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Frodi nell’UE: disposizioni correttive al Dlgs n 75/2020
Viene pubblicato in GU n 248 del 22 ottobre il Decreto Lgs del 4 ottobre 2022 recante Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 75, di attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede
Sinteticamente, l'approvazione del correttivo da parte del Governo ha previsto alcune modifiche riguardanti:
- la disciplina del reato di appropriazione indebita da parte del funzionario pubblico;
- il tema di congelamento e confisca degli strumenti e dei proventi dei reati o di beni di valore corrispondente;
- il tema d’indebita percezione di erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale;
- i reati concernenti le dichiarazioni Iva.
Le novità saranno in vigore dal 6 novembre 2022
Nel dettaglio, il Dlgs n 156 del 4 ottobre prevede quanto segue.
All'articolo 322-bis del codice penale, approvato nel testo definitivo con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, sono apportate le seguenti modificazioni:
- a) nella rubrica, dopo le parole «istigazione alla corruzione» sono inserite le seguenti: «, abuso d'ufficio»;
- b) al primo comma, le parole: «e 322, terzo e quarto comma,» sono sostituite dalle seguenti: «, 322, terzo e quarto comma, e 323».
All'articolo 301, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando non è possibile procedere alla confisca delle cose di cui al periodo precedente, è ordinata la confisca di somme di danaro, beni e altre utilità per un valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona.».
All'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: «3-bis. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al comma 1, si osservano le disposizioni contenute negli articoli 240-bis e 322-ter del codice penale, in quanto compatibili».
All'articolo 6 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, la parola «comunque» e' soppressa e dopo la parola «tentativo» sono aggiunte le seguenti: «, salvo quanto previsto al comma 1-bis»;
b) il comma 1-bis e' sostituito dal seguente: «Quando la condotta è posta in essere al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto nell'ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell'Unione europea, dai quali consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a euro 10.000.000, il delitto previsto dall'articolo 4 è punibile a titolo di tentativo. Fuori dei casi di concorso nel delitto di cui all'articolo 8, i delitti previsti dagli articoli 2 e 3 sono punibili a titolo di tentativo, quando ricorrono le medesime condizioni di cui al primo periodo.».All'articolo 25-quinquiesdecies, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le parole da «se commessi nell'ambito» a «un importo complessivo non inferiore» sono sostituite dalle seguenti: «quando sono commessi al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto nell'ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell'Unione europea, da cui consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore».
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Nuove cartelle di pagamento dopo la riforma del processo tributario
La Legge 130/2022, di riforma del contenzioso tributario, ha apportato modifiche all’apparato processuale che si riverberano giocoforza anche su ambiti diversi. Tra questi vi è quello degli atti della riscossione, posto che le cartelle di pagamento includono informazioni anche sugli organismi giudicanti che possono (eventualmente) essere chiamati a decidere sulle liti insorte avverso gli stessi atti.
Per questo motivo, con il provvedimento n. 0387971 del 17 ottobre 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso note le modifiche che si sono rese necessarie per le cartelle in virtù di quanto visto in precedenza.
La prima variazione riguarda la nuova denominazione delle (già) commissioni tributarie. In particolare, considerato che l’art. 4, comma 1, lettera a) della richiamata Legge 130/2022 ha di fatto sostituito ai termini “commissione tributaria provinciale” e “commissione tributaria regionale”, ove ricorrano, le diciture “corte di giustizia tributaria di primo grado” e “corte di giustizia tributaria di secondo grado”, il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle Entrate (allegati da 2 a 5) viene parimenti aggiornato nei riferimenti ivi contenuti agli organi di giustizia. In proposito si ricorda che la nuova denominazione di questi ultimi fa parte di quel gruppo di disposizioni che entra in vigore a decorrere dal 16 settembre 2022.
Secondariamente, il foglio Avvertenze ALLEGATO 2 viene integrato con riguardo alla richiesta di riesame per l’annullamento del ruolo, che può essere presentata anche mediante il “Servizio di consegna documenti/istanze”, disponibile nell’area riservata del sito internet istituzionale www.agenziaentrate.gov.it. Nel provvedimento in esame viene riportato che, esclusivamente nel caso in cui il ruolo riguardi somme dovute a seguito di controllo automatizzato, vengono altresì aggiunti i riferimenti per l’assistenza da telefono cellulare e da estero ed il canale telematico CIVIS.
Si tratta, evidentemente, di modifiche di carattere prettamente formale che, anche in caso di errore (ad esempio nel caso venga riportata la precedente denominazione delle commissioni tributarie) non porteranno con massima probabilità a vizi invalidanti dell’atto.
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Riduzione termini accertamento con i pagamenti tracciabili: le condizioni
Con risposta a interpello n 438 del 26 agosto 2022 le entrate forniscono chiarimenti sulla riduzione dei termini di accertamento per i pagamenti tracciabili.
In particolare, in merito alla riduzione dei termini di decadenza per i pagamenti tracciabili ex articolo 3 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 le Entrate specificano che l’agevolazione è subordinata non soltanto al fatto che il soggetto passivo IVA interessato garantisca la tracciabilità di tutti i pagamenti ricevuti ed effettuati per operazioni di ammontare superiore a 500 euro, ma anche che le operazioni attive siano certificate, in alternativa, mediante:
- fattura elettronica via SdI;
- memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi
Questa regola resta valida anche nell’ipotesi di esonero dagli obblighi di certificazione fiscale, come accade per le vendite per corrispondenza.
Pertanto, la tracciabilità di incassi e pagamenti è condizione indispensabile ma non sufficiente a fruire dell’agevolazione.
Ma vediamo i dettagli dell'interpello. L'istante svolge attività di vendita secondo diverse modalità.
Egli riferisce che i clienti della propria attività sono esclusivamente soggetti privati. I
canali di vendita sono i seguenti:
- vendita diretta, a conoscenti o in altre occasioni (ad esempio, in occasione di fiere),
- vendita online, per il tramite dell'e-shop del sito proprietario,
- vendita online, con intermediazione.
Nei primi due casi, la fattura viene emessa su base volontaria e il pagamento è effettuato tramite bonifico bancario o carta di credito.
Nel caso della vendita intermediata, invece, l’operazione non viene documentata né con fattura né con documento commerciale.
L’istante chiede:
- se la riduzione dei termini di accertamento sia applicabile anche alle vendite online non documentate effettuate tramite il sito della società intermediaria e, in caso di risposta negativa, come eventualmente integrare la documentazione
- se possono essere considerati equivalenti il meccanismo dell'integrazione/autofattura trasmessa telematicamente e lo strumento dell’esterometro (vigente al momento della presentazione dell’interpello).
L’Agenzia come già chiarito in precedenza, ribadisce che anche in relazione alla vendita online con intermediazione per beneficiare della riduzione dei termini di accertamento ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, dovrà documentare le operazioni mediante e-fattura o memorizzazione e invio dei corrispettivi.
La fattura potrà essere emessa in forma ordinaria o semplificata con indicazione del codice fiscale del cessionario o committente.
Per l’invio dei corrispettivi è possibile ricorrere alla procedura web “Documento commerciale on line” senza dotarsi di registratore fiscale.Per quanto concerne il secondo quesito l'agenzia rimanda ai chiarimenti forniti con la Circolare n 26/2022 sulle nuove regole di trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere, introdotte a decorrere dal 1° luglio 2022 dalla legge di bilancio 2021.
E' stato evidenziato che tra i codici documento TD17, TD18 e TD19 indicati nel file xml della fattura elettronica, sussiste una differenza a seconda che siano utilizzati a fini integrativi oppure sostitutivi delle fatture.
In quest’ultimo caso i file costituiscono in tutto e per tutto le “autofatture” anche a livello probatorio.
Nei casi in cui esistono documenti fiscali originari, per i quali sussiste l’obbligo di integrazione, di comunicazione e trasmissione, invece, tali file non sostituiscono gli originari che, quindi, devono essere inviati all’amministrazione finanziaria secondo le modalità prescritte.
Gli obblighi di integrazione di un documento ricevuto e autofatturazione, da un lato, ed esterometro dall'altro, precisa ancora l’Agenzia, sono tra loro autonomi.
L’Agenzia delle Entrate ribadisce che, ai fini della riduzione dei termini di accertamento, devono essere certificate le sole operazioni attive.Per gli acquisti è irrilevante il fatto che i documenti siano in formato cartaceo o elettronico.
Leggi anche Accertamento e tracciabilità pagamenti: confermata la riduzione per RIBA e MAV
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Corte di Giustizia Tributaria: gli indirizzi per comunicare con gli uffici dal 3 ottobre
Con una nota pubblicata sulla pagina preposta del Portale della Giustizia Tributaria, il MEF informa di nuovi indirizzi di posta elettronica attivi dal 3 ottobre per comunicare con le Corti di Giustizia.
In particolare, viene specificato che, in attuazione della Legge 31 agosto 2022, n. 130, recante disposizioni sulla riforma dell’ordinamento e del processo tributari, dal 3 ottobre 2022 sono attivati i nuovi indirizzi di:
- Posta Elettronica Certificata (PEC)
- Posta Elettronica Ordinaria (PEO) relativi alle neocostituite Corti di Giustizia Tributaria.
Da tale data pertanto sono disattivate tutte le precedenti caselle di posta elettronica delle ex Commissioni Tributarie.
I nuovi recapiti di Posta Elettronica Certificata (PEC) e di Posta Elettronica Ordinaria (PEO) sono consultabili nella sezione:
I nuovi indirizzi e le informazioni relative alle Corti di Giustizia Tributaria saranno pubblicati contestualmente anche sull’Indice dei domicili digitali della Pubblica Amministrazione e dei Gestori di Pubblici Servizi (IPA).
Corti di giustizia tributaria: come comunicare con gli uffici
Accedendo al sito internet preposto, è possibile effettuare la ricerca della Corte di Giustizia Tributaria per provincia di residenza o in alternativa raggruppate per Regione.
Per ogni Corte di Giustizia Tributaria selezionata è possibile reperire le seguenti informazioni:
- i dati della Corte (indirizzo, PEC, ecc.);
- la bacheca della Corte con le news e le comunicazioni di servizio della stessa;
- la sezione "come raggiungerci" con le informazioni dei mezzi pubblici e la mappa interattiva per raggiungere la Corte;
- il servizio di prenotazione e di disdetta appuntamenti on-line presso la Corte prescelta;
- le sezioni della Corte con l'elenco completo dei suoi componenti;
- l'elenco dei decreti di mancato funzionamento nel caso la Corte abbia subito l'interruzione del servizio per eventi di carattere eccezionale.
E' bene ricordare che, le Corti di Giustizia Tributaria di primo grado sono presenti in tutte le province, tranne in quelle di nuova istituzione.
In questi casi, il contribuente è invitato a rivolgersi alla Corte di riferimento presente nella seguente tabella:
Le Corti di Giustizia Tributaria di secondo grado per il giudizio di secondo grado hanno le sedi presso il capoluogo di ogni Regione; in alcuni comuni con sedi di corte d'appello e distanti almeno 100 km dal capoluogo regionale sono state, inoltre, istituite delle sezioni staccate delle Corti di Giustizia Tributaria di secondo grado:
Attenzione al fatto che per le province autonome di Bolzano e Trento la giurisdizione tributaria è esercitata da Corti di Giustizia Tributaria di primo e di secondo grado, aventi sede nel capoluogo e competenza sul territorio della provincia corrispondente.
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Somme per definizione agevolata liti in Cassazione: i codici tributo
In data 23 settembre le Entrate hanno provveduto a pubblicare la Risoluzione n 50 per l'istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello F24, delle somme dovute a seguito della definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130.
In particolare, si consente ai contribuenti che non siano stati integralmente soccombenti nei gradi di merito di definire in via agevolata le liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di cassazione attraverso il pagamento di determinati importi, correlati al valore della controversia, alle condizioni ivi indicate.
Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 settembre 2022, è stato approvato il relativo modello di domanda (scarica qui modello e istruzioni) e sono stati definiti modalità e termini per il versamento delle somme dovute. Leggi anche Definizione agevolata liti in Cassazione: pronto il modello per richiederla
Nel provvedimento si prevede tra l’altro, che:
- il pagamento dell’importo da versare per la definizione deve avvenire in un’unica soluzione;
- non è ammesso il pagamento rateale;
- per ciascuna controversia autonoma è effettuato un distinto versamento;
- è esclusa la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Ciò premesso, per consentire il versamento tramite il modello “F24” delle suddette somme, si istituiscono i seguenti codici tributo, da esporre nella sezione “ERARIO” esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, per i quali si riportano le modalità di compilazione degli altri campi del modello di pagamento:
La risoluzione precisa che:
- il campo “codice ufficio” è valorizzato con il codice della Direzione regionale o provinciale dell’Agenzia delle entrate del Centro operativo di Pescara, ovvero dell’Ufficio provinciale – Territorio di Milano, Napoli, Roma o Torino, parte in giudizio.
- Tali codici sono reperibili nelle “Tabelle dei codici e denominazioni delle direzioni centrali, regionali e provinciali delle entrate”, e nella “Tabella dei codici degli Uffici Provinciali – Territorio (U.P.T.) da utilizzare nel modello F24”, pubblicate sul sito internet dell’Agenzia delle entrate www.agenziaentrate.gov.it,
- il campo “rateazione/regione/prov./mese rif.”, ove previsto, è valorizzato con il codice della Regione o con il codice catastale del Comune destinatario. Tali codici sono reperibili nella “Tabella T0 – codici delle Regioni e delle Province autonome” e nella “Tabella T4 – Codici Catastali dei Comuni”, pubblicate sul sito internet dell’Agenzia
- il campo “anno di riferimento” è valorizzato secondo le istruzioni riportate nel modello di domanda (periodo d’imposta o anno di registrazione indicato sull’atto oggetto della controversia).
Attenzione al fatto che qualora il versamento venga eseguito da un soggetto diverso da colui che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, nel campo “codice fiscale” della sezione “CONTRIBUENTE” del modello F24 è indicato il codice fiscale del soggetto che effettua il versamento.
In tal caso, nel campo “codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” è riportato il codice fiscale del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, unitamente all’indicazione, nel campo “codice identificativo”, del codice “71” (soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio)
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Verifiche presso l’azienda: non occorre la presenza del titolare
Con ordinanza n 24262 del 4 agosto 2022 la Cassazione conferma quanto già chiarito in precedenza sul punto che, in caso di accertamento e verifiche presso i locali dell'impresa, non è necessaria la presenza del «titolare», ma è sufficiente quella di un delegato, cui l'incarico può essere conferito anche oralmente, non essendo prescritti particolari requisiti di forma; alla fattispecie, infatti, non è applicabile l’art. 52 d.P.R. n. 633 del 1972, il quale prevede l'obbligo di eseguire l'accesso «in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato» che riguarda, come testualmente previsto solo questa specifica ipotesi, evidentemente diversa da quella ricorrente nel caso in esame, posto che l'accesso è stato eseguito presso la sede di società di capitali. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Un riepilogo dei fatti di causa.
Una società LTD veniva raggiunta da un avviso di accertamento per accertati e recuperati redditi non dichiarati in Italia.
L'ufficio riteneva che sebbene l’impresa avesse sede legale alle Bahamas e sede operativa negli Usa, avesse operato in Italia, non dichiarando il reddito prodotto.
La CTR evidenziava che il ricorrente aveva proposto ricorso a sostegno della posizione fiscale della società dimostrandosi suo legale rappresentante ovvero comportandosi come tale o, quanto meno come amministratore di fatto, equiparabile all'amministratore di diritto, restando irrilevante che al momento della notifica non rivestisse più tale carica. Circostanza che non risultava dal registro delle imprese.
Il Tribunale regionale escludeva che fossero inficiate da irregolarità le attività di accertamento in quanto ogni operazione si era svolta alla presenza del rappresentante o di un suo delegato e per ogni accesso era stato redatto pvc sottoscritto da quest’ultimo o da suo delegato e consegnato alla parte.
Inoltre, il contribuente aveva tenuto un comportamento non ispirato ai principi di collaborazione con il Fisco in quanto, solo in data 18 dicembre 2001 aveva contestato la propria carenza di legittimazione, risalente in via presuntiva al mese di giugno, sebbene le operazioni di controllo fossero iniziate il 7 febbraio 2001 e alla data del 18 dicembre 2001 fossero ancora in corso.Il contribuente ha impugnato la decisione della CTR con ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi:
- errata validità della notifica dell'avviso di accertamento eseguita nei confronti della società presso la sede romana, errata validità della notifica effettuata nei confronti del contribuente, qualificato in relata rappresentante legale della società, presso la sua residenza estera,
- violazione del principio del contraddittorio nel corso della verifica, avvenuta in assenza del rappresentante legale della società, sebbene in appello fosse stato ribadito che quest’ultimo, essendo cessato dalla carica di componente del consiglio di amministrazione della società in data 8 giugno 2001, non era legittimato ad assistere alle operazioni, e sebbene l'attività di controllo si fosse protratta sino al 6 marzo 2006, con conseguente nullità del procedimento e dell'avviso di accertamento,
- violazione e falsa applicazione dell'art. 25, comma 2, lettera f) della legge n. 218/1995 assumendo che la società aveva la propria sede legale nello Stato delle Bahamas, e ai sensi della citata norma, la rappresentanza organica avrebbe dovuto essere accertata secondo la legge societaria di detto ultimo Stato.
La Corte ha già chiarito sul punto che, in caso di accertamento e verifiche presso i locali dell'impresa, non è necessaria la presenza del “titolare”, ma è sufficiente quella di un delegato, cui l'incarico può essere conferito anche oralmente, non essendo prescritti particolari requisiti di forma, al caso in commento, infatti, non è applicabile l'art.52 del decreto Iva, il quale prevede l'obbligo di eseguire l'accesso “in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato” che riguarda, come testualmente previsto solo questa specifica ipotesi, evidentemente diversa da quella ricorrente nella vicenda in esame, posto che l'accesso è stato eseguito presso la sede di società di capitali (cfr Cassazione, pronuncia n. 6683/2017).