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Reverse charge logistica e appalti: novità dopo il dl fiscale
La Legge di Bilancio 2025 ha previsto novità per il reverse charge nel settore della logistica.
Ora il DL fiscale prevede ulteriori novità, vediamole in sintesi.
Reverse charge: le novità in arrivo
Ricordiamo che il meccanismo dell'inversione contabile, o reverse charge, (quinto comma dell'articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972), comporta che gli obblighi relativi all'applicazione dell'IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore.
Il DL fiscale estende, escludendo i precedenti vincoli sui singoli rapporti, il perimetro di applicazione dell’inversione contabile anche agli appalti di trasporto delle merci, per i quali tali limitazioni risultavano inapplicabili.
Con l’articolo 9 si vuole estendere il perimetro di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile a tutti gli appalti della logistica e dei trasporti prevedendolo anche per gli appalti di trasporto merci.
Ricordiamo la legge di Bilancio 2025 ha introdotto il reverse charge per le prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili rese nei confronti delle imprese che svolgono attività di trasporto e movimentazione di merci e prestazione di servizi di logistica.
Attenzione al fatto che finalità della norma è quella di contrastare le frodi di operatori della logistica e negli appalti di fornitura di manodopera.
Partendo dalle finalità antifrode della norma, il Legislatore interviene sul testo del comma 57 eliminando i vincoli applicativi legati alle caratteristiche contrattuali della prevalenza di manodopera e dell’utilizzo dei beni strumentali di proprietà del committente.
La legge di Bilancio 2025 ha anche introdotto un sistema transitorio in attesa che il Consiglio dell’Unione europea autorizzi, per tali prestazioni, l’introduzione del meccanismo del reverse charge.
In particolare è stato introdotto un regime transitorio opzionale con la possibilità per il prestatore e il committente di sceglie se il pagamento dell’Iva sia effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore che rimane responsabile solidale dell’imposta.
Infine con il decreto fiscale il legislatore interviene chiarendo che l’opzione per il regime transitorio può essere facoltativamente esercitata, bilateralmente, anche da tutti i soggetti presenti nella catena dei subappalti.
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Reverse charge: come fatturare in caso di aggiornamento prezzi energia
Con il principio di diritto n 2 del 12 agosto le Entrate hanno chiarito le modalità di fatturazione e rettifica degli imponibili in aumento o in diminuzione nel reverse charge per il settore gas. Dettagli della risposta ADE.
Reverse charge e modalità di fatturazione per le cessioni di gas
Le Entrate con il principio di diritto del 12 agosto scorso si occupano di reverse chiarge e aumenti nel prezzo dell'energia fatturati prima del 2015.
Viene innanzitutto ricordato che l'articolo 17, sesto comma, lettera d quater), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 introdotto dall'articolo 1, comma 629, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 prevede, a partire dal 2015, l'applicazione dell'IVA con il meccanismo dell'inversione contabile (c.d. ''reverse charge'') alle «cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo rivenditore ai sensi dell'articolo 7 bis, comma 3, lettera a)».
In particolare, l'articolo 7 bis, comma 3, del decreto IVA dispone che, «Le cessioni di gas attraverso un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o una rete connessa a tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante le reti di riscaldamento o di raffreddamento si considerano effettuate nel territorio dello Stato:
- a) quando il cessionario è un soggetto passivo rivenditore stabilito nel territorio dello Stato. Per soggetto passivo rivenditore si intende un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all'acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile;
- b) quando il cessionario è un soggetto diverso dal rivenditore, se i beni sono usati o consumati nel territorio dello Stato. Se la totalità o parte dei beni non è di fatto utilizzata dal cessionario, limitatamente alla parte non usata o non consumata, le cessioni anzidette si considerano comunque effettuate nel territorio dello Stato quando sono poste in essere nei confronti di soggetti, compresi quelli che non agiscono nell'esercizio di impresa, arte o professioni, stabiliti nel territorio dello Stato; non si considerano effettuate nel territorio dello Stato le cessioni poste in essere nei confronti di stabili organizzazioni all'estero, per le quali sono effettuati gli acquisti da parte di soggetti domiciliati o residenti in Italia».
In altre parole, l'adempimento dell'imposta secondo il meccanismo dell'inversione contabile prorogato fino al 31 dicembre 2026 dalla Direttiva 2022/890/UE, recepita in Italia con il decretolegge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122 comporta, in deroga alle regole ordinarie, che gli obblighi relativi all'applicazione dell'IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore.
Tanto premesso, laddove per effetto dell'''aggiornamento dei prezzi relativi all'energia ceduta'', si verifichi una variazione in aumento della base imponibile delle cessioni di energia elettrica già effettuate nel periodo ante 2015, i maggiori ''compensi ricevuti'' ad integrazione di quelli già percepiti ante 2015 andranno fatturati ordinariamente addebitando l'IVA in rivalsa, in quanto in origine non sono state emesse fatture in regime di inversione contabile.
In definitiva, il regime di ''reverse charge'' non si applica a note di credito riferite a fatture emesse anteriormente all'entrata in vigore dell'applicazione del regime di inversione contabile.
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Rivalsa in caso di errato reverse charge e IVA in pro-rata
Con Risposta n 20 del 26 gennaio le Entrate chiariscono come recuperare l'IVA corrisposta a titolo di rivalsa in presenza di un pro–rata di indetraibilità (articolo 60, ultimo comma, del DPR n. 633 del 1972) nel caso di errata applicazione dell'inversione contabile.
Le Entrate chiariscono che, in base a quanto disposto dall'articolo 60, ultimo comma, del decreto IVA, una volta effettuato il pagamento dell'IVA addebitata in via di rivalsa dal prestatore tramite emissione di una fattura, ex articolo 26, comma 1, del decreto IVA, per ciascun periodo d'imposta oggetto di accertamento, nella quale richiamare ogni fattura oggetto di integrazione, l'istante potrà esercitare il diritto alla detrazione della medesima alle condizioni esistenti al momento di effettuazione delle originarie operazioni, ossia applicando all'IVA addebitata in rivalsa il pro-rata di indetraibilità relativo a ciascun periodo d'imposta oggetto di accertamento (2015, 2016, 2017), e non anche la percentuale applicabile nel periodo d'imposta di corresponsione dell'IVA di rivalsa.
Vediamo ulteriori dettagli dal caso di specie.
Rivalsa in caso di errato reverse charge e IVA in pro-rata
L'istante pone un quesito in merito al recupero dell'IVA erroneamente versata nell'ambito di applicazione del meccanismo dell'inversione contabile.
Egli ha affidato ad un prestatore, i lavori di ristrutturazione, ampliamento e realizzazione di nuovi spazi all'interno dei propri edifici, effettuati nel corso degli anni 2015, 2016 e 2017.
Nei confronti del prestatore e per le annualità suddette, a seguito di verifiche fiscali, sono stati emessi processi verbali di constatazione, con i quali i verificatori hanno riscontrato come numerose prestazioni fossero state erroneamente fatturate in regime di inversione contabile nei confronti dell'istante in luogo dell'assoggettamento ad IVA secondo le regole ordinarie, ai sensi dell'articolo 21 del decreto IVA.
Per i medesimi periodi d'imposta, sono stati notificati nel 2022 gli avvisi di accertamento con i quali, in sintesi, per ciascuna annualità:
- con riferimento agli interventi di ristrutturazione […] è stata irrogata la sola sanzione di cui all'articolo 6, comma 9bis2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, senza recupero dell'IVA,
- mentre, con riferimento ai lavori di fornitura e posa in opera e agli oneri di discarica e consulenze tecniche, è stata recuperata anche l'IVA dovuta ai sensi dell'articolo 21 del decreto IVA;
Il prestatore ha provveduto a versare l'IVA a debito accertata e, nel corso delle annualità oggetto di accertamento, ha integrato le fatture ricevute dal prestatore con l'IVA a debito, in applicazione del meccanismo dell'inversione contabile ai sensi dell'articolo 17, comma 6, lettera ater), del decreto IVA, annotandole sia nel registro acquisti di cui all'articolo 25 del decreto IVA, sia nel registro IVA vendite di cui all'articolo 23 che, essendo una struttura […], la cui attività consiste principalmente nell'erogazione di prestazioni […] esenti di cui all'articolo […] del decreto IVA e di altre operazioni imponibili, la stessa è soggetta all'applicazione del meccanismo del pro rata di cui all'articolo 19, comma 5, del predetto, sicché l'IVA relativa alle operazioni contestate è stata quasi completamente versata all'Erario.
Ciò posto, l'istante chiede come recuperare l'IVA che le sarà addebitata dal prestatore a titolo di rivalsa ai sensi dell'articolo 60, ultimo comma, del decreto IVA, e che la medesima ha già versato quasi completamente all'Erario
Le Entrate specificano che l'articolo 60, ultimo comma, del decreto IVA, finalizzato a ripristinare la neutralità dell'IVA in caso di accertamento o rettifica dell'imposta, stabilisce che «Il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione».
Come chiarito con la risoluzione n. 75/E del 14 settembre 2016, la citata disposizione, introdotta per «garantire la conformità delle disposizioni interne ai principi di neutralità e di detrazione, previsti dalla normativa comunitaria in termini di caratteristiche immanenti all'intero sistema dell'IVA», consente al contribuente, che ha subito un accertamento ai fini IVA, di ri-addebitare a titolo di rivalsa al cessionario/ committente la maggiore imposta accertata e versata.
Essa prevede, inoltre, che l'esercizio del diritto a detrazione da parte del cessionario o committente sia subordinato, in deroga agli ordinari principi, all'avvenuto pagamento dell'IVA addebitatagli in via di rivalsa dal cedente o prestatore.
In tal modo è scongiurato l'ingiusto arricchimento che il cessionario o committente conseguirebbe se detraesse l'imposta senza provvedere al suo effettivo pagamento.
La norma mira a ripristinare, anche nelle ipotesi di accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione consentendo il normale funzionamento dell'IVA, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici.
Tanto premesso le entrate chiariscono che, in base a quando disposto dal citato articolo 60, ultimo comma, del decreto IVA, infatti, una volta effettuato il pagamento dell'IVA addebitata in via di rivalsa dal prestatore tramite emissione di una fattura, ex articolo 26, comma 1, del decreto IVA, per ciascun periodo d'imposta oggetto di accertamento, nella quale richiamare ogni fattura oggetto di integrazione , l'istante potrà esercitare il diritto alla detrazione della medesima alle condizioni esistenti al momento di effettuazione delle originarie operazioni, ossia applicando all'IVA addebitata in rivalsa il pro rata di indetraibilità relativo a ciascun periodo d'imposta oggetto di accertamento (2015, 2016, 2017), e non anche la percentuale applicabile nel periodo d'imposta di corresponsione dell'IVA di rivalsa.
Non è, altresì, consentito recuperare in detrazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale, quanto già versato a seguito dell'errata applicazione del meccanismo dell'inversione contabile poi ri-addebitato in rivalsa dal prestatore in deroga alle disposizioni che limitano il diritto a detrazione in presenza di un pro-rata di indetraibilità.
Al fine di garantire la neutralità dell'IVA, tuttavia, detto importo potrà essere chiesto a rimborso, ai sensi dell'articolo 30ter, comma 1, del decreto IVA, secondo cui «Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».
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Assonime: l’importanza del numero di identificazione IVA per le cessioni intra UE
Pochi impianti normativi presentano un grado così elevato di complessità e un numero così elevato di particolarità come quello che sta alla base dell’Imposta sul Valore Aggiunto.
L’IVA, in inglese VAT, è la generale imposta sui consumi, armonizzata a livello unionale, il cui fondamento giuridico è definito direttamente dall’Unione Europea con l’emanazione di direttive che ne regolano il funzionamento complessivo.
La Circolare Assonime numero 24 del 26 luglio 2022 approfondisce, tra le altre cose, un aspetto a volte trascurato dagli operatori, ma che, alla luce delle recenti modifiche normative, assume una rilevanza non più secondaria.
La Circolare analizza le modifiche normative, apportate alla disciplina IVA nazionale, contenute nel Decreto Legislativo 192/2021, entrato in vigore il giorno 1 dicembre 2021, che recepisce la Direttiva 2018/1910/UE.
La Direttiva 2018/1910/UE tratta delle ormai famose soluzioni rapide, altrimenti dette quick fixes, in materia di scambi comunitari, attraverso le quali, tra le altre cose, è stato dato maggior rilievo al numero di identificazione IVA (la nostra partita IVA) per gli scambi commerciali intracomunitari, e per il cui recepimento il Legislatore italiano ha aspettato l’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea.
Per quanto oggetto di questo articolo, la Direttiva 2018/1910/UE ha modificato quella parte della Direttiva IVA che definiva il perimetro della cessione intracomunitaria non imponibile (ai fini IVA) nel paese d’origine, modificando il ruolo che assume il numero di identificazione IVA delle imprese interessate.
Con maggiore precisione, ciò che cambia è il ruolo che assume il VAT Information Exchange System (abbreviato in VIES), l’iscrizione presso il quale assume adesso rilevanza sostanziale.
Il VIES è un sistema di scambio di dati tra gli Stati dell’Unione Europea, che permette di convalidare a livello unionale il codice identificativo IVA al fine di contrastare le possibili frodi che possono essere sviluppate triangolando operazioni intracomunitarie tra diverse società, al fine di generare crediti fiscali inesistenti.
Secondo le prescrizioni della nuova normativa l’iscrizione al VIES costituisce requisito imprescindibile per poter considerare l’operazione non imponibile nel paese di origine, insieme al requisito concreto del trasporto fuori dal territorio dello Stato. Nel caso in cui l’acquirente non risulti iscritto al VIES, l’operazione non potrà essere considerata non imponibile ai fini IVA e il venditore dovrà applicare e versare l’IVA nel paese d’origine.
In Italia, in passato, prima della novellazione normativa, in mancanza di una norma specifica, la questione è stata molto dibattuta, e quello dell’iscrizione al VIES veniva considerato un requisito più formale che sostanziale per qualificare un’operazione come non imponibile per mancanza del requisito della territorialità; oggi, con in conseguenza della modifica operata a livello unionale, l’iscrizione al VIES diviene requisito formale e sostanziale, elemento imprescindibile per l’attribuzione della non imponibilità all’operazione transfrontaliera.
La Circolare numero 24 di Assonime precisa che il venditore, prima di effettuare una operazione intracomunitaria, dovrà:
- iscriversi al VIES, utilizzando il numero di partita IVA rilasciato dallo Stato europeo d’origine o in cui è stabilito;
- verificare che l’acquirente sia a sua volta iscritto al VIES.
In mancanza dell’iscrizione al VIES, precisa Assonime, anche nel caso in cui la controparte sia un soggetto passivo regolarmente dotato di codice identificativo IVA, la cessione intracomunitaria resterà comunque soggetta a IVA nel paese del venditore.
La Circolare di Assonime puntualizza anche che la Commissione europea, in sede di note esplicative, ha fornito le seguenti precisazioni:
- il numero di partita IVA dell’acquirente non deve necessariamente essere stato rilasciato dallo stesso paese europeo di destinazione degli acquisti;
- le modalità di comunicazione del codice identificativo IVA tra le parti è lasciato alla loro discrezione, non essendo richieste particolari formalità dalla normativa;
- se, al momento dell’emissione della fattura, l’acquirente non è stato in grado di comunicare al venditore il numero di partita IVA iscritto al VIES, questi dovrà emettere il documento applicando l’IVA nel paese d’origine; ma, nel momento in cui l’acquirente comunicherà l’identificativo, il venditore dovrà rettificare di conseguenza la fattura;
- qualora l’acquirente aderisca a un Gruppo IVA, questo dovrà comunicare al venditore il numero di identificazione IVA del Gruppo.
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Reverse charge: dall’UE arriva la proroga al 2026
E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della UE la Direttiva 2022/890 del Consiglio del 3 giugno 2022 recante modifica della direttiva 2006/112/CE.
In particolare si dispone una proroga al 2026 del periodo di applicazione del meccanismo facoltativo di inversione contabile relativo:
- alla cessione di determinati beni
- e alla prestazione di determinati servizi
- a rischio di frodi
- e del meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA.
In particolare, il Consiglio della Unione Europea ha deliberato che l’articolo 199 bis è così modificato:
a)al paragrafo 1, la frase introduttiva è sostituita dalla seguente: "Fino al 31 dicembre 2026 gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni".
Il Consiglio considerando quanto segue:
- la frode fiscale in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) provoca notevoli perdite di bilancio e incide sul funzionamento del mercato interno;
- la direttiva 2006/112/CE del Consiglio consente agli Stati membri di avvalersi facoltativamente del meccanismo di inversione contabile per il pagamento dell’IVA su cessioni di beni e prestazioni di servizi predefinite che possono essere oggetto di frode, in particolare la frode intracomunitaria dell’operatore inadempiente (MTIC). Tale direttiva consente anche la misura speciale del meccanismo di reazione rapida che offre agli Stati membri, a talune condizioni rigorose, una procedura accelerata che consente l’introduzione del meccanismo di inversione contabile, ossia una risposta più adeguata ed efficace alle frodi improvvise e massicce. Il periodo di applicazione di entrambi i meccanismi scade il 30 giugno 2022;
- la Commissione ha adottato due proposte legislative per introdurre il sistema definitivo dell’IVA, che mira a garantire una risposta globale alla frode MTIC. Tali proposte, che dovevano inizialmente entrare in vigore il 1 luglio 2022, sono tuttora in fase di negoziazione in sede di Consiglio e non si prevede che siano adottate né che entrino in vigore prima di tale data. Nella sua relazione dell’8 marzo 2018 concernente gli effetti degli articoli 199 bis e 199 ter della direttiva 2006/112/CE sulla lotta contro la frode la Commissione indica che in linea di principio gli Stati membri e i portatori di interessi ritengono che il meccanismo di inversione contabile sia un efficace strumento temporaneo per la lotta alle frodi in materia di IVA;
- emerge pertanto che il meccanismo di inversione contabile e il meccanismo di reazione rapida si sono dimostrati utili come misure temporanee e mirate. La loro scadenza priverebbe gli Stati membri di strumenti efficienti di lotta contro la frode;
ritiene opportuno pertanto modificare di conseguenza la direttiva 2006/112/CE, disponendo la proroga suddetta al 2026.
Inoltre la stessa direttiva proroga fino a tutto il 2026 anche il meccanismo di reazione rapida (Quick Reaction Mechanism – QRM) contro le frodi in materia di IVA.
Leggi anche Le ipotesi di applicazione del reverse charge
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Subappalti in edilizia: reverse charge e fatturazione elettronica
Il reverse charge nel settore edile trova applicazione tra subappaltatore ed appaltatore entrambi con codice Ateco sezione F – costruzioni.
Dal 2007 trova applicazione il reverse charge, di cui all’articolo 17, comma 6, lett. a) del DPR 633/1972, per le prestazioni di servizi rese dai subappaltatori nel settore edilizio.
Tale meccanismo prevede che l’appaltatore sia il debitore d’imposta dell’operazione (integrazione della fattura con IVA e annotazione della stessa sul registro delle vendite e sul registro degli acquisti).
La descritta fattispecie di “reverse charge interno” non va confusa con quella introdotta dal 2015 per operazioni diverse dai subappalti edili, di cui all’articolo 17, comma 6, lett. a-ter) del DPR 633/1972: trattasi, in particolare, delle prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento degli edifici, rese anch’esse nei confronti di soggetti passivi IVA.
Requisiti per l’applicazione del reverse charge nei subappalti edili
Il meccanismo dell’inversione contabile nel settore edile richiede le seguenti condizioni:
- l’operazione deve interessare almeno tre soggetti, vale a dire il committente, l’appaltatore e almeno un subappaltatore;
- si è in presenza di contratto di appalto (subappalto) o di un contratto d’opera (ad eccezione delle forniture con posa in opera);
- appaltatore e subappaltatori devono effettuare una prestazione rientrante nella sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO (settore costruzioni).
In altri termini, il reverse charge si applica nel rapporto instaurato dal subappaltatore con l’appaltatore principale (o con un altro subappaltatore) mentre non trova applicazione tra quest’ultimo (appaltatore) ed il proprio committente.
L’appaltatore fattura con IVA al proprio committente mentre i subappaltatori, al verificarsi delle condizioni sopra riepilogate, fatturano in reverse charge, ai sensi dell’art. 17, co. 6, lett. a) del DPR 633/1972.
Fatturazione elettronica
Il subappaltatore che emette la fattura elettronica, ad oggi, deve riportare all’interno del tracciato xml il codice “Natura operazione” N6 – inversione contabile.
Con provvedimento prot. 166579 del 20 aprile 2020, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato la nuova versione del tracciato xml della fattura elettronica –versione 1.6.1 che prevede, tra le altre modifiche, l’introduzione di un maggior grado di dettaglio dei codici “Natura operazione”.
Dal 1° ottobre al 31 dicembre 2020 il nuovo tracciato convivrà con il precedente (versione 1.5), mentre dal 1° gennaio 2021 diventerà obbligatorio. Pertanto, dal 2021 l’emissione di una fattura in reverse charge nell’ambito dei subappalti edili richiederà l’utilizzo di un codice “Natura operazione” specifico, ossia “N6.3 inversione contabile – subappalto nel settore edile”.