• Operazioni Straordinarie

    Affitto d’azienda: imposta di registro e IVA, chiarimenti ADE

    Con la Risposta a interpello n 126 del 30 aprile 2025 le Entrate replicano ad un contribuente che ha stipulato un contratto di affitto di azienda. Egli ha pagato all'atto della registrazione dello stesso una imposta di registro in misura fissa.

    Chiede quanTo dovrà corrispondere per le successive annualità di contratto.

    In dettaglio, con atto a rogito del notaio, L'ISTANTE ha affittato, per dodici anni, tacitamente rinnovabili di sei anni in sei anni, ad altro imprenditore individuale il proprio ramo d'azienda avente ad oggetto lo svolgimento dell'attività di bar e ristoro al canone annuo di 42.000,00 euro (oltre all'Iva nella misura di legge). 

    L'Istante afferma che, trattandosi di affitto di ramo d'azienda, egli non perde la qualifica di imprenditore ed assoggetta i canoni di affitto ad Iva.

    L'Istante riporta che nell'atto di affitto del ramo d'azienda le parti hanno dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 35, n. 10 quater, del decreto legislativo del 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge del 4 agosto 2006, n. 248, «che il valore nominale dei fabbricati compresi nel presente contratto di affitto, così come determinato ai sensi dell'art. 14 del D.P.R. n. 633 del 26.10.1972, è pari al 75% (settantacinque per cento) del valore complessivo dell'azienda affittata''.

    Le stesse parti hanno quindi chiesto ''l'applicazione dell'Imposta Proporzionale di Registro ma solo per l'ammontare del canone relativo al primo anno, ai sensi dell'art. 17 comma III del D.P.R. 26.04.1986 n. 131, obbligandosi a versare l'imposta per le annualità successive non già a mezzo del notaio bensì autonomamente e direttamente ai sensi di legge, pena
    le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dell'imposta medesima
    .
    L'Istante chiede se, in occasione del termine di scadenza per il versamento dell'imposta di registro per l'annualità successiva (2025/2026) e per le successive annualità, vada corrisposta la sola imposta in misura proporzionale sulla
    parte immobiliare, ai sensi dell'articolo 35, n. 10 quater del decreto legge n. 223/2006, oppure anche, e nuovamente, l'imposta fissa già scontata in fase di registrazione dell'atto, ai sensi dell'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986.

    Affitto d’azienda: imposta di registro e IVA, chiarimenti ADE

    Le Entrate ricordano che la disciplina contemplata dall'articolo 40, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1986, n. 131 sancisce il principio di alternatività Iva/registro affermando che «1. Per gli atti relativi a cessioni
    di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa. Si considerano soggette all'imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA, le cessioni e le prestazioni per le quali l'imposta non è dovuta a norma degli articoli da 7 a 7 septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al comma 6 dell'articolo 21 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. La disposizione del periodo precedente non si applica alle operazioni esenti ai sensi dei numeri 8), 8bis) e 27quinquies) del primo comma dell'articolo 10 del citato decreto n. 633 del 1972 e alle locazioni di immobili esenti ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 10, nonché alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA per le quali, se effettuate nei confronti di un soggetto non partecipante al gruppo IVA, si applicherebbero le suddette disposizioni.»

    Tale principio ha però subito un'attenuazione a seguito dell'emanazione del decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223, convertito con legge del 4 agosto 2006, n. 248 che all'articolo 35, n. 10 quater prevede che «Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l'affitto di aziende
    il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell''articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.».

    La circolare del 4 agosto 2006, n. 27/E chiarisce che «La norma non opera in via generale ma impone che sia derogato il regime di tassazione previsto per la locazione di azienda quando si verifichino contemporaneamente due condizioni:
    a) il valore normale dei fabbricati, come determinato ai sensi dell'art. 14 del dpr n. 633 del 1972, sia superiore al 50% del valore complessivo dell'azienda;
    b) l'eventuale applicazione dell'IVA e dell'imposta di registro secondo le regole previste per le locazioni d'azienda, unitariamente considerata, consente di conseguire un risparmio d'imposta rispetto a quella prevista per le locazioni di fabbricati.».

    La disposizione «comporta che sia posta a confronto la tassazione delle due operazioni: la locazione dell'azienda e la locazione dei fabbricati strumentali.».
    Al riguardo, l'articolo 5, lettera a bis, della Tariffa, parte I, del TUR, precisa che sono soggetti all'imposta di registro in misura proporzionale dell'1% le locazioni e gli affitti «quando hanno per oggetto immobili strumentali, ancorché assoggettati
    all'imposta sul valore aggiunto, di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».

    Pertanto, l'affitto d'azienda è «ordinariamente assoggettato ad IVA nella misura del 20 per cento e all'imposta di registro in misura fissa», mentre la locazione di immobili strumentali «è assoggettata ad IVA nella misura del 20 per cento se effettuata nei confronti di soggetti privati o di soggetti che operano la detrazione in misura non superiore al 25 per cento o se è esercitata l'opzione per l'imponibilità, mentre è esente nelle altre ipotesi. In ogni caso le locazioni di fabbricati strumentali, esenti o imponibili ad IVA, sono assoggettate all'imposta di registro nella misura dell'1 per cento.»
    Con particolare riferimento all'imposta di registro e alle modalità con cui essa può essere assolta, l'articolo 17, comma 3, del TUR, prevede che «Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. […]».
    Ciò posto, gli atti indicati nella Tariffa, parte prima, da registrare in termine fisso, sono quelli per i quali la formalità della registrazione deve essere esperita obbligatoriamente entro un termine perentorio.
    In particolare, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del TUR «La registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso deve essere richiesta (…) entro venti giorni dalla data dell'atto se formato in Italia, entro sessanta giorni se formato all'estero.» Al riguardo, la circolare del 29 maggio 2013, n. 18/E ha infatti chiarito che l'imposta di registro «è una imposta indiretta che ha quale presupposto il compimento di determinati atti giuridici, che sono assunti quale indice della capacità contributiva dei soggetti che li pongono in essere […]» ed, inoltre, ha anche una «funzione di natura probatoria; difatti, come stabilito dall'articolo 18 del TUR, la registrazione attesta l'esistenza degli atti ed attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi ai sensi dell'articolo 2704 del codice civile.».
    Si tratta, dunque, di un'imposta d'atto, strettamente collegata allo stesso o al negozio giuridico che si pone in essere.
    Inoltre, con particolare riferimento alla debenza dell'imposta di registro in misura fissa, quest'ultima «non è legata agli effetti e al valore dell'atto, ma esclusivamente alla mera esecuzione della formalità della registrazione, costituendo il corrispettivo del servizio di registrazione reso dallo Stato.»
    Avendo l'Istante optato per il pagamento dell'imposta di registro in misura proporzionale solo per l'ammontare del canone relativo al primo anno, egli chiede se, in occasione del termine di scadenza per il versamento dell'imposta di registro per l'annualità successiva (2025/2026) e per le successive annualità, vada corrisposta la sola imposta in misura proporzionale sulla parte immobiliare, ai sensi dell'articolo 35, n. 10 quater del decreto legge n. 223/2006, oppure anche, e nuovamente, l'imposta fissa già scontata in fase di registrazione dell'atto, ai sensi dell'articolo 40 del TUR.
    Le Entrtate ritengono che l'imposta di registro in misura fissa, applicata al momento della registrazione del contratto di affitto del ramo d'azienda qui in oggetto, non sia dovuta in occasione della scadenza di ogni singola rata annuale finalizzata all'assolvimento del pagamento dell'imposta di registro proporzionale dovuta ai sensi dell'articolo 35, n. 10 quater del decreto legge n. 223/2006.
    Ciò in quanto l'imposta in esame ha natura di imposta d'atto e, dunque, è connaturata al servizio di registrazione offerto dallo Stato; tra i servizi di registrazione e, dunque, tra gli atti che richiedono la debenza dell'imposta, non rientra la rateizzazione del pagamento dell'imposta

  • Operazioni Straordinarie

    Trasformazione di società: chi redige la relazione di stima

    Il CNDCEC con il pronto ordini n 03/2025 ha pubblicato una replica ad un quesito a tema Trasformazione di società di persone – Relazione di stima ai sensi dell’art. 2500- ter c.c. 

    Con il quesito pervenuto in data 17 dicembre 2024 veniva chiesto se un iscritto nel nostro Albo che non sia ancora iscritto nel Registro della Revisione legale possa firmare una perizia di trasformazione da società di persone a società di capitali, precisamente da società in nome collettivo a società a responsabilità limitata.

    Trasformazione di società: chi redige la relazione di stima

    Il CNDCEC osserva preliminarmente che, a norma dell’art. 2500-ter, comma 2, la trasformazione di società di persone in società di capitali deve essere accompagnata da una relazione di stima dalla quale risulti il capitale della società trasformata determinato sulla base dei valori attuali dell’attivo e del passivo. 

    Tale stima è, pertanto, importante poiché assolve alla funzione di determinare il capitale sociale che costituirà la principale garanzia per i terzi.

    Con riferimento all’individuazione del soggetto chiamato ad effettuare la stima del capitale sociale, il medesimo comma 2 dell’art. 2500-ter stabilisce che la stima sia redatta, per le società per azioni e in accomandita per azioni, a norma dell’art. 2343, ovvero che il capitale sociale risulti dalla documentazione di cui all’articolo 2343-ter, ovvero, infine, nel caso di società a responsabilità limitata a norma dell’art. 2465. 

    Nel caso del quesito, considerato che la società originariamente costituita in forma di s.n.c. intende trasformarsi in s.r.l., la disciplina relativa alla nomina dell’esperto chiamato a redigere la perizia di stima del capitale sociale è, quindi, contenuta nell’art. 2465 il quale espressamente richiede la qualifica di revisore legale e, pertanto, l’iscrizione nell’apposito Registro.

  • Operazioni Straordinarie

    Fusione per incorporazione: si estingue la PIVA con l’incorporata

    Con Principio di Diritto n 1 del 16 gennaio le Entrate chiariscono che, nei casi di fusione per incorporazione, con estinzione della società incorporata, non è possibile proseguire l'attività con la partita Iva di quest’ultima tanto se l’incorporata è un soggetto residente, quanto se si tratta della stabile organizzazione di un soggetto non residente. 

    Se la società incorporante è un soggetto non residente necessita di una nuova attribuzione/identificazione per poter operare in Italia.

    Fusione per incorporazione: si estingue la PIVA con l’incorporata

    L'Ade chiarisce dettagli sulla Fusione della casa madre con altra società estera e gli effetti sugli identificativi fiscali (Articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633)

    Ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 le vicende che riguardano l'attività di impresa (inizio, variazione e cessazione) costituiscono oggetto di apposita dichiarazione.

    In applicazione di tale previsione, il modello AA7/10 che «deve essere utilizzato dai soggetti diversi dalle persone fisiche (società, enti, associazioni, ecc.) per le dichiarazioni d'inizio attività, variazione dati e cessazione attività, previste dall'art. 35 nonché per la domanda di attribuzione del codice fiscale ai sensi del D.M. 28 dicembre

    1987, n. 539.» stabilisce, tra l'altro, che:

    «[…] I soggetti non residenti che si avvalgono di una stabile organizzazione in Italia nonché i rappresentanti fiscali dagli stessi nominati ai sensi dell'art. 17, terzo comma, devono utilizzare questo modello per presentare le dichiarazioni previste dall'art. 35. Si evidenzia che il soggetto non residente non può assumere una duplice posizione IVA nel territorio dello Stato.[…]
    Le dichiarazioni d'inizio attività, variazione dati e cessazione attività possono essere presentate con le modalità di seguito

    riportate. Per i contribuenti obbligati all'iscrizione al Registro delle imprese: con Comunicazione Unica (ComUnica) per via
    telematica o su supporto informatico. La comunicazione unica vale quale assolvimentodi tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al Registro delle imprese e, ove sussistano i presupposti di legge, ha effetto ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA. […] SEZIONE 1: OPERAZIONI STRAORDINARIE TRASFORMAZIONI SOSTANZIALI SOGGETTIVE 

    Questa sezione deve essere compilata qualora siano intervenute operazioni straordinarie o trasformazioni sostanziali soggettive sia che comportino l'estinzione del soggetto d'imposta che ha subito la trasformazione (caselle 1: fusione, scissione totale ecc.) sia che dalle stesse non derivi tale effetto e il soggetto trasformato continui ad operare con la propria partita IVA (caselle 2: conferimento, cessione, donazione di ramo d'azienda e scissione parziale). La sezione deve essere compilata esclusivamente dai soggetti beneficiari ovvero risultanti dalle predette trasformazioni (conferitaria, società risultante dalla fusione, beneficiaria nell'ipotesi di scissione, ecc.).

    La compilazione di questa sezione, nei casi di trasformazioni sostanziali soggettive da cui derivi l'estinzione del soggetto trasformato (incorporato, conferente, cedente, donante, ecc.), comporta l'automaticaancellazione della partita IVA di detto soggetto e, per le società, anche del connessocodice fiscale.».

    Da quanto sopra emerge con ogni evidenza che, per tutti i soggetti (residenti e non), la fusione per incorporazione con cui viene meno la società incorporata implica l'impossibilità di proseguire l'attività con la partita IVA di tale soggetto sia esso residente ovvero la stabile organizzazione di un non residente il quale, sotto questoprofilo, si estingue al pari del proprio identificativo fiscale, recando la necessità perl'incorporante non residente di una nuova attribuzione/identificazione per operare inItalia.

    La costituzione di una nuova stabile organizzazione consentirà di far confluire, inregime di neutralità fiscale, tutti i beni e i diritti afferenti alla stabile organizzazione del soggetto fiscalmente non residente incorporato da un altro soggetto non residente.

  • Operazioni Straordinarie

    Società cancellata dal registro: il liquidatore resta responsabile per 5 anni

    Con la Sentenza n 21981 del 5 agosto la Cassazione statuisce che il liquidatore mantiene la rappresentanza delle imprese cancellate dal registro. 

    In dettaglio gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese sono sospesi per cinque anni in favore dell’amministrazione finanziaria e degli agenti di riscossione, ma le pretese tributarie devono essere fatte valere con atti impositivi ritualmente notificati presso la sede legale della società oramai estinta e nei confronti dell’ultimo suo legale rappresentante, amministratore o liquidatore.

    E se uno dei soggetti su indicati, nel corso di questi cinque anni è deceduto, l’ente impositore non può rivolgersi ai suoi eredi o agli altri soci.

    Registro imprese e cancellazione: il liquidatore è responsabile per altri 5 anni

    La sentenza in oggetto riguarda l'articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 175/2014, che prevede una deroga all'articolo 2495 del Codice civile. 

    L'articolo 2495 del Codice civile prevede che, dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, il deposito presso l’ufficio del Registro delle imprese e il decorso di 90 giorni senza che sia stato presentato reclamo, il conservatore cancella e la società si estingue.

    In deroga a questa norma, l'art 28 comma 4 recita testualmente che, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese.

    La Corte di Cassazione ha chiarito che questo rinvio riguarda solo aspetti sostanziali, e non processuali, pertanto il liquidatore conserva i poteri di rappresentanza della società e l'autorità fiscale non può rivolgersi ad altri soggetti. 

    Questo differimento sospende anche la possibilità per i creditori insoddisfatti di rivalersi sui soci.

    In un caso specifico, la Cassazione ha dichiarato illegittima una notifica di accertamento inviata all'erede del liquidatore defunto. 

    La notifica secondo la Cassazione avrebbe dovuto essere fatta al domicilio fiscale della società o a un nuovo liquidatore, poiché gli eredi non assumono automaticamente il ruolo del defunto, infatti, dalla morte del socio legale rappresentante non può derivare la successione degli eredi nella carica, ma l’incombenza di procedere alla nomina di un nuovo liquidatore.

  • Operazioni Straordinarie

    Società estinta: responsabilità dei soci verso il Fisco

    La Cassazione con Ordinanza n. 20840 del 18 luglio 2023 ha affermato che nel caso di cancellazione di una srl, a ristretta base societaria, dal registro delle imprese, i soci sono responsabili dei debiti maturati dalla stessa nei confronti dell’Erario pur se, all'atto della liquidazione, non hanno ricevuto utili. Il Fisco può vantare pretese per una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti.
    Vediamo i dettagli del caso di specie.

    Società estinta: responsabilità dei soci verso il Fisco

    Nel caso in esame della suprema corte, quattro contribuenti con qualifiche di soci e legali rappresentanti presentavano ricorso avverso avvisi di accertamento per maggiori imposte.
    La CTP accoglieva parzialmente le pretese e quella regionale le rigettava.

    In particolare, i giudici regionali, dopo aver affermato che, a seguito dell'estinzione della Srl, i soci succedevano ad essa nei debiti tributari verso l'Erario, e che anche il liquidatore della società era responsabile nei confronti del fisco, in quanto consapevole di aver posto in essere operazioni economiche per sottrarre all'imposizione parte degli utili, riconoscevano la fondatezza della pretesa tributaria, basata su una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti.
    Nel dettaglio, secondo la CTR:

    • il comportamento antieconomico della società, 
    • lo scostamento dal valore normale del prezzo di vendita degli immobili, 
    • la differenza tra il prezzo di vendita e quello di immobili simili, risultante da preliminari di compravendita, perizie di stima e corrispondenza con istituti bancari, 

    costituivano elementi atti a legittimare la determinazione da parte dell'ufficio del prezzo di vendita in un importo pari al valore normale dei beni, presumendo una distribuzione ai soci degli utili extracontabili della Srl a ristretta base.
    I contribuenti impugnavano la sentenza in Cassazione sulla base di quattro motivi ai quali replicava l’ufficio con controricorso.
    I giudici di legittimità, con l’ordinanza in commento, hanno rigettato i ricorsi di parte condannando i contribuenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Erario.
    In particolare, la Cassazione afferma che la responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione, prevista dall'articolo 36 del Dpr n. 602/1973, è una fattispecie autonoma che sussiste in presenza dei requisiti normativi e non prevede alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese.
    Nel caso specifico, la CTR ha ritenuto che si fossero realizzati i requisiti di legge previsti dal citato articolo 36 nei confronti del liquidatore a sua volta socio di una altra Srl, che deteneva il 66,67% della società liquidata.
    Per quanto riguarda la responsabilità dei soci, la stessa Commissione regionale ha affermato che, nel caso di estinzione della società, il socio resta responsabile per l'intero debito tributario in contestazione, in base al fenomeno successorio tra la società estinta e i soci (ex articolo 2495 cc) e ciò indipendentemente dall'attribuzione di utili in sede di liquidazione.
    Secondo l'indirizzo prevalente della Corte suprema, l'utile partecipazione alla distribuzione dell'attivo liquidato non costituisce presupposto costitutivo della successione del socio.

    La Cassazione ha più volte sottolineato come il socio sia comunque destinato a subentrare nella posizione debitoria e che addirittura la mancata utile partecipazione non consenta di escludere lo stesso interesse ad agire del creditore.
    Con la pronuncia n. 6071/2013 è stato affermato che: “quando il debitore è un ente collettivo, non v'è ragione per ritenere che la sua estinzione (…) non dia ugualmente luogo ad un fenomeno di tipo successorio, sia pure sui generis, che coinvolge i soci ed è variamente disciplinato dalla legge a seconda del diverso regime di responsabilità da cui, pendente societate, erano caratterizzati i pregressi rapporti sociali. Nessun ingiustificato pregiudizio viene arrecato alle ragioni dei creditori, del resto, per il fatto che i soci di società di capitali rispondono solo nei limiti dell'attivo loro distribuito all'esito della liquidazione”.
    Nel caso in esame, in cui si dibatte della distribuzione degli utili extrabilancio della società a ristretta base partecipativa, la statuizione del giudice di appello risulta condivisibile, in quanto l'Amministrazione finanziaria può agire contro gli ex soci di una società estinta anche se non hanno percepito utili in sede di liquidazione dell'ente.
    La possibilità di sopravvenienze attive o l'esistenza di diritti non contemplati nel bilancio finale giustificano l'interesse dell'Agenzia delle entrate a procurarsi un titolo in considerazione della natura dinamica dello stesso interesse.

    La Cassazione ha più volte ribadito il principio secondo cui “in tema di società di capitali a ristretta base partecipativa, l'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, determinando un fenomeno di tipo successorio, non fa venir meno l'interesse dei creditori sociali (nella specie, l'Agenzia delle Entrate) ad agire ed a procurarsi un titolo nei confronti dei soci della società estinta, a prescindere dall'utile partecipazione di essi alla ripartizione finale, potendo comunque residuare beni e diritti (nella specie, utili extracontabili) che, ancorché non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione, si sono trasferiti ai soci»).
    Ll'Agenzia delle entrate ha rilevato che è stato precisato varie volte che:

     “La presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa, non è neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica, ma estende la sua efficacia a tutti i gradi di organizzazione societaria per i quali si riscontri la ristrettezza della compagine sociale, operando il principio generale del divieto dell'abuso del diritto, che trova fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza, nonché nella tendenza all'oggettivazione del diritto commerciale ed all'attribuzione di rilevanza giuridica all'impresa, indipendentemente dalla forma giuridica assunta dal suo titolare. (Fattispecie relativa a società a responsabilità limitata partecipata per il 10 per cento da un socio e per il 90 per cento da una società per azioni, della quale erano soci, al 5 per cento, la persona fisica già socia della società a responsabilità limitata e, per il 95 per cento, il coniuge)» (Cass. 13338/2009).
    La cassazione ha ritenuto in tante occasioni che “l'accertata dichiarazione o esposizione in bilancio di costi fittizi, da parte di una società di capitali a ristretta base partecipativa, è di per sé sufficiente a far presumere l'esistenza di un maggior reddito imponibile in misura pari ai costi fittiziamente dichiarati, senza alcuna necessità per l'amministrazione finanziaria di dimostrare che dal maggior reddito siano derivati maggiori utili distribuibili ai soci, e ferma restando la possibilità, per il contribuente, di fornire la prova contraria” (Cassazione n. 10679/2022).
    Pertanto, il fatto che nella compagine sociale della società a ristretta base vi sia un'altra società a responsabilità limitata a sua volta a ristretta base, non esclude la presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci.

  • Operazioni Straordinarie

    Operazioni straordinarie transfrontaliere: Circolare Assonime del 07.06

    Assonime in data 7 giugno ha pubblicato la Circolare n. 16/2023 intitolata le operazioni straordinarie transfrontaliere.

    Nel comunicato stampa di accompagnamento si ricorda che il Decreto legislativo. n. 19/2023, entrato in vigore lo scorso 22 marzo e totalmente operativo dal 3 luglio prossimo, ha attuato nel nostro ordinamento la direttiva europea (UE) 2019/2121 sulle operazioni di trasformazione, fusione e scissione transfrontaliere.

    Viene specificato che la disciplina introduce una regolamentazione delle diverse operazioni societarie straordinarie che realizzano riassetti organizzativi e finanziari, nei quali siano interessati più ordinamenti europei, coniugando il principio di libertà di stabilimento delle società con la protezione degli interessi dei soggetti incisi dalle operazioni. 

    Il decreto legislativo regola anche le operazioni straordinarie internazionali (che coinvolgono società regolate da ordinamenti extraeuropei) e introduce, tra le scissioni domestiche, la c.d. scissione con scorporo.  

    Assonime specifica che la direttiva europea e la legislazione nazionale di attuazione costituiscono un significativo passo in avanti rispetto al quadro di disciplina previgente.

    Si evidenzia in particolare, come la tutela dei soci si fondi sul diritto di recesso e sul diritto di contestare il rapporto di cambio e il valore di liquidazione. 

    La tutela dei lavoratori rispetto ai regimi di partecipazione dei lavoratori alla governance della società è volta a preservare il regime di partecipazione riconosciuto ai lavoratori delle società partecipanti, fatta salva la possibilità di realizzare in modo consensuale un regime diverso. 

    La tutela dei creditori si fonda sul diritto di opposizione in presenza di un concreto pregiudizio derivante dall'operazione.

    Uno strumento di tutela rispetto agli interessi coinvolti, sottoliena Assonime, è costituito dall'attribuzione al Notaio, in sede di rilascio del certificato preliminare con cui si attesta il regolare adempimento delle formalità preliminari per la realizzazione dell'operazione, del compito di verificare che l'operazione non sia effettuata per scopi abusivi o fraudolenti. 

    Secondo Assonime si tratta di una forma di verifica di cui non sono del tutto chiari gli spazi operativi e per la quale vi è il rischio che il timore di un uso opportunistico delle operazioni imponga un rafforzamento dei controlli amministrativi o giudiziali che potrebbe comportare, se non correttamente intesa, un ostacolo alla libertà di stabilimento.

    La direttiva europea sulle operazioni transfrontaliere ha ridefinito il quadro dei principi con riguardo alla libertà di stabilimento, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia, in particolare con la fattispecie della trasformazione transfrontaliera, mediante la quale è possibile applicare la legge di un altro Stato membro con il trasferimento della sede legale della società. 

    Assonime evidenzia inoltre che, per quanto riguarda gli effetti sul nostro ordinamento del nuovo quadro giuridico, se finora il trasferimento di sede sociale all'estero senza mutamento della legge regolatrice non incontrava particolari ostacoli nell'ordinamento italiano, essendo pacificamente ammesso dalla giurisprudenza e dalla prassi degli uffici del Registro delle imprese, con il decreto di attuazione della direttiva il trasferimento della sede sociale all'estero, dovendo essere effettuato con il procedimento della trasformazione, dovrebbe comportare sempre il mutamento di legge applicabile.

    In merito alla scissione con scorporo si amplia, invece, la nozione domestica di scissione, la quale comprende ora anche quelle operazioni di scissione parziale a favore di società neocostituite con attribuzione delle partecipazioni alla società scissa.

    Viene infine precisato che, la nuova disciplina ha effetto a decorrere dal 3 luglio 2023 e si applica alle operazioni transfrontaliere e internazionali nelle quali nessuna delle società partecipanti ha pubblicato il progetto a quella data.

    Le norme domestiche di modifica del Codice civile, tra cui quella relativa alla nuova nozione nazionale di scissione con scorporo e quella sul trasferimento della sede all'estero, si applicano invece a decorrere dall'entrata in vigore del decreto e quindi dal 22 marzo 2023.

  • Operazioni Straordinarie

    Operazioni straordinarie transfrontaliere: recepita Direttiva UE

    Pubblicato in GU n. 56 del 7 marzo il DLgs n. 19 del 2 marzo di attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda:

    • le trasformazioni, 
    • le fusioni 
    • le scissioni 

    transfrontaliere.

    Si sottolinea che le disposizioni del presente decreto, salvo che sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 3 luglio 2023 e si applicano alle operazioni transfrontaliere e internazionali nelle quali nessuna delle società partecipanti, alla medesima data, ha  pubblicato il progetto.

    Ai sensi dell'art.2 le disposizione del decreto si applicano: 

    a) alle  operazioni  transfrontaliere riguardanti  una  o più società di capitali italiane e una o più società di capitali di altro Stato membro che hanno la  sede  sociale  o  l'amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell'Unione europea;
    b) alle operazioni transfrontaliere riguardanti società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non hanno nel territorio dell'Unione europea la sede sociale nè l'amministrazione centrale né il centro di attività principale, se l'applicazione della disciplina di recepimento delle direttive (UE) 2017/1132 e (UE) 2019/2121 a tali operazioni è parimenti prevista dalla  legge applicabile  a ciascuna  delle  società  di  altro  Stato membro partecipanti o risultanti dall'operazione;

    c) alle operazioni transfrontaliere che non rientrano nei casi di cui alle lettere a)  e  b)  e  alle  operazioni internazionali, nel rispetto dell'articolo 25, comma 3, della legge 31  maggio  1995,  n. 218;
     d) alle operazioni transfrontaliere a cui partecipano, o  da  cui risultano, enti non societari, in quanto  compatibile, nel  rispetto dell'articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995. 

    Tra le novità del DLgs n 19/2023 diamo evidenza a:

    • le norme che comportano modifiche e integrazioni al codice civile contenute all’art. 51 concernenti la disciplina del trasferimento della sede sociale all’estero e l’introduzione della nuova fattispecie di scissione mediante scorporo. Si specifica che, le società intenzionate a trasferire la propria sede all’estero dovranno trasformarsi in enti soggetti alla legge dello Stato estero di destinazione prescelto, adottando uno delle tipologie sociali ivi previsti (art 6 e seguenti del decreto in oggetto); 
    • si attribuisce ai soci della società italiana in trasformazione che non abbiano concorso all’approvazione del progetto di trasformazione il diritto di recesso, da esercitare nei termini e con le modalità specificamente previsti,
    • si introducono con alcune integrazioni delle norme codicistiche in materia di scissione, novità con la fattispecie della scissione mediante scorporo, ossia l’operazione con la quale una società assegna una parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione attribuendo le relative partecipazioni non già ai suoi soci, bensì a se stessa, proseguendo la sua attività. Ciò costituisce un’alternativa, rispetto al conferimento, per le società che vogliano trasferire attività e passività ad altre società (art. 51 comma 3 lett. a), a condizione che queste ultime siano di nuova costituzione; la scissione mediante scorporo non è consentita laddove le società beneficiarie siano soggetti preesistenti.

    Per tutti i dettagli sulle novità introdotte si rimanda alla lettura integrale del testo del DLgs n 19/2023

    Allegati:
  • Operazioni Straordinarie

    Contributo straordinario imprese caro bollette: la base imponibile nella fusione

    Con Risposta a interpello n 500 del 12 ottobre 2022 le Entrate replicano ad una richiesta di chiarimenti sul contributo straordinario previsto dal Decreto-legge n. 21 del 2022 e la determinazione base imponibile in caso di fusione per incorporazione tra due soggetti tenuti al versamento del contributo 

    La società istante ALFA è il soggetto giuridico risultante dall'operazione straordinaria di fusione per incorporazione a cui hanno partecipato la stessa interpellante, nella veste di incorporante, e la società BETA, nella veste di incorporata. 

    Essa per effetto dell'operazione di aggregazione aziendale la cui efficacia giuridica (anche contabile) è stata stabilita a partire dal 1°gennaio 2022, è subentrata in tutti i diritti ed obblighi facenti capo alla società incorporata.

    Entrambi i soggetti societari coinvolti nella operazione straordinaria di ristrutturazione aziendale esercitavano l'attività di rivendita di gas naturale, energia elettrica e teleriscaldamento e, conseguentemente, tutte e due le società (incorporata e incorporante), per la tipologia di attività svolta nel territorio dello Stato italiano, sarebbero in linea di principio, al ricorrere degli altri presupposti normativamente previsti, soggette all'obbligo di pagamento del contributo straordinario introdotto dall'art. 37 del decreto legge 21 marzo 2022, n. 21 (cosiddetto decreto Ucraina), modificato dal decreto legge 17 maggio 2022, n. 50 e convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2022, n. 51.

    La  base imponibile del predetto contributo previsto una tantum è costituita:

    • dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive IVA, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, 
    • rispetto al saldo delle medesime operazioni riferite al periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021

    Ai fini del calcolo degli dei saldi si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni passive, al netto dell'IVA, indicato nelle Comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (cosiddette "LIPE"), riferite ai relativi periodi di comparazione anzidetti. 

    Il contributo straordinario è stabilito nella misura del 25 per cento dell'anzidetto incremento e si applica se l'incremento stesso è superiore al 10 per cento e a euro 5.000.000.

    La società incorporante, ovvero la ALFA dopo aver premesso che: 

    • la società incorporata BETA, essendo stata cancellata dal Registro imprese a decorrere dal 1°gennaio 2022, non ha presentato alcuna Comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA riferiti al periodo dal 1°gennaio 2022 fino al 30 aprile 2022i; 
    • chiede chiarimenti in merito alle modalità di determinazione della base imponibile del contributo straordinario di cui all'art. 37 del richiamato decreto Ucraina che la stessa è tenuta a pagare.

    Le Entrate ricordano che ai sensi dell'art. 2504-bis, primo comma, del codice civile. nella sua attuale formulazione, "la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione". 

    Pertanto, nel caso di specie la fusione (per incorporazione) tra le due società, ALFA e BETA, comporta di fatto il subentro della società incorporante (istante) ALFA nelle posizioni soggettive (attive e passive) facenti capo alla società incorporata BETA a partire dalla data di efficacia giuridica dell'operazione straordinaria, che nel caso di specie è il 1° gennaio 2022. 

    Le entrate ricordano che con la circolare n. 22/E del 2022 è stato precisato che se il soggetto tenuto al versamento del contributo ha iniziato l'attività nel corso del primo periodo di riferimento (1° ottobre 2020 – 30 aprile 2021), ad esempio il 1° gennaio 2021, ai fini del calcolo del prelievo una tantum, è necessario confrontare dati omogenei, prendendo come termini di confronto i dati desumibili dalle LIPE riferibili al periodo 1° gennaio 2021-30 aprile 2021 e raffrontarli con i dati relativi al periodo 1° gennaio 2022-30 aprile 2022.

    Quindi, nell'ipotesi di società neocostituite, ai fini della determinazione dell'incremento del saldo tra operazione attive e passive IVA indicati nelle LIPE, è opportuno operare un raffronto tra dati riferiti a periodi di comparazione di durata omogenea. 

    Ciò posto, nel caso di specie il soggetto su cui ricade l'obbligo di versamento del contributo una tantum contro il caro bollette è la società incorporante ALFA, soggetto giuridico che, a partire dalla data di efficacia giuridica dell'operazione di fusione per incorporazione (1° gennaio 2022), subentra nelle posizioni soggettive (attive e passive) facenti capo all'incorporata, ivi comprese quelle rilevanti all'imposta sul valore aggiunto e, più in particolare, quelle che assumono rilievo, come sopra evidenziato, ai fini della determinazione della base imponibile del contributo in esame. 

    Pertanto, ai fini della quantificazione di quest'ultimo, rileverà l'incremento del saldo aggregato tra le operazioni attive e passive IVA, risultanti dalle LIPE, delle due società partecipanti alla fusione, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo aggregato tra le operazioni attive e passive IVA, riportati nella LIPE, riferito al periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021. 

    In altri termini, nel caso di specie, ai fini del conteggio della variazione del saldo aggregato tra le operazioni attive e passive IVA riferito ai due periodi di comparazione, tenendo conto del fatto che l'operazione di fusione in questione produce i suoi effetti dal 1°gennaio 2022, sarà necessario quantificare

    • il saldo tra l'ammontare complessivo delle operazioni attive e passive IVA, emergenti dalle LIPE presentate dalle due società per il periodo dal 1° ottobre 2021 fino al 31 dicembre 2021 (periodo ante fusione), a cui andrà sommato il saldo delle operazioni attive e passive IVA risultanti dalle LIPE, presentate dalla società incorporante, riferibili al periodo dal 1° gennaio 2022 al 30 aprile 2022 (post fusione); 
    • il saldo tra l'ammontare complessivo delle operazioni attive e delle operazioni passive IVA, risultanti dalle LIPE, presentate da entrambe le due società riferite al secondo periodo di confronto ovvero dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 (periodo ante fusione).

    Conseguentemente, qualora dal confronto tra i due saldi aggregati, come sopra individuati, riferibili ai due periodi di comparazione (omogenei i termini di durata) emerga uno scostamento pari o superiore al 10 per cento e di ammontare superiore a 5 milioni di euro, la società incorporante dovrà calcolare il contributo dovuto ed effettuare il versamento secondo i chiarimenti forniti con i documenti di prassi sopra richiamati.

    Allegati:
  • Operazioni Straordinarie

    Cessione ramo d’azienda: i legittimati a chiedere il rimborso IVA

    Con Risposta a interpello n 432 del 24 agosto 2022 le Entrate forniscono chiarimenti ad una società di diritto inglese istante e/o avente causa nella cessione di ramo d'azienda registrata ai fini IVA in Italia ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 che chiede:

    tenuto conto della cessione del ramo d'azienda, chi sia il soggetto titolato, a norma dell'articolo 30-ter, comma 2, del decreto IVA, al recupero dell'IVA addebitata per errore dalla cedente nei confronti della cessionaria e da quest'ultima restituita all'erario perché indebitamente detratta.

    Le Entrate specificano che la cessione di un ramo d'azienda è un'operazione straordinaria nella quale si determina, in linea generale, una situazione di continuità tra i contribuenti interessati. 

    Al riguardo, l'articolo 16, comma 11, lett. a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, stabilisce che «gli obblighi e i diritti derivanti dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, sono assunti dalle società beneficiarie del trasferimento». 

    Sebbene la citata disposizione si riferisca più specificatamente alle operazioni di scissione, con la risposta ad interpello n. 409 pubblicata sul sito internet della scrivente il 9 ottobre 2019, tale principio è stato considerato valido, ai fini IVA, anche per le «ipotesi di operazioni straordinarie o altre trasformazioni sostanziali soggettive (fusione, scissione, conferimento, cessione o donazione di azienda, successione ereditaria, ecc.)», per le quali si realizza un effetto successorio delle posizioni giuridiche attive e passive della dante causa in favore dell'avente causa. 

    Con la risoluzione n. 195/E del 31 luglio 2007 è stato chiarito che, anche quando l'operazione straordinaria riguarda due soggetti non residenti che si sono identificati direttamente in Italia, valgono gli stessi obblighi e gli stessi diritti previsti dalla disciplina IVA per operazioni straordinarie fra soggetti residenti. 

    Lo stesso dicasi con riferimento all'ipotesi di cessione d'azienda o di uno o più rami aziendali tra due soggetti non residenti, che operano ciascuno per tramite di un proprio rappresentante fiscale in Italia (Cfr. risoluzioni n. 371/E del 13 dicembre 2007 e n. 417/E del 31 ottobre 2008). 

    Ne consegue che, nelle ipotesi di cessione d'azienda o di uno o più rami aziendali, che abbiano comportato l'estinzione del soggetto dante causa – come nel caso prospettato, ove, per stessa ammissione dell'istante, la cedente «a seguito della suddetta cessione, (…) ha cessato – con efficacia dal 1° giugno 2011 – di svolgere attività rilevante ai fini IVA in Italia, e, per tale motivo, ha chiuso la partita IVA italiana» il cessionario deve assolvere tutti gli adempimenti, agli effetti dell'IVA, successivi alla data di cessione. 

    Tale successione negli obblighi del cedente rileva anche ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 30-ter, comma 2, del decreto IVA secondo cui, «Nel caso di applicazione di un'imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario o committente dell'importo pagato a titolo di rivalsa».

    L'articolo 30-ter consente al cedente e/o prestatore di presentare la domanda di rimborso dell'IVA non dovuta, accertata definitivamente, entro due anni dalla restituzione, in via civilistica, al cessionario e/o committente. 

    I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso dell'IVA non dovuta decorrono dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della medesima somma da lui versata per effetto di accertamento definitivo. 

    Con riferimento al caso di specie, assumendo che, per effetto della cessione del ramo aziendale, il soggetto dante causa possa considerarsi "estinto" si ritiene che, laddove il cessionario/committente abbia correttamente riversato l'IVA indebitamente detratta, sia l'istante avente causa il soggetto legittimato a presentare la domanda di restituzione, ai sensi dell'articolo 30- ter del decreto IVA, a decorrere dalla data di rimborso dell'IVA a suo tempo applicata in via di rivalsa al cliente.

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