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Prima casa e vendita entro 5 anni: quando scatta la decadenza
Con la Sentenza n 24479/2025 la Cassazione esprime un principio rilevante per l'agevolazione prima casa.
Nel caso di specie, di seguito dettagliato, viene deciso che per evitare la decadenza dai benefici prima casa non vale l’acquisto effettuato prima della vendita infra‑quinquennale dell’immobile acquistato con le agevolazioni, ciò che la legge richiede è che l’acquisto del nuovo immobile segua l’alienazione infra‑quinquennale, nell’arco di un anno, e che il nuovo immobile sia destinato ad abitazione principale.
Vediamo il caso di specie.
Prima casa e vendita entro 5 anni: quando scatta la decadenza
L"agevolazione prima casa” è una norma che consente, al momento del primo acquisto di un immobile da destinare ad abitazione principale, di usufruire di benefici fiscali relativi a imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale, ecc., a determinate condizioni.
I principali requisiti sono che:
- l’acquirente non possieda altri immobili nello stesso Comune;
- l’immobile sia destinato ad abitazione principale entro il termine stabilito dalla legge;
- non si acquistino altri immobili con le agevolazioni prima casa già godute, salvo che nel frattempo sia venduto l’immobile agevolato e si proceda ad un nuovo acquisto entro un anno.
Se l’immobile agevolato viene alienato entro 5 anni dall’acquisto, l’agevolazione decade, a meno che il contribuente acquisti un nuovo immobile da adibire a propria abitazione principale entro un anno dalla vendita.
Se si vende l’immobile acquistato con agevolazioni prima casa prima che siano trascorsi cinque anni, scatta la decadenza del beneficio.
La sola vendita non è però l’unica circostanza: la normativa prevede un meccanismo di “salvaguardia” se entro un anno dall’alienazione si riacquista un altro immobile da destinare ad abitazione principale. Se ciò accade, il beneficio può essere mantenuto.
Nel 2009, due coniugi acquistavano in comunione pro‑indiviso un immobile agevolato come “prima casa”.
Nel 2012 la moglie rilevava la quota del 50% posseduta dal marito, chiedendo di conservare il beneficio per quella quota.
Nel 2016, la contribuente cedeva l’intero immobile (comprese le quote), prima che fossero passati i 5 anni dall’acquisto originario.
L’Agenzia delle Entrate notificava avviso di liquidazione per revoca parziale dell’agevolazione, in particolare per la quota del 50% acquisita nel 2012 e poi ceduta nel 2016.
La Suprema Corte afferma che non è rilevante e quindi non sana la decadenza l’acquisto di un altro immobile prima della vendita infra‑quinquennale dell’immobile agevolato.
In altre parole, non basta aver già acquistato un nuovo immobile: è essenziale che il nuovo acquisto avvenga dopo l’alienazione del bene agevolato, e che avvenga entro l’anno successivo.
Nel caso in esame, il fatto che la contribuente avesse acquistato una quota nel 2012 prima della cessione avvenuta nel 2016 non ha evitato la decadenza del beneficio per quella quota, la Cassazione ha respinto il ricorso.
Pe rla Cassazione ciò che conta è il momento degli acquisti rispetto alla vendita agevolata e in sintesi, per evitare decadenza, il contribuente deve:
- vendere l’immobile agevolato entro i 5 anni;
- poi (dopo la vendita) acquistare un nuovo immobile destinato ad abitazione principale;
- fare questo nuovo acquisto entro un anno dall’alienazione.
- Se viene fatto un acquisto prima della vendita agevolata, non serve: non “sana” la decadenza.
- Importante: le quote di comproprietà vendute prima dei 5 anni possono implicare decadenza parziale per quella quota.
- Professionisti devono informare i clienti di queste tempistiche e consigliare una pianificazione attenta: non bastano intenzioni, serve rigore nei tempi.
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Legge sulla Montagna: le agevolazioni per l’agricoltura
La Legge n 131/2025 che ha tra gli altri come obiettivo quello di ripopolare le montagne italiane, tra le agevolazioni ne prevede una per l'agricoltura.
In particolare, con l'articolo 19 si istituisce un credito d'imposta per investimenti e attività diversificate degli agricoltori e dei silvicoltori di montagna.
Vediamo i beneficiari e come funziona la misura agevolativa.
Credito d’imposta per investimenti e attività diversificate degli agricoltori e dei silvicoltori di montagna
Agli imprenditori agricoli e forestali singoli e associati, comprese le cooperative agricole e forestali, ai consorzi forestali, anche partecipati dai comuni, e alle associazioni fondiarie viene riconosciuto un credito d’imposta pari al 10% del valore degli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2027, nel limite complessivo di spesa di 4 milioni di euro per ciascun anno.
Pertanto, non si applicano i limiti annuali di 250mila euro, per ciascun avente diritto, stabilito, per i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, dall'art 1 comma 53 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007), e di 2 milioni di euro, complessivi, fissato dall'art 34 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2000).
Attenzione al fatto che per poter beneficiare dell’incentivo, gli imprenditori interessati devono:
- avere la sede ed esercitare prevalentemente la propria attività nei comuni montani individuati dalla legge in esame
- effettuare determinati investimenti volti all’ottenimento dei servizi ecosistemici e ambientali benefici per l’ambiente e il clima, anche attraverso interventi di manutenzione del territorio.
Le tipologie di servizi agevolabili saranno messe a punto con un successivo decreto ministeriale.
Si prevede che il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le stesse spese, comunque nel limite dei costi sostenuti, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997, dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi sono stati sostenuti).
L’incentivo, alle stesse condizioni e limiti, è più sostanzioso e diventa pari al 20% degli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2027, nei territori dei comuni montani individuati dalla legge, con popolazione non superiore a 5mila abitanti, nei quali sia presente una delle minoranze linguistiche storiche di cui alla legge n 482/1999 quali ad esempio:
- albanesi,
- catalane,
- germaniche,
- greche,
- slovene e croate, ecc
i cui appartenenti rappresentino almeno il 15% dei residenti.
I criteri e le modalità di concessione di entrambe le tipologie di credito d’imposta, anche ai fini del rispetto del limite complessivo di spesa stabilito, nonché le disposizioni relative ai controlli e al recupero del beneficio indebitamente fruito, saranno definiti con un apposito decreto ministeriale entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge.
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Formazione continua revisori: come candidarsi nel Comitato Didattico
Il MEF con un avviso pubblicato sul proprio sito istituzionale, informa della possibilità di partecipare al Comitato didattico in materia di formazione continua per i revisori legali dei conti, previsto dall’articolo 5 del Decreto Legislativo n 39/2010 .
In vista del rinnovo del Comitato, composto da un massimo di quindici esperti, che svolge un ruolo centrale nell’elaborazione del programma annuale di aggiornamento professionale dei revisori legali, si pubblicano le regole per partecipare alla call.
Formazione continua revisori: come candidarsi nel Comitato Didattico
Ricordiamo che il Comitato didattico è un organismo tecnico-consultivo istituito dal Ragioniere Generale dello Stato, che si rinnova ogni tre anni con apposita determina.
Funzioni principali dello stesso sono inerenti le seguenti attività:
- analisi e studio delle disposizioni normative sulla formazione dei revisori legali;
- proposte operative per l’attuazione dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 39/2010;
- elaborazione del programma annuale di formazione continua
per garantire il costante aggiornamento delle conoscenze teoriche e delle competenze professionali dei revisori iscritti al Registro della revisione legale.
Il Comitato si riunisce almeno una volta l’anno con partecipazione a titolo gratuito.
Come candidarsi
Possono presentare domanda di partecipazione, firmata digitalmente o in maniera autografa, i professionisti in possesso dei seguenti requisiti:
- Laurea Magistrale in discipline giuridico-economiche o contabili;
- competenze specialistiche comprovate in materia di revisione legale, tecnica e deontologia professionale, principi contabili nazionali e internazionali, normativa societaria e commerciale, nonché nella rendicontazione di sostenibilità;
- esperienza professionale consolidata, in particolare come:
- responsabile o componente di team di revisione presso società dotate di strutture formative interne;
- docente universitario o relatore in istituti di ricerca nelle materie pertinenti;
- membro di ordini professionali con ruoli attivi in ambito formativo.
L’incarico ha una durata di tre anni e non comporta compensi.
Nella domanda occerre allegare un proprio cv in forma sintetica all’indirizzo:igf.ufficio15.rgs@mef.gov.it
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Bonus TARI: per chi scatta in automatico
Con Delibera ARERA n 355/2025 vengono stabilite le regole per il bonus TARI 2025.
La tassa sui rifiuti (TARI) è il tributo destinato a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi.
La TARI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale tributo facente parte, insieme all’imposta municipale propria (IMU) e al tributo per i servizi indivisibili (TASI), dell’imposta unica comunale (IUC).Dal 2014, pertanto, la TARI ha sostituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2).
La legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020) ha successivamente abolito, a decorrere dall’anno 2020, la IUC e – tra i tributi che la costituivano – la TASI.Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire l’IMU, come ridisciplinata dalla stessa legge n. 160 del 2019, e la TARI, le disposizioni relative alla quale, contenute nella legge n. 147 del 2013, sono state espressamente fatte salve.
I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo [art. 1, comma 668, della legge n. 147 del 2013].Vediamo in dettaglio quando fare domanda PER IL BONUS tari 2025 e quando scatta in automatico.
Bonus TARI: per chi scatta in automatico
Secondo quanto stabilito dalla delibera ARERA, il bonus è pari al 25% della TARI/tariffa corrispettiva dovuta dal cittadino e spetterà automaticamente senza esplicita domanda da parte degli utenti, a tutti i nuclei familiari che hanno presentato all’INPS una DSU (dichiarazione sostitutiva unica) e ottenuto un livello di attestazione ISEE sotto la soglia stabilita.
In particolari le soglie ISEE ammontano a:
- euro 9.530,
- euro 20.000 per famiglie numerose ossia con più di quattro figli a carico.
Lo sconto per il 2025 partirà da febbraio 2026 e sarà applicato ai nuclei familiari che hanno ottenuto un’attestazione ISEE sotto soglia nel 2025.
Il provvedimento detta tutte le regole che consentono l’identificazione degli aventi diritto e la corresponsione automatica del beneficio.
Il provvedimento definisce anche gli obblighi informativi di tutti i soggetti coinvolti nel processo di erogazione anche ai fini del monitoraggio delle somme erogate.
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Imposta di bollo fatture elettroniche 2° trimestre: entro il 30 settembre
Entro il 30 settembre i soggetti obbligati devono provvedere al versamento dell’imposta di bollo delle fatture elettroniche relative al secondo trimestre 2025.
Attenzione al fatto che al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico dei contribuenti, il Decreto Semplificazioni n. 73/2022 convertito nella legge n. 122/2022, ha introdotto semplificazioni per le modalità di versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, incrementando da 250,00 euro a 5.000,00 euro, il limite di importo entro il quale è possibile effettuare il versamento cumulativamente anziché in modo frazionato.
Infatti, a partire dalle fatture quelle emesse dal 1° gennaio 2023:
- se l’ammontare dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture del 1° trimestre non supera in totale 5.000 euro, la stessa potrà essere versata insieme all’imposta dovuta per il 2° trimestre, entro il 30 settembre,
- se l’ammontare dell’imposta complessivamente dovuta sulle fatture emesse nei primi due trimestri non supera l’importo di 5.000 euro, il pagamento potrà avvenire insieme con l’imposta dovuta per il terzo trimestre, entro il 30 novembre.
Riepiloghiamo le regole necessarie a chi deve adempiere a questa scadenza.
Bollo e-fatture: entro il 30 settembre pagamento per il II trimestre
Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica, prima verso le Pubbliche amministrazioni e poi verso i privati, l’articolo 6 del Dm 17 giugno 2014 ha disciplinato l’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, prevedendo l’obbligo di riportare una specifica annotazione su quelle soggette a tale imposta e disponendo modalità e termini di versamento.
L’annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo sulla fattura elettronica avviene valorizzando a “SI” il campo “Bollo virtuale” contenuto all’interno del tracciato record della fattura elettronica.
L’importo complessivo dell’imposta di bollo relativa alle fatture elettroniche deve essere versato dal contribuente mediante presentazione del modello F24 secondo le scadenze prestabilite.
L’articolo 12-novies del decreto legge n. 34/2019 (come modificato dal Dm del 4 dicembre 2020) ha previsto che l’Agenzia delle entrate metta a disposizione dei contribuenti e dei loro intermediari delegati, all’interno del portale “Fatture e corrispettivi”, i dati relativi all’imposta di bollo emergente dalle fatture elettroniche emesse (elenco A), integrati dall’Agenzia con i dati delle fatture elettroniche che non recano l’indicazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, ma per le quali l’imposta risulta dovuta (elenco B).
I soggetti Iva possono dunque verificare di aver correttamente assoggettato le fatture elettroniche all’imposta di bollo e, nel caso di omissione dell’indicazione del bollo sulle fatture emesse, possono confermare l’integrazione elaborata dall’Agenzia ed effettuare il versamento di tale imposta.
Se, invece, i soggetti Iva ritengono che una o più fatture elettroniche oggetto dell’integrazione elaborata dall’Agenzia non debbano essere assoggettate a imposta di bollo, possono eliminarle dall’integrazione e fornire le relative motivazioni in sede di eventuale verifica da parte dell’Agenzia.
Relativamente al pagamento, in generale, sulla base dei dati presenti negli elenchi A e B, l’Agenzia delle entrate procede al calcolo dell’imposta di bollo dovuta per il trimestre di riferimento e ne evidenzia l’importo nell’area riservata del portale “Fatture e corrispettivi” entro il giorno 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre. Per il secondo trimestre, tale data slitta al 20 settembre.
Il versamento dell’imposta di bollo deve essere effettuato secondo le scadenze stabilite all’articolo 6, comma 2, del Dm del 17 giugno 2014 e per il II trimestre 2025, occorre provvedere entro il 30 settembre.
Sinteticamente ricordiamo che sono previste le seguenti modalità per il pagamento:
- mediante addebito diretto dal conto corrente bancario del soggetto IVA. Il pagamento viene eseguito semplicemente indicando sull’apposita funzionalità web del portale “Fatture e corrispettivi” l’IBAN corrispondente al conto corrente intestato al contribuente, sul quale viene così addebitato l’importo dell’imposta di bollo dovuta. Una volta inoltrato e confermato il pagamento, avviene un controllo formale della correttezza dell’IBAN, verrà consegnata una prima ricevuta a conferma del fatto che la richiesta di pagamento è stata inoltrata. Successivamente ne verrà rilasciata una seconda, attestante l’avvenuto pagamento o l’esito negativo dello stesso.
- mediante modello F24 già predisposto dall’Agenzia delle Entrate e scaricabile dal portale.
I codici tributo da utilizzare, distinti in relazione al periodo di competenza, sono i seguenti:
- 2521 – Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – primo trimestre
- 2522 – Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – secondo trimestre
- 2523 – Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – terzo trimestre
- 2524 – Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – quarto trimestre
in caso di ravvedimento per la regolarizzazione dell'omesso o insufficiente pagamento, i codici tributo da utilizzare per il versamento delle sanzioni e interessi sono:
- 2525 – Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – sanzioni
- 2526 – Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – interessi.
Leggi anche Imposta di bollo fatture elettroniche 2° trimestre 2025: pagamento entro il 30 settembre
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OIC 34: questionario entro il 30 settembre
L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) in data 21 luglio aveva ha pubblicato un questionario allo scopo di raccogliere l’opinione degli operatori sugli aspetti applicativi che hanno generato maggiori difficoltà nell’applicazione dell’OIC 34 (“ricavi”) emesso nel 2023 ed è applicabile a partire dal 1° gennaio 2024, ricordiamo tutti i dettagli in vista della scadenza del 30 settembre prossimo.
OIC 34: questionario entro il 30 settembre
In particoalre, l’iniziativa di OIC trae origine da alcune richieste di chiarimento che hanno determinato l’avvio della post-implementation review (PIR) del principio e di semplificazione, anche al fine di favorire la sua applicazione e ridurre i rischi di contenzioso con le Autorità fiscali.
L’OIC 34 si applica a tutte le transazioni che comportano l’iscrizione di ricavi derivanti dalla vendita di beni e dalla prestazione di servizi indipendentemente dalla loro classificazione nel conto economico.
Con il questionario l’Organismo Italiano di Contabilità si propone di sondare gli operatori:- sui dubbi interpretativi riguardanti l’ambito di applicazione di OIC 34,
- la rilevazione dei ricavi,
- nonché il modo di contabilizzare alcune fattispecie specifiche come, ad esempio, le vendite con garanzia, le cessioni di licenze, le vendite con obbligo di ri-acquisto,
- di raccogliere suggerimenti su possibili aree di semplificazione.
Gli elementi raccolti con le risposte al questionario, da inviare entro il 30 settembre, verranno analizzati dall’OIC al fine di valutare eventuali modifiche da apportare all’OIC 34.
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Prospetto aliquote IMU: invio entro il 14 ottobre
Dal 2025 è obbligatorio inviare il prospetto delle aliquote IMU da parte dei Comuni, tramite il portale federalismo fiscale.
Ricordiamo che le delibere di approvazione del proseptto andavano approvate entro il 28 febbraio scorso.
Successivamente il Dl n 84/2025 convertito in legge, ha previsto una proroga per gli enti locali consentendo maggior tempo per adempiere, ossia entro il termine del 15 settembre.
Entro il prossimo 14 ottobre il prospetto approvato andrà inviato, vediamo con quali requisiti.
Prospetto aliquote IMU: entro il 14 ottobre sul portale federalismo
I Comun dovranno trasmettere il prospetto aliquote IMU entro il 14 ottobre prossimo.
In caso contrario, per l’anno d’imposta 2025 verranno applicate le aliquote base dell’IMU, e non più quelle dell’anno precedente, come invece accadeva fino al 2024 in caso di inadempienza.
Ricordiamo che l'IFEL, su questo adempimento, aveva pubblicato alcuni chiarimenti. In proposito eggi: Prospetto aliquote IMU 2025: il MEF pubblica le FAQ
Il MEF aveva chiarito che per tale adempimento è possibile consultare le: “Linee guida per l’elaborazione e la trasmissione del Prospetto delle aliquote dell’IMU dove viene evidenziato che il Prospetto aliquote IMU 2025 deve essere approvato con espressa delibera, la quale, però, non va trasmessa al Dipartimento delle finanze ma ne devono essere soltanto indicati gli estremi nella successiva fase di trasmissione del Prospetto.
Conseguentemente, nel caso in cui il comune trasmetta comunque il testo della delibera approvativa del Prospetto, all’interno, ad esempio, della sezione relativa ai regolamenti dell’applicazione “Gestione IMU” oppure di altra sezione del medesimo Portale (non essendo più presente, a decorrere dall’anno 2025, l’apposita sezione per l’inserimento della delibera di approvazione delle aliquote IMU, sostituita da quella del Prospetto), il MEF procederà alla
cancellazione della delibera stessa dall’applicazione.
In merito al contenuto della delibera in questione, veniva anche precisato che, il Comune, nell’ambito della sua autonomia regolamentare, può determinarne discrezionalmente il tenore, purché rechi l’approvazione del Prospetto, il quale, ai sensi dell’art. 1, comma 757, della legge n. 160 del 2019, forma parte integrante della medesima delibera.