• Operazioni Straordinarie

    Detraibilità IVA nella società in liquidazione

    Con la Risposta n 251/2025 l'ade replica a dubbi sulla detraibilità IVA delle società in liquidazione.

    In particolare, per l'agenzia durante la fase di liquidazione, una società può detrarre l’IVA su spese (es. legali, recupero crediti) se queste sono strumentali all’attività liquidatoria e non collegate a operazioni esenti pregresse.

    Per le Entrate la detrazione:

    • è ammessa se le spese servono a liquidare l’attivo/passivo, chiudere contenziosi o recuperare crediti;
    • non è ammessa se lle spese riguardano attività precedenti esenti da IVA e non più rilevanti per la liquidazione.

    Vediamo il caso di specie.

    Detraibilità IVA nella società in liquidazione

    ALFA S.r.l., società in liquidazione volontaria dal 2021, ha presentato un’interpello chiedendo se possa detrare l’IVA relativa a fatture ricevute da professionisti incaricati della gestione di contenziosi tributari e recupero crediti. 

    Si tratta di attività avviate dopo la cessazione dell’attività economica principale (esente ex art. 10 DPR 633/1972), e quindi pienamente riferite alla fase liquidatoria.

    La questione centrale è se, anche in assenza di operazioni attive nella fase di liquidazione, le spese professionali legali possano rientrare tra le operazioni che danno diritto alla detrazione.

    L’Istante ha sostenuto la detraibilità, richiamandosi all’inerenza di tali costi rispetto alla gestione dell’attività di liquidazione.

    L’Agenzia ha ricordato che la detrazione IVA è regolata dall’art. 19 del DPR 633/1972, coerente con l’art. 168 della Direttiva IVA 2006/112/CE.

    Il principio guida è quello dell’inerenza: l’IVA è detraibile solo se i beni o servizi acquistati sono utilizzati per operazioni soggette a imposta.

    Importante anche il chiarimento che la liquidazione non comporta automaticamente la cessazione dell’attività d’impresa: rientra nella sua fase finale, e le operazioni in tale contesto possono ancora essere considerate economiche, se finalizzate al realizzo o alla sistemazione del patrimonio societario.

    Nel caso di ALFA, le operazioni oggetto delle fatture (contenzioso tributario e recupero crediti) sono state considerate strumentali e funzionali all’attività liquidatoria. 

    In particolare, le spese legali erano legate alla definizione agevolata dei debiti e alla riconciliazione dei crediti residui: attività che rientrano tra gli scopi tipici della liquidazione volontaria.

    Di conseguenza, la detrazione dell’IVA è stata riconosciuta, a condizione che sia dimostrabile il nesso diretto tra le prestazioni ricevute e lo svolgimento dell’attività di liquidazione.

    La risposta dell’Agenzia non si discosta dalle aperture già emerse in alcune sentenze della Corte di Cassazione (ad esempio n. 12444/2011 e n. 9464/2018), in cui si affermava che la cessazione dell’attività esente riattiva il regime ordinario di detrazione in fase liquidatoria.

    Tuttavia, la novità di questa risposta n. 251/2025 risiede nell'applicazione pratica di tali principi a un caso operativo concreto, con un chiaro orientamento interpretativo favorevole al contribuente.

    Per i professionisti che assistono società in liquidazione, questo chiarimento rappresenta una conferma importante: se l’attività liquidatoria è svolta in modo documentato e le spese sono pertinenti, l’IVA può essere regolarmente detratta, anche in assenza di operazioni attive.

  • Operazioni Straordinarie

    Conferimenti e riporto delle perdite fiscali: nuove regole e controlli sulla vitalità

    Con la conversione in legge del Decreto-Legge 17 giugno 2025, n. 84 (Legge 30 luglio 2025, n. 108), sono state introdotte rilevanti novità in materia di operazioni straordinarie e disciplina del riporto delle perdite fiscali

    L’intervento riguarda in particolare gli articoli 176 e 177-ter del TUIR, estendendo e precisando le norme già previste per fusioni e scissioni anche ai conferimenti d’azienda, con l’obiettivo di: 

    • uniformare la disciplina applicabile a scissioni, fusioni e conferimenti d’azienda; 
    • rafforzare le misure antiabuso, prevenendo l’uso strumentale delle operazioni per ottenere vantaggi fiscali indebiti;
    • semplificare il coordinamento normativo, eliminando espressioni ridondanti e aggiornando i rinvii di legge.

    Queste modifiche valgono per le operazioni effettuate dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 192/2024 (13 dicembre 2024). Quindi, se il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, le novità si applicano già dal 2024.

    Vediamo in sintesi le novità introdotte.

    Il nuovo criterio di determinazione del patrimonio netto

    Il primo intervento riguarda l’articolo 84 del TUIR. 

    In caso di trasferimento del pacchetto di controllo o di modifica sostanziale dell’attività svolta dalla società, il riporto delle perdite resta subordinato al superamento del c.d. “test di vitalità”.

    Se tale condizione è rispettata, le perdite fiscali possono essere compensate entro un tetto massimo legato al patrimonio netto della società che le riporta.

    La novità sta nel metodo di calcolo di questo limite:

    • si considera il valore economico del patrimonio netto risultante da una relazione giurata di stima, ridotto di un importo pari al doppio dei conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi (anziché secondo la formula più complessa basata sul rapporto tra valori economici e contabili, prevista in precedenza);
    • in mancanza della relazione giurata, si fa riferimento al patrimonio netto contabile dell’ultimo bilancio, senza tener conto dei conferimenti e versamenti eseguiti nei 24 mesi antecedenti.

    Questa semplificazione consente una maggiore chiarezza e riduce il rischio che i conferimenti recenti possano azzerare, di fatto, il patrimonio netto rilevante per il riporto delle perdite.

    Fusioni e scissioni societarie

    Analoghi criteri sono stati estesi all’articolo 172 del TUIR, in tema di fusioni societarie. Anche in questo caso, le perdite fiscali riportabili dalle società partecipanti all’operazione non possono superare il valore economico del patrimonio netto (con la riduzione pari al doppio dei conferimenti e versamenti eseguiti nei 24 mesi antecedenti la fusione).

    La disciplina resta subordinata al superamento del test di vitalità, ossia alla verifica di un livello minimo di ricavi e spese per lavoro dipendente, a garanzia che la società che riporta le perdite sia effettivamente “attiva” e non meramente strumentale.

    Per quanto riguarda le scissioni societarie, il rinvio operato dalla norma assicura la piena coerenza con le regole appena descritte.

    Conferimenti d’azienda

    Una delle principali novità riguarda l’inserimento del nuovo comma 5-bis all’articolo 176 TUIR, con il quale la disciplina sul riporto delle perdite, degli interessi passivi netti e delle eccedenze ACE viene estesa anche alle operazioni di conferimento di azienda effettuate in regime di neutralità fiscale.

    In particolare, alla società conferitaria si applicano le stesse regole previste per le operazioni di scissione (art. 173, comma 10, TUIR), con riferimento al patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio chiuso prima della data del conferimento. In questo modo, il conferimento d’azienda viene equiparato, sotto il profilo fiscale, ad altre operazioni straordinarie come fusioni e scissioni, evitando margini di elusione attraverso il trasferimento di “bare fiscali”.

    Operazioni infragruppo e coordinamento delle regole

    Infine, l’articolo 2 interviene sull’articolo 177-ter TUIR, relativo al riporto delle perdite fiscali infragruppo. Le modifiche chiariscono che:

    • i limiti e le condizioni al riporto non si applicano alle operazioni straordinarie (incluse fusioni, scissioni e conferimenti d’azienda) effettuate all’interno del medesimo gruppo societario, limitatamente alle perdite realizzate nei periodi d’imposta di appartenenza al gruppo stesso;
    • il conferimento d’azienda viene incluso tra le operazioni per cui il Ministero dell’Economia dovrà definire, con apposito decreto, i criteri di coordinamento e le disposizioni attuative.

  • Operazioni Straordinarie

    Marchio ceduto: non è ramo d’azienda

    Con la Risposta a interpello n 210 del 19 agosto le Entrate chiariscono il trattamento fiscale della cessione del marchio.

    L’Agenzia relativamente al caso di specie, che di seguito verrà enunciato, ha chiarito che la cessione di un marchio accompagnata da diritti IP collegati (come disegni, modelli e diritti d’autore su materiali promozionali) non configura una cessione di ramo d’azienda, ma va trattata come cessione di singoli beni, rilevante ai fini IVA.

    Vediamo il caso di specie.

    Marchio ceduto: non è ramo d’azianda

    Secondo le Entrate nel caso di specie trattato dall'interpello il marchio ceduto non è ramo d’azienda e quindi risulta soggetto a IVA.

    In particolare, la società istante chiedeva se tale operazione dovesse essere considerata:

    • una cessione di singoli beni (marchio + diritti IP), e quindi imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 3, comma 2, n. 2 del D.P.R. 633/1972;
      oppure
    • una cessione di ramo d’azienda, esclusa da IVA e soggetta invece a imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. b) dello stesso decreto IVA.

    L’istanza è stata presentata da una società operante nel settore della profumeria e dei cosmetici che ha acquistato il marchio “DELTA” di altra società.

    In precedenza, l'istante era già licenziataria esclusiva del marchio e curava tutte le fasi produttive, promozionali e commerciali dei prodotti collegati.

    L’operazione ha comportato:

    • la cessione del marchio registrato in diverse classi merceologiche;
    • il trasferimento di alcuni diritti IP connessi (disegni, modelli, diritti d’autore);
    • la risoluzione del contratto di licenza precedente tra ALFA e BETA.

    L'istante con i dubbi su elencati sosteneva che:

    • l’operazione aveva ad oggetto solo beni immateriali isolati, non un complesso aziendale;
    • la cedente non svolgeva attività imprenditoriale con quei beni (non aveva personale, impianti, contratti in essere);
    • tutte le funzioni operative ed economiche collegate al marchio erano già gestite dall'istante in qualità di licenziatario;
    • mancava quindi il requisito essenziale di “organizzazione” richiesto per configurare un ramo d’azienda.

    Secondo l’Agenzia è condivisibile l’impostazione dell’istante, stabilendo che non si è in presenza di una cessione di ramo d’azienda, ma di una cessione di singoli beni immateriali, e in particolare di un marchio e dei diritti IP connessi, rilevante ai fini IVA.

    Secondo l'agenzia appunto vi è:

    • assenza di organizzazione autonoma. Non sono stati trasferiti elementi essenziali per proseguire autonomamente un’attività economica: quali personale, contratti, relazioni commerciali o strutture operative. I beni ceduti non costituiscono, nel loro insieme, un complesso organizzato e idoneo a proseguire un’attività imprenditoriale.
    • precedente gestione operativa del marchio da parte dell'istante. La società istante già svolgeva in via esclusiva tutte le attività operative legate al marchio, in virtù del contratto di licenza. Il cedente non svolgeva direttamente l’attività d’impresa relativa al marchio, né prima né dopo la cessione.
    • e pertanto la cessione ha rilevanza ai fini IVA. L’operazione rientra tra le prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 3, comma 2, n. 2 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto concerne la cessione di diritti su marchi, disegni, modelli e simili. Quindi è soggetta a IVA, secondo il principio generale dell’imponibilità delle prestazioni di servizi
    • si prevede l'applicazione dell’imposta di registro in misura fissa. In base al principio di alternatività tra IVA e imposta di registro (art. 40 del TUR), l’imposta di registro sarà dovuta in misura fissa, pari a 200 euro.

  • Operazioni Straordinarie

    Cessioni quote di Studio: novità nel DL fiscale

    Il DL n 84/2025  noto come DL fiscale contiene novità anche per le cessioni di quote di studio, vediamole.

    Cessioni quote di Studio tra i redditi diversi

    L’articolo 1 del DL n 84/2025 in pratica riscrive il regime fiscale delle cessioni a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni e società che esercitano un’attività artistica o professionale introdotto dall’articolo 5 del Dlgs 192 del 2024 Decreto Irpef-Ires.

    Il primo decreto inerente la Riforma Fiscale aveva fatto rientrate le plusvalenze da cessione di partecipazioni negli studi, nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 con l’applicazione del regime della tassazione separata. 

    Il nuovo decreto fiscale, con effetto retroattivo al 2024, prevede che le cessioni di partecipazioni in società e associazioni artistiche e professionali generino plusvalenze tassabili come redditi diversi.

    Viene in particolare stabilito che le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di quote di:

    • associazioni professionali professionali;
    • società semplici tra professionisti;
    • STP;
    • altre società perl’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico;

    costituiscono redditi diversi.

    Viene chiarito che la cessione di tali partecipazioni non si considera effettuata in relazione all’attività artistica o professionale.

    Allo stesso tempo si modifica il Tuir ricomprendendo le partecipazioni detenute nelle associazioni professionali tra quelle la cui cessione a titolo oneroso dà origine a redditi diversi, pertanto tali plusvalenze sarebbero quindi soggette all’imposta sostitutiva del 26% – tramite un’ulteriore modifica prevista dal DL fiscale, dall’art. 17 comma 1 lett. g-ter) del TUIR.

    Attenzione al fatto che le richiamate modifiche relative all’apparato delle aggregazioni professionali trovano applicazione per la determinazione dei redditi prodotti a partire dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2024

    Occorre evidenziare che la novità era stata suggerita dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili in un documento del 31 gennaio 2025, il consiglio ha espresso soddisfazione per questo traguardo.

  • Operazioni Straordinarie

    Conferimento d’azienda: codice tributo per la sostitutiva

    Con Risoluzione n 36 del 4 giugno le Entrate istituiscono i codici tributo per il versamento, mediante modello F24, dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui all’articolo 176, comma 2- ter, del TUIR 

    L’articolo 176, comma 2-ter del TUIR, come modificato dall’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192, prevede che, in ipotesi di operazioni di conferimento di azienda, in luogo dell’applicazione delle disposizioni dei commi 1, 2 e 2-bis, del medesimo articolo 176 del TUIR, la società conferitaria può optare, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione, per l’applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in bilancio ai singoli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali relativi all’azienda ricevuta, di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive con aliquota, rispettivamente, del 18 e del 3 per cento, cui sommare eventuali addizionali o maggiorazioni, nonché la differenza tra ciascuna delle aliquote di cui all’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e quella di cui al medesimo articolo 16, comma 1”.
    Vediamo i codici tributo per i pagamenti.

    Conferimento d’azienda: codice tributo per la sostitutiva

    La Risoluzione evidenzia come l’importo dell’imposta sostitutiva deve essere versato in un’unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione.
    L’articolo 172, comma 10-bis, del TUIR prevede che il regime dell’imposta sostitutiva di cui al citato comma 2-ter dell’articolo 176 del TUIR può essere applicato, con le modalità, le condizioni e i termini ivi stabiliti, anche dalla società incorporante o risultante dalla fusione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni.
    Analogamente, l’articolo 173, comma 15-bis, del TUIR prevede che il regime dell’imposta sostitutiva di cui al medesimo comma 2-ter può essere applicato, con le modalità, le condizioni e i termini ivi stabiliti, anche dalla società beneficiaria dell’operazione di scissione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni.
    Pertanto, le disposizioni previste dal citato comma 2-ter dell’articolo 176 del TUIR si applicano per le operazioni straordinarie di fusione, scissione o conferimento di azienda di cui agli articoli 172, 173 e 176 del TUIR effettuate a partire dal 1° gennaio 2024.
    Tanto premesso, per consentire ai soggetti interessati il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva in argomento, si istituiscono i seguenti codici tributo:

    • 1865” denominato “Imposta sostitutiva delle imposte sui redditi per il riconoscimento dei maggiori valori attribuiti in bilancio alle immobilizzazioni materiali e immateriali a seguito di conferimento di azienda, fusione e scissione effettuati dal 1° gennaio 2024 – articolo 176, comma 2-ter, del TUIR”;
      1866” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRAP per il riconoscimento dei maggiori valori attribuiti in bilancio alle
      immobilizzazioni materiali e immateriali a seguito di conferimento di azienda, fusione e scissione effettuati dal 1° gennaio 2024 – articolo 176, comma 2-ter, del TUIR”.

    Viene evidenziato che per le operazioni straordinarie di fusioni, scissioni, conferimenti di aziende, ramo o complesso aziendale di cui agli articoli 172, 173 e 176 del TUIR effettuate nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, anteriormente alla data del 1° gennaio 2024, continuano ad applicarsi le disposizioni per l’esercizio dell’opzione per l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 176, comma 2-ter, del TUIR, nel testo vigente anteriormente alle modifiche di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192. 

    In tali ipotesi per il versamento dell’imposta sostitutiva si continua a utilizzare il codice tributo “1126”, denominato “Imposta sostitutiva per il riconoscimento dei maggiori valori attribuiti in bilancio alle immobilizzazioni materiali ed immateriali a seguito di operazioni di fusione, scissione e conferimento di aziende effettuate ai sensi degli articoli 172, 173 e 176 del Tuir – Art. 1, commi 46 e 47, legge 244/2007”, istituito con la risoluzione 10 giugno 2008, n. 237/E.

    Allegati:
  • Operazioni Straordinarie

    Affitto d’azienda: imposta di registro e IVA, chiarimenti ADE

    Con la Risposta a interpello n 126 del 30 aprile 2025 le Entrate replicano ad un contribuente che ha stipulato un contratto di affitto di azienda. Egli ha pagato all'atto della registrazione dello stesso una imposta di registro in misura fissa.

    Chiede quanTo dovrà corrispondere per le successive annualità di contratto.

    In dettaglio, con atto a rogito del notaio, L'ISTANTE ha affittato, per dodici anni, tacitamente rinnovabili di sei anni in sei anni, ad altro imprenditore individuale il proprio ramo d'azienda avente ad oggetto lo svolgimento dell'attività di bar e ristoro al canone annuo di 42.000,00 euro (oltre all'Iva nella misura di legge). 

    L'Istante afferma che, trattandosi di affitto di ramo d'azienda, egli non perde la qualifica di imprenditore ed assoggetta i canoni di affitto ad Iva.

    L'Istante riporta che nell'atto di affitto del ramo d'azienda le parti hanno dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 35, n. 10 quater, del decreto legislativo del 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge del 4 agosto 2006, n. 248, «che il valore nominale dei fabbricati compresi nel presente contratto di affitto, così come determinato ai sensi dell'art. 14 del D.P.R. n. 633 del 26.10.1972, è pari al 75% (settantacinque per cento) del valore complessivo dell'azienda affittata''.

    Le stesse parti hanno quindi chiesto ''l'applicazione dell'Imposta Proporzionale di Registro ma solo per l'ammontare del canone relativo al primo anno, ai sensi dell'art. 17 comma III del D.P.R. 26.04.1986 n. 131, obbligandosi a versare l'imposta per le annualità successive non già a mezzo del notaio bensì autonomamente e direttamente ai sensi di legge, pena
    le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dell'imposta medesima
    .
    L'Istante chiede se, in occasione del termine di scadenza per il versamento dell'imposta di registro per l'annualità successiva (2025/2026) e per le successive annualità, vada corrisposta la sola imposta in misura proporzionale sulla
    parte immobiliare, ai sensi dell'articolo 35, n. 10 quater del decreto legge n. 223/2006, oppure anche, e nuovamente, l'imposta fissa già scontata in fase di registrazione dell'atto, ai sensi dell'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986.

    Affitto d’azienda: imposta di registro e IVA, chiarimenti ADE

    Le Entrate ricordano che la disciplina contemplata dall'articolo 40, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1986, n. 131 sancisce il principio di alternatività Iva/registro affermando che «1. Per gli atti relativi a cessioni
    di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa. Si considerano soggette all'imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA, le cessioni e le prestazioni per le quali l'imposta non è dovuta a norma degli articoli da 7 a 7 septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al comma 6 dell'articolo 21 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. La disposizione del periodo precedente non si applica alle operazioni esenti ai sensi dei numeri 8), 8bis) e 27quinquies) del primo comma dell'articolo 10 del citato decreto n. 633 del 1972 e alle locazioni di immobili esenti ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 10, nonché alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA per le quali, se effettuate nei confronti di un soggetto non partecipante al gruppo IVA, si applicherebbero le suddette disposizioni.»

    Tale principio ha però subito un'attenuazione a seguito dell'emanazione del decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223, convertito con legge del 4 agosto 2006, n. 248 che all'articolo 35, n. 10 quater prevede che «Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l'affitto di aziende
    il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell''articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.».

    La circolare del 4 agosto 2006, n. 27/E chiarisce che «La norma non opera in via generale ma impone che sia derogato il regime di tassazione previsto per la locazione di azienda quando si verifichino contemporaneamente due condizioni:
    a) il valore normale dei fabbricati, come determinato ai sensi dell'art. 14 del dpr n. 633 del 1972, sia superiore al 50% del valore complessivo dell'azienda;
    b) l'eventuale applicazione dell'IVA e dell'imposta di registro secondo le regole previste per le locazioni d'azienda, unitariamente considerata, consente di conseguire un risparmio d'imposta rispetto a quella prevista per le locazioni di fabbricati.».

    La disposizione «comporta che sia posta a confronto la tassazione delle due operazioni: la locazione dell'azienda e la locazione dei fabbricati strumentali.».
    Al riguardo, l'articolo 5, lettera a bis, della Tariffa, parte I, del TUR, precisa che sono soggetti all'imposta di registro in misura proporzionale dell'1% le locazioni e gli affitti «quando hanno per oggetto immobili strumentali, ancorché assoggettati
    all'imposta sul valore aggiunto, di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».

    Pertanto, l'affitto d'azienda è «ordinariamente assoggettato ad IVA nella misura del 20 per cento e all'imposta di registro in misura fissa», mentre la locazione di immobili strumentali «è assoggettata ad IVA nella misura del 20 per cento se effettuata nei confronti di soggetti privati o di soggetti che operano la detrazione in misura non superiore al 25 per cento o se è esercitata l'opzione per l'imponibilità, mentre è esente nelle altre ipotesi. In ogni caso le locazioni di fabbricati strumentali, esenti o imponibili ad IVA, sono assoggettate all'imposta di registro nella misura dell'1 per cento.»
    Con particolare riferimento all'imposta di registro e alle modalità con cui essa può essere assolta, l'articolo 17, comma 3, del TUR, prevede che «Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. […]».
    Ciò posto, gli atti indicati nella Tariffa, parte prima, da registrare in termine fisso, sono quelli per i quali la formalità della registrazione deve essere esperita obbligatoriamente entro un termine perentorio.
    In particolare, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del TUR «La registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso deve essere richiesta (…) entro venti giorni dalla data dell'atto se formato in Italia, entro sessanta giorni se formato all'estero.» Al riguardo, la circolare del 29 maggio 2013, n. 18/E ha infatti chiarito che l'imposta di registro «è una imposta indiretta che ha quale presupposto il compimento di determinati atti giuridici, che sono assunti quale indice della capacità contributiva dei soggetti che li pongono in essere […]» ed, inoltre, ha anche una «funzione di natura probatoria; difatti, come stabilito dall'articolo 18 del TUR, la registrazione attesta l'esistenza degli atti ed attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi ai sensi dell'articolo 2704 del codice civile.».
    Si tratta, dunque, di un'imposta d'atto, strettamente collegata allo stesso o al negozio giuridico che si pone in essere.
    Inoltre, con particolare riferimento alla debenza dell'imposta di registro in misura fissa, quest'ultima «non è legata agli effetti e al valore dell'atto, ma esclusivamente alla mera esecuzione della formalità della registrazione, costituendo il corrispettivo del servizio di registrazione reso dallo Stato.»
    Avendo l'Istante optato per il pagamento dell'imposta di registro in misura proporzionale solo per l'ammontare del canone relativo al primo anno, egli chiede se, in occasione del termine di scadenza per il versamento dell'imposta di registro per l'annualità successiva (2025/2026) e per le successive annualità, vada corrisposta la sola imposta in misura proporzionale sulla parte immobiliare, ai sensi dell'articolo 35, n. 10 quater del decreto legge n. 223/2006, oppure anche, e nuovamente, l'imposta fissa già scontata in fase di registrazione dell'atto, ai sensi dell'articolo 40 del TUR.
    Le Entrtate ritengono che l'imposta di registro in misura fissa, applicata al momento della registrazione del contratto di affitto del ramo d'azienda qui in oggetto, non sia dovuta in occasione della scadenza di ogni singola rata annuale finalizzata all'assolvimento del pagamento dell'imposta di registro proporzionale dovuta ai sensi dell'articolo 35, n. 10 quater del decreto legge n. 223/2006.
    Ciò in quanto l'imposta in esame ha natura di imposta d'atto e, dunque, è connaturata al servizio di registrazione offerto dallo Stato; tra i servizi di registrazione e, dunque, tra gli atti che richiedono la debenza dell'imposta, non rientra la rateizzazione del pagamento dell'imposta

  • Operazioni Straordinarie

    Cessione di quote di srl: tassazione in presenza di accordo tra i soci

    Con Risposta a interpello n 50/2025 le Entrate replicano a due soci di S.r.l. che hanno percepito somme corrisposte sulla base di pattuizioni contrattuali successivamente all'atto di cessione delle proprie quote. Come va tassata la plusvalenza.

    Cessione di quote di srl: il quesito dell’interpello n 50/2025

    Gli Istanti Alfa e Beta detenevano rispettivamente il 51 per cento ed il 49 per cento del capitale sociale di una

    società srl.

    In data 22 marzo 2022, gli Istanti hanno ceduto il 51 per cento del capitale sociale della Società ad un'altra società per un corrispettivo complessivo pari ad euro 16.000.000,00 suddiviso tra gli Istanti in misura non proporzionale rispetto al valore delle quote di partecipazione da ciascuno trasferite. 

    Più precisamente:

    • Alfa ha ceduto il 26,5 per cento del capitale sociale della Società per un prezzo di euro 10.400.000,00;
    • Beta ha ceduto il 24,5 per cento del capitale sociale della Società per un prezzo di euro 5.600.000,00.

    Gli Istanti sono titolari del 24,5 per cento ciascuno del capitale sociale della Società.

    Essi hanno altresì convenuto con la Società acquirente la possibilità di cedere anche il restante 49 per cento del capitale, concedendo all'acquirente il relativo diritto d'opzione e correlando il prezzo di esercizio a predefiniti parametri economico-finanziari, nonché suddividendo l'esecuzione delle operazioni di cessione in due tranche:

    • la prima con riferimento ai dati consuntivati al 31 dicembre 2024 (''Opzione 2024'');
    • la seconda con riferimento ai dati consuntivati al 31 dicembre 2028 (''Opzione 2028'').

    Ciascuna delle due opzioni avrà ad oggetto il 50 per cento delle quote della Società da ciascuno possedute.

    In data 18 marzo 2022, gli istanti hanno sottoscritto un accordo per disciplinare le modalità di ripartizione non proporzionale delle somme derivanti dalla possibile vendita del 49 per cento del capitale sociale della Società per effetto dell'esercizio dell'Opzione 2024 e/o dell'Opzione 2028, sulla base di criteri prestabiliti.

    Tale accordo prevede, in sostanza, che la ripartizione del corrispettivo complessivo per la cessione delle partecipazioni detenute dagli Istanti avvenga valorizzando i risultati che gli stessi avranno contribuito a far realizzare alla Società

    nei periodi successivi alla prima cessione (più in dettaglio, il riferimento è alla media dei risultati degli esercizi 20212024 per l'Opzione 2024 ed alla media dei risultati 20212028 per l'Opzione 2028).

    Con il predetto accordo, gli Istanti hanno inteso stabilire precise regole per addivenire alla ripartizione del corrispettivo complessivo che la Società acquirente sarà obbligata a pagare (in forza della Opzione 2024 e/o della Opzione 2028) affinché, al netto di una quota parte che spetta in ogni caso a ciascuno di loro, il prezzo complessivo sia ripartito in coerenza con il contributo che ciascuno dei due avrà dato alla valorizzazione della Società in sede di exit.

    Tuttavia, la Società acquirente ha manifestato la sua indisponibilità a corrispondere agli Istanti prezzi differenziati per l'acquisto delle quote rappresentanti il 49 per cento del capitale sociale della Società, pariteticamente detenute dagli stessi (24,5 per cento ciascuno).

    Ciononostante, gli Istanti, in conformità dell'accordo dagli stessi sottoscritto nel 2022 e di un successivo accordo sottoscritto nel 2024, intendono ripartirsi l'importo complessivo che verrà corrisposto dall'Acquirente a titolo di corrispettivo per la cessione del 49 per cento del capitale sociale della Società attribuendo a ciascuno un importo non

    proporzionale rispetto alle quote di capitale dagli stessi detenute.

    Ciò premesso, gli Istanti chiedono se in caso di cessione del residuo 49 per cento del capitale sociale della Società, ai fini della determinazione della eventuale plusvalenza ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c bis ), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), possono considerare quale corrispettivo fiscalmente rilevante della cessione delle rispettive partecipazioni quello che deriverà dall'applicazione dell'accordo sottoscritto nel 2022 dagli stessi Istanti, in luogo della ripartizione proporzionale di quanto corrisposto dall'Acquirente.

    Il dubbio interpretativo si pone in quanto l'Acquirente intende acquistare le partecipazioni suddividendo il prezzo complessivo in misura proporzionale alle partecipazioni detenute dagli Istanti e non secondo la diversa ripartizione voluta dagli stessi sulla base dei suddetti accordi.

    Cessione di quote di srl: tassazione in presenza di accordo tra i soci

    L'Ade ricorda che l'articolo 67, comma 1, del Tuir dispone che «Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita  semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: […]cbis) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all'articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all'articolo 73, nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni».

    Ai fini della determinazione della plusvalenza, il successivo articolo 68, comma 6, stabilisce che «Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c bis) e c ter) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi».

    Successivamente specifica che nel caso in esame, la Società acquirente ha manifestato la sua indisponibilità a corrispondere agli Istanti prezzi differenziati per l'acquisto delle quote rappresentanti il 49 per cento del capitale sociale della Società, detenute dagli stessi nella misura del 24,5 per cento ciascuno; pertanto, la cessione delle partecipazioni degli Istanti verrà remunerata dall'Acquirente in egual misura.

    Considerato che il prezzo pagato a ciascun socio è uguale e che lo statuto della Società non attribuisce diritti particolari alle partecipazioni detenute dal Sig. Alfa, il prezzo di cessione da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell'eventuale plusvalenza è quello stabilito e percepito dagli Istanti per effetto dello stesso atto di cessione.

    Il maggior importo spettante al Sig. Alfa, sulla base degli accordi con il Sig. Beta, pertanto, non assume rilevanza ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera cbis ), del Tuir.

    Si ritiene, quindi, che ai fini del calcolo dell'eventuale plusvalenza, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 68, comma 6, del Tuir, gli Istanti dovranno confrontare il corrispettivo percepito e indicato nell'atto di cessione, con il valore rideterminato delle partecipazioni.

    Si ricorda che ai sensi del comma 6 dell'articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, l'assunzione del valore rideterminato della partecipazione non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili in compensazione ai sensi dell'articolo 68, comma 4, del Tuir; vale a dire, che tali minusvalenze non possono essere utilizzate in compensazione delle eventuali plusvalenze realizzate nel medesimo periodo d'imposta e nei quattro successivi.

    Con riferimento alla possibilità che il maggior importo riconosciuto al Sig. Alfa possa costituire una donazione da parte del Sig. Beta, si osserva che ai sensi dell'articolo 769 del codice civile «la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione».

    Nel caso di specie, gli accordi tra i soci prevedono che il prezzo complessivo sia ripartito in coerenza con il contributo che ciascuno avrà dato alla valorizzazione della Società in sede di exit

    Si tratta di somme che in assenza di tale contributo non sarebbero corrisposte. Tale circostanza consente di escludere l'esistenza dello spirito di liberalità tipico della donazione.

    L'Accordo 2022 prevede in sostanza che la ripartizione del corrispettivo complessivo per la cessione delle partecipazioni detenute da (…) avvenga valorizzando i risultati che (…) avranno contribuito a realizzare nei periodi considerati.

    La finalità delle pattuizioni contenute nell'Accordo 2022 è evidente: siccome il valore di cessione delle residue partecipazioni detenute da (…) [ndr. Alfa e Beta nella Società] è correlato ai risultati che verranno realizzati successivamente alla Prima Cessione, gli Istanti hanno inteso pattuire tra loro una ripartizione del corrispettivo complessivo non (necessariamente) proporzionale alle quote detenute nella Società.

    L'analisi di tali pattuizioni contrattuali, quindi, evidenzia che dai citati accordi tra soci scaturisce l'obbligo per uno di essi di corrispondere delle somme all'altro per il maggior contributo che quest'ultimo avrà dato alla valorizzazione della Società.

    Ciò posto, si evidenzia che il comma 1 dell'articolo 67 del Tuir individua, tra i redditi diversi, quelli che «non costituiscono redditi di capitale ovvero, se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente».

    L'elencazione ricompresa in tale categoria risponde alla necessità di assoggettare a tassazione tipologie eterogenee di redditi privi di collegamento tra loro ma in ogni caso accomunati dalla circostanza di determinare un incremento di ricchezza per il contribuente pur in mancanza dei requisiti tipici previsti per le altre categorie.

    Deve, in ogni caso, trattarsi di redditi che costituiscono un accrescimento patrimoniale imputabile, in rapporto di causa effetto, ad una fonte produttiva.

    L'articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir riconduce nel novero dei redditi diversi i «redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere».

    Sulla base di quanto emerge dagli accordi intercorsi tra gli Istanti, che sono autonomi rispetto all'atto di cessione stipulato con la Società acquirente, si ritiene che le somme riconosciute al Sig. Alfa che eccedono il corrispettivo della cessione della propria quota, indicato nell'atto di cessione, costituiscano redditi diversi ai sensi della citata lettera l) del comma 1 dell'articolo 67 del Tuir.

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  • Operazioni Straordinarie

    Trasformazione di società: chi redige la relazione di stima

    Il CNDCEC con il pronto ordini n 03/2025 ha pubblicato una replica ad un quesito a tema Trasformazione di società di persone – Relazione di stima ai sensi dell’art. 2500- ter c.c. 

    Con il quesito pervenuto in data 17 dicembre 2024 veniva chiesto se un iscritto nel nostro Albo che non sia ancora iscritto nel Registro della Revisione legale possa firmare una perizia di trasformazione da società di persone a società di capitali, precisamente da società in nome collettivo a società a responsabilità limitata.

    Trasformazione di società: chi redige la relazione di stima

    Il CNDCEC osserva preliminarmente che, a norma dell’art. 2500-ter, comma 2, la trasformazione di società di persone in società di capitali deve essere accompagnata da una relazione di stima dalla quale risulti il capitale della società trasformata determinato sulla base dei valori attuali dell’attivo e del passivo. 

    Tale stima è, pertanto, importante poiché assolve alla funzione di determinare il capitale sociale che costituirà la principale garanzia per i terzi.

    Con riferimento all’individuazione del soggetto chiamato ad effettuare la stima del capitale sociale, il medesimo comma 2 dell’art. 2500-ter stabilisce che la stima sia redatta, per le società per azioni e in accomandita per azioni, a norma dell’art. 2343, ovvero che il capitale sociale risulti dalla documentazione di cui all’articolo 2343-ter, ovvero, infine, nel caso di società a responsabilità limitata a norma dell’art. 2465. 

    Nel caso del quesito, considerato che la società originariamente costituita in forma di s.n.c. intende trasformarsi in s.r.l., la disciplina relativa alla nomina dell’esperto chiamato a redigere la perizia di stima del capitale sociale è, quindi, contenuta nell’art. 2465 il quale espressamente richiede la qualifica di revisore legale e, pertanto, l’iscrizione nell’apposito Registro.

  • Operazioni Straordinarie

    Crediti operazioni straordinarie: chiarimenti ADE per l’uso in F24

    Viene pubblicato il Principio di Diritto n 4 del 15 novembre con cui le Entrate chiariscono che nelle operazioni straordinarie i crediti fiscali, che derivano da interventi di ristrutturazione edilizia, indicati nel cassetto fiscale della società scissa/incorporata, possono essere utilizzati in compensazione direttamente tramite modello F24, vediamo maggiori dettagli.

    Crediti operazioni straordinarie: chiarimenti ADE per l’uso in F2

    Nel caso di incorporazioni, scissioni e altre operazioni straordinarie, dove sia previsto il passaggio di crediti fiscali, generati da interventi di ristrutturazione edilizia e caricati sul cassetto fiscale della società scissa/incorporata, i crediti possono essere utilizzati in compensazione direttamente mediante il modello F24, senza necessità di alcuna ulteriore formalizzazione e/o comunicazione preventiva nei confronti dell'Amministrazione finanziaria.
    Le Entrate con il Principio di Diritto n 4 specificano che, per l'utilizzo in compensazione dei crediti fiscali il modello F24 deve essere compilato indicando nella sezione ''CONTRIBUENTE'': 

    • nel campo ''CODICE FISCALE'' (c.d. primo codice fiscale), il codice fiscale della società beneficiaria/incorporante che utilizza il credito in compensazione;
    • nel campo ''CODICE FISCALE del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare'' (c.d. secondo codice fiscale), il codice fiscale dell'originaria società scissa/incorporata che ha trasferito il credito d'imposta, unitamente al codice identificativo ''62 SOGGETTO DIVERSO DAL FRUITORE DEL CREDITO''.

    La compensazione va eseguita nel modello F24, indicando in compensazione solo i crediti in argomento, utilizzando un distinto modello F24 per compensare ulteriori crediti eventualmente a disposizione beneficiaria/incorporante.

  • Operazioni Straordinarie

    Società cancellata dal registro: il liquidatore resta responsabile per 5 anni

    Con la Sentenza n 21981 del 5 agosto la Cassazione statuisce che il liquidatore mantiene la rappresentanza delle imprese cancellate dal registro. 

    In dettaglio gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese sono sospesi per cinque anni in favore dell’amministrazione finanziaria e degli agenti di riscossione, ma le pretese tributarie devono essere fatte valere con atti impositivi ritualmente notificati presso la sede legale della società oramai estinta e nei confronti dell’ultimo suo legale rappresentante, amministratore o liquidatore.

    E se uno dei soggetti su indicati, nel corso di questi cinque anni è deceduto, l’ente impositore non può rivolgersi ai suoi eredi o agli altri soci.

    Registro imprese e cancellazione: il liquidatore è responsabile per altri 5 anni

    La sentenza in oggetto riguarda l'articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 175/2014, che prevede una deroga all'articolo 2495 del Codice civile. 

    L'articolo 2495 del Codice civile prevede che, dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, il deposito presso l’ufficio del Registro delle imprese e il decorso di 90 giorni senza che sia stato presentato reclamo, il conservatore cancella e la società si estingue.

    In deroga a questa norma, l'art 28 comma 4 recita testualmente che, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese.

    La Corte di Cassazione ha chiarito che questo rinvio riguarda solo aspetti sostanziali, e non processuali, pertanto il liquidatore conserva i poteri di rappresentanza della società e l'autorità fiscale non può rivolgersi ad altri soggetti. 

    Questo differimento sospende anche la possibilità per i creditori insoddisfatti di rivalersi sui soci.

    In un caso specifico, la Cassazione ha dichiarato illegittima una notifica di accertamento inviata all'erede del liquidatore defunto. 

    La notifica secondo la Cassazione avrebbe dovuto essere fatta al domicilio fiscale della società o a un nuovo liquidatore, poiché gli eredi non assumono automaticamente il ruolo del defunto, infatti, dalla morte del socio legale rappresentante non può derivare la successione degli eredi nella carica, ma l’incombenza di procedere alla nomina di un nuovo liquidatore.