• Regimi Contabili

    Regime contabile semplificato: dal 2023 cambiano le soglie dei ricavi

    Con Emendamento approvato in Commissione Bilancio, viene previsto di inserire il comma 1-bis al comma 1 dell'articolo 18 del Dpr 600/1973 ampliando l’ambito operativo della contabilità semplificata per imprese minori, di fatto estendendone l’ambito soggettivo. 

    Per effetto delle modifiche in esame, le soglie di ricavi da non superare nell’anno per usufruire della contabilità semplificata sono elevate

    • da 400.000 a 500.000 euro per le imprese che esercitano la prestazione di servizi 
    • da 700.000 a 800.000 euro per le imprese aventi a oggetto altre attività

    Il regime semplificato è applicabile alle imprese individuali, snc, sas e ai soggetti equiparati ai sensi dell' art 5 del TUIR e agli enti non commerciali esercenti un’attività commerciale in via non prevalente.

    A seguito della modifica dal 1° gennaio 2023 il regime semplificato si considererà quello naturale per le imprese che, nell'anno, conseguiranno ricavi non superiori a 500.000 euro nel caso di attività di prestazioni di servizi oppure ricavi non superiori a 800.000 euro per le imprese esercenti altre attività.

    Gli attuali limiti di:

    • 400.000 euro per le prestazioni di servizi
    • 700.000 euro per le altre attività

    erano stati modificati dal decreto legge 70/2011 che aveva incrementato i limiti annui dei ricavi, il cui mancato superamento consentiva la tenuta della contabilità semplificata portandoli da:

    • 309.874,14 euro agli attuali 400.000 per le attività di prestazioni di servizi 
    • 516.456,90 euro agli attuali 700.000 per le imprese esercenti altre attività.

    I limiti di cui si tratta vanno computati tenendo conto dei ricavi percepiti nell'intero anno in base al criterio di cassa.

    E' bene sottolienare che la novità che verrà introdotta con la legge di bilancio 2023, non rileva per gli esercenti arti e professioni che adottano il regime di contabilità semplificata come regime naturale a prescindere dall’ammontare dei compensi percepiti.

    Infine, si specifica che i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività devono fare riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente; in mancanza di distinta annotazione dei ricavi, vengono considerate prevalenti le attività diverse dalle prestazioni di servizi come chiarito dalla Risoluzione 293/E/2007.

  • Regimi Contabili

    Regime Forfettario: incompatibile con quello degli impatriati

    Con la Risposta a interpello n 460 del 20 settembre 2022 le Entrate chiariscono dettagli sulla fruizione del "regime speciale per lavoratori impatriati" e le compatibilità con il "regime forfetario" nel primo periodo d'imposta successivo al rientro in Italia.

    L'Istante cittadino italiano, rimpatriato nel mese di aprile 2022, dopo quattro anni di residenza nel Regno Unito, con iscrizione all'AIRE svolgerà "attività autonoma" con partita IVA. Egli possiede i requisiti soggettivi e oggettivi per accedere al regime speciale per lavoratori impatriati. 

    Tuttavia, stimando che nel primo anno i possibili compensi derivanti dall'attività autonoma in questione saranno inferiori ad euro 65.000, potrebbe temporaneamente optare per l'applicazione del regime forfettario. Egli chiede se potrà utilizzare alternativamente, in anni di imposta differenti, i due regimi agevolati in questione, sempre nel rispetto delle relative norme, e se non perderà i requisiti per le agevolazioni degli impatriati nei primi 5 periodi di imposta dal rimpatrio, qualora nel primo anno optasse per il regime forfettario. 

    Le entrate innanzitutto ricordano che l'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il "regime speciale per lavoratori impatriati", destinato al lavoratore che: 

    a) trasferisce la residenza nel territorio dello Stato

    b) non è stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno 2 anni; 

    c) svolga l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano. 

    Al ricorrere di queste condizioni:

    • i redditi di lavoro dipendente, 
    • i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente 
    • e i redditi di lavoro autonomo 

    prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare. 

    Viene inoltre specificato che l'agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, e per i quattro periodi di imposta successivi.

    Con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, le Entrate hanno fornito chiarimenti sul regime degli impatriati.

    In relazione alla fattispecie in esame, l'agenzia evidenzia che, in linea con la finalità della norma il "regime speciale per lavoratori impatriati" risulta applicabile ai soli redditi di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro autonomo che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente secondo le ordinarie disposizioni del TUIR. 

    L'adesione al "regime forfetario" di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 che rappresenta il regime "naturale" delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale, comporta, invece, la determinazione del reddito imponibile secondo criteri "forfetari", applicando all'ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività in misura diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata, sul quale viene poi operata un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'imposta regionale sulle attività produttive pari al 15 per cento. 

    Ciò implica, pertanto, che, per espressa previsione normativa tale reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo. 

    Con la citata circolare n. 33/E del 2020 è stato chiarito (cfr. paragrafo 7.11) inoltre che "il contribuente che rientra in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo. Resta ferma la possibilità per il contribuente di rientrare in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo, beneficiando, in presenza dei requisiti, del regime fiscale previsto per gli impatriati, laddove venga valutata una maggiore convenienza nell'applicazione di detto regime rispetto a quello naturale forfetario". 

    Si evidenzia quindi che l'opzione per il regime forfetario, pur sussistendo i requisiti per l'applicazione del regime degli impatriati al momento del rientro in Italia, comporta l'impossibilità di esprimere a posteriori l'opzione per il diverso regime degli impatriati. 

    Nel caso di specie, ne consegue che l'Istante, avendo trasferito la residenza fiscale in Italia nel mese di aprile 2022, dovesse optare in relazione all'annualità in corso per il "regime forfetario", negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile, ossia dal 2023 al 202, non potrà fruire del diverso regime di cui all'articolo 16 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147.