• Accertamento e controlli

    Concordato preventivo biennale: l’F24 di società e associazioni

    Con Risoluzione n. 50/E del 17 ottobre 2024 sono stati istituiti i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive per i soggetti che aderiscono al regime di ravvedimento di cui all’articolo 2-quater del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143. 

    Con la Risoluzione n 1/2025 si forniscono indicazioni sulle modalità di compilazione del modello F24 nel caso in cui il ravvedimento si riferisca a società o associazioni di cui all’articolo 5 e agli articoli 115 e 116 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

    Concordato preventivo biennale: l’F24 di società e associazioni

    Ricordiamo che il Provvedimento ADE n. 403886 del 4 novembre 2024 ha stabilito le modalità e i termini di comunicazione delle opzioni per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del CPB.

    In particolare, il paragrafo 3.2, ha previsto che Per le società e associazioni di cui all’articolo 5 ovvero le società di cui agli articoli 115 e 116 del “Tuir” l’opzione di cui al precedente punto 3.1 è esercitata con la presentazione di tutti i “modelli F24” di versamento, relativi alla prima o unica rata

    • dell’imposta sostitutiva dell’imposta regionale sulle attività produttive da parte della società o associazione; 
    • delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e delle relative addizionali da parte dei soci o associati” 

    In relazione al versamento dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali da parte dei soci o associati, per la quota di rispettiva competenza, in sede di compilazione del modello F24:

    • nella sezione “Contribuente” sono riportati, negli appositi campi, il codice fiscale e i dati anagrafici del socio o associato
    • il campo “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” è valorizzato con il codice fiscale della società o associazione unitamente al codice “73” da riportare nel campo “codice identificativo”, come di seguito ridenominato. “73” – “Contribuente – Società”.

    Restano validi i versamenti effettuati senza l'indicazione del codice fiscale della società o associazione nel predetto campo “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” e del codice identificativo “73” 

    L’articolo 7, comma 1, lett. a-bis), del decreto-legge 19 ottobre 2024, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 189, intervenendo sul comma 8 dell’articolo 2-quater del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, ha previsto che con riguardo ai redditi prodotti in forma associata dai soggetti di cui all’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, imputati ai singoli soci o associati, ovvero in caso di redditi prodotti dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del suddetto testo unico, imputati ai singoli soci ai sensi degli articoli 115 e 116 del medesimo testo unico, il versamento 

    dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali può essere eseguito dalla società o associazione in luogo dei singoli soci o associati

    In proposito, per il versamento eseguito dalla società o associazione, in sede di compilazione del modello F24, occorre indicare il codice tributo “4075”, indipendentemente dalla compagine sociale.

    Il versamento dovrà riferirsi all’intero ammontare dell’imposta dovuta relativo alla società o associazione, anche se effettuato in forma rateale. Il versamento dell’imposta sostitutiva dell’IRAP è eseguito dalla società o associazione con il codice tributo “4076”. 

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Dilazioni cartelle 2025: tutte le regole per richiederle

    Pubblicato in GU n 305 del 31 dicembre il Decreto MEF con le regole per le Rateizzazioni 2025

    In particolare, il decreto  contiene la disciplina delle modalità di applicazione e documentazione dei parametri per la richiesta di dilazione dei pagamenti

    Il decreto, in attuazione dell’articolo 19, comma 1.3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (come modificato dal Dlgs n 110/2024, leggi anche: Rateizzazione delle cartelle: nuove regole dalla Riscossione):

    • a) stabilisce le modalità di applicazione e documentazione dei parametri di valutazione della sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà di cui all’articolo 19, comma 1.2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973; 
    • b) individua particolari eventi al ricorrere dei quali la temporanea situazione di obiettiva difficoltà è considerata in ogni caso sussistente;
    • c) individua specifiche modalità di valutazione della sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà per i soggetti diversi dalle persone fisiche e dai titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati, ai quali non è possibile applicare i parametri di cui all’articolo 19, comma 1.2, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.+

    A tal proposito la Riscossione il 31 dicembre ha pubblicato anche i modelli necessari a chiedere le nuove rateizzazioni, su cui di seguito di riportano dettagli e istruzioni.

    Decreto Dilazioni: le regole MEF valide dal 2025

    Il decreto attuativo della nuova dilazione dei ruoli individua i criteri in base ai quali potrà essere concessa la dilazione.

    A tal proposito, il decreto specifica le definizioni di:

    • a) “Indice di liquidità”: il rapporto (liquidità differita + liquidità corrente) / passivo corrente; 
    • b) “Indice Alfa”: 
      • 1) per le società di capitali, le società cooperative, le mutue assicuratrici, i consorzi con attività esterna e gli enti pubblici economici tenuti alla redazione del bilancio civilistico, il valore risultante dalla seguente formula: [(importo debito oggetto della richiesta di rateazione + importo debito residuo eventualmente già in rateazione) / valore della produzione, calcolato ai sensi dell'articolo 2425, numeri 1), 3) e 5), del codice civile] x 100;
      • 2) per le società di persone, le ditte individuali in contabilità ordinaria, le associazioni, le fondazioni, i comitati, gli enti ecclesiastici, i consorzi e gli altri soggetti, diversi dalle persone fisiche, dai titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati e dai condomìni, non rientranti tra quelli di cui al numero 1) della presente lettera, il valore risultante dalla seguente formula: [(importo debito oggetto della richiesta di rateazione + importo debito residuo eventualmente già in rateazione) / (proventi + ricavi)] x 100; 
    • c) “Indice Beta”: il valore, espresso in percentuale, della seguente formula: [(importo debito oggetto della richiesta di rateazione + importo debito residuo eventualmente già in rateazione) / entrate risultanti dal riepilogo finanziario dell’ultimo rendiconto condominiale redatto ai sensi dell’articolo 1130-bis del codice civile e approvato dall’assemblea condominiale] x 100; d) “I.S.E.E.”: l’Indicatore della situazione economica equivalente di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159; e) “nucleo familiare”: il nucleo familiare di riferimento ai fini I.S.E.E.

    I dettagli sui criteri definiti dai tre allegati pubblicati insieme al decreto:

    • Allegato 1 criteri di difficoltà per le persone fisiche,
    • Allegato 2 criteri di difficoltà per soggetti diversi dalla persone fisiche,
    • Allegato 3 criteri di difficoltà per particolari soggetti.

    Attenzione al fatto che, in precedenza i criteri di individuazione dello stato di temporanea difficoltà finanziaria non sono mai stati indicati a livello normativo, ma affidati a delle direttive emanate dalla Riscossione, il cui contenuto, è in gran parte confermato dal decreto appena emanato.

    Rateizzazioni: nuove regole dal 2025

    La Riscossione ricorda che il Decreto legislativo n. 110/2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 184 del 7 agosto 2024, ha previsto sostanziali cambiamenti in materia di rateizzazione, tra cui la modifica delle condizioni di accesso ai piani di rateizzazione e la progressiva estensione del numero massimo di rate concedibili da Agenzia delle entrate-Riscossione.

    Le modifiche apportate dal provvedimento normativo si applicano alle richieste di rateizzazione presentate a partire dal 1° gennaio 2025.
    Pertanto, a partire dal nuovo anno e per tutto il 2026, su semplice richiesta del contribuente che dichiara di versare in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, la rateizzazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, di importo inferiore o pari a 120.000 euro, comprese in ciascuna richiesta di dilazione, può arrivare fino a un massimo di 84 rate mensili.
    La progressiva estensione del numero massimo di rate concedibili, prevista dal Decreto legislativo, stabilisce poi che le rate concedibili siano fino a un massimo di 96 per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028 e fino a 108 per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.
    Per la rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, sempre di importo inferiore o pari a 120.000 euro, su richiesta del contribuente che, invece, documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, l’Agenzia delle entrate-Riscossione concede la rateizzazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, comprese in ciascuna richiesta di dilazione:

    • da 85 a un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026;
    • da 97 a un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028;
    • da 109 a un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

    Se le somme iscritte a ruolo della singola istanza di rateizzazione sono di importo superiore a 120 mila euro, su richiesta del contribuente e sulla base della documentazione presentata a corredo per la valutazione della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, l’Agenzia delle entrate-Riscossione concede la ripartizione del pagamento, fino ad un massimo di centoventi rate mensili, indipendentemente dalla data di presentazione della richiesta.
    La documentazione da presentare a corredo dell’istanza di rateizzazione, in relazione alla tipologia del soggetto richiedente, è riportata negli appositi modelli di istanza.
    Ai fini della valutazione della sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria e della determinazione del numero massimo di rate concedibili, verranno presi in considerazione, in base alle modalità di applicazione e documentazione previste dal Decreto MEF 27 dicembre i seguenti indicatori:

    • l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) del nucleo familiare per le persone fisiche e i titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati;
    • l’indice di Liquidità e all’indice Alfa per i soggetti diversi da persone fisiche e titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati;
    • l’indice Beta per i condomini

    Per le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il Decreto del 27 dicembre 2024 ha, invece, previsto che, ai fini della valutazione della sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, la richiesta di rateizzazione sia corredata da un'apposita dichiarazione del legale rappresentante, ovvero, in alternativa, dell’organo amministrativo di vertice dell’Ente, dalla quale risulti la carenza della liquidità necessaria ad effettuare il pagamento in unica soluzione.

    Il Decreto del 27 dicembre 2024 ha, altresì, stabilito che nel caso di soggetti colpiti da eventi atmosferici, calamità naturali, incendi o altro evento eccezionale che abbiano determinato l’inagibilità totale dell’unico immobile, adibito ad uso abitativo in cui risiedono i componenti del nucleo familiare o dell’unico immobile adibito a studio professionale o sede dell’impresa, in alternativa alla documentazione sopra citata, la sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria è valutata e documentata presentando la certificazione dell’inagibilità totale dell’immobile rilasciata dalla competente autorità comunale non oltre 6 mesi prima della presentazione della richiesta di rateizzazione.

    Per le istanze di rateizzazione presentate fino al 31 dicembre 2024, come previsto dall’art. 13, comma 3, del D. Lgs. n. 110/2024, si applicano, invece, le disposizioni dell’art. 19 del DPR n. 602/1973 nella versione vigente prima delle modifiche introdotte dal decreto legislativo citato.
    Scarica qui i modelli per presentare le richieste di rateizzazione a partire dal 1° gennaio 2025: 

    Rateizzazione: cosa cambia dal 1° gennaio 2025, i modelli utili

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    CPB tardivo: chiarimenti ADE per gli acconti

    Con 4 faq datate 9 dicembre le Entrate forniscono risposte ai dubbi dell'ultimo momento sulla adesione tardiva al CPB Concordato preventivo biennale.

    Relativamente alla adesione tardiva, che può avvenire a certe condizioni, entro il prossimo 12 dicembre, vediamo un chiarimento sul pagamento degli acconti di imposta.

    Veniva domando quanto segue: "per i contribuenti ISA che aderiscono al CPB entro il 12 dicembre 2024, restano valide le regole ordinarie per il versamento degli acconti, comprensivi delle maggiorazioni, stabilite dal comma 2 dell’art. 20 del decreto CPB, in base al quale “le maggiorazioni di cui al comma, lettere a) e b), sono versate entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata dell’acconto?".

    L'Amministrazione conferma che, in via generale, restano applicabili le regole ordinarie stabilite dall’articolo 20, comma 2, del decreto Cpb, ma specifica che la violazione per l’omesso o tardivo versamento è ravvisabile se il pagamento avviene oltre il giorno di adesione all’accordo. Le violazioni, inoltre, possono essere sanate tramite ravvedimento operoso.

    CPB tardivo: chiarimenti ADE per gli acconti con FAQ del 9.12

    Le Entrate hanno chiarito che, anche per i contribuenti ISA che aderiscono al CPB entro il 12 dicembre 2024 e ai quali non si applica il differimento al 16 gennaio 2025 della seconda rata di acconto delle imposte dirette disposto con emendamento recentemente approvato in sede di conversione del decreto-legge 19 ottobre 2024, n. 185, restano applicabili le regole ordinarie per il versamento degli acconti stabilite dal comma 2 dell’articolo 20 del decreto CPB.

    Tuttavia, considerato che la maggiorazione dell’acconto prevista dall’articolo 20, comma 2, richiede l’adesione al CPB, si ritiene che, ove alla data del 2 dicembre, non fosse stata ancora manifestata la predetta adesione, non sia ravvisabile alcuna violazione.

    Di conseguenza, la violazione riferita al versamento della maggiorazione dell’acconto prevista dall’articolo 20, comma 2, è ravvisabile nell’ipotesi in cui il pagamento avvenga oltre il giorno in cui viene manifestata l’adesione al CPB.

    Resta inteso che il pagamento della seconda rata dell’acconto, da calcolare in base alle modalità ordinarie, deve essere avvenuto entro il 2 dicembre, salvo che non sia possibile fruire del ricordato differimento al prossimo 16 gennaio.

    Va da sé, aggiunge l'Agenzia che, l’omesso o tardivo pagamento sia della seconda rata d’acconto che della maggiorazione prevista dal richiamato articolo 20, comma 2, del decreto CPB possono essere regolarizzati mediante il pagamento delle relative sanzioni (articolo 13 del decreto-legislativo 18 dicembre 1997, n. 471) e interessi.

    A tal riguardo, il contribuente può avvalersi del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto-legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. 

    Di seguito sono indicati i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, della maggiorazione e degli eventuali interessi e sanzioni da ravvedimento come riportate nella FAQ n 4 ADE:

    Fonte Agenzia delle entrate

  • Accertamento e controlli

    Lettere di compliance dell’Ade: con FAQ del 6.12 chiarito il perimetro

    Le Entrate con una FAQ del 6 dicembre replicano ai contribuenti preoccupati per l'invio delle lettere di compliance inviate in questi giorni ad imprese e autonomi.

    Lettere di compliance dell’Ade: nessun allarme

    La FAQ replica ad alcuni contribuenti che hanno domandato spiegazioni sulla lettera ADE che evidenzia una possibile anomalia.

    In particolare, si chiedeva: "Ho ricevuto la vostra comunicazione riguardante una possibile anomalia relativa al reddito che ho dichiarato. Dall'esame della mia dichiarazione, però, non ho riscontrato inesattezze. Cosa devo fare? Se invece ho riscontrato un'inesattezza nel reddito che ho dichiarato, che cosa devo fare? 

    Le Entrate hanno replicato che:

    • nel primo caso "Non occorre fare nulla. La comunicazione ricevuta ha un valore puramente informativo, non anticipa un'attività di controllo e non richiede di attivarsi per fornire un riscontro all'Agenzia delle entrate. In un'ottica di trasparenza e per far conoscere gli strumenti introdotti dal Legislatore, l'Agenzia delle entrate condivide preventivamente i dati di cui dispone. L'intento dell'informativa è di richiamare l'attenzione sulla possibilità di verificare quanto dichiarato e consentire la correzione in autonomia di eventuali errori".
    • nel secondo caso: "Nel caso in cui, dopo aver ricevuto la comunicazione, riscontra un'anomalia nella sua dichiarazione, il nostro sistema tributario mette a sua disposizione diverse possibilità, a cominciare dal ravvedimento operoso che, dopo la recente riforma del sistema sanzionatorio, consente di beneficiare di sanzioni più favorevoli rispetto al passato".

  • Accertamento e controlli

    Pec non presente nei pubblici registri: è valida la notifica

    Con l'Ordinanza n 26682 del 14 ottobre la Cassazione ha specificato che è valida ed efficace, la notifica della cartella di pagamento effettuata a mezzo Pec da un indirizzo non contenuto nei pubblici registri, quando è certa la riconducibilità dell'atto all'ente incaricato della riscossione di quanto dovuto dal contribuente.

    Vediamo il caso di specie.

    Pec non presente nei pubblici registri: è valida la notifica

    L'Agenzia delle Entrate Riscossione notificava una cartella di pagamento ad una società srl per la riscossione di IVA ed IRES per l'anno d'imposta 2005.

    La società contribuente impugnava la cartella di pagamento suddetta dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale sostenendo di esserne venuta a conoscenza soltanto a seguito della notifica dell'atto di pignoramento presso terzi

    La C.T.P. adìta rigettava il ricorso.

    Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l'appello, annullando la cartella di pagamento impugnata.

    Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Agenzia delle Entrate Riscossione, sulla base di un unico motivo.

    Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate Riscossione eccepisce violazione e falsa applicazione dell'art. 26

    del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell'art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, in relazione all'art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.

    L'ente della riscossione deduce che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto priva di effetti giuridici la notificazione della cartella di pagamento impugnata, in quanto effettuata a mezzo posta elettronica certificata (p.e.c.) da un indirizzo non contenuto nei pubblici registri, in quanto era certa la riconducibilità dell'atto all'ente medesimo, e la necessaria iscrizione nei pubblici registri era da riferirsi unicamente alla casella p.e.c. del destinatario.

    La Cassazione con sentenza del 18 maggio 2022, n. 15979, hanno statuito che, in tema di notificazione a mezzo p.e.c., la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all'oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all'art. 3-bis, comma 1, della legge n. 53/1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati.

    Inoltre ha statuito che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l'Indice idi cui all'art. 6-ter D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l'individuazione dell'indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente.

    Nel caso di specie, è pacifico il raggiungimento dello scopo della notifica, cioè l'avvenuta conoscenza da parte della società della cartella di pagamento impugnata e la sua riferibilità all'ente della riscossione, in quanto: 

    • a) l'indirizzo della casella p.e.c. di provenienza faceva chiaramente riferimento all'Agenzia delle Entrate Riscossione, in quanto contenente il dominio pec.agenziariscossione.gov.it; 
    • b) la casella di destinazione era attiva, in quanto trattavasi di indirizzo risultante dall'indice INI-PEC, e presso di esso è stato ritualmente notificato il successivo atto di pignoramento presso terzi.

    Ne consegue, pertanto, che la notifica effettuata per il tramite di un indirizzo p.e.c. non presente nei pubblici registri non ha prodotto alcuna lesione al diritto di difesa del destinatario, risultando così validamente perfezionata.

    Consegue l'accoglimento del ricorso e la sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

  • Accertamento e controlli

    Autotutela tributaria: come presentare l’istanza

    Con la Circolare n 21/2024 le Entrate forniscono chiarimenti e istruzioni sulle novità introdotte dal Nuovo Statuto del Contribuente in merito all'istituto dell'Autotutela.

    Vediamo le regole per l'istanza commentate dall'Agenzia.

    Istanza di autotutela tributaria: a chi presentarla

    Gli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente hanno riformato l'istituto dell'autotutela tributaria, distinguendola in due categorie

    • autotutela obbligatoria,
    • autotutela facoltativa. 

    Tali norme in vigore dal 18 gennaio 2024, mirano a garantire una maggiore tutela dei diritti del contribuente, introducendo criteri chiari per l'esercizio dell'autotutela da parte dell'amministrazione finanziaria.

    La Circolare specifica che la richiesta di autotutela va indirizzata all’Ufficio che ha emesso l’atto di cui si chiede l’annullamento.
    Inoltre, si evidenzia che la competenza a esercitare il potere di autotutela sussiste in capo alle strutture territoriali mentre quelle centrali non sono coinvolte nei relativi procedimenti, ad eccezione delle ipotesi di richieste di autotutela aventi a oggetto atti a rilevanza esterna emessi da queste ultime.
    Pertanto, in capo agli Uffici centrali non è configurabile alcun potere di intervento rispetto agli atti rientranti nell’esclusiva competenza delle strutture territoriali, provinciali o regionali, che abbiano provveduto alla loro adozione.

    Nell’ipotesi in cui il contribuente presenti, per errore, la richiesta a una struttura non competente (come, ad esempio, a una Direzione regionale per un atto emesso da un Ufficio di una Direzione provinciale), la struttura ricevente deve trasmettere tempestivamente detta richiesta all’Ufficio competente, informandone contestualmente il contribuente all’indirizzo indicato nella richiesta stessa o, in assenza, a quello risultante come domicilio fiscale in anagrafe tributaria, analogamente a quanto previsto, nella previgente disciplina, dall’articolo 5 del DM n. 37 del 1997, secondo il quale «in caso di invio di richiesta ad un Ufficio incompetente, questo è tenuto a trasmetterla all’Ufficio competente dandone comunicazione al contribuente» e in ossequio ai principi di leale collaborazione e buona fede previsti dall’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente.

    Istanza di autotutela tributaria: contenuto e modalità

    L’istanza deve rappresentare in modo esaustivo tutti gli elementi (di fatto e di diritto) su cui si fonda la richiesta di autotutela e va corredata di tutta la documentazione in possesso del richiedente idonea a dimostrare la sussistenza dei vizi che giustificano la revisione dell’atto.
    L’istanza deve essere presentata avvalendosi di strumenti atti a certificarne l’invio da parte del soggetto legittimato a presentarla, tramite, ad esempio, l'utilizzo dei servizi telematici (accesso tramite SPID, CIE o CNS), tramite posta elettronica certificata o in alternativa tramite consegna a mano con accesso fisico allo sportello.
    Al fine di garantire l’efficienza dell’azione amministrativa, è opportuno che le richieste di autotutela riportino:

    • i dati identificativi del contribuente o del suo eventuale rappresentante a cui è stato notificato l’atto di cui si chiede l’annullamento;
    • i dati di contatto a cui inviare comunicazioni e notificare l’eventuale provvedimento di accoglimento o diniego della richiesta indicando l’indirizzo di posta elettronica certificata. Qualora l’istante non sia titolare di indirizzo di posta elettronica certificata, oppure essendo titolare di un indirizzo PEC lo stesso non sia inserito nei pubblici registri, si potrà indicare nell’istanza di autotutela quale dato di contatto utile ai fini delle comunicazioni e delle notifiche, l’indirizzo PEC del difensore/procuratore/intermediario munito di mandato o procura alle liti per la presentazione dell’istanza, da cui risulti l’elezione di domicilio presso lo stesso;
    • in mancanza di uno dei predetti domicili digitali, la notifica del provvedimento deve essere eseguita al domicilio fiscale del contribuente istante risultante dall’anagrafe tributaria;
    • gli estremi dell’atto di cui si chiede l’annullamento;
    • una dettagliata descrizione della fattispecie e ogni documentazione utile
      allo svolgimento della fase istruttoria da parte degli Uffici;
    • i vizi dell’atto e le ragioni di fatto e di diritto, in modo chiaro ed esaustivo, per le quali si chiede l’annullamento;
    • la sottoscrizione del richiedente o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, previa procura, in calce o a margine dell'atto, ovvero allegata all'istanza.

  • Accertamento e controlli

    Prezzo di cessione immobili < del mutuo: valido l'accertamento

    Con l'Ordinanza n. 25854/2024 la Cassazione ha sancito che l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente senza che ciò comporti alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova.

    La documentazione bancaria acquisita e la perizia di stima redatta per l’erogazione del prestito costituiscono un quadro indiziario idoneo a legittimare l’accertamento induttivo 

    Vediamo i fatti di causa.

    Cessione immobili con prezzo di vendita < del mutuo: valido l'accertamento

    L’Agenzia delle entrate inviava un atto di accertamento ad una società immobiliare recuperando a tassazione maggiori ricavi non dichiarati irrogando le relative sanzioni.

    L’Agenzia contestava alla società che in relazione all’anno 2005 e per alcune cessioni immobiliari erano indicati dei prezzi di vendita che, a seguito di attività investigativa bancaria, si erano rivelati inferiori all’importo dei mutui accesi dagli acquirenti e alle perizie redatte per l’accensione degli stessi.

    L'immobiliare impugnava l’atto impositivo presso la CTP, ricorso che veniva respinto.

    La Commissione tributaria regionale accoglieva invece l’impugnazione e l’Agenzia delle entrate ricorreva in Cassazione contro la pronuncia di merito.

    In Cassazione l'agenzia deduceva la violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 41-bis del Dpr n. 600/1973 e dell’articolo 54 del Dpr n. 633/1972 in quanto a suo avviso, la sentenza del giudice tributario regionale non aveva valutato adeguatamente gli elementi presuntivi offerti in ordine all’inattendibilità del prezzo indicato nelle compravendite e, soprattutto, aveva svalutato la circostanza che i mutui accesi dagli acquirenti riguardavano somme superiori al prezzo in questione.

    Inoltre l’Amministrazione finanziaria deduceva la violazione e la falsa applicazione delle norme sudette nonché degli articoli 115 del codice di procedura civile e 2697 del codice civile, in quanto la sentenza è censurata nella parte in cui considera fatto notorio la circostanza che gli acquirenti abbiano ottenuto perizie sovrastimate per conseguire somme maggiori a titolo di mutuo.

    La Suprema corte in riferimento alle compravendite e agli immobili ha statuito che è stata acquisita:

    • adeguata documentazione bancaria, 
    • la perizia di stima redatta ai fini della erogazione del mutuo 

    ed entrambi questi documenti recano un valore superiore a quello dichiarato negli atti di trasferimento.

    Tali elementi corroborano secondo la Suprema Corte un quadro indiziario caratterizzato da gravità, precisione e concordanza che è idoneo a giustificare l’accertamento dell’Ufficio ai sensi dell’articolo 39 comma 1 lettera d) del Dpr n. 600/1973.

    E' stato questo, specifica la Cassazione, l’indirizzo costante sostenuto dai giudici di legittimità e, per tale ragione, la sentenza impugnata ha errato laddove non ha tenuto conto degli elementi della fattispecie emersi dagli atti.

    La corte sostiene che in tema di accertamento induttivo del reddito di impresa, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente e ciò non comporta alcuna violazione in materia di onere della prova.

    Le presunzioni di cui all’articolo 2729 cc non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.

    Spetta ai giudici di legittimità stabilire se la norma, oltre ad essere applicata esattamente a livello di declamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione concreta.

    La Suprema corte ha ritenuto che la sentenza impugnata ha violato i principi di diritto costantemente affermati dai giudici di legittimità in materia di fatto notorio.

    È stata, difatti, attribuita tale natura al “dato di comune esperienza che vengano effettuate perizie che sovrastimano l’immobile per consentire la stipulazione di contratti di mutuo di maggiore importo”.

    Per tutto quanto premesso, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso cassando la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente e affermando il seguente principio di diritto: 

    • il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile.  Ne consegue che restano estranei a tale nozione le acquisizioni specifiche di natura tecnica, gli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari o richiedono il preventivo accertamento di particolari dati, nonché quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione di analoghe controversie.

  • Accertamento e controlli

    PVC e firma digitale: le regole ADE

    Con il Provvedimento n 373280 del 30 settembre si dà attuazione all'art 38 bis comma 2 del DPR 600/73 previsto dalla Riforma Fiscale e in particolare dal Dlgs n 13/2024  al fine di disciplinare le modalità operative per la sottoscrizione digitale dei processi verbali redatti dal personale dell’Agenzia delle entrate nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale.

    Il provvedimento specifica che i processi verbali o PVC redatti nel corso o al termine delle attività amministrative di controllo fiscale possono essere sottoscritti con la firma digitale.
    Il contribuente, o il suo delegato, può, a sua volta, sottoscrivere il processo verbale, previamente condiviso e senza alterarne il contenuto, mediante firma digitale se ne è in possesso ovvero con firma autografa, secondo le modalità di seguito indicate

    PVC e firma digitale del contribuente

    ll processo verbale può essere firmato dal contribuente, o dal suo delegato, in modalità digitale.

    A tal fine il processo verbale viene inviato dalla casella di posta elettronica istituzionale del personale incaricato del controllo (e-mail) all’indirizzo di posta elettronica ordinaria del contribuente (e-mail), o del suo delegato, così come indicata nel processo verbale. 

    Nel medesimo processo verbale deve essere evidenziato l’eventuale domicilio digitale.
    Successivamente alla sottoscrizione digitale il contribuente, o il suo delegato, provvede alla trasmissione del processo verbale all’indirizzo di posta elettronica istituzionale del personale incaricato del controllo.
    Alla ricezione, il personale incaricato del controllo provvede ad apporre la firma digitale sul documento, verificandone la formale integrità rispetto a quello originariamente trasmesso.
    Il processo verbale, completo di tutte le sottoscrizioni digitali necessarie, deve essere protocollato dal personale dell’Agenzia e trasmesso al domicilio digitale del contribuente iscritto negli elenchi pubblici.

    In alternativa il contribuente, sprovvisto di indirizzo PEC, può chiedere la trasmissione del processo verbale all’indirizzo PEC del proprio delegato.
    Nei casi in cui il contribuente, dotato di firma digitale, risulti sprovvisto di un indirizzo PEC presente in pubblici elenchi, o non richiede la trasmissione del processo verbale all’indirizzo PEC del proprio delegato, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato al controllo procede mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o tramite raccomandata A/R della copia conforme analogica, munita del contrassegno elettronico.

    PVC e firma analogica del contribuente

    Se il contribuente, o il suo delegato, non è munito di firma digitale il processo verbale può essere firmato in modalità analogica. 

    A tal fine il processo verbale deve essere stampato e consegnato nelle mani proprie del destinatario.
    A seguito dell’apposizione della firma autografa del contribuente, o del suo delegato, sul processo verbale, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo produce una copia informatica del documento analogico, attestandone la conformità, e apponendo la firma digitale.

    Il documento così formato costituisce l’originale informatico.
    Predisposto il documento originale informatico con le modalità suddette il processo verbale, completo di tutte le sottoscrizioni necessarie, deve essere protocollato dal personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo che procede, successivamente, alla consegna al contribuente, o al suo delegato della relativa copia analogica con contrassegno elettronico.

    PVC e rifiuto del documento controfirmato dall’ADE

    Nei casi di rifiuto di sottoscrizione del processo verbale da parte del contribuente, o del suo delegato, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo ne dà evidenza nello stesso processo verbale, indicandone i motivi, e può procedere alla sottoscrizione digitale del documento e alla consegna dello stesso con le modalità sucindicate.
    Nelle ipotesi in cui il contribuente, o il suo delegato, rifiuta la consegna del processo verbale nelle proprie mani, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo procede all’invio della copia analogica del processo verbale informatico con contrassegno elettronico, mediante raccomandata A/R al domicilio fiscale del contribuente ovvero con trasmissione del documento informatico originale tramite PEC al domicilio digitale iscritto negli elenchi pubblici.

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Concordato preventivo biennale: pubblicate le istruzioni per aderire entro il 31 ottobre

    Con la Circolare n 18 del 17 settembre l'Agenzia delle Entrate pubblica le regole per forfetari e soggetti Isa ai fini della adesione entro il 31 ottobre prossimo al CPB concordato preventivo biennale.

    Ricordiamo che si tratta dell’istituto introdotto dal Dlgs n. 13/2024 al fine di favorire l’adempimento spontaneo agli obblighi dichiarativi. 

    L'Ade nel documento di prassi fornisce numerose risposte ai principali dubbi sulla misura agevolativa, dedicando una sezione apposita al termine del corposo documento di 64 pagine.

    Inoltre, vengono evidenziate:

    • le linee generali e spiegate le regole specifiche per i forfetari e per i contribuenti che applicano gli Indici sintetici di affidabilità (Isa),
    • i benefici, le condizioni, le modalità e i tempi per aderire, 
    • le cause di cessazione e di decadenza.

    Leggi anche:

    Concordato preventivo biennale: principali chiarimenti ADE del 17 settembre

    La sezione finale della Circolare n 18 reca 18 risposte a quesiti ricorrenti riguardanti il CPB, vediamo i principali.

    In riferimento alla condizione di accesso dei debiti tributari viene chiarito che il vincolo ostativo relativo ai 5.000 euro:

    • riguarda l'ammontare complessivo  dei debiti tributari o dei debiti contributivi, anche nel caso in cui esso sia composto da singoli debiti di importo unitario inferiore a questa soglia;
    • esso va verificato sulla base della situazione debitoria esistente al 31.12.2023, rilevando solo i debiti della società e non dei singoli soci.

    Per quanto riguarda i soggetti ISA, l’esistenza di una causa di esclusione per il 2023, preclude l’accesso al concordato 2024-2025 anche qualora il modello ISA sia stato presentato solo ai fini statistici.

    Invece, la verifica di una causa di esclusione dagli ISA durante i periodi oggetto di accordo non incide sulla validità del concordato che continua a mantenere efficacia.

    Per i contribuenti in regime forfetario viene chiarito che, se nel corso del 2024, essi superino la soglia di euro centomila di ricavi e compensi e non quella di 150.000 euro, il concordato preventivo resta efficace e, nonostante la fuoriuscita immediata dal regime, può essere applicata l’imposta sostitutiva  prevista per i soggetti forfetari.

    In caso di svolgimento contemporaneo di più attività d’impresa e di lavoro autonomo, in linea con i criteri di compilazione dei modelli ISA, il software “Il tuo ISA 2024 CPB” formula due distinte proposte di concordato per le due diverse tipologie reddituali a cui il contribuente può aderire sia congiuntamente che individualmente.

    Si rimanda al documento di prassi per gli altri chiarimenti.

    CPB: beneficiari e benefici dell’adesione

    Possono aderire al CPB i contribuenti di minori dimensioni titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo. 

    In particolare, il nuovo istituto è dedicato a coloro che aderiscono al regime dei forfetari e ai contribuenti che sono tenuti all’applicazione degli Isa

    L'ade specifica che tra le condizioni per l’adesione vi sono:

    • non avere debiti per tributi amministrati dall’Agenzia o debiti contributivi 
    • o aver estinto, prima della scadenza del termine per aderire al Concordato, quelli di importo pari o superiore a 5mila euro. 
    • non essere stati condannati per determinati reati (decreto legislativo n. 74/2000, articolo 2621 del codice civile, articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del codice penale).

    Attenzione al fatto che il concordato in oggetto è precluso inoltre a coloro che nei tre anni precedenti a quello di applicazione non hanno presentato la dichiarazione dei redditi, pur essendo tenuti a farlo.

    La Circolare n 18/2024 sinteticamente evidenzia che l'adesione alla proposta del Fisco consente di pianificare la propria tassazione per un anno in via sperimentale (2024) per i forfetari e per due anni (2024 e 2025) per i contribuenti Isa. Inoltre, nei confronti di tutti i soggetti che aderiscono non potranno essere effettuati gli accertamenti previsti dall’articolo 39 del Dpr n. 600/73 salvo che, in esito ad attività istruttorie dell’amministrazione Finanziaria, non si verifichi una causa di decadenza dal Cpb stesso. 

    Ulteriori benefici riguardano i contribuenti che applicano gli Isa, che avranno diritto alle premialità specifiche del regime. L’adesione, invece, non ha alcun effetto ai fini Iva.

    Concordato preventivo biennale: come aderire entro il 31 ottobre

    Il documento ADE del 17 settembre chiarisce anche che i beneficiari possono aderire come segue:

    • i contribuenti forfetari possono compilare il quadro LM del modello direttamente tramite il servizio “RedditiOnline” oppure tramite l’applicativo della dichiarazione precompilata per definire il proprio reddito 2024 e valutare se aderire all’istituto;
    • i contribuenti Isa, invece, hanno a disposizione sul sito dell’Agenzia il softwareIl tuo ISA 2024 CPB” per calcolare il proprio indice sintetico di affidabilità (Isa) e accedere alla proposta di Concordato preventivo biennale (Cpb). 

    Viene specificato che in entrambi i casi, la deadline per l’adesione per questo primo anno di applicazione è fissata al 31 ottobre 2024.

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Decreto Riscossione: discarico automatico delle quote non riscosse

    In GU n 184 del 7 agosto il Dlgs n 110 del 29 luglio con la riforma del sistema della Riscossione.

    Tra le novità come anche evidenziato dal viceministro Leo vi è il discarico dopo 5 anni, automatico legato al decorso del tempo oppure anticipato quando ci sono procedure esecutive oppure quando l’Agenzia non riscontra beni su effettuare il recupero. Possibili  casi di rateizzazione o ristrutturazione.

    Obiettivo dichiarato della riforma è arrivare a una progressiva riduzione del magazzino di agenzia delle Entrate riscossione (Ader) ed evitare che nel futuro si accumulino e stratifichino crediti non più (o almeno difficilmente) recuperabili.

    Vediamo cosa si prevede relativamente al discarico automatico e riaffidamento dei carichi

    Discarico automatico e riaffidamento dei carichi: novità per la riscossione

    L’articolo 3 del dlgs n 110/2024 prevede che le quote affidate all’Agenzia delle entrate riscossione dal 1° gennaio 2025 e che non sono riscosse vengano automaticamente discaricate, con le modalità stabilite con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’affidamento. In ogni caso, l’agente della riscossione può trasmettere, in qualsiasi momento, all’ente creditore la comunicazione di discarico anticipato delle quote interessate da fallimento o liquidazione giudiziale o per le quali ha verificato, attraverso l’accesso all’Anagrafe Tributaria (eseguito prima del discarico) l’assenza di beni del debitore aggredibili.

    L’articolo 4, in deroga alla disciplina del discarico automatico prevista in via generale all’articolo 3, esclude temporaneamente dal discarico automatico – a specifiche condizioni – le quote affidate dal 1° gennaio 2025, per le quali: 

    • a) è sospesa la riscossione, ovvero sono ancora pendenti procedure esecutive o concorsuali, a specifiche condizioni;
    • b) sono conclusi accordi ai sensi del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza o sono intervenute dilazioni, ovvero sono derivanti da istituti agevolativi previsti dalla legge e si sono verificate cause di revoca e decadenza dal beneficio ovvero ancora di sospensione della riscossione.

    Leggi anche: Decreto Riscossione: tutte le regole per le dilazioni dei debiti, per tutte le novità sul tema.