• Versamenti delle Imposte

    Imposta consumo Campione d’Italia: le aliquote 2024

    Con il Decreto MEF del 24 gennaio Pubblicato nella GU n 30 del 6 febbraio vengono modificate le aliquote previste dal Decreto MEF 16 dicembre 2020 sull'imposta locale sul consumo di Campione d'Italia.

    Ricordiamo che ai sensi dell'art 1 dello stesso decreto l’ILCCI, imposta locale sul consumo di campione d'Italia, si applica alle forniture di beni e alle prestazioni di servizi effettuate da soggetti passivi d’imposta nel Comune nei confronti di consumatori finali nonché alle importazioni di beni effettuate da consumatori finali, compresa l’introduzione di beni provenienti dal territorio dell’Unione europea.

    Ai fini dell’ILCCI è consumatore finale chiunque, a prescindere dalla forma giuridica, importa beni o introduce beni da Paesi dell’UE o acquista beni e servizi nel Comune per finalità estranee all’esercizio d’impresa, arte o professione. 

    È, inoltre, consumatore finale chiunque importa beni o introduce beni da Paesi dell’UE o acquista beni e servizi nel Comune per l’effettuazione di operazioni escluse dall’imposta ai sensi dell’articolo 16.

    Infine, con il Decreto MEF del 12 aprila 2022 è stato approvato il Modello di Dichiarazione dell'Imposta sul consumo di Campione d'Italia che va presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui le operazioni sono effettuate.

    Imposta di consumo di Campione d’Italia: le aliquote 2024

    Il Decreto MEF del 24 gennaio pubblicato in GU n 30 del 6 febbraio prevede che al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 16 dicembre 2020 sono apportate le seguenti modificazioni:

    • a) all'art. 19 sono apportate le seguenti modificazioni:
      1. 1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
        • «1. L'aliquota dell'ILCCI è stabilita nella misura del  8,1 per cento della base imponibile dell'operazione.
        • 2. L'aliquota è ridotta al 3,8 o al 2,6  per cento per le operazioni indicate nella tabella allegata al presente decreto.»;
        • 2)  al  comma 3,  le  parole «dal  trentesimo  giorno»   sono sostituite dalle seguenti: «dal quindicesimo giorno»;
    • b) alla Tabella A sono apportate le seguenti modificazioni:
      1. 1) alla parte I, le parole  «2,5  per  cento»  sono  sostituite dalle parole «2,6 per cento»;
      2. 2) alla parte II, le parole «3,7  per  cento»  sono  sostituite dalle parole «3,8 per cento».

    Infine si ricorda che l’imposta locale sul consumo di Campione d’Italia è stata introdotta dall’articolo 1, commi 559-568, della legge di bilancio 2020, a seguito dell’emanazione della direttiva Ue n. 2019/475, che ha previsto l'introduzione di un regime di imposizione indiretta locale, in linea con l'imposta sul valore aggiunto svizzera, per garantire condizioni di parità fra gli operatori economici stabiliti in Svizzera e quelli stabiliti nel Comune di Campione d'Italia.

    Allegati:
  • Versamenti delle Imposte

    Cripto attività: codici tributo per la sostitutiva del bollo

    Con Risoluzione n 10 del 6 febbraio le Entrate istituiscono i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto- attività di cui all’articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 e ridenominazione del codice tributo “1727.

    Sinteticamente sono istituiti i codici tributo “1728” e “1729” per consentire il versamento tramite F24, rispettivamente, della prima e della seconda rata d’acconto dell’imposta sostitutiva sui rapporti delle cripto-attività detenute dai soggetti residenti nel territorio dello Stato, tributo introdotto dalla legge di Bilancio 2023, in sostituzione della precedente imposta di bollo.

    Cripto attvità: l’imposta sostitutiva dell’imposta di bollo

    Ricordiamo che con l’articolo 1, comma 146, della Legge di Bilancio 2023 si prevede che al posto dell’imposta di bollo di cui all'articolo 13 della parte prima della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, si applica un'imposta sul valore delle cripto-attività detenute da soggetti residenti nel territorio dello Stato senza tenere conto di quanto previsto dal comma 18-bis dell’articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.
    A tal proposito con la Risoluzione n 36 del 26 giugno 2023 è stato istituito il codice tributo “1727” per il relativo versamento, tramite modello F24.

    Nella Risoluzione n 10/2024 viene specificato che per i pagamenti a titolo di saldo, è utilizzato il codice tributo esistente “1727”, come di seguito ridenominato:

    •  “1727” denominato “Imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività – Saldo – Articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

    Con la Circolare n 30/2023 è stato ricordato innanzitutto che il comma 146 modificando il comma 18 dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011, prevede che «A decorrere dal 2023, in luogo dell’imposta di bollo di cui all’articolo 13 della parte prima della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, si applica un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da soggetti residenti nel territorio dello Stato senza tenere conto di quanto previsto dal comma 18-bis del presente articolo». 

    Tenuto conto della esplicita esclusione dell’applicazione del comma 18-bis dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011, tale imposta deve essere applicata da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato che detengono criptoattività sulle quali non è stata applicata l’imposta di bollo e non solo dai soggetti che sono tenuti ad assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale ai sensi dell'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

    Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2023, in assenza di un intermediario che applichi l’imposta di bollo, trova applicazione un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato. 

    Al riguardo, si precisa che rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta sul valore delle cripto-attività anche i contribuenti che prestano la propria attività lavorativa all’estero in via continuativa per i quali la residenza fiscale in Italia è determinata ex lege, in forza di presunzione legale che prescinde dalla ricorrenza o meno dei requisiti richiesti dall’articolo 2 del Tuir, e per i quali è previsto, ai sensi dell’articolo 38 del decreto legge 31 maggio 2020, n. 78, l’esonero dalla compilazione del modulo RW della dichiarazione dei redditi, non solo in relazione al conto corrente costituito all’estero per l’accredito degli stipendi o altri emolumenti derivanti dalle attività lavorative ivi svolte, ma anche relativamente a tutte le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero. 

    L’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta è costituito dalle criptoattività suscettibili di produrre redditi ai sensi della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.

    Non rientrano nell’ambito oggettivo gli strumenti finanziari digitali di cui al decreto legge n. 25 del 2023.

    Si rimanda alla Circolare n 30/2023 per gli altri chiarimenti in merito alla sostitutiva di cui si tratta.

    Cripto attività: gli acconti dell’imposta sostitutiva del bollo

    Con la Risoluzione in oggetto n 10 del 6 febbraio al fine di consentire il versamento dell’acconto dell’imposta sostitutiva, si istituiscono i codici tributo di seguito riportati: 

    • “1728” denominato “Imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività – Acconto I rata – Articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”;
    • 1729” denominato “Imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività – Acconto II rata – Articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

    Per i pagamenti a titolo di saldo, è utilizzato il codice tributo esistente “1727”, come di seguito ridenominato:

    • • “1727” denominato “Imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività – Saldo – Articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

    Allegati:
  • Versamenti delle Imposte

    Acconti imposte 2024: confermata la rata del 16 dicembre

    Pubblicato in GU n Pubblicato in GU n 9 del 12 gennaio il Decreto Legislativo semplificazioni tributaria che contiene tra le altre la novità della possibilità di rateizzare gli acconti delle imposte.

    Vediamo i dettagli di quanto verrà introdotto a breve con la pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.

    Rateizzazione imposte: rateizzate fino al 16 dicembre

    Nel dettaglio con l'art 8 rubricato "scadenza versamenti rateali delle imposte" il decreto prevede la possibilità di rateizzare le imposte fino al 16 dicembre.

    All'articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997,  n.  241, sono apportate le seguenti modificazioni:

    • a) al comma 1,  le  parole:  «,  previa  opzione  esercitata  dal contribuente in sede di dichiarazione periodica,» sono soppresse e le parole: «mese  di  novembre»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «16 dicembre»;
    • b) il comma 4  e'  sostituito  dal  seguente:  «4.  I  versamenti rateali sono effettuati entro il giorno 16 di ciascun mese.».

    Le disposizioni si applicano a  decorrere  dal versamento delle  somme  dovute  a  titolo  di  saldo  delle  imposte relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023. 

    Sinteticamente e in altre parole:

    • è prevista, dal periodo di imposta al 31.12.2023, un’ulteriore possibilità per la rateizzazione delle somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte, prevedendo appunto una rata per il 16 dicembre (attualmente la norma prevede che i versamenti vengano conclusi entro il mese di novembre)
    • viene eliminato l’obbligo di esercizio dell’opzione del contribuente in dichiarazione per la rateizzazione, valorizzando in questo modo il comportamento concludente, ossia la scelta di avvalersi della dilazione,
    • viene anche uniformata la scadenza per il versamento delle rate da parte di contribuenti con e senza la partita Iva (attualmente la norma prevede che le PIVA versino il 16 del mese gli altri a fine mese) prevedendo la scadenza al 16 di ogni mese, per le due categorie.
  • Versamenti delle Imposte

    Controlli automatizzati dichiarazione: codici tributo per pagamenti parziali

    Con Risoluzione n 60 dell'8.11.2023 le entrate istituiscono i codici tributo per il versamento delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973.

    I 96 codici di nuova istituzione sono utilizzabili nell’eventualità in cui il contribuente, destinatario della comunicazione inviata ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, non intenda versare l’importo complessivamente richiesto, riportato nel modello di pagamento F24 precompilato allegato alla comunicazione, ma ne intenda versare solo una quota. 

    In tal caso, deve essere predisposto un modello F24 nel quale i codici istituiti sono esposti nella sezione “Erario”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando anche, nei campi specificamente denominati, il codice atto e l’anno di riferimento (nel formato “AAAA”) reperibili all’interno della stessa comunicazione. 

    Per agevolare i contribuenti ad individuare l’esatta codifica, nella tabella, in corrispondenza dei codici tributo di nuova istituzione (prima colonna), sono riportati i codici tributo già istituiti (seconda colonna), utilizzati per il versamento spontaneo. 

    Consulta qui tutto l'elenco dalla Risoluzione n 60 dell'8.11.2023.

    Allegati:
  • Versamenti delle Imposte

    Indebita compensazione: crediti inesistenti o crediti non spettanti

    L’articolo 10 quater del Decreto Legislativo numero 74 del 10 marzo 2000 disciplina la rilevanza penale della fattispecie dell’indebita compensazione.

    L’articolo individua in euro cinquantamila la soglia monetaria oltre la quale una compensazione tributaria indebita assume rilevanza penale, distinguendo tra:

    • l’utilizzo di crediti non spettanti, al comma 1;
    • l’utilizzo di crediti inesistenti, al comma 2.

    La seconda situazione assume una posizione di maggiore gravità nell’ordinamento nazionale, in ragione della maggiore gravità del comportamento messo in atto dal contribuente.

    Le definizioni di credito d’imposta non spettante e inesistente discendono invece dalla normativa sulle sanzioni amministrative previste dal Decreto Legislativo numero 471 del 18 dicembre 1997, il quale all’articolo 13 identifica come:

    • non spettante (comma 4): il credito esistente ma utilizzato in misura superiore a quanto spettante oppure in violazione delle modalità di utilizzo previste;
    • inesistente (comma 5): il credito, privo dei suoi presupposti costitutivi, la sua inesistenza non può essere riscontrata tramite controlli automatizzati o formali.

    Anche in termini di sanzioni amministrative, l’utilizzo abusivo di un credito inesistente assume maggiore rilevanza dell’utilizzo di un credito non spettante, dato che l’articolo 13 del Decreto Legislativo 471/1997 prevede:

    • la sanzione dal 100 al 200 per cento dei crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione;
    • la sanzione del 30 per cento dei crediti non spettanti indebitamente utilizzati in compensazione.

    Per quanto, da un punto di vista teorico, le due situazioni siano chiaramente definite, poi, nella concretezza della realtà, possono evidenziarsi circostanze fumose in cui le fattispecie riescono ad accavallarsi o persino a sovrapporsi; non mancano infatti i casi in cui al contribuente, ad esempio, per la medesima compensazione siano state contestate entrambe le violazioni.

    Recentemente sul tema è intervenuta anche la Corte di Cassazione: la sentenza numero 7615/2022 scioglie alcuni nodi di non secondaria rilevanza per la questione.

    Viene innanzitutto stabilito il principio dell’alternatività delle fattispecie, in base al quale una compensazione indebita può avere luogo attraverso l’utilizzo di un credito che “non può essere al contempo non spettante ed inesistente, in quanto o esso è inesistente oppure è non spettante”.

    Poi viene esaminato e definito il criterio da adoperare per qualificare, in qualsiasi situazione, un credito come non spettante o come inesistente

    Infatti l’articolo 13 comma 5 del Decreto Legislativo 471/1997 individua i requisiti per la qualificazione di un credito come inesistente: la mancanza dei presupposti costitutivi e l’impossibilità a ricavare l’inesistenza da controlli formali o automatizzati. 

    Tali requisiti, secondo la Corte di Cassazione, non sono alternativi ma sono necessari entrambi per poter qualificare un credito come inesistente: “se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante”, dato che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli automatizzati o formali sulle dichiarazioni”.

    Da segnalare, per ultima, una precisazione della Corte che assume particolare rilevanza in relazione all’onere della prova: “l'inesistenza del credito costituisce di per sé, salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l'Erario con una posta creditoria artificiosamente creata, mentre nel caso in cui vengano dedotti dei crediti non spettanti occorre provare la consapevolezza da parte del contribuente che tali crediti non siano utilizzabili in sede compensativa.

    Quindi, la Corte di Cassazione, di fronte a due diverse fattispecie del diritto di diversa gravità, che possono accavallarsi sul piano interpretativo, dispone la separazione delle fattispecie, portando alla fattispecie meno rilevante tutte le situazioni investite dal dubbio o in cui l’intento fraudolento non risulti suffragato dall’evidenza.