• Operazioni Straordinarie

    Società estinta: responsabilità dei soci verso il Fisco

    La Cassazione con Ordinanza n. 20840 del 18 luglio 2023 ha affermato che nel caso di cancellazione di una srl, a ristretta base societaria, dal registro delle imprese, i soci sono responsabili dei debiti maturati dalla stessa nei confronti dell’Erario pur se, all'atto della liquidazione, non hanno ricevuto utili. Il Fisco può vantare pretese per una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti.
    Vediamo i dettagli del caso di specie.

    Società estinta: responsabilità dei soci verso il Fisco

    Nel caso in esame della suprema corte, quattro contribuenti con qualifiche di soci e legali rappresentanti presentavano ricorso avverso avvisi di accertamento per maggiori imposte.
    La CTP accoglieva parzialmente le pretese e quella regionale le rigettava.

    In particolare, i giudici regionali, dopo aver affermato che, a seguito dell'estinzione della Srl, i soci succedevano ad essa nei debiti tributari verso l'Erario, e che anche il liquidatore della società era responsabile nei confronti del fisco, in quanto consapevole di aver posto in essere operazioni economiche per sottrarre all'imposizione parte degli utili, riconoscevano la fondatezza della pretesa tributaria, basata su una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti.
    Nel dettaglio, secondo la CTR:

    • il comportamento antieconomico della società, 
    • lo scostamento dal valore normale del prezzo di vendita degli immobili, 
    • la differenza tra il prezzo di vendita e quello di immobili simili, risultante da preliminari di compravendita, perizie di stima e corrispondenza con istituti bancari, 

    costituivano elementi atti a legittimare la determinazione da parte dell'ufficio del prezzo di vendita in un importo pari al valore normale dei beni, presumendo una distribuzione ai soci degli utili extracontabili della Srl a ristretta base.
    I contribuenti impugnavano la sentenza in Cassazione sulla base di quattro motivi ai quali replicava l’ufficio con controricorso.
    I giudici di legittimità, con l’ordinanza in commento, hanno rigettato i ricorsi di parte condannando i contribuenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Erario.
    In particolare, la Cassazione afferma che la responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione, prevista dall'articolo 36 del Dpr n. 602/1973, è una fattispecie autonoma che sussiste in presenza dei requisiti normativi e non prevede alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese.
    Nel caso specifico, la CTR ha ritenuto che si fossero realizzati i requisiti di legge previsti dal citato articolo 36 nei confronti del liquidatore a sua volta socio di una altra Srl, che deteneva il 66,67% della società liquidata.
    Per quanto riguarda la responsabilità dei soci, la stessa Commissione regionale ha affermato che, nel caso di estinzione della società, il socio resta responsabile per l'intero debito tributario in contestazione, in base al fenomeno successorio tra la società estinta e i soci (ex articolo 2495 cc) e ciò indipendentemente dall'attribuzione di utili in sede di liquidazione.
    Secondo l'indirizzo prevalente della Corte suprema, l'utile partecipazione alla distribuzione dell'attivo liquidato non costituisce presupposto costitutivo della successione del socio.

    La Cassazione ha più volte sottolineato come il socio sia comunque destinato a subentrare nella posizione debitoria e che addirittura la mancata utile partecipazione non consenta di escludere lo stesso interesse ad agire del creditore.
    Con la pronuncia n. 6071/2013 è stato affermato che: “quando il debitore è un ente collettivo, non v'è ragione per ritenere che la sua estinzione (…) non dia ugualmente luogo ad un fenomeno di tipo successorio, sia pure sui generis, che coinvolge i soci ed è variamente disciplinato dalla legge a seconda del diverso regime di responsabilità da cui, pendente societate, erano caratterizzati i pregressi rapporti sociali. Nessun ingiustificato pregiudizio viene arrecato alle ragioni dei creditori, del resto, per il fatto che i soci di società di capitali rispondono solo nei limiti dell'attivo loro distribuito all'esito della liquidazione”.
    Nel caso in esame, in cui si dibatte della distribuzione degli utili extrabilancio della società a ristretta base partecipativa, la statuizione del giudice di appello risulta condivisibile, in quanto l'Amministrazione finanziaria può agire contro gli ex soci di una società estinta anche se non hanno percepito utili in sede di liquidazione dell'ente.
    La possibilità di sopravvenienze attive o l'esistenza di diritti non contemplati nel bilancio finale giustificano l'interesse dell'Agenzia delle entrate a procurarsi un titolo in considerazione della natura dinamica dello stesso interesse.

    La Cassazione ha più volte ribadito il principio secondo cui “in tema di società di capitali a ristretta base partecipativa, l'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, determinando un fenomeno di tipo successorio, non fa venir meno l'interesse dei creditori sociali (nella specie, l'Agenzia delle Entrate) ad agire ed a procurarsi un titolo nei confronti dei soci della società estinta, a prescindere dall'utile partecipazione di essi alla ripartizione finale, potendo comunque residuare beni e diritti (nella specie, utili extracontabili) che, ancorché non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione, si sono trasferiti ai soci»).
    Ll'Agenzia delle entrate ha rilevato che è stato precisato varie volte che:

     “La presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa, non è neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica, ma estende la sua efficacia a tutti i gradi di organizzazione societaria per i quali si riscontri la ristrettezza della compagine sociale, operando il principio generale del divieto dell'abuso del diritto, che trova fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza, nonché nella tendenza all'oggettivazione del diritto commerciale ed all'attribuzione di rilevanza giuridica all'impresa, indipendentemente dalla forma giuridica assunta dal suo titolare. (Fattispecie relativa a società a responsabilità limitata partecipata per il 10 per cento da un socio e per il 90 per cento da una società per azioni, della quale erano soci, al 5 per cento, la persona fisica già socia della società a responsabilità limitata e, per il 95 per cento, il coniuge)» (Cass. 13338/2009).
    La cassazione ha ritenuto in tante occasioni che “l'accertata dichiarazione o esposizione in bilancio di costi fittizi, da parte di una società di capitali a ristretta base partecipativa, è di per sé sufficiente a far presumere l'esistenza di un maggior reddito imponibile in misura pari ai costi fittiziamente dichiarati, senza alcuna necessità per l'amministrazione finanziaria di dimostrare che dal maggior reddito siano derivati maggiori utili distribuibili ai soci, e ferma restando la possibilità, per il contribuente, di fornire la prova contraria” (Cassazione n. 10679/2022).
    Pertanto, il fatto che nella compagine sociale della società a ristretta base vi sia un'altra società a responsabilità limitata a sua volta a ristretta base, non esclude la presunzione di riparto degli utili extrabilancio tra i soci.

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    Operazioni straordinarie transfrontaliere: recepita Direttiva UE

    Pubblicato in GU n. 56 del 7 marzo il DLgs n. 19 del 2 marzo di attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda:

    • le trasformazioni, 
    • le fusioni 
    • le scissioni 

    transfrontaliere.

    Si sottolinea che le disposizioni del presente decreto, salvo che sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 3 luglio 2023 e si applicano alle operazioni transfrontaliere e internazionali nelle quali nessuna delle società partecipanti, alla medesima data, ha  pubblicato il progetto.

    Ai sensi dell'art.2 le disposizione del decreto si applicano: 

    a) alle  operazioni  transfrontaliere riguardanti  una  o più società di capitali italiane e una o più società di capitali di altro Stato membro che hanno la  sede  sociale  o  l'amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell'Unione europea;
    b) alle operazioni transfrontaliere riguardanti società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non hanno nel territorio dell'Unione europea la sede sociale nè l'amministrazione centrale né il centro di attività principale, se l'applicazione della disciplina di recepimento delle direttive (UE) 2017/1132 e (UE) 2019/2121 a tali operazioni è parimenti prevista dalla  legge applicabile  a ciascuna  delle  società  di  altro  Stato membro partecipanti o risultanti dall'operazione;

    c) alle operazioni transfrontaliere che non rientrano nei casi di cui alle lettere a)  e  b)  e  alle  operazioni internazionali, nel rispetto dell'articolo 25, comma 3, della legge 31  maggio  1995,  n. 218;
     d) alle operazioni transfrontaliere a cui partecipano, o  da  cui risultano, enti non societari, in quanto  compatibile, nel  rispetto dell'articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995. 

    Tra le novità del DLgs n 19/2023 diamo evidenza a:

    • le norme che comportano modifiche e integrazioni al codice civile contenute all’art. 51 concernenti la disciplina del trasferimento della sede sociale all’estero e l’introduzione della nuova fattispecie di scissione mediante scorporo. Si specifica che, le società intenzionate a trasferire la propria sede all’estero dovranno trasformarsi in enti soggetti alla legge dello Stato estero di destinazione prescelto, adottando uno delle tipologie sociali ivi previsti (art 6 e seguenti del decreto in oggetto); 
    • si attribuisce ai soci della società italiana in trasformazione che non abbiano concorso all’approvazione del progetto di trasformazione il diritto di recesso, da esercitare nei termini e con le modalità specificamente previsti,
    • si introducono con alcune integrazioni delle norme codicistiche in materia di scissione, novità con la fattispecie della scissione mediante scorporo, ossia l’operazione con la quale una società assegna una parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione attribuendo le relative partecipazioni non già ai suoi soci, bensì a se stessa, proseguendo la sua attività. Ciò costituisce un’alternativa, rispetto al conferimento, per le società che vogliano trasferire attività e passività ad altre società (art. 51 comma 3 lett. a), a condizione che queste ultime siano di nuova costituzione; la scissione mediante scorporo non è consentita laddove le società beneficiarie siano soggetti preesistenti.

    Per tutti i dettagli sulle novità introdotte si rimanda alla lettura integrale del testo del DLgs n 19/2023

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    Credito d’imposta imprese non energivore: chiarimenti per le fusioni

    Con Risposta a interpello n 241 del 6 marzo le Entrate chiariscono aspetti del credito d'imposta per imprese non energivore relativamente al parametro iniziale di riferimento in caso di fusione (art 3  del decreto legge 21 marzo 2022, n. 21 e successivi interventi normativi)

    L'istante ALFA, una s.r.l chiede chiarimenti in merito alla corretta interpretazione dell'art. 3 del decreto legge 21 marzo 2022, n. 21 (DL n. 21/2022) secondo cui ''alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto della componente energia, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta (…) qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019''. 

    Nel dettaglio, la società afferma che nel corso del 2021 ha fuso per incorporazione le società controllate BETA S.r.l. e GAMMA S.r.l.. 

    Ai sensi del suddetto art 3 ai fini di tale credito d'imposta, occorre svolgere un confronto tra il costo medio della componente energia nel primo trimestre 2022 (comprovato dalle relative fatture) e quello del primo trimestre 2019 (comprovato dalle relative fatture).

    Nel caso di specie, in conseguenza delle operazioni straordinarie citate, nel corso del 2021, ai consumi propri si sono aggiunti quelli delle due società incorporate, come sopra identificate. 

    L'Istante chiede chiarimenti riguardo la corretta quantificazione del costo della componente energia per il 2019, domandando se, ai fini del suddetto credito d'imposta è necessario svolgere un confronto congiunto delle tre utenze ''pre­fusione'', o se si deve prendere in considerazione il solo costo dall'azienda incorporante nel corso dell'anno 2019, al netto delle utenze elettriche che facevano capo alle due società fuse.

    Le Entrate, riepilogata la normativa e la prassi, specificano che:

    • come evidenziato nei documenti di prassi emanati a commento delle disposizioni in esame (Circolare n. 13/E del 13 maggio 2022, 25/E del 11 luglio 2022 e  36/E del 29 novembre  2022) 
    • e come emerge anche dalla interpretazione delle misure in esame fornita anche a fini extra fiscali (risposta quesito 5 delle FAQ del 26 novembre 2021 relative al DM 21 dicembre 2017, riportate nel portale ''Energivori'' disponibile sul sito di CSEA),

    il legislatore ha essenzialmente collegato la spettanza del beneficio alla titolarità di POD da parte dell'impresa ad eccezione dei casi in cui manchino i parametri di riferimento (in particolare per le società neo costituite); per tali situazioni, per esigenze di semplificazione, è stato individuato dalla legge stessa un parametro forfetario. 

    Tanto premesso in termini generali si osserva che, ai fini dell'individuazione del costo medio per kWh della componente energetica verificatosi nel primo trimestre 2019, coerentemente con i principi sopra affermati, la società Istante non può utilizzare i dati di consumo relativi a POD intestati alle  società incorporate, in quanto soggetti  giuridici intestatari in via autonoma di diverse utenze nel periodo antecedente all'operazione di riorganizzazione, né, trattandosi di società già costituita ed operativa alla data del 1° gennaio 2019, può far riferimento al parametro forfetario.

    Pertanto, ai fini del calcolo del contributo spettante, la stessa dovrà far riferimento al ''corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019'' calcolato sui consumi riferibili alle utenze di cui risultava intestataria nel suddetto periodo.

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    Contributo straordinario imprese caro bollette: la base imponibile nella fusione

    Con Risposta a interpello n 500 del 12 ottobre 2022 le Entrate replicano ad una richiesta di chiarimenti sul contributo straordinario previsto dal Decreto-legge n. 21 del 2022 e la determinazione base imponibile in caso di fusione per incorporazione tra due soggetti tenuti al versamento del contributo 

    La società istante ALFA è il soggetto giuridico risultante dall'operazione straordinaria di fusione per incorporazione a cui hanno partecipato la stessa interpellante, nella veste di incorporante, e la società BETA, nella veste di incorporata. 

    Essa per effetto dell'operazione di aggregazione aziendale la cui efficacia giuridica (anche contabile) è stata stabilita a partire dal 1°gennaio 2022, è subentrata in tutti i diritti ed obblighi facenti capo alla società incorporata.

    Entrambi i soggetti societari coinvolti nella operazione straordinaria di ristrutturazione aziendale esercitavano l'attività di rivendita di gas naturale, energia elettrica e teleriscaldamento e, conseguentemente, tutte e due le società (incorporata e incorporante), per la tipologia di attività svolta nel territorio dello Stato italiano, sarebbero in linea di principio, al ricorrere degli altri presupposti normativamente previsti, soggette all'obbligo di pagamento del contributo straordinario introdotto dall'art. 37 del decreto legge 21 marzo 2022, n. 21 (cosiddetto decreto Ucraina), modificato dal decreto legge 17 maggio 2022, n. 50 e convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2022, n. 51.

    La  base imponibile del predetto contributo previsto una tantum è costituita:

    • dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive IVA, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, 
    • rispetto al saldo delle medesime operazioni riferite al periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021

    Ai fini del calcolo degli dei saldi si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni passive, al netto dell'IVA, indicato nelle Comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (cosiddette "LIPE"), riferite ai relativi periodi di comparazione anzidetti. 

    Il contributo straordinario è stabilito nella misura del 25 per cento dell'anzidetto incremento e si applica se l'incremento stesso è superiore al 10 per cento e a euro 5.000.000.

    La società incorporante, ovvero la ALFA dopo aver premesso che: 

    • la società incorporata BETA, essendo stata cancellata dal Registro imprese a decorrere dal 1°gennaio 2022, non ha presentato alcuna Comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA riferiti al periodo dal 1°gennaio 2022 fino al 30 aprile 2022i; 
    • chiede chiarimenti in merito alle modalità di determinazione della base imponibile del contributo straordinario di cui all'art. 37 del richiamato decreto Ucraina che la stessa è tenuta a pagare.

    Le Entrate ricordano che ai sensi dell'art. 2504-bis, primo comma, del codice civile. nella sua attuale formulazione, "la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione". 

    Pertanto, nel caso di specie la fusione (per incorporazione) tra le due società, ALFA e BETA, comporta di fatto il subentro della società incorporante (istante) ALFA nelle posizioni soggettive (attive e passive) facenti capo alla società incorporata BETA a partire dalla data di efficacia giuridica dell'operazione straordinaria, che nel caso di specie è il 1° gennaio 2022. 

    Le entrate ricordano che con la circolare n. 22/E del 2022 è stato precisato che se il soggetto tenuto al versamento del contributo ha iniziato l'attività nel corso del primo periodo di riferimento (1° ottobre 2020 – 30 aprile 2021), ad esempio il 1° gennaio 2021, ai fini del calcolo del prelievo una tantum, è necessario confrontare dati omogenei, prendendo come termini di confronto i dati desumibili dalle LIPE riferibili al periodo 1° gennaio 2021-30 aprile 2021 e raffrontarli con i dati relativi al periodo 1° gennaio 2022-30 aprile 2022.

    Quindi, nell'ipotesi di società neocostituite, ai fini della determinazione dell'incremento del saldo tra operazione attive e passive IVA indicati nelle LIPE, è opportuno operare un raffronto tra dati riferiti a periodi di comparazione di durata omogenea. 

    Ciò posto, nel caso di specie il soggetto su cui ricade l'obbligo di versamento del contributo una tantum contro il caro bollette è la società incorporante ALFA, soggetto giuridico che, a partire dalla data di efficacia giuridica dell'operazione di fusione per incorporazione (1° gennaio 2022), subentra nelle posizioni soggettive (attive e passive) facenti capo all'incorporata, ivi comprese quelle rilevanti all'imposta sul valore aggiunto e, più in particolare, quelle che assumono rilievo, come sopra evidenziato, ai fini della determinazione della base imponibile del contributo in esame. 

    Pertanto, ai fini della quantificazione di quest'ultimo, rileverà l'incremento del saldo aggregato tra le operazioni attive e passive IVA, risultanti dalle LIPE, delle due società partecipanti alla fusione, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo aggregato tra le operazioni attive e passive IVA, riportati nella LIPE, riferito al periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021. 

    In altri termini, nel caso di specie, ai fini del conteggio della variazione del saldo aggregato tra le operazioni attive e passive IVA riferito ai due periodi di comparazione, tenendo conto del fatto che l'operazione di fusione in questione produce i suoi effetti dal 1°gennaio 2022, sarà necessario quantificare

    • il saldo tra l'ammontare complessivo delle operazioni attive e passive IVA, emergenti dalle LIPE presentate dalle due società per il periodo dal 1° ottobre 2021 fino al 31 dicembre 2021 (periodo ante fusione), a cui andrà sommato il saldo delle operazioni attive e passive IVA risultanti dalle LIPE, presentate dalla società incorporante, riferibili al periodo dal 1° gennaio 2022 al 30 aprile 2022 (post fusione); 
    • il saldo tra l'ammontare complessivo delle operazioni attive e delle operazioni passive IVA, risultanti dalle LIPE, presentate da entrambe le due società riferite al secondo periodo di confronto ovvero dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 (periodo ante fusione).

    Conseguentemente, qualora dal confronto tra i due saldi aggregati, come sopra individuati, riferibili ai due periodi di comparazione (omogenei i termini di durata) emerga uno scostamento pari o superiore al 10 per cento e di ammontare superiore a 5 milioni di euro, la società incorporante dovrà calcolare il contributo dovuto ed effettuare il versamento secondo i chiarimenti forniti con i documenti di prassi sopra richiamati.

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    Nota variazione IVA: i termini di emissione nella liquidazione coatta amministrativa

    Con la Risposta a interpello n 100 del 9 marzo con oggetto "note di variazione IVA – Individuazione della procedura di liquidazione coatta amministrativa cui si riferisce la legge fallimentare – Articolo 15 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98" le Entrate specificano che chiarita la possibilità per l'istante di emettere una nota di variazione nei confronti della procedura dalla data del provvedimento che ha ordinato la liquidazione coatta amministrativa, va ricordato che:

    «la data entro cui emettere la nota di variazione in diminuzione deve essere individuata nel termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione, ossia, con particolare riferimento alle procedure concorsuali, entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui viene emanata: 

    • la sentenza dichiarativa del fallimento; 
    • il provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa; […] 
    • la data entro cui esercitare il diritto alla detrazione, invece, deve essere individuata nella data della liquidazione periodica IVA relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all'anno di emissione della nota.»

    Con l'interpello l'istante chiedeva chiarimenti circa la possibilità di emettere nota variazione IVA nella procedura di liquidazione coatta ex art. 26 D.P.R. n. 633/72, così come modificato dall'art. 18 D.L. 25.05.21 n. 73.

    Le Entrate hanno specificato che è stato già chiarito che «il comma 2 dell'articolo 26 del Decreto IVA prevede le ipotesi in relazione alle quali il cedente del bene o prestatore del servizio può effettuare variazioni in diminuzione della base imponibile e della conseguente imposta, senza specifici limiti di tempo, con riferimento a operazioni per le quali abbia già emesso fattura con addebito di IVA. […] 

    Il nuovo comma 3-bis – introdotto nell'articolo 26 del Decreto IVA […] – prevede che la disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, ad opera del cessionario o committente

    • per le procedure concorsuali, gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis della legge fallimentare e i piani attestati ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), della stessa legge fallimentare (lettera a); […] 

    Più specificamente, qualora il mancato pagamento sia dovuto all'assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, la variazione conseguente può essere operata, ai sensi del combinato disposto dei nuovi commi 3-bis e 10-bis, a partire dalla data di apertura della procedura concorsuale (senza quindi attenderne l'esito), ossia la data:

    • della sentenza dichiarativa del fallimento; 
    • del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;» (così la circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021 in relazione alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del d.l. n. 73).

    Si osserva inoltre che la liquidazione coatta amministrativa cui ci si riferisce è anche quella di cui all'articolo 15 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 nelle sue varie articolazioni. 

    Né alcun elemento contrario all'applicabilità delle nuove disposizioni contenute nell'articolo 26 del decreto IVA alla liquidazione coatta amministrativa di cui al richiamato articolo 15, comma 5-bis, del d.l. n. 98 del 2011 può evincersi dal mancato espresso riferimento alla stessa in precedenti documenti di prassi, i quali non potevano ovviamente tenere conto di norme intervenute in un momento successivo. 

    Chiarito ciò, e quindi chiarita la possibilità per l'istante di emettere una nota di variazione nei confronti della procedura dalla data del provvedimento che ha ordinato la liquidazione coatta amministrativa, sono stati ricordati i termini per l'emissione della nota di variazione IVA.

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