• Determinazione Imposta IRES

    Maggiori acconti addizionale Ires: codici tributo per intermediari

    Con Risoluzione n 43 del 20 giugno le Entrate istituitscono i codici tributo “2043” e “2044” per consentire agli intermediari finanziari di pagare i maggiori acconti dell’addizionale Ires.

    Tutti i dettagli per adempiere.

    Maggiori acconti addizionale Ires: codici tributo per intermediari

    La Risoluzione in oggetto precisa che rimane la validità di quanto già versato con i codici 2007, 2008, 3881, 3882 istituiti con la Risoluzione n. 38 del 6 giugno 2025 per il pagamento dei maggiori acconti Ires e Irap per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per il successivo, in linea con quanto previsto dalla legge di Bilancio 2025 (articolo 1, commi 14-20 legge n. 207/2024).

    I nuovi codici tributo sono:

    • “2043” denominato “Maggior acconto I rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari – articolo 1, comma 20, della legge 30 dicembre 2024, n. 207
    • “2044” denominato “Maggior acconto II rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari o maggior acconto in unica soluzione – articolo 1, comma 20, della legge 30 dicembre 2024, n. 207”.

    Praticamente all'atto dellaq compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “anno di riferimento” dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.

    Per il codice tributo “2043”, in caso di versamento rateale, il campo “rateazione/Regione/Prov./mese rif.” è valorizzato nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” il numero totale delle rate. Per i pagamenti in un’unica soluzione, tale campo è valorizzato con “0101”.

    Allegati:
  • Determinazione Imposta IRES

    Ires 2025: come prepararsi per quest’anno

    Aperta la campagna dei Dichiarativi 2025:  le Entrate hanno pubblicato tutte le regole anche per la Dichiarazione delle società di capitali.

    In particolare, per pagare l'Ires 2025 anno di imposta 2024 le società interessate devono predisporre il Modello Redditi SC 2025 con istruzioni.

    Vediamo chi deve versare l'Ires.

    Ires 2025: chi la paga

    Devono versare l'Ires 2025 anno di imposta 2024:

    • le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee (regolamento CE n. 2157/2001) e le società cooperative europee (regolamento CE n. 1435/2003) residenti in Italia;
    • gli enti pubblici e privati residenti in Italia, compresi i consorzi, i trust, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e gli enti non commerciali (organizzazioni no profit);
    • le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, non residenti in Italia, per i soli redditi prodotti in Italia.

    In particolare sono considerati fiscalmente residenti in Italia:

    • le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno in Italia la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale;
    • gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia 
    • salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni con l’Italia, se almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti in Italia
    • salvo prova contraria, i trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni quando, dopo la loro costituzione, un soggetto residente in Italia effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, e vincoli di destinazione sugli stessi.

    Attenzione al fatto che, sono esenti dall’imposta sulle società i redditi degli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in  Italia e di quelli con sede in Lussemburgo, nei casi previsti dalla legge (TUIR art. 73, comma 5-quinquies).

    Ires 2025: a cosa prestare attenzione quest’anno

    Quest'anno occorre prestare attenzione ad alcune delle principali novità:

    • Concordato preventivo biennale. È stato previsto il nuovo quadro CP e sono stati aggiornati i quadri RF, RS, RH, TN, PN e GN per accogliere le novità della disciplina del concordato preventivo biennale (decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13).
    • Regime agevolato primo insediamento imprese giovanili in agricoltura. Nel quadro RQ è stata prevista la sezione XXV dedicata ai giovani agricoltori che hanno intrapreso un’attività d’impresa nel settore agricolo ed esercitato l’opzione per il regime fiscale agevolato consistente nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRES, delle relative addizionali e dell’IRAP applicata alla base imponibile costituita dal reddito d’impresa prodotto nel periodo d’imposta (art. 4 della legge 15 marzo 2024, n. 36)
    • Maggiorazione costo del personale. Il quadro RF è stato aggiornato per accogliere, tra le variazioni in diminuzione, la maggior deduzione del costo del personale di nuova assunzione (art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216).
    • Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate da parte di società ed enti commerciali non residenti. Nel quadro RT è stata inserita la sezione VI dedicata al nuovo regime delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate con requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell’art. 87 del TUIR, da parte di società ed enti commerciali non residenti (art. 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2023, n. 213).
      Affrancamento straordinario delle riserve. È stata prevista la nuova sezione VII-B del quadro RQ riservata ai contribuenti che optano per l’affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione, delle riserve e dei fondi, in sospensione di imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 (art. 14 del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192).

  • Determinazione Imposta IRES

    Ires al 20% per le imprese che investono in beni tecnologici

    La Legge di Bilancio 2025 ha previsto novità sull'ires.

    In particolare, una norma agevolativa, prevede per le imprese che investono in beni strumentali tecnologicamente avanzati una aliquota ires ridotta.

    L'aliquota Ires è ordinaziarmente al 24% ma con la disposizione introdotta dal 1° gennaio si riconosce per il solo periodo d’imposta 2025a determinati soggetti passivi IRES, al ricorrere di talune condizioni, l’aliquota agevolata del 20 per cento in luogo di quella ordinaria. Si prevedono, altresì, specifici casi di decadenza, nonché di esclusione, da tale agevolazione.

    L'8 agosto 2025 è stato pubblicato il decreto attuativo del MEF, clicca qui per scaricare il testo del decreto.

    Per approfondire leggi anche IRES premiale: regole, condizioni e cause di decadenza.

    Ires al 20% per le imprese che investono in beni tecnologici

    Nelle more dell’attuazione dei principi e dei criteri direttivi previsti dall’articolo 6, comma 1, lettera a) della legge n. 111 del 2023 in materia di revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti (riduzione dell'aliquota IRES nel caso in cui sia impiegata in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, o anche in nuove assunzioni ovvero in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili) la riduzione dell’aliquota IRES dal 24 per cento al 20 per cento, per il solo periodo d’imposta 2025, per le società e gli enti che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o non residenti nel territorio dello Stato, assoggettate all’IRES qualora ricorrano cumulativamente le seguenti condizioni: 

    • a) accantonamento ad apposita riserva di una quota minima pari all’80 per cento degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024; 
    • b) destinazione di una quota pari ad almeno il 30 per cento di tali utili accantonati e, comunque, non inferiore al 24 per cento degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 (di ammontare non inferiore, in ogni caso, a 20 mila euro), a investimenti nell’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, indicati negli allegati A e B alla legge n. 232 del 2016 (investimenti beni strumentali Transizione 4.0) e nell’articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024 (investimenti beni strumentali Transizione 5.0), che siano effettuati tra la data di entrata in vigore della presente legge e la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024; 
    • c) nel periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024: 
      • il numero di unità lavorative per anno (ULA) non sia diminuito rispetto alla media del triennio precedente; 
      • siano effettuate nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in misura tale da garantire un incremento occupazionale di almeno l’1 per cento del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente (ovvero quello in corso al 31 dicembre 2024) e, comunque, in misura non inferiore a una nuova assunzione 
    • d) l’impresa non abbia fatto ricorso all’istituto della cassa integrazione guadagni nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo, ad eccezione del caso in cui l’integrazione salariale ordinaria sia stata corrisposta in presenza di situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali. 

    Vengono individuati i casi di decadenza dall’agevolazione: 

    • a) distribuzione della predetta quota di utile accantonata entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024; 
    • b) dismissione, cessione a terzi, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell'impresa ovvero destinazione stabilmente a strutture produttive localizzate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, dei beni oggetto di investimento sopra menzionati entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l’investimento.

    Si prevede l’esclusione dal presente beneficio delle società e degli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a procedure concorsuali di natura liquidatoria, nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 o che determinano il proprio reddito imponibile, anche parzialmente, sulla base di regimi forfetari

    Inoltre, si provvede a disciplinare una serie di casi specifici: 

    • qualora le società e gli enti sopra menzionati partecipino al consolidato nazionale o mondiale, l’importo su cui spetta l’aliquota del 20 per cento è utilizzato dalla società o ente controllante, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta, fino a concorrenza del reddito eccedente le perdite computate in diminuzione; 
    • in caso di opzione per il regime di trasparenza fiscale, l’importo su cui spetta la predetta aliquota è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili; 
    • gli enti non commerciali e gli altri soggetti indicati all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR possono fruire dell’agevolazione limitatamente all’IRES riferibile al reddito di impresa. 

    Viene disposto, altresì, che, ai fini della determinazione dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata non applicando le presenti disposizioni. 

    Infine, si demanda ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’attuazione delle disposizioni in esame. 

  • Determinazione Imposta IRES

    Errori contabili: come correggerli, rilevanza Ires e Irap

    Con Risposta a interpello n 63 del 4 marzo le Entrate chiariscono il caso di una società che ha erroneamente imputato un bene.

    La questione riguarda la correzione nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2023 di un errore contabile commesso nel 2022. Nello specifico, la società ha erroneamente contabilizzato l’acquisto di due semirimorchi usati come costo di esercizio invece che come beni strumentali ammortizzabili, portando alla loro deduzione immediata nell'anno 2022, con effetti sulle imposte.

    La S.r.l. chiede se la correzione dell'errore possa avvenire direttamente nelle dichiarazioni dei redditi 2023, senza la necessità di presentare una dichiarazione integrativa per il 2022.

    I chiarimenti riguardano l'interpretazione e applicazione delle seguenti disposizioni normative:

    • l'articolo 83, comma 1, del TUIR, come modificato dal Decreto-Legge n. 73/2022 e dalla Legge n. 197/2022, ai fini delle imposte sui redditi delle società (IRES).
    • l'articolo 8, comma 1-bis, del Decreto-Legge n. 73/2022, ai fini dell'IRAP.

    Vediamo la replica delle Entrate.

    Errori contabili: come correggerli se rilevanti per Ires e Irap

    L'agenzia riepiloga che, nel caso di specie, l'errore contabile ha conseguentemente determinato l'erronea imputazione del complessivo ammontare di tale costo nell'anno di acquisto degli automezzi (2022); costo che, invece, doveva essere ripartito lungo l'intera vita utile degli stessi mediante il meccanismo contabile dell'ammortamento.

    L'Istante si interroga sulla possibilità di attribuire rilevanza fiscale (ai fini IRES e IRAP) alla correzione dell'errore contabile derivante da un'errata classificazione di una posta contabile, avvenuta nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2023 (primo esercizio soggetto a revisione legale) attraverso una rettifica (positiva) del saldo degli utili portati a nuovo (trattandosi di un errore qualificato dalla Società come ''rilevante'' in base all'OIC 29).
    Va ricordato che laddove l'errore contabile rappresentato in istanza risultasse, invece, conseguenza di una non corretta applicazione di norme fiscali (ossia, in altri termini, non fosse qualificabile come errore secondo i principi contabili nazionali valutazione che non è riconducibile all'area dell'istituto dell'interpello), le previsioni qui richiamate concernenti la rilevanza fiscale dell'errore contabile non troverebbero, in radice, applicazione.

    L'agenzia precisa che in relazione agli effetti fiscali della correzione degli errori contabili, in base all'attuale formulazione dell'articolo 83, comma 1, del Tuir ''ai soggetti che procedono alla correzione di errori contabili in bilancio e che applicano la ''derivazione rafforzata'' e sono sottoposti a revisione legale, viene riconosciuto a fini fiscali il corrispondente componente correttivo nel medesimo esercizio in cui la correzione è eseguita; possibilità che viene, tramite le previsioni del richiamato
    comma 1bis, estesa anche ai fini dell'IRAP per le voci di bilancio rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del tributo regionale. La citata modifica normativa, quindi, consente di dare rilevanza ai fini fiscali alla correzione degli
    errori contabili, sia quelli qualificati come ''rilevanti'',
    sia come ''non rilevanti'' in applicazione di corretti principi contabili, nell'esercizio/periodo di imposta in cui avviene la correzione stessa, in luogo della presentazione della dichiarazione integrativa di cui ai commi 8 e 8 bis del decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio 1998, n. 322 (che, tuttavia, continua a trovare applicazione in relazione ai casi in cui difettino i requisiti soggettivi e/o oggettivi per la fruizione delle semplificazioni in commento). […]
    Ciò comporta, altresì, che nei confronti del contribuente che procede (sempre nel rispetto delle condizioni richieste dall'articolo 83 del Tuir) a detta correzione risulta preclusa la possibilità di ricorrere alla presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa per emendare quella del periodo d'imposta in cui si è verificato l'errore contabile oggetto della procedura di correzione.

    Analoga soluzione deve ritenersi applicabile anche ai fini dell'IRAP per quanto riguarda la correzione degli errori contabili che riguardano le voci rilevanti ai fini della determinazione del tributo regionale'' (così la richiamata risposta n. 73 del 2024).

    Secondo la Società, l'errata rilevazione del costo sostenuto per l'acquisto degli automezzi avrebbe determinato un'''errata qualificazione della ''natura'' del componente negativo di reddito''; nella specie, si ritiene che l'errore contabile sia ascrivibile a un'errata classificazione della posta contabile in questione, la quale ha comportato, a sua volta, un'errata imputazione temporale di tale costo ai fini IRES e IRAP.

    Nella circolare n. 7/E del 28 febbraio 2011, è stato precisato, in generale, che sotto il profilo contabile ''le qualificazioni attengono alla ''sostanziale'' individuazione degli effetti di ciascuna operazione aziendale, le ''classificazioni'', invece, costituiscono il passo successivo: infatti, una volta individuato il ''modello'' giuridiconegoziale di riferimento e una volta chiarito se l'operazione presenti unicamente profili patrimoniali o si manifesti, in tutto o in parte, come fenomeno reddituale occorre definirne gli specifici effetti che la stessa eventualmente produce sul reddito (e, contestualmente, individuare la specifica appostazione in bilancio dei relativi elementi reddituali e/o patrimoniali)''.

    Ciò implica che una diversa classificazione in bilancio può generare una diversa imputazione temporale dei relativi componenti di reddito.
    In base a quanto indicato dalla Società, l'errore nella classificazione della posta contabile concernente il costo per l'acquisto dei beni in parola ha determinato un errore nella quantificazione (riducendolo) dell'utile di esercizio relativo al 2022, il quale ha assunto, a sua volta, valenza fiscale in quanto ha comportato, in capo alla Società, l'integrale deducibilità (ai fini IRES e IRAP) del costo in parola (senza procedere all'ammortamento di detto costo vista la natura strumentale del bene acquistato a utilità differita)

    Come ricordato nella citata risposta n. 73 del 2024 la finalità delle modifiche introdotte dall'articolo 8, commi 1, lettera b), e 1 bis, del citato decretolegge n. 73 del 2022 risiede nella volontà del Legislatore fiscale di semplificare gli adempimenti degli operatori quando pongono in essere una procedura di correzione di errori contabili in conformità ai principi contabili ''evitando così alle imprese la presentazione di un'apposita dichiarazione integrativa (IRES IRAP) del periodo in cui la componente di reddito avrebbe dovuto essere contabilizzata ed eliminando i connessi oneri di adempimento'' (comunque, a condizione che, per i componenti negativi oggetto di correzione, non siano scaduti i termini per emendare la dichiarazione infedele).
    Valorizzando, dunque, la predetta finalità di semplificazione sottesa alle disposizioni normative in esame, si ritiene che anche nel caso di specie (avente ad oggetto la correzione di un errore di classificazione che ha comportato una a sua volta errata imputazione temporale di componenti negativi) sussistano le condizioni richieste dalla legge per attribuire rilevanza sul piano fiscale (sia ai fini IRES che ai fini IRAP) alla correzione degli errori contabili effettuata dalla Società.
    A tale soluzione non è ostativo il fatto che l'errore contabile sia stato commesso dalla Società nell'ambito di un esercizio non soggetto a revisione legale dei conti. 

    Infatti, data la formulazione delle disposizioni in commento si ritiene che, ai fini della loro applicazione, rilevi solo la circostanza che l'esercizio in cui l'errore viene corretto (ossia, quello nel quale vengono contabilizzate le poste correttive degli errori contabili) sia soggetto a revisione legale (nella specie, il 2023).
    Coerentemente a quanto affermato nella risposta n. 73 del 2024, a fronte del recupero a tassazione dei costi erroneamente dedotti (nel 2022) tramite un'apposita variazione in aumento del reddito imponibile IRES nel 2023, in merito alla quota di ammortamento non dedotta nel 2022 si ritiene che la Società potrà dedurre nel 2023 tale quota nei limiti dell'importo deducibile ai sensi dell'articolo 102, commi 1 e 2, del Tuir per il periodo d'imposta a cui detta quota si riferisce (2022). 

    Infatti, si ricorda che ''[i]n generale, le previsioni introdotte dall'articolo 8 del decreto legge n. 73 del 2022 che attribuiscono rilevanza fiscale alle poste correttive degli errori contabili nei termini sopra detti, non consentono di derogare alle altre norme fiscali (diverse dall'articolo 83 del Tuir) che limitano o riducono la rilevanza fiscale di determinati componenti reddituali (come, ad esempio, i commi 1 e 2 dell'articolo 102 citato). In altri termini, non può ammettersi la deduzione nell'ambito del periodo d'imposta in cui la correzione avviene di un componente negativo di reddito per un importo maggiore di quello ''cristallizzato'' nel singolo periodo d'imposta interessato dall'errore contabile qualora detto errore non fosse stato commesso (ottenendo così, fermo restando il rispetto dei principi contabili, il ripristino, nel periodo d'imposta in cui avviene la correzione, del regime fiscale applicabile al singolo componente reddituale negativo nel periodo d'imposta in cui l'errore che lo riguarda, è stato commesso)'' (così la citata risposta n. 73).
    Inoltre, in relazione al meccanismo di deduzione degli interessi passivi previsto dall'articolo 96 del Tuir, va evidenziato che, fermo restando che anche i componenti reddituali rilevanti ai fini fiscali a seguito della correzione dell'errore contabile concorreranno sempre nel rispetto delle previsioni del comma 4 del menzionato articolo 96 alla determinazione del risultato operativo lordo (ROL) nell'anno in cui viene eseguita la correzione (2023), la Società dovrà tener conto del quantum dei costi in questione che hanno ridotto il ROL riferito al 2022 operando una corrispondente variazione in aumento di quello riferito al 2023 (anno di rilevazione dell'errore), sempreché naturalmente il costo in questione abbia assunto rilevanza ai fini della quantificazione del ROL riferito al 2022. 

    Per quanto riguarda la quota di ammortamento relativa al 2022, poi, la Società dovrà assicurare che questa comunque non concorra alla formazione del ROL per effetto della correzione dell'errore contabile, sempre nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4 dell'articolo 96 del Tuir.
    Infine ai fini IRAP, la correzione dell'errore contabile riferito al 2022 comporterà, per il periodo d'imposta 2023: una variazione in aumento del valore della produzione corrispondente ai costi (erroneamente) dedotti nel 2022 ai fini della determinazione del tributo regionale; e una variazione in diminuzione in misura pari alla quota dell'ammortamento degli automezzi relativa al 2022 rilevante ai fini della determinazione del costo della produzione ai fini IRAP ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 199

    Si rimanda alla lettura della Risposta a interpello n 63/2025 per tutti gli approfondimenti del caso.

    Allegati:
  • Determinazione Imposta IRES

    Costi su beni di terzi: ammortamento e deduzione

    La sentenza numero 22139 della Corte di Cassazione, datata 6 agosto 2024, esamina il trattamento fiscale dei costi sui beni di terzi, sia in termini di ammortamento che di deducibilità.

    Il fatto concreto esaminato dalla corte è singolare: una azienda costruiva un immobile su un terreno di proprietà del comune, su cui veniva stabilita la sede dell’impresa, ma senza avere titolo di godimento del terreno.

    L’azienda avrebbe voluto ammortizzare l’immobile costruito, situazione contestata dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale la proprietà è dirimente ai fini del diritto ad ammortizzare i costi di costruzione.

    La sentenza 22139/2024

    La Corte di Cassazione, nella sentenza numero 22139, pubblicata il 6 agosto 2024, ritiene che i costi di costruzione o di acquisto di un bene sono ammortizzabili solo nel caso in cui il bene entri nel patrimonio dell’imprenditore.

    Ciò implica l’acquisizione del bene in termini di proprietà, di altro diritto reale di godimento, o di leasing (prevedendo il contratto l’acquisto differito del bene).

    Tale circostanza, nota la Corte, trova conferma in quanto previsto dall’OIC sui principi contabili numero 16 e 24, concernente le immobilizzazioni (materiali e immateriali): secondo tale documento, infatti, un bene viene annoverato tra le immobilizzazioni nel momento in cui entra nella sfera della proprietà dell’imprenditore o nel caso in cui vengano comunque trasferiti rischi e benefici.

    In conseguenza di tutto ciò, secondo la Corte di Cassazione “i costi di costruzione di un fabbricato realizzato su di un terreno di proprietà altrui in assenza di concessione a costruire o di acquisto del diritto di superficie non sono ammortizzabili, riguardando il bene di un terzo, ma al limite sono deducibili, al pari dei costi di manutenzione […], ricorrendone le condizioni di legge”.

    Il punto cardine della questione è il fatto che, in mancanza del diritto di superficie o di concessione a costruire, il proprietario del terreno diviene anche proprietario dell’edificio su di esso costruito, in base al principio di accessione; questo diritto costituisce una modalità di acquisto della proprietà che avviene   quando il proprietario di un bene principale diviene anche proprietario dei beni accessori che si uniscono o si incorporano a tali beni, per la forza attrattiva del bene principale; tale acquisizione di proprietà non richiede il consenso del proprietario del bene accessorio, a prescindere dalla motivazione che ha comportato l’incorporazione (un classico esempio può essere l’acquisizione della proprietà delle piantagioni che crescono su un terreno).

    In definitiva, quindi, la Corte emana il seguente principio di diritto: “in tema di imposte dirette, i costi relativi alle immobilizzazioni materiali o immateriali sono ammortizzabili purché riguardino beni consumabili che entrano nel patrimonio dell’imprenditore a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento, non essendo, invece, ammortizzabili i costi riguardanti beni di proprietà di terzi”.