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Tassazione in Italia anche per premi maturati all’estero: regole ADE
Cosa accade quando un dipendente riceve un premio da una società estera, ma al momento dell’erogazione è fiscalmente residente in Italia?
È questo il dubbio trattato nella Risposta a interpello n. 199/2025, recentemente pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, che rettifica la posizione precedentemente assunta nella Rispota n 81/2025. Leggi anche: Bonus dipendenti maturati in diversi Paesi: il trattamento fiscale.
Nel caso dell'interpello n 199/2025 una società tedesca, con stabile organizzazione in Italia, ha sottoposto il caso di un dipendente coinvolto in un Long Term Cash Bonus Plan.
Il lavoratore aveva maturato un premio triennale mentre era impiegato nel Regno Unito, ma ha poi trasferito la residenza fiscale in Italia prima della data di erogazione effettiva del bonus.
Il premio oggetto di interpello rientrava in un piano di incentivazione triennale, con erogazioni successive legate alla permanenza in azienda (vesting period) e il bonus è stato incassato dopo il trasferimento in Italia.
Vediamo i dettagli della risposta ADE.
Tassazione in Italia anche per premi maturati all’estero
L'Agenzia supera e corregge la precedente posizione espressa con l’interpello n. 81/2025 puntando l'attenzione sulla residenza fiscale al momento della percezione del bonus.
In particolare, nella risposta n 81 l’Agenzia aveva dostenuto che, ai fini convenzionali, la residenza andasse verificata con riferimento al momento della maturazione del reddito e non a quello dell’incasso, ora cambia rotta.
Oggi con la risposta n 199 viene chiarito che l'intero importo del bonus è tassabile in Italia se il dipendente è fiscalmente ivi residente, nel momento in cui riceve l’emolumento, anche se parte della prestazione lavorativa è stata svolta all’estero.
L’art. 51 del TUIR prevede infatti il principio di onnicomprensività, secondo cui sono imponibili tutte le somme percepite "in relazione al rapporto di lavoro", a prescindere dal periodo in cui si sono maturate.
La risposta richiama l’art. 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito: la potestà impositiva spetta sia allo Stato della residenza sia a quello della fonte, ma spetta all’Italia eliminare la doppia imposizione tramite il credito d’imposta.
La stabile organizzazione italiana dovrà effettuare le ritenute su tutti i bonus erogati, anche se maturati in periodi di lavoro svolto all’estero.
Attenzione al fatto che, se le ritenute non sono state applicate in passato in base a quanto indicato nella risposta n. 81/2025, non saranno applicate sanzioni se si provvede ora ai versamenti, grazie alla tutela prevista dallo Statuto del contribuente (art. 10, c. 2, L. 212/2000).
Il chiarimento offre una tutela importante per le aziende: nessuna sanzione o interesse sarà dovuto se il comportamento errato è stato adottato in buona fede seguendo una precedente indicazione dell’Agenzia.
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Residenza estera e risparmio amministrato: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Con la Risposta a interpello n. 208 del 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla possibilità, per un contribuente che trasferisce la propria residenza fiscale all’estero, di continuare a usufruire del regime del risparmio amministrato su un deposito titoli detenuto presso un intermediario italiano.
Il caso riguarda un cittadino italiano che, dal gennaio 2025, si è trasferito in Thailandia iscrivendosi all’AIRE e ottenendo un visto di residenza decennale, mantenendo un deposito titoli in Italia per il quale aveva già optato per il regime amministrato.
L’istante chiedeva se fosse obbligatorio il passaggio al regime dichiarativo e se tale passaggio comportasse la tassazione delle eventuali plusvalenze “latenti” sui titoli.
Il quadro normativo di riferimento
Il regime del risparmio amministrato è disciplinato dall’articolo 6 del D.Lgs. 461/1997, mentre il regime dichiarativo è regolato dall’articolo 5 dello stesso decreto.
Per i soggetti non residenti, il regime amministrato costituisce il regime naturale: l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze è applicata direttamente dagli intermediari, anche senza esercizio dell’opzione, salvo facoltà di rinuncia con effetto dalla prima operazione successiva.La normativa prevede che l’opzione possa essere revocata entro la fine dell’anno solare con effetto dall’anno successivo e che tale revoca non costituisca evento realizzativo ai fini delle imposte sui redditi. Pertanto, il semplice passaggio da regime amministrato a dichiarativo non genera tassazione sulle plusvalenze maturate e non realizzate.
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate
Nel rispondere all’interpello, l’Agenzia ha precisato che il contribuente, anche dopo il trasferimento all’estero, può continuare a mantenere il deposito titoli in regime di risparmio amministrato, senza obbligo di passaggio al regime dichiarativo.
In caso di volontaria revoca dell’opzione, l’operazione resta fiscalmente neutra: le eventuali plusvalenze latenti non vengono tassate fino alla loro effettiva realizzazione mediante cessione o rimborso dei titoli.
Resta comunque ferma la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di effettuare controlli per verificare la corretta qualificazione fiscale della fattispecie in base agli elementi di fatto.
Implicazioni pratiche per i contribuenti non residenti
Questo chiarimento è particolarmente rilevante per i cittadini italiani che si trasferiscono all’estero ma mantengono investimenti finanziari in Italia.
La conferma che il regime amministrato resta applicabile in automatico, e che il passaggio al dichiarativo è una facoltà e non un obbligo, consente di evitare adempimenti aggiuntivi e di pianificare con maggiore flessibilità la gestione del portafoglio titoli.Per chi opta per il regime amministrato, l’intermediario italiano continuerà a trattenere e versare l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze realizzate, semplificando gli obblighi dichiarativi in Italia.
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