• Riforma fiscale

    CPB: tutte le novità del Correttivo

    Il Decreto Correttivo pubblicato in GU n 134 del 12 giugno ha apportato varie modifiche alla agevolazione ormai nota come concordato preventivo biennale.

    L'agenzia delle entrate in data 18 giugno per recepire le novità ha aggiornato software e istruzioni relative. leggi anche  CPB: proposta e software il tuo ISA 2025 dopo il DLgs n 81

    In particolare, le modifiche al CPB introdotte con il DLgs. 81/2025 e relative ai limiti alle proposte sono state recepite nelle istruzioni alla compilazione del modello CPB 2025-2026 e nel relativo software “Il tuo ISA 2025 CPB”.

    Ora risulta completo il quadro applicativo per chi vorrà aderire.

    Secondo quanto specifica la stessa agenzia nella pagina dedicata, il software in commento calcola la proposta di CPB considerando le novità introdotte dal DLgs. 81/2025.

    Inoltre l'agenzia precisa che l’accettazione di eventuali proposte di adesione elaborate con la precedente versione del software “Il tuo ISA 2025 CPB” resta valida e, in ogni caso, è possibile presentare una nuova accettazione alla proposta di CPB elaborata con la nuova versione del software entro il 30 settembre.

    Riepiloghiamo alcune delle novità introdotte col correttivo.

    Correttivo CPB: incremento della sostitutiva

    L'art 8 del nuovo testo prevede di incrementare l’imposta sostitutiva dovuta dai soggetti aderenti al concordato che presentano una differenza tra il reddito concordato e il reddito effettivo del periodo d’imposta precedente superiore a ottantacinquemila euro.

    In particolare, è stabilito che sulla parte che supera il citato importo di ottantacinquemila euro sia applicata per i soggetti IRPEF l’aliquota prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e per i soggetti IRES l’aliquota individuata dall’articolo 77 del menzionato testo unico. 

    Per le società o associazioni di cui agli articoli 5 e 116 del testo unico delle imposte sui redditi, il superamento del limite di ottantacinquemila euro è verificato, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con le aliquote di cui al nuovo comma 1-bis, in capo alla società o associazione, indipendentemente dalla quota di eccedenza imputata ai soci o associati. 

    La disposizione si applica a partire dalle adesioni al concordato preventivo biennale per il biennio 2025-2026 purché non esercitate prima dell’entrata in vigore del presente decreto.

    La relazione al decreto evidenzia che non si è ritenuto di accogliere l’osservazione 2 della 6^ Commissione (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, volta a innalzare il limite di eccedenza di cui all’art. 7,  da 85.000 a 100.000 euro per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, in quanto, l’Agenzia delle entrate non ha alcun margine di discrezionalità nella formulazione della proposta, la quale viene elaborata sulla base della documentazione tecnica approvata con il decreto ministeriale dello scorso 28 aprile; inoltre l’innalzamento della soglia a 100.000 euro renderebbe la norma, di fatto, inapplicata, dal momento che il reddito medio dei soggetti che applicano gli ISA ammonta a circa 45.000 euro.

    Correttivo CPB: nuova causa di esclusione

    Con l'art 9 si introduce una nuova causa di esclusione dall’accesso all’istituto del concordato preventivo biennale per i contribuenti che – con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta – dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54, comma 1, e contemporaneamente, partecipano ad associazioni di cui all’art. 5, comma 3, lettera c) del citato d.P.R. n. 917/1986, ovvero a società tra professionisti di cui all’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ovvero ancora a società tra avvocati di cui all’articolo 4-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247. 

    Per tali casi, viene previsto che l’accesso al concordato, per il lavoratore autonomo, è consentito solo se anche l’associazione professionale ovvero la società tra professionisti o tra avvocati cui quest’ultimo partecipa abbia optato per l’adesione alla proposta di concordato per i medesimi periodi d’imposta. 

    Analoga causa di esclusione opera anche per le associazioni e le società, nelle ipotesi in cui non tutti i soci o associati – che dichiarino individualmente redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni – aderiscano, per i medesimi periodi d’imposta, alla proposta di concordato preventivo.

    Contestualmente, vengono introdotte due nuove cause di cessazione del concordato che si rendono applicabili quando non siano soddisfatte le medesime condizioni previste dalle nuove cause di esclusone.

    In particolare, viene previsto che le associazioni e le società indicate nella norma cessano dal regime del concordato quando anche solo uno dei soci o degli associati, che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, non possono più determinare – qualunque sia la causa di cessazione dal regime – il loro reddito mediante l’adesione alla proposta di concordato

    Analoga ipotesi di cessazione in capo al singolo associato o socio ogniqualvolta la società o l’associazione non può più determinare, con riferimento ai medesimi periodi d’imposta, il reddito sulla base dell’adesione alla proposta di concordato.

    Attenzione al fatto, che le disposizioni si applicano a decorrere dalle opzioni esercitate per l’adesione al concordato relative al biennio 2025-2026 purché non esercitate prima dell’entrata in vigore del presente decreto.

    Correttivo CPB: le soglie massime per le proposte in base al punteggio ISA

    La relazione illustrativa che accompagna il decreto prevede che in accoglimento della prima osservazione della 6^ commissione (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, le disposizioni in esame intervengono in materia di elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale mediante l’inserimento dei commi da 3-bis a 3-quater nell’articolo 9 del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13.

    In particolare, viene previsto che la proposta di reddito concordato elaborata dall’Agenzia delle entrate può eccedere solo entro determinati limiti il corrispondente reddito dichiarato dal contribuente nel periodo d’imposta antecedente a quello cui si riferisce la medesima proposta, rettificato in base a quanto previsto dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 13 del 2024. 

    In particolare, sono previsti tre distinti limiti di eccedenza massima, pari al 10, al 15 e al 25 per cento, che trovano applicazione in corrispondenza dei livelli di affidabilità fiscale più alti relativi al periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta. In particolare, il limite pari al:

    • 10 per cento si applica in caso di livello di affidabilità pari a 10;
    • 15 per cento si applica in caso di livello di affidabilità compreso tra 9 e 10;
    • 25 per cento si applica in caso di livello di affidabilità superiore a 8 ma inferiore a 9.

    Inoltre, viene stabilito che le limitazioni di cui al comma 3-bis non trovano applicazione laddove la proposta, formulata applicando tale comma, risulti inferiore ai valori di riferimento settoriali derivanti dall’applicazione della metodologia di elaborazione prevista dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 13 del 2024. 

    Infine, le medesime regole vengono estese alla determinazione della proposta di valore della produzione netta rilevante ai fini della imposta regionale sulle attività produttive ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 13 del 2024.

    CPB: il calendario per aderire

    Il Decreto Correttivo ha confermato che l'adesione alla proposta di concordato può essere manifestata:

    • entro il 30.9; 
    • o entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare.

    A tal fine, l'adesione 2025-2026 può avvenire:

    • congiuntamente al Modello ISA nell'ambito del Modello Redditi 2025 (
    • in forma autonoma, con invio del Frontespizio del Modello Redditi 2025 indicando il codice "1" nella nuova casella "Comunicazione CPB"

  • Riforma fiscale

    Irpef 2025: le 3 aliquote e gli scaglioni

    L’imposta sui redditi delle persone fisiche, nota come Irpef, a seguito della Riforma Fiscale, ha subito per il solo anno 2024 delle modifiche.

    Tali modifiche sono rese strutturali dalla Legge di Bilancio 2025 in vigore dal 1° gennaio che interviene sui relativi articoli del TUIR.

    In sostanza diventa strutturale l’accorpamento dei primi due scaglioni, con aliquota al 23% fino a 28.000 euro di reddito. Le Entrate hanno pubblicato i Dichiarativi 2025 e le novità sull'Irpef sono state recepite nel:

    al fine di poter provvedere al pagamento secondo le novità:

    Su tutte le novità riguardanti l'Irpef 2025 le Entrate hanno anche pubblicato la Circolare n 4 del 16 maggio cui si rimanda per esempi e chiarimenti. Leggi qui

    Irpef 2025: nuove aliquote

    L'Irpef è disciplinata dall’articolo 11 del Dpr n. 917/1986, che detta le regole per il calcolo dell’imposta dovuta.

    Il Decreto Legislativo n 216/2023 ha previsto che a partire dal 1° gennaio e fino al 31 dicembre 2024 le aliquote e gli scaglioni dell'Irpef sono così strutturati:

    • aliquota del 23% per i redditi fino a 28.000 euro,
    • aliquota del 35% per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro,
    • aliquota del 43% per i redditi che superano 50.000 euro,

    La legge di bilancio 2025, prevede con l’articolo 1, ai commi da 2 a 9, di rendere strutturale la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF (23, 35 e 43 per cento).

    Per le novità sull'acconto Irpef  2025 leggi anche Acconto Irpef 2025 su aliquote 2023: per chi

    Irpef lavoro dipendente 2025

    Modificando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera a), del TUIR, eleva da 1.880 euro a 1.955 euro le detrazioni per reddito da lavoro dipendente previste con riferimento ai redditi fino a 15.000 euro.

    Si riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente ad eccezione dei percettori di redditi da pensione (di cui al comma 3, lettera a) dell’articolo 49 del TUIR) che hanno un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro una somma, che non concorre alla formazione del reddito, determinata applicando al reddito di lavoro dipendente del contribuente la percentuale corrispondente di seguito indicata:

    • 7,1 per cento, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
    • 5,3 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro;
    • 4,8 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro.

    Si precisa che, ai soli fini dell’individuazione della percentuale, il reddito di lavoro dipendente è rapportato all’intero anno.

    Si riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente ad eccezione dei percettori di redditi da pensione (di cui al comma 3, lettera a) dell’articolo 49 del TUIR), che hanno un reddito complessivo superiore a 20.000 euro una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari:

    • a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro;
    • al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro ma non a 40.000 euro.

    In altri termini per i percettori di reddito tra 32.000,01 euro e i 40.000 euro l’importo riconosciuto è progressivamente decrescente rispetto ai 1.000 euro attribuiti fino alla soglia dei 32.000 euro, per azzerarsi raggiunta la soglia dei 40.000 euro.

    Leggi anche: Detrazioni Irpef 2025: cosa cambia dal 1° gennaio.

    Irpef residenti e non residenti

    Per i soggetti residenti, il reddito complessivo è formato da tutti i redditi ovunque prodotti.

    Alcune spese (“oneri deducibili”) possono ridurre il reddito complessivo, come per esempio i contributi previdenziali e assistenziali o le erogazioni liberali in favore degli enti no profit.

    L’imposta lorda si calcola applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le aliquote per scaglioni.

    L’Irpef dovuta dal contribuente è determinata sottraendo dall’imposta lorda le detrazioni previste dalla normativa: ad esempio, le detrazioni previste per tipologia di reddito prodotto (lavoro dipendente, pensione, autonomo),  la detrazione per il coniuge, i figli (di età pari o superiore a 21 anni) e altri familiari a carico, e le detrazioni riconosciute a fronte di alcune tipologie di spese sostenute durante l’anno (come salute, istruzione, interessi per il mutuo dell’abitazione, ecc). Inoltre vanno sottratti i crediti d’imposta spettanti.

    Le detrazioni sono riconosciute generalmente fino all’ammontare dell’imposta dovuta. Non possono essere rimborsati importi superiori.

    Per i soggetti non residenti il reddito complessivo è formato solo dai redditi prodotti in Italia.

    I soggetti non residenti possono portare in diminuzione del reddito complessivo solo alcuni oneri deducibili, come le donazioni (l’elenco completo si trova all’articolo 24 comma 2 del Testo unico delle imposte sui redditi).

    Come per i soggetti residenti, l’imposta lorda si calcola applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le aliquote per scaglioni. Dall’imposta lorda i soggetti non residenti possono sottrarre alcune detrazioni, come le detrazioni per lavoro dipendente, quelle per spese relative a ristrutturazioni edilizie o per alcuni tipi di donazioni (l’elenco completo si trova all’articolo 24 comma 3 del Testo unico delle imposte sui redditi. Non spettano le detrazioni per carichi di famiglia

  • Riforma fiscale

    Federalismo fiscale: i dati ADE

    In data 2 aprile, in audizione in Parlamento presso la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale della Camera dei deputati, le Entrate  hanno presentato i dati sul federalismo fiscale.

    In particolare, si è parlato del ruolo delle Agenzie Entrate ed Entrate-Riscossione nell’ambito del processo di attuazione del federalismo fiscale, e in particolare un approfondimento sulla gestione di tributi come:

    • l’Irap, 
    • le addizionali e le tasse automobilistiche, 
    • la riscossione con F24 di Imu e Tari 
    • la collaborazione con i Comuni su vari fronti.

    Federalismo fiscale: i dati ADE

    Dai dati diffusi durante l'audizione è emerso che l’Agenzia delle entrate svolge un ruolo cruciale nella gestione dei tributi locali e nella collaborazione con le autorità regionali, garantendo assistenza, liquidazione, controllo e riscossione delle imposte. 

    Inoltre, collabora con Regioni e Province autonome nella gestione dell’Irap e dell’addizionale regionale all’Irpef. Questa collaborazione è regolata da convenzioni che prevedono:

    • l’assistenza ai contribuenti – l’Agenzia fornisce modelli di dichiarazione e software per la compilazione e il controllo delle dichiarazioni
    • la liquidazione delle imposte – le imposte vengono liquidate automaticamente in base alle dichiarazioni presentate
    • il controllo delle dichiarazioni – l’Amministrazione effettua controlli formali per garantire la correttezza delle dichiarazioni
    • l’accertamento – l’Agenzia verifica l’imponibile non dichiarato e gestisce le sanzioni per le violazioni
    • i rimborsi – gestisce la liquidazione e l’esecuzione dei rimborsi per imposte versate in eccesso
    • la riscossione – si occupa della riscossione spontanea e coattiva delle imposte dovute.

    Stesse modalità sono seguite anche per la gestione dell’addizionale comunale all’Irpef.

    Relativamente alle tasse automobilistiche, l’Agenzia entra in gioco per quelle dovute in Friuli-Venezia Giulia e Sardegna (Regioni a statuto speciale), occupandosi di riscossione, accertamento e contenzioso.
    Per i versamenti dei tributi locali, l'Agenzia supporta la gestione della riscossione tramite modello F24 e ha recentemente implementato nuove modalità di versamento per l’Imu e altre imposte locali, facilitando il riversamento delle risorse ai Comuni.

    Sempre sul tema del federalismo leggiamo le novità appena approvate in Abruzzo sul tema delle addizionali, aumentate per certa fasce di reddito al fine di contribuire alla spesa della sanità locale.

    Legge Regionale Abruzzo: aumenti per le addizionali per la sanità

    Con un comunicato stampa del 25 marzo della Regione Abruzzo, si informa della approvazione di una Legge regionale per aumentare le addizionali.

    In dettaglio 7 abruzzesi su 10 pagheranno meno o non subiranno aumenti.

    La giunta regionale ha approvato la riforma dell’addizionale regionale IRPEF che, a partire dal 2025, introduce aliquote differenziate per scaglioni di reddito

    Una misura che renderà il sistema fiscale regionale più equo e che – secondo la proiezione realizzata dal MEF, aggiornata alle tendenze demografiche e fiscali – favorirà oltre 488.000 contribuenti, pari al 72,23% della popolazione fiscale abruzzese.

    Come specificato dal comunicata stampa le nuove aliquote IRPEF in Abruzzo per il 2025 sono:

    • 1,63% per i redditi fino a 28.000 euro
    • 3,23% per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro
    • 3,33% per i redditi superiori a 50.000 euro

    La Regione stima un maggior gettito di circa 44,7 milioni di euro.

    Il Presidente Marsilio ha commentato che “In Abruzzo pagherà di più solo chi può permetterselo. Una scelta concreta per rafforzare i principi di equità e giustizia sociale. Questa riforma dimostra che è possibile coniugare rigore e giustizia sociale. Abbiamo scelto di alleggerire la pressione fiscale su oltre il 70% degli abruzzesi, sostenendo le fasce più fragili, i lavoratori e il ceto medio. (…)”.

    Lo stesso Presidente si sta facendo promotore di una riforma della ripartizione delle risorse del Fondo sanitario nazionale che attualmente è pro capite e penalizza regioni come l’Abruzzo con un territorio montuoso e con una bassa densità di popolazione. 

    Con la nuova struttura si prevedono benefici per i redditi medio-bassi.

    L’aliquota scende dal 1,73% all’1,63% per i redditi fino a 28.000 euro. 

  • Riforma fiscale

    Concordato preventivo biennale: ravvedimento entro il 31 marzo

    Entro il 31 marzo è possibile optare per il ravvedimento speciale per gli ISA.

    Con il Provvedimento n 403886 del 4 novembre 2024 l'ADE ha pubblicato modalità e termini di comunicazione delle opzioni per l’applicazione dell’imposta sostitutiva per annualità ancora accertabili per i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale.

    Ricordiamo che l’articolo 2-quater del “decreto-legge”, consente ai soggetti che hanno applicato gli “ISA” e che aderiscono, entro il 31 ottobre 2024, al “CPB” di adottare il regime di “ravvedimento” disciplinato dallo stesso articolo 2-quater versando le imposte sostitutive sia delle imposte sui redditi e delle relative addizionali sia dell'imposta regionale sulle attività produttive.

    A tal fine con il provvedimento del 4 novembre si prevede che i soggetti ISA che entro il 31 ottobre hanno aderito al Concordato preventivo biennale, entro il prossimo 31 marzo 2025 possono optare per l'istituto del ravvedimento speciale, vediamo come.

    Concordato preventivo biennale: chi può optare per il ravvedimento

    I contribuenti ISA aderenti al concordato preventivo biennale, possono esercitare entro il 31 marzo 2025 l’opzione del ravvedimento mediante la presentazione del modello F24 corrispondente al versamento della prima o unica rata delle imposte sostitutive, utilizzando i codici tributo appositamente istituiti con l’indicazione dell’annualità per la quale è esercitata l’opzione.

    A tal proposito è stata pubblicata la Risoluzione n 50/2024 che ha istituito i codici tributo utili al pagamento, per i dettagli leggi: Codici tributo per il ravvedimento del CPB.

    Il Provvedimento ADE del 4 novembre fissa termini e modalità di comunicazione delle opzioni relative all’applicazione del ravvedimento che si concretizza con il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle relative addizionali, e dell'imposta regionale sulle attività produttive.

    Possono adottare il “ravvedimento” i soggetti che aderiscono, entro il 31 ottobre 2024, al “concordato”, di cui agli articoli da 10 a 22 del “decreto legislativo” e che nelle “annualità”:

    • hanno applicato gli “ISA”;
    • ovvero, hanno dichiarato una delle cause di esclusione dall’applicazione degli ISA correlata alla diffusione della pandemia da COVID-19, introdotta con i decreti attuativi dell’articolo 148 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;
    • ovvero, hanno dichiarato la sussistenza di una condizione di non normale svolgimento dell’attività di cui all’articolo 9-bis, comma 6, lettera a), del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

    Per il calcolo della base imponibile dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, e dell’imposta sostitutiva dell’imposta regionale sulle attività produttive, si tiene conto dei dati indicati nelle relative

    dichiarazioni presentate, anche ai fini dell’applicazione degli ISA, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del “decreto-legge”.

    Attenzione al fatto che, nell’Allegato n. 1 al presente provvedimento sono riportati i riferimenti ai campi delle dichiarazioni fiscali rilevanti ai fini della determinazione delle imposte da versare per adottare il “ravvedimento”.

    I soggetti che hanno conseguito, nell’annualità d'imposta interessata dal “ravvedimento”, sia reddito di impresa sia reddito di lavoro autonomo, possono adottare tale istituto solo se esercitano l’opzione per entrambe le categorie reddituali

    CPB: modalità e termini della opzione del ravvedimento entro il 31.03.2025

    Per l’adozione del “ravvedimento” l’opzione è esercitata, per ogni “annualità”, mediante presentazione del “modello F24” relativo al versamento della prima o unica rata delle imposte sostitutive con l’indicazione nel campo “Anno di riferimento” della relativa “annualità” indicando il numero complessivo delle rate, tramite i codici tributo appositamente istituiti con la “risoluzione”.

    Il provvedimento specifica che per le società e associazioni di cui all’articolo 5 ovvero le società di cui agli articoli 115 e 116 del “Tuir” l’opzione è esercitata con la presentazione di tutti i “modelli F24” di versamento, relativi alla prima o unica rata:

    • dell’imposta sostitutiva dell’imposta regionale sulle attività produttive da parte della società o associazione;
    • delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e delle relative addizionali da parte dei soci o associati.

    In caso di pagamento rateale, l’opzione, per ciascuna “annualità”, si perfeziona con il pagamento di tutte le rate.

    Il pagamento tardivo di una delle rate, diverse dalla prima, entro il termine di pagamento della rata successiva non comporta la decadenza dal beneficio della rateazione.

    Il “ravvedimento” non si perfeziona se il versamento, in unica soluzione o della prima rata delle imposte sostitutive, è successivo alla notifica di processi verbali di constatazione o schemi di atto di accertamento, di cui all’articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, ovvero di atti di recupero di crediti inesistenti.

    L’opzione deve essere esercitata con la presentazione del “modello F24” relativo al versamento in unica soluzione o della prima rata entro il 31 marzo 2025.
    Il pagamento rateale è possibile in un massimo di ventiquattro rate mensili di pari importo maggiorate di interessi calcolati al tasso legale con decorrenza dal 31 marzo 2025.

    Allegati:
  • Riforma fiscale

    Risultati fiscali 2024: pubblicati i dati ufficiali

    Agenzie delle Entrate e Agenzia della Riscossione hanno pubblicato le slide contenute nel Documento Risultati 2024.

    Il Rapporto di fine anno con i dati ufficiali mostra, tra gli altri, che l'attività di contrasto all’evasione, ha consentito un recupero di oltre 26 miliari di euro. 

    A ciò si aggiungono oltre 7 miliardi di recuperi non erariali che sono stati conseguiti da Agenzia delle entrate-Riscossione per conto di altri Enti.

    Vediamo alcune slide nel dettaglio.

    Lotta all’evasione 2024: i dati delle Entrate

    Dalla lotta all’evasione arrivano complessivamente 33,4 miliardi di euro che si attestano ad un + 8% rispetto al passato.

    In questi numeri rientrano anche introiti derivanti dalle lettere di compliance da cui sono stati incassati 4,5 miliardi di euro e versamenti spontanei pari a 587 miliardi.

    Se si legge la serie storica dei dati dal 2019, eccezione Covid a parte, la crescita dei pagamenti spontanei è costante. 

    Il nuovo Direttore ADE Vincenzo Carbone durante la presentazione dei risultati ha specificato: "Un dato più che positivo che testimonia come l’agenzia delle Entrate e quella della Riscossione stiano proseguendo quel percorso imboccato già da qualche anno per apparire sempre più affidabili agli occhi di cittadini e imprese".

    Secondo Carbone relativamente ai dati dei controlli: "al momento è solo un segnale importante da cogliere senz’altro che indica come la direzione imboccata sia quella giusta per controlli sempre più ex ante e non più a posteriori".

    Il Direttore Carbone ha anche aggiunto, relativamente alle lettere di compliance che: "si tratta di un risultato importante dietro il quale c’è un’attività di analisi dei dati particolarmente impegnativa e sempre più puntuale come testimoniano i dati sui falsi positivi sempre più in numero residuale rispetto al dato complessivo".

    Accertamento: i dati su frodi su Iva e bonus casa

    Dal rapporto delle Entrate si evince anche che tra i circa 6 miliari di euro recuperati con controlli preventivi e attività di analisi dei rischi dell'Agenzia vi sarebbero:

    • crediti di imposta fittizi, bloccati negli F24, 
    • bonus edilizi considerati a rischio, bloccati sul nascere
    • frodi Iva, sotto forma di rimborsi chiesti e puntualmente negati.

    In particolare, le linee di azione delle Entrate sono state sostanzialmente due:

    • analisi sulle cessioni di crediti collegati a lavori edili, per individuare quegli importi che non corrispondevano all’effettiva realizzazione di un’opera. In tal senso sono stati eseguiti sequestri, in sinergia con la Guardia di finanza, di crediti fittizi per circa mezzo miliardo di euro. 
    • analisi automatizzata, legata a fattori di rischio standard che fanno emergere le comunicazioni di cessione dei crediti più problematiche. Tale meccanismo introdotto nel 2021 dal decreto antifrodi è volto a rigettare le comunicazioni irregolari. A tal proposito gli scarti sono stati pari a 1,9 miliardi di euro nel 2024. 

    Precompilata: i dati ufficiali 2024

    Relativamente alla Dichiarazione dei redditi il 730 precompilato (fai da te) ammonta a 5 milioni

    In particolare, nel 2024 sono stati 5 milioni i modelli 730 inviati dai cittadini, il dato più alto dal 2015.

    Occorre evidenziare che su circa 25 milioni di dichiarazioni precompilate, una su cinque è stata trasmessa con il fai-da-te da dipendenti e pensionati. 

    Al debutto della precompilata  risalente a dieci anni fa ci si era fermati a un modello su 14. 

    Viene specificato che dietro i dati conseguiti, si possono rilevare alcune tendenze ricorrenti di questi anni:

    • l’area del modello 730 si amplia rubando spazio al modello Redditi;
    • l’invio fai-da-te cresce di pari passo con la quota di contribuenti che non modificano i dati precaricati;
    • l’invio diretto è stato senz'altro favorito dalle semplificazioni introdotte con la riforma fiscale: compilazione “assistita” e poi compilazione “semplificata” che ha esordito l’anno scorso.

    Occorre evidenziare che l complessità delle regole fiscali impedirà all’invio fai-da-te di diventare prevalente. 

    Ma, come osservato da più parti, la precompilata resta un utile strumento di lavoro anche per Caf e intermediari.

    Interpelli: dati ufficiali 2024

    Il Direttore ADE Vincenzo Carbone ha annunciato una novità in tema di interpelli: si sta lavorando a un coordinamento per evitare risposte incoerenti da parte delle diverse direzioni regionali.

    Come si evince anche dalla slide del Rapporto diffuso il 18 febbraio, nel 2024 sono state predisposte 9.760 risposte a interpelli, di cui 1.930 a livello centrale e 7.830 su base regionale. 

    Si è quindi in presenza di un leggero calo dal 2023 ma consistente rispsetto al 2021, con io boom da superbonus e con la coda degli aiuti Covid.

    .

  • Riforma fiscale

    Adempimento Collaborativo: nuovo modello dal 17 dicembre

    Con il Provvedimento n. 450193 del 17 dicembre le Entrate approvano il Modello ultile per l'adempimento collaborativo di cui agli articoli 3 e ss. del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, con le relative istruzioni.

    Adempimento Collaborativo: nuovo modello dal 17 dicembre

    È approvato, unitamente alle relative istruzioni, il nuovo “Modello di adesione al regime di adempimento collaborativo” da utilizzare per la richiesta di adesione al regime a far data dal 17 dicembre.
    Il modello sostituisce quello approvato con Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate prott. n. 54237 e 54749 del 14 aprile 2016 e successivamente modificato con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 153271 del 04 maggio 2022.
    Il modello è sottoscritto e presentato all’Ufficio Adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale, esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, indicato nelle istruzioni per la compilazione del modello.
    Per i soggetti non residenti privi di PEC la domanda di accesso può essere presentata alla casella di posta elettronica ordinaria indicata nelle istruzioni per la compilazione del modello.

    Le Entrate precisano che il modello appena pubblicato aveva necessità di essere adeguato alla luce delle modifiche intervenute con l’emanazione del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 6 dicembre 2024 attuativo delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128  come modificato dal decreto legislativo 30 dicembre 2023, n.221.
    In particolare, il decreto legislativo del 30 dicembre 2023, n.221 ha esteso l’accesso al regime  dell’adempimento collaborativo ai contribuenti che conseguono un volume di affari o di  ricavi:

    •  a) a decorrere dal 2024 non inferiore a 750 milioni di euro;
    •  b) a decorrere dal 2026 non inferiore a 500 milioni di euro;
    •  c) a decorrere dal 2028 non inferiore a 100 milioni di euro.

    Inoltre, sempre in relazione ai requisiti soggettivi, il decreto legislativo del 5 agosto 2024, n.  108, recante «Disposizioni integrative e correttive in materia di regime di adempimento  collaborativo, razionalizzazione e semplificazione degli adempimenti tributari e concordato  preventivo biennale», del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, ha previsto l’estensione  del regime, altresì, ai contribuenti che appartengono a un gruppo di imprese, inteso quale  insieme delle società, delle imprese e degli enti sottoposti a controllo comune ai sensi  dell’articolo 2359, comma 1, numeri 1) e 2), e comma 2 del codice civile, a condizione che  almeno un soggetto del gruppo possieda i requisiti dimensionali indicati nel comma 1-bis  dell’articolo 7 del decreto e che il gruppo adotti un sistema integrato di rilevazione,  misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, certificato ai sensi dell’articolo 4, comma  1-bis del decreto.

    Infine, in merito ai requisiti oggettivi, il decreto legislativo del 30 dicembre 2023, n. 221, ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater all’articolo 4 del decreto, ai sensi dei quali il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale di cui al comma 1 deve essere certificato, anche in ordine alla sua conformità ai principi contabili, da parte di professionisti indipendenti già in possesso di una specifica professionalità iscritti all’albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili.

    Allegati:
  • Riforma fiscale

    CPB tardivo: adesione entro il 12.12 senza sanzioni

    Il DL n 167 del  14 novembre pubblicato in GU dello stesso giorno ha previsto una riapertura dei termini per il CPB concordato preventivo biennale.

    Bisogna evidenziare che la norma prevede che tale possibilità sia concessa ai soli soggetti ISA senza sanzioni ed esclude invece i soggetti forfettari.

    Prima di leggere le condizioni per accedervi fissate dalla norma si evidenzia che le Entrate con FAQ del 9 dicembre hanno confermato che l'adesione tardiva al CPB alle condizioni del DL n 167 non prevede pagamento di sanzioni.

    CPB con dichiarazione integrativa: entro il 12.12 senza sanzioni

    Il nuovo decreto approvato dal Governo e pubblicato in GU quindi già in vigore prevede per i soggetti ISA che abbiano regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi entro il 31 ottobre, la possibilità di accedere tardivamente, ed entro il 12 dicembre prossimo al Concordato preventivo biennale.

    Tale possibilità è concessa presentando una dichiarazione integrativa che però non contenga:

    • una riduzione dell’imponibile o dell’debito d’imposta, 
    • né aumenti il credito rispetto alla dichiarazione originaria.

    La possibilità è rivolta esclusivamente ai soggetti ISA e consiste in pratica nella eventuale compilazione del Quadro P del modello ISA per l'adesione al CPB.

    A tal fine è necessario presentare una dichiarazione integrativa in qualche modo neutra si ritiene quindi senza applicazione di sanzioni.

    L'opzione è consentita solo se non ci sia un gettito per il contribuente invariato.

    Nella relazione illustrativa al decreto è evidenziato il concetto che la possibilità è concessa a condizione che nella dichiarazione integrativa presentata (…) non siano indicati un minor imponibile.

    Quindi tale dichiarazione integrativa è esclusivamente funzionale alla tardiva adesione al CPB.

    Visto il tenore letterale della norma si presume che ulteriori dichiarazioni integrative, in aggiunta a quella tardiva di adesione al CPB siano comunque possibili al fine di correggere errori di quella presentata entro il 31.10 scorso.

    Infine la non applicazione delle sanzioni per chi aderisce entro il 12.12 è confermata da una FAQ ADE del 9 dicembre.

  • Riforma fiscale

    Terreni donati: cambiano le plusvalenze da cessione

    Il DLgs. di Riforma di Irpef e Ires prevede che per le cessioni di terreni donati rileverà il costo del donante.

    La disposizione del comma 1 dell'art 7 rubricato Plusvalenze delle aree edificabili ricevute in donazione si applica alle cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria effettuate a partire dalla data di entrata in vigore del decreto.

    In attuazione dell’art. 5 comma 1 lett. h) n. 1 della L. 111/2023, l’art. 7 dello schema del Dlgs. di riforma di Irpef e Ires prevede la revisione del criterio di determinazione delle plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.

    Ossia, qualora tali terreni siano acquistati per effetto di donazione, come prezzo di acquisto, si assumerà quello sostenuto dal donante.

    Terreni donati: cambiano le regole per le plusvalenze da cessione

    Attualmente norma di riferimento, ossia l'art. 68 comma 2 ultimo periodo del TUIR, prevede che Per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili e di successione.

    Con l'art 7 su indicato si va appunto a modificare tale previsione e all’articolo 68 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni: 

    • a) al comma 1, secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, aumentato dell’imposta sulle donazioni nonché di ogni altro costo successivo inerente»; 
    • b) al comma 2, il quarto periodo è sostituito dai seguenti: «Per i terreni acquistati per effetto di successione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nella relativa dichiarazione, od in seguito definito e liquidato, aumentato dell’imposta di successione nonché di ogni altro costo successivo inerente. Per i terreni acquistati per effetto di donazione si assume come prezzo di acquisto quello sostenuto dal donante aumentato dell’imposta sulle donazioni nonché di ogni altro costo successivo inerente.».

    La relazione illustrativa al Dlgs in oggetto, di prossima introduzione, ha evidenziato che la norma intende risolvere la questione che concerne gli effetti della donazione dei terreni edificabili a familiari seguita, entro un ristretto arco temporale, dalla loro cessione a terzi a opera dei donatari. 

    Si introdurrà un principio analogo a quello cui si ispira la legislazione vigente con riguardo alle cessioni degli immobili acquisiti per donazione da non più di cinque anni, per i quali è stabilito che si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.

    Si impedisce il perpetrarsi di operazioni finalizzate esclusivamente a evitare o ridurre la tassazione della plusvalenza rispetto a quella che sarebbe derivata dalla cessione dell’area edificabile qualora la stessa fosse stata effettuata direttamente dal donante.

  • Riforma fiscale

    Nuova Autotutela tributaria: istruzioni ADE

    Con la Circolare n 21 del 7 novembre si pubblicano le istruzioni operative per gli Uffici finanziari territoriali in materia di autotutela tributaria, a seguito delle novità introdotte con gli articoli 10-quater e 10- quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente.

    Vengono forniti chiarimenti in merito all’esercizio del potere di autotutela tributaria, alla luce della nuova disciplina dell’istituto.
    In particolare, il citato decreto legislativo ha:

    • introdotto una regolamentazione distinta ed espressa delle ipotesi di:
      • autotutela obbligatoria (articolo 10-quater) 
      • e facoltativa (articolo 10-quinquies), avendo riguardo anche ai riflessi di queste ultime sulla responsabilità amministrativo- contabile dell’amministrazione finanziaria (art. 10-quater, comma 3);
    • abrogato la previgente disciplina in materia di autotutela tributaria e, in  particolare, l’articolo 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564,  convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, nonché il  decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37.

    Tanto premesso, con la circolare, in ossequio al principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione, si forniscono istruzioni operative agli Uffici per garantirne l’uniformità di azione in relazione all’applicazione della nuova disciplina dell’autotutela, dando rilievo al contenuto dell'istanza di autotule e alle modalità di presentazione.

    Autotutela obbligatoria: le regole

    L’articolo 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente, rubricato «Esercizio del potere di autotutela obbligatoria», dispone, al comma 1, che l’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:

    • a) errore di persona;
    • b) errore di calcolo;
    • c) errore sull’individuazione del tributo;
    • d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria;
    • e) errore sul presupposto d’imposta;
    • f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
    • g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

    In linea con le esigenze di certezza alle quali la disposizione si ispira le ipotesi ivi richiamate devono ritenersi tassative e, quindi, di stretta interpretazione.

    In via preliminare, è opportuno chiarire che, coerentemente con la volontà del legislatore delegante di «potenziare l’esercizio del potere di autotutela», rientra nella nozione di atto di imposizione qualunque atto mediante il quale l’amministrazione finanziaria eserciti il proprio potere autoritativo con effetti di natura patrimoniale pregiudizievoli nei riguardi del contribuente.

    In tale nozione, rientrano, tra l’altro, gli «atti recanti una pretesa impositiva»6 (come, ad esempio, gli avvisi di accertamento e di rettifica) e quelli di chiusura della partita IVA.

    La disposizione normativa sopra richiamata pone, dunque, a carico dell’amministrazione finanziaria, l’obbligo di esercitare il potere di autotutela di atti di imposizione, ivi inclusi gli atti di accertamento catastale

    • (i) quando ricorrano i vizi tassativamente elencati dalla stessa 
    • e (ii) sempre che gli stessi diano luogo a forme di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione.

    Al riguardo, la Relazione al decreto che ha novellato le norme, precisa che «il riferimento alla evidente illegittimità o infondatezza si richiama espressamente al concetto di “errori manifesti” utilizzato dalla delega ed incorpora il significato attribuito dalle vigent norme di legge al profilo oggettivo dell’istituto dell’autotutela (oltre all’abrogato articolo 68 del D.P.R. n. 287/1992 anche l’articolo 2-quater del D.L. n. 564/1994 si riferisce congiuntamente agli atti “illegittimi o infondati” per individuare l’oggetto dell’autotutela)».

    Emerge, dunque, con chiarezza dai lavori preparatori della disposizione in esame e in particolare dalla Relazione, che deve escludersi «l’obbligatorietà dell’autotutela in tutti i casi in cui la questione appaia dubbia, anche per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali».

    Si ritiene, che, in caso di autotutela ad istanza di parte, il contribuente sia tenuto ad indicare puntualmente il tipo di vizio da cui è affetto l’atto e le ragioni in virtù delle quali il predetto vizio sia riconducibile ad una delle fattispecie tassative di cui all’articolo 10-quater.

    Ciò non esclude, tuttavia, che, ove sussistano obiettive condizioni di incertezza relative al corretto inquadramento della fattispecie, «anche per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali», l’amministrazione finanziaria, in sede istruttoria, tenuto conto anche degli elementi indicati nell’istanza, può rilevare che la fattispecie rappresentata non rientri tra quelle che legittimano il ricorso all’articolo 10-quater per l’assenza della condizione di «manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione».

    In definitiva, alla luce della ratio sottesa alla distinzione tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa, si ritiene che i vizi elencati dall’articolo 10- quater, configurino ipotesi di autotutela obbligatoria laddove il loro apprezzamento non presupponga la soluzione di questioni interpretative obiettivamente incerte, come, ad esempio, per l’esistenza di contrasti

    giurisprudenziali, dovendosi tali vizi manifestare, in ogni caso, in errori rilevabili ictu oculi.

    L’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere all’istanza di autotutela obbligatoria entro il termine di 90 giorni dalla sua ricezione

    Tale conclusione discende dal combinato disposto di cui agli articoli 19, comma 1, lettera g-bis) – che, come detto, inserisce tra gli atti impugnabili anche il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo

    10-quater – e 21, comma 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, che stabilisce che il ricorso avverso il rifiuto tacito sulle istanze di autotutela obbligatoria può essere proposto decorsi novanta giorni dalla loro presentazione.

    Il comma 2 dell’articolo 10-quater dispone che «L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione».

    Al riguardo, la Relazione ha fornito alcuni elementi utili a circoscrivere meglio le ipotesi di esclusione dell’obbligo di autotutela in presenza dei presupposti di cui al comma 1.

    In particolare, la stessa chiarisce che «per evidenti esigenze di certezza, al comma 2 si prevede il divieto di esercitare l’autotutela per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria», con l’ulteriore precisazione che «non è ostativo all’autotutela né un giudicato meramente processuale, né un giudicato sostanziale basato su motivi diversi da quelli che giustificano l’autotutela».

    Pertanto, pur in presenza di un giudicato sostanziale, il potere di autotutela deve, comunque, essere esercitato per vizi che dimostrino la manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione diversi da quelli sui quali si è pronunciato il giudice.

    Per le medesime ragioni di certezza, il legislatore ha individuato in un anno il limite temporale dell’autotutela obbligatoria relativa ad atti definitivi e ha disposto che il termine annuale decorre «dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione».

    In tali ipotesi, ai fini del rispetto del computo del termine di un anno dalla definitività dell’atto, rileva la data di presentazione dell’istanza di autotutela da parte del contribuente. Pertanto, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere anche oltre l’anno dalla definitività dell’atto di imposizione purché l’istanza di autotutela sia stata presentata prima di tale termine.

    Tenuto conto dei principi della legge delega che hanno guidato l’introduzione degli articoli 10-quater e 10-quinquies in esame, deve considerarsi, tuttavia, riconosciuta al contribuente la facoltà di presentare, anche oltre la scadenza del predetto termine annuale, un’istanza di autotutela facoltativa, rappresentando quest’ultima una categoria residuale che, in quanto tale, ricomprende i casi in cui ci si trovi al di fuori del perimetro, espressamente delineato, dell’autotutela obbligatoria.

    Per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, richiamate dal legislatore delegato, l’istanza di autotutela – sia essa facoltativa che obbligatoria – non può più essere presentata o, comunque, una volta presentata, il provvedimento di autotutela non può più intervenire quando l’atto di imposizione è stato oggetto, anche parzialmente, di qualunque forma di definizione della pretesa, anche agevolata (ad esempio, nel caso di accertamento con adesione, conciliazione, acquiescenza).

    Ad esempio, qualora il contribuente – pur impugnando un avviso di accertamento – abbia definito in via agevolata le sanzioni, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, la richiesta di autotutela e l’eventuale provvedimento dell’Ufficio potranno interessare esclusivamente la pretesa avanzata a titolo d’imposta, dovendosi ritenere ferma l’irripetibilità delle somme versate per la definizione agevolata delle sanzioni.

    Per quanto concerne l’indicazione tassativa dei vizi che configurano, nei casi di manifesta illegittimità, ipotesi di autotutela obbligatoria, l’elenco contenuto nell’articolo 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente non coincide con

    quello contenuto nel citato articolo 2 del decreto ministeriale n. 37 del 1997.

    L’articolo 10-quater non contempla espressamente, infatti, le seguenti fattispecie:

    • l’evidente errore logico;
    • la doppia imposizione;
    • la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati.

    Al riguardo, si ritiene che tali ipotesi possano confluire nella fattispecie dell’errore sul presupposto d’imposta. In particolare, rileverà:

    • l’errore logico, qualora lo stesso determini una palese infondatezza dell’atto che si traduca nel ritenere indebitamente realizzato il presupposto d’imposta;
    • la doppia imposizione, qualora sia espressamente vietata da una norma e la cui violazione determini la mancata realizzazione del presupposto d’imposta;
    • la sussistenza di requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni ed agevolazioni qualora l’errore riguardi i presupposti per fruire delle predette deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi.

    Resta inteso, comunque, che anche in tali ipotesi deve sussistere la manifesta illegittimità dell’atto di imposizione.

    L’elenco di cui all’articolo 10-quater contempla, invece, una fattispecie che l’articolo 2 del decreto ministeriale n. 37 del 1997 non prevedeva expressis verbis, e cioè l’errore sull’individuazione del tributo.

    In tale ipotesi, potrebbero rientrare i casi di erronea applicazione di un’imposta in luogo di un’altra, come, ad esempio, in caso di non corretta applicazione dei principi di alternatività IVA-imposta di registro ovvero di imposta sulle donazioni – imposta di registro.

    Le fattispecie non riprodotte nell’elenco contenuto nell’articolo 10-quater e che, comunque, non integrano altre ipotesi ivi contemplate, non rilevano ai fini dell’autotutela obbligatoria e, dunque, l’amministrazione non ha l’obbligo di esercitare il relativo potere; resta ferma, in tali ipotesi, la possibilità di esercitare il potere di autotutela facoltativa.

    Leggi Autotutela tributaria: come presentare l'istanza per le istruzioni.

  • Riforma fiscale

    Testo Unico Sanzioni: cosa contiene

    Il Cdm del 29 ottobre ha approvato tra gli altri il Testo Unico sulle sanzioni tributarie, amminidtrative e penali in via definitiva.

    In attesa del testo approvato, si riepilogano i contenuti del primo testo reso disponbile.

    Ricordiamo che  le disposizioni approvate si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio 2026.

    Il viceministro all’Economia Maurizio Leo ha espresso soddisfazione affermando che si tratta di: Una tappa importante del percorso di attuazione della delega. Entro fine anno puntiamo ad approvare definitivamente anche i decreti ora all’esame del Parlamento per i pareri. 

    Leggi anche:

    Testo Unico Sanzioni tributarie, amministrative e penali: finalità

    Il Testo Unico persegue la finalità di:

    • puntuale individuazione delle norme vigenti, organizzandole per settori omogenei, anche mediante l'aggiornamento dei testi unici di settore in vigore;
    • coordinamento formale e sostanziale delle norme vigenti, anche di recepimento e attuazione della normativa dell'Unione europea, apportando le necessarie modifiche, garantendone e migliorandone la coerenza giuridica, logica e sistematica;
    • abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili ovvero non più attuali.

    Il testo unico raccoglie: 

    • i principi generali e le disposizioni sanzionatorie contenuti nei decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471 e n. 472, in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e riscossione; 
    • le leggi d’imposta in materia di registro, ipotecaria, catastale, successioni, donazioni, bollo, concessione governativa, assicurazioni private e contratti vitalizi, imposta sugli intrattenimenti, canone Rai; 
    • le disposizioni penali in materia tributaria e la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

    Le disposizioni vigenti sono trasfuse senza modificarne la formulazione, a eccezione delle ipotesi in cui sia stato necessario. 

    In particolare, sono trasfuse le disposizioni relative alla disciplina sanzionatoria sostanziale di riferimento dei singoli tributi erariali; la disciplina relativa a profili diversi (ad esempio in tema di accertamento e sanzioni) è stata trasfusa, per settore d’ambito, negli altri rispettivi testi unici attuativi della delega. 

    Il testo tiene conto, altresì, delle modifiche recate dal decreto legislativo concernente la riforma del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale – in attuazione dell’articolo 20 della legge delega n. 111 del 2023 – approvato nella riunione del Consiglio dei Ministri del 24 maggio 2024.