 2021 se l’importo dovuto è inferiore ad Euro 257,52 euro; 
    • in due rate, se l’importo dovuto è pari o superiore ad Euro 257,52 euro:
    • la prima, nella misura del 40% del rigo RW7, entro il 30 giugno 2021 o entro il 30 luglio 2021 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo; 
    • la seconda, nella restante misura del 60% del rigo RW7, entro il 30 novembre 2021.

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