• Redditi Diversi

    Costituzione diritto di superficie: nuova tassazione

    Con la Risposta a interpello n 129 del 13 maggio le Entrate chiariscono la costituzione del diritto di superficie e il relativo regime fiscale. 

    L'istante è un’associazione sportiva dilettantistica (ASD), qualificata come ente non commerciale ai sensi dell’art. 73, comma 1, lett. c), del TUIR 

    L’associazione, proprietaria di un’area, ha trasferito nel 2024 a titolo oneroso la proprietà di una costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo, esercitando quindi la facoltà prevista dall’art. 952, comma 2, del Codice civile.

    Il quesito posto all’Agenzia riguarda l’inquadramento fiscale di tale operazione, alla luce delle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023), entrata in vigore il 1° gennaio 2024. 

    In particolare, l’associazione chiede se il corrispettivo percepito dalla cessione della proprietà superficiaria rientri tra le plusvalenze tassabili ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, come avviene nel caso di vendita di immobili detenuti da meno di cinque anni, oppure se si applichi un diverso trattamento.

    Secondo l’interpretazione del contribuente, trattandosi di una vera e propria “cessione della proprietà” (seppur limitata al fabbricato e non al terreno), il corrispettivo dovrebbe generare una plusvalenza rientrante tra i redditi diversi ex art. 67, comma 1, lett. b), TUIR, che disciplina appunto le cessioni a titolo oneroso di immobili. 

    L’ASD argomenta che, poiché la proprietà superficiaria attribuisce all’acquirente la piena titolarità del fabbricato, l’operazione avrebbe gli stessi effetti di una vendita di immobile ordinaria.

    La questione è particolarmente rilevante in ambito fiscale perché il diritto di superficie è uno dei principali diritti reali di godimento su beni immobili.

    Vediamo la replica ADE. 

    Costituzione diritto di superficie: tassazione dal 2024

    L’Agenzia delle Entrate non ha accolto la proposta interpretativa del contribuente, ma invece ha sprecificato e chiarito che, a partire dal 2024, il corrispettivo derivante dalla costituzione a titolo oneroso del diritto di superficie non rientra tra le plusvalenze indicate alla lett. b) dell’art. 67 del TUIR, bensì costituisce un reddito diverso ai sensi della successiva lettera h) del medesimo articolo.

    L’art. 9, comma 5, del TUIR – modificato dalla legge di bilancio 2024 – ha introdotto un principio generale: quando non è diversamente previsto, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento, come il diritto di superficie. 

    Tuttavia, è stata esclusa l’equiparazione tra la costituzione e la cessione di questi diritti, chiarendo che solo le cessioni successive alla costituzione possono generare plusvalenze tassabili (lett. b), mentre le costituzioni iniziali sono ora tassate come redditi “diversi” da plusvalenza, ai sensi della lett. h).

    La relazione tecnica al medesimo disegno di legge di bilancio 2024 sul punto rileva che salvo i casi specificamente disciplinati dalle norme vigenti, il regime impositivo delle plusvalenze sia riservato solo alle cessioni dei diritti reali di godimento che seguono la sua costituzione ad opera del proprietario, mentre i diritti ritratti in sede di costituzione dei medesimi diritti divengono imponibili per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta

    Nel caso analizzato, l’ente non commerciale ha costituito un diritto di superficie, trasferendo la sola proprietà del fabbricato.

    Tale operazione rientra nella fattispecie di costituzione di un diritto reale di godimento e pertanto, secondo il nuovo dettato normativo, il corrispettivo incassato è integralmente imponibile come reddito diverso (art. 67, comma 1, lett. h), TUIR), e non come plusvalenza (lett. b).

    Il reddito imponibile deve essere calcolato, ai sensi dell’art. 71, comma 2, TUIR, come differenza tra l’ammontare percepito e le spese specificamente inerenti alla sua produzione, e va imputato per cassa, ossia nell’anno di effettiva percezione, indipendentemente dalla data dell’atto notarile.

  • Redditi Diversi

    Costituzione usufrutto e nuda proprietà: tassazione

    Con Risposta a interpello n 133 del 14 maggio le Entrate trattano le novità della tassazione sulla costituzione dell'usufrutto (art 67 TUIR)

    L’Agenzia delle Entrate, ha chiarito un aspetto della fiscalità immobiliare chiarendo il caso di cessione separata, ma contestuale, di due diritti reali distinti: l’usufrutto e la nuda proprietà di un immobile.

    A porre il quesito sono due coniugi in regime di separazione dei beni, comproprietari al 50% di un appartamento (categoria catastale A/2) e della relativa cantina (C/2), intenzionati a vendere l’usufrutto a un soggetto e la nuda proprietà a un altro, con due atti distinti ma contestuali. Il dubbio fiscale ruota attorno all’applicazione dell’art. 67 del TUIR: si tratta di un’unica cessione della piena proprietà – soggetta alla lettera b) – oppure di due operazioni autonome da qualificarsi separatamente, ossia la costituzione di un diritto di godimento (usufrutto) e la cessione del diritto residuo (nuda proprietà)?

    Vediamo la replica dell'ADE.

    Costituzione usfrutto e nuda prorietà: tassazione

    I contribuenti citano lo Studio n. 14-2024/T del Consiglio Nazionale del Notariato, secondo cui quando un soggetto si spoglia interamente della proprietà (anche se in modo frazionato), il trattamento fiscale dovrebbe essere unico e rientrare nell’ambito della lettera b) dell’art. 67. 

    In pratica, sebbene i diritti siano trasferiti a soggetti diversi e con modalità diverse, il risultato finale è economicamente identico a una cessione integrale della proprietà, quindi – secondo tale impostazione – dovrebbe esserci una sola tassazione come plusvalenza immobiliare. 

    L’Agenzia delle Entrate, però, non accoglie questa lettura e viene innanzitutto richiamata la nuova formulazione dell’art. 9, comma 5, del TUIR, così come modificata dalla Legge di Bilancio 2024, che distingue chiaramente tra la “costituzione” e la “cessione” dei diritti reali.

    In linea con questo principio, l’Agenzia ribadisce che:

    • la costituzione del diritto di usufrutto genera un “reddito diverso” ai sensi della lettera h) dell’art. 67, da tassare in base all’articolo 71, 
    • mentre la cessione della nuda proprietà, in quanto trasferimento a titolo oneroso di un diritto preesistente, rientra nella lettera b), e dunque è soggetta a tassazione per plusvalenza secondo le regole ordinarie (art. 68 TUIR), con la consueta esenzione dopo cinque anni o per uso abitativo principale. 

    Consolidati orientamenti della Corte di Cassazione, hanno stabilito come la cessione contestuale di usufrutto e nuda proprietà a soggetti diversi non possa essere considerata come un’unica operazione, bensì due negozi autonomi con effetto causale distinto, anche se collegati dalla volontà delle parti. 

    In altre parole, il fatto che l’operazione realizzi, nel suo complesso, il trasferimento pieno del bene a terzi non comporta automaticamente l’unificazione del trattamento fiscale.

    Allegati:
  • Redditi Diversi

    Opere d’arte: la valorizzazione sottintende un intento speculativo

    Negli ultimi due anni diverse deliberazioni della Corte di Cassazione si sono occupate dell’imponibilità fiscale delle plusvalenze derivanti dall’alienazione di opere d’arte (ma il concetto può essere esteso al più generale ambito del collezionismo) da parte di un privato, quindi fuori dall’attività d’impresa.

    La sensibilità della questione deriva dal fatto che, se nell’ambito di una attività economica organizzata la fattispecie non presenta dubbi o ambiguità, la stessa cosa non può dirsi nel caso in cui la cessione venga effettuata da un privato, non titolare di partita IVA, in relazione a un’opera da questi posseduta come collezionista.

    Per questi casi, infatti, il legislatore non ha previsto norme specifiche, per cui, basandosi sulle norme generali applicabili, quando la cessione avviene da parte di un privato può configurarsi alternativamente:

    • la dismissione patrimoniale di una opera acquistata per finalità collezionistica, non imponibile ai fini delle imposte dirette;
    • un’attività commerciale occasionale, ex articolo 67 comma 1 lettera i) del TUIR, imponibile in quanto costituisce un reddito diverso.

    L’elemento chiave, per il corretto inquadramento del caso specifico nell’una o nell’altra fattispecie, è l’eventuale intento speculativo, o la sua mancanza, che sta alla base dell’operazione.

    Il problema, in questo modo reddito di intendere la questione, è che l’elemento speculativo è relativo a un piano soggettivo che è molto difficile da valutare.

    Per un approfondimento sulla fiscalità della cessione di opere d’arte da parte di privati è possibile leggere l’articolo “Cessione di opere d’arte da parte di privati: il trattamento fiscale”, dello stesso autore.

    La sentenza 19363/2024 della Corte di Cassazione

    La sentenza numero 19363, pubblicata dalla Corte di Cassazione il 15 luglio 2024, aggiunge ulteriori elementi di valutazione a un quadro interpretativo già portato avanti dall’ordinanza 6874/2023, e dalle successive 1603/2024 e 1610/2024.

    Nel caso specifico veniva analizzato il caso dell’avvenuta cessione di un Monet, effettuata da un privato, da cui era derivata una notevole plusvalenza.

    Secondo l’interpretazione del contribuente, la cessione non doveva considerarsi imponibile, in quanto l’opera era stata acquistata con finalità collezionistica, era stata detenuta dal privato per diversi anni, e l’alienazione era funzionale all’acquisto di un’altra opera d’arte.

    Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate che ha considerato il contribuente uno speculatore occasionale, che acquistava opere d’arte con l’intento di ottenere un occasionale profitto e, in considerazione di ciò, la plusvalenza doveva essere assoggettata a IRPEF come reddito diverso.

    La Corte di Cassazione ha condiviso la posizione dell’Agenzia delle Entrate, fornendo ulteriori elementi utili a qualificare il sottinteso intento speculativo dell’operazione; più nello specifico, l’intento speculativo, nella situazione in esame, si deduceva dal fatto che il collezionista aveva:

    • incaricato una importante casa d’aste della vendita;
    • concesso l’opera in uso a musei, attività che tradirebbe la volontà di valorizzare il dipinto in prospettiva di una vendita;
    • realizzato una plusvalenza di ammontare molto elevato;
    • effettuato operazioni similari di compravendita anche in periodi precedenti e successivi, non rilevando il fatto che quella esame era stata l’unica nel periodo d’imposta.

    In considerazione di ciò, secondo la Corte di Cassazione, sarebbe stato possibile dedurre un sottinteso intento speculativo, da cui derivava, poi, l’imponibilità dell’operazione.

    A ben vedere, entrando nello specifico, alcune considerazioni della Corte sono anche opinabili; il prestito dell’opera a un museo non per forza deve avere lo scopo di valorizzare un’opera, e l’utilizzo di una casa d’aste costituisce un ordinario canale di vendita; così come il realizzo migliore possibile rappresenta un comportamento legittimo anche per chi acquista l’opera per mero collezionismo.

    In ogni caso, ciò che è più importante e che si deduce dalla sentenza in esame è che, nell’impostazione attuale, la discriminante rappresentata dall’intento speculativo, per definire l’imponibilità o la non imponibilità di una cessione di un opera d’arte da parte di un privato, costituisce un elemento di valutazione, del tutto soggettivo, che non può che essere demandato di volta in volta al giudice, per la valutazione del caso specifico in base a delle presunzioni semplici; fatto che crea notevoli problemi applicativi, specialmente in un sistema del contenzioso tributario già ingolfato e caratterizzato da notevoli lungaggini.

    Infine va precisato che questa impostazione, con ogni probabilità, verrà presto modificata dal legislatore, in quanto il punto in oggetto è tra quelli per cui è prevista la revisione in conseguenza dell’attuazione della legge delega per la riforma fiscale.

    Sarebbe auspicabile che venissero chiarite delle specifiche situazioni di imponibilità e non imponibilità, in modo tale da superare un sistema basato sulle presunzioni semplici che strutturalmente indebolisce l’ordinamento e complica la vita del contribuente, dell’Agenzia delle Entrate e dei giudici tributari.

  • Redditi Diversi

    Master universitario e premio al 1° classificato: tassazione

    Con Risposta a interpello n 184 del 16 settembre le Entrare chiariscono la tassazione dei premi corrisposti agli studenti più meritevoli della prova finale di un Master Universitario di 2° livello.

    Il dubbio è relativo all'inquadramento come reddito assimilato a lavoro dipendente oppure tra i redditi diversi, i dettagli.

    Master universitario e premio al 1° classificato: tassazione

    L'articolo 50, comma 1, lett. c), del TUIR qualifica come redditi assimilati a quello di lavoro dipendente «le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante»

     Ai  sensi  dell'articolo  67,  comma  1,  lettera  d),  del  TUIR  costituiscono, invece,  redditi  diversi,  se  non  costituiscono  redditi  di  capitale  ovvero  se  non sono  conseguiti  nell'esercizio  di  arti  e  professioni  o  di  imprese  commerciali  o  da società  in  nome  collettivo  e  in  accomandita  semplice,  né  in  relazione  alla    qualità di lavoratore dipendente, «le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte nonché quelli attribuiti in riconoscimento di particolari meriti artistici, scientifici o sociali». 

    L'Agenzia delle Entrate chiarisce che i premi in questione non sono considerati redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, poiché non sono erogati per sostenere l'attività di studio o formazione degli studenti (art. 50, comma 1, lett. c, del TUIR).

    Invece, tali premi rientrano nella categoria dei "redditi diversi" (art. 67, comma 1, lett. d, del TUIR) in quanto riconosciuti per meriti artistici, scientifici o sociali. 

    Di conseguenza, è corretta l'applicazione della ritenuta del 25% prevista dall'articolo 30 del DPR n. 600 del 1973 per i premi conseguiti, applicata dall'Università.

    Allegati:
  • Redditi Diversi

    Società di persone: i prelevamenti eccedenti gli utili costituiscono reddito

    L’ordinanza numero 15919 della Corte di Cassazione, pubblicata il 6 giugno 2024, prende in esame una situazione molto frequente nella prassi: quella del prelevamento, effettuato dai soci, di somme di denaro dal conto corrente di una società di persone (nel caso esaminato la società è una SAS, ma analoghe valutazioni possono valere per una SNC).

    Il punto essenziale, per inquadrare correttamente la questione, è costituito da un fatto: se le somme prelevate dai soci eccedono o non eccedono gli utili effettivamente conseguiti dalla società.

    Se non eccedono gli utili conseguiti, la fattispecie non costituisce un problema, in quanto i prelevamenti sono rappresentativi di utili; diverso è il caso dei prelevamenti che eccedono gli utili conseguiti dalla società: infatti, non potendo tali somme prelevate rappresentare utili, richiederanno un diverso inquadramento fiscale.

    Il fondamento di questa impostazione logica risiede nel Codice civile; infatti l’articolo 2303 prescrive il divieto di ripartire ai soci di società di persone somme che non siano per utili realmente conseguiti.

    L’articolo 2303 del Codice civile si riferisce alle Società in nome collettivo, ma, in conseguenza del rinvio previsto dall’articolo 2305 del medesimo codice, può essere esteso anche alle Società in accomandita semplice.

    L’ordinanza 15918/2024 della Corte di Cassazione

    Premesso ciò, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 15919, pubblicata il 6 giugno 2024, interviene sul corretto inquadramento tributario delle somme prelevate che eccedono gli utili.

    La Corte chiarisce che la valutazione non può prescindere da una analisi del caso concreto. 

    Infatti tali somme, da un punto di vista tributario, possono essere ricondotte a un prestito effettuato dalla società nei confronti dei soci oppure a prelevamenti di natura reddituale.

    La riqualificazione delle somme prelevate, ricondotte a una delle due fattispecie, in sede di contenzioso effettuata dall’amministrazione finanziaria, dovrà essere supportata dalla valutazione di indizi che dovranno essere precisi e concordanti.

    Nel caso specifico, che può essere assunto come esempio anche per la generalità dei casi, indizi determinanti come la mancanza della corresponsione degli interessi e la mancanza di adeguata capacità reddituale a restituire le somme prelevate da parte dei soci, sono stati considerati elementi sufficienti a permettere di escludere che le somme potessero costituire un prestito effettuato dalla società ai soci.

    Definito ciò, l’inquadramento come somme di natura reddituale di tali prelevamenti costituisce una diretta conseguenza; con maggiore precisione, tali somme sono state considerate redditi di lavoro autonomo occasionale e, come tali, tassati in capo ai soci tra i redditi diversi.

  • Redditi Diversi

    La cessione dei diritti reali di godimento diventa più onerosa dal 2024

    L’articolo 1 comma 92 della Legge 213/2023 (Legge di bilancio 2024), modifica il meccanismo di tassazione della cessione onerosa dell’usufrutto e degli altri diritti reali di godimento, quali l’enfiteusi, la servitù , l’uso, e il diritto di superficie.

    Con il nuovo inquadramento, la cessione dietro corrispettivo di queste situazioni giuridiche, effettuato da persone fisiche e società semplici, viene sempre considerata un’attività speculativa e, come tale, attratta ai redditi diversi, senza esclusioni, prescindendo, ad esempio, anche dal periodo di detenzione del bene principale.

    Si realizza così una differenziazione di trattamento fiscale tra la cessione del bene immobile nella sua interezzaa e la cessione solo di un diritto reale di godimento relativo al bene stesso.

    La nuova disciplina decorre dal giorno 1 gennaio 2024.

    Le novità della Legge di bilancio 2024

    La Legge di bilancio 2024, intervenendo sull’articolo 9 comma 5 del TUIR, e sull’articolo 67 comma 1 lettera h del medesimo testo unico, dispone che:

    • la cessione onerosa dei diritti reali di godimento debba concorrere alla determinazione del reddito imponibile come reddito diverso;
    • costituisce reddito imponibile l’intero ammontare percepito nel periodo d’imposta;
    • l’importo percepito debba concorrere al reddito complessivo per aliquote progressive (quindi non è sottoposta a tassazione sostitutiva del 26%).

    Infatti, ai fini del calcolo della plusvalenza vale quanto disposto dall’articolo 71 del TUIR, il quale dispone che, nella fattispecie esaminata, i redditi imponibili “sono costituiti dalla differenza tra l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione”.

    Essendo opinione comune che nel concetto di spese non possa rientrare quello che di solito viene definito dal Legislatore come “costo” o “prezzo” d’acquisto, da ciò discende che, a meno di diversi successivi chiarimenti, tale costo non possa essere decurtato dal corrispettivo percepito per la cessione del diritto di godimento; per cui, la base imponibile da sottoporsi a tassazione sarà costituita dall’intero corrispettivo percepito, meno le spese direttamente inerenti.

    Il contribuente non dovrà neanche trascurare il fatto che, con il nuovo impianto normativo, la fattispecie non può godere dell’esenzione prevista dall’articolo 67 comma 1 lettera b del TUIR per il possesso del bene immobile da oltre cinque anni, perché tale beneficio, adesso, interessa solo la diversa situazione della cessione per intero del bene immobile.

    La novità normativa sembra costituire il recepimento, da parte del Legislatore, della posizione assunta dalla prassi sul tema, in riferimento alla quale è possibile leggere la recente Risposta a interpello numero 381/2023.

    Per le persone fisiche e le società semplici si crea quindi una differenziazione di trattamento fiscale tra cessione di un bene immobile e cessione onerosa dei collegati diritti parziali di godimento, in quanto mentre la prima situazione, in determinate condizioni, non viene considerata un’attività speculativa, la seconda è considerata sempre tale, con tutto ciò che consegue dal punto di vista fiscale, come evidenziato.

    Proprio sulla legittimità di questa differenziazione di trattamento si concentrano le critiche avanzate da una parte della dottrina, ma al momento non sono in discussione effettive ipotesi di ammorbidimento della disciplina.

  • Redditi Diversi

    Cessione metalli preziosi: le novità fiscali del 2024

    L’articolo 1 comma 92 lettera c) della Legge di bilancio 2024 (la Legge 213/2023) ha introdotto delle novità sui criteri di determinazione della base imponibile per le cessioni di metalli preziosi effettuate dalle persone fisiche fuori dall’attività dell’impresa.

    Le novità normative non interessano le cessioni effettuate da privati di qualunque oggetto in metallo prezioso posseduto, ma solo quelle dismissioni che sono riconducibili ad una attività di investimento, più precisamente riguarda le cessioni di:

    • metalli preziosi non lavorati (come ad esempio i lingotti, i granuli e simili);
    • monete in metallo prezioso.

    Infatti gli oggetti in metallo prezioso lavorato, come i gioielli, non sono interessati da questa disciplina.

    Con metalli preziosi, si intendono l’oro, l’argento, il platino e le leghe contenenti più del 2% degli stessi metalli

    Non sono invece considerati tali le pietre preziose, come i diamanti, che scontano una diversa imposizione fiscale.

    Definito il perimetro di riferimento, ricordiamo che la cessione di questi beni sconta una imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza realizzata, da calcolarsi come differenza tra:

    • il corrispettivo percepito per la cessione;
    • il costo o il valore di acquisto (aumentato di ogni onere inerente, compresa l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi).

    Per un approfondimento sulla tassazione di questa tipologia di beni è possibile leggere l’articoloCessione di pietre e metalli preziosi: il trattamento fiscale.

    Le novità introdotte

    La Legge di bilancio 2024 interviene sui meccanismi di calcolo della base imponibile ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta sostitutiva da versare; più precisamente, modificando l’articolo 68 comma 7 lettera d) del TUIR, viene eliminata la possibilità di determinare il reddito imponibile con modalità forfetarie.

    Infatti, con la precedente disciplina, e quindi per le cessioni effettuate fino al 31 dicembre 2023, se il contribuente non era in grado di documentare in modo analitico il costo o il valore di acquisto del bene ceduto, il reddito imponibile (la plusvalenza) su cui applicare l’aliquota del 26% per il calcolo dell’imposta sostitutiva dovuta, si determinava in misura forfetaria nella misura del 25% del corrispettivo percepito per la cessione.

    Per le cessioni effettuate dal giorno 1 gennaio 2024, dato che la Legge 213/2023 è in vigora da tale giorno, tale determinazione forfetaria dell’imponibile non è più possibile e, in assenza di documentazione, l’imposta sostitutiva si calcolerà sull’intero corrispettivo percepito.

    La misura introdotta è senza dubbio molto più penalizzante della precedente disciplina e, interessando i privati, colpisce situazioni in cui l’assenza di documentazione spesso non sottende una strategia elusiva, dato che questa tipologia di cessioni di beni rifugio si riferiscono spesso ad acquisti molto datati nel tempo.

  • Redditi Diversi

    Imposta sostitutiva da cessione o rimborso quote OICR: codici tributo per pagare

    Con Risoluzione n 32 del 22 giugno le Entrate istituiscono i codici tributo per il versamento, mediante modello F24, delle imposte sostitutive sui redditi di capitale e sui redditi diversi di cui all’articolo 1, commi da 112 a 114, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.

    Nel dettaglio, si tratta delle novità introdotte dall’articolo 1, comma 112, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, che stabilisce che:

    • i redditi di capitale (di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), 
    • i redditi diversi (di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del medesimo testo unico)

    derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) si considerano realizzati a condizione che, su opzione del contribuente, sia assoggettata ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con l'aliquota del 14 per cento, la differenza tra:

    • il valore delle quote o azioni alla data del 31 dicembre 2022 
    • e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione.

    Tanto premesso, per consentire il versamento, tramite modello F24, delle somme in argomento, si istituiscono i seguenti codici tributo: 

    • “1721” denominato “Imposta sostitutiva sui redditi di capitale e sui redditi diversi derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di OICR – Opzione comunicata all'intermediario – art. 1, commi 112 e 113, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”;
    •  “1722” denominato “Imposta sostitutiva sui redditi di capitale e sui redditi diversi derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di OICR – Opzione esercitata dal contribuente in dichiarazione – art. 1, commi 112 e 113, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

    L’articolo 1, comma 114, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, stabilisce che per i contratti di assicurazione sulla vita  (di cui ai rami I e V del comma 1 dell'articolo 2 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209) i redditi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, costituiti dalla differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati, si considerano corrisposti, a condizione che, su richiesta del contraente, tale differenza sia assoggettata dall'impresa di assicurazione a un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento, alle condizioni ivi indicate. 

    Tanto premesso, per consentire il versamento, tramite modello F24, delle somme in argomento, si istituisce il seguente codice tributo: 

    •  “1726” denominato “Imposta sostitutiva sui redditi di capitale compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione – art. 1, comma 114, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”. 

    Nella Risoluzione in oggetto ulteriori istruzioni per il versamento.

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