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Dichiarazione IVA 2025: tardiva entro il 29 Luglio
Le irregolarità sulla dichiarazione IVA con l’integrazione tra:
- fatturazione elettronica,
- corrispettivi telematici,
- e controllo incrociato dei dati,
sono molto più controllate dalle Entrate.
Con il Provvedimento del 3 luglio 2025 sull'adempimento spontaneo si applicano le regole di collaborazione tra Fisco e contribuente all'anno di imposta 2024
In particolare, l’articolo 1, comma 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate siano individuate le modalità con le quali gli elementi e le informazioni, di cui ai commi 634 e 635 del medesimo articolo, sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di Finanza.
Con il provvedimento in oggetto sono individuate le modalità con le quali sono messe a disposizione del contribuente e della Guardia di finanza,
anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici, le informazioni relative alla presenza di fatture elettroniche emesse e dei corrispettivi giornalieri trasmessi, che segnalano la possibile:- mancata presentazione della dichiarazione IVA per il periodo d’imposta 2024
- o la presentazione della stessa senza quadro VE o con operazioni attive dichiarate per un ammontare inferiore a 1.000 euro, minore rispetto all’ammontare delle cessioni rilevanti ai fini IVA effettuate nel medesimo periodo d’imposta;
- presentazione della dichiarazione IVA senza il quadro VJ a fronte di fatture ricevute in regime di inversione contabile (reverse charge).
Le Entrate pertanto con il provvedimento forniscono al contribuente dati utili al fine di presentare:
- la dichiarazione IVA entro novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione,
- ovvero di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni commessi, medianteil ravvedimento operoso,
I soggetti tenuti alla presentazione all’Agenzia del modello Iva 2025, per l’annualità 2024, entro i termini ordinari che vanno dal 1° febbraio al 30 aprile 2025, hanno tempo fino a martedì 29 luglio per effettuare l’adempimento dichiarativo, versando, tramite il ravvedimento operoso, la sanzione ridotta di 25 euro (1/10 del minimo), con il codice tributo 8911.
Ravvedimento omessa dichiarazione IVA 2025: entro il 29 Luglio
Il 29 luglio è l’ultimo giorno per ravvedere la dichiarazione Iva omessa alla scadenza del 30/04/2025, successivamente, la dichiarazione verrà considerata omessa, pur se successivamente presentata.
La presentazione servirà comunque a ridurre il carico delle sanzioni da versare al Fisco.
Ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 471/97 se la dichiarazione (omessa) viene presentata con ritardo superiore a novanta giorni, ma prima dell’inizio di qualunque attività di controllo, la sanzione irrogabile sarà pari al 75% dell’imposta dovuta e non pagata.
Nell’ambito dell'attività di compliance l’Agenzia delle Entrate individua situazioni di “anomalia” da cui risulterebbe la mancata o infedele presentazione della dichiarazione Iva come individuate dal Provvedimento di cui trattasi che ha esteso l’applicazione della metodologia indicata anche all’anno di imposta 2024, in riferimento dunque alla dichiarazione Iva 2025.
Il contribuente che riceve una delle lettere delle entrate avrà possibilità di sanare l'omissione presentando la dichiarazione entro il 29 luglio oppure una dichiarazione integrativa, e di fruire del ravvedimento operoso versando la relativa sanzione.
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Chirurgia estetetica esente IVA: vediamo quando
Con la Risoluzione n 42 del 12 giugno vengono forniti chiarimenti rispetto all'esenzione IVA della chirurgia estetica.
Chirurgia estetetica esente IVA: vediamo quando
Con la Risoluzione n 42/2025 viene chiarito il perimetro della esenzione IVA per la “chirurgia estetica”
Essa, in sintesi, è esente se dimostrata, tramite attestazione medica, la finalità terapeutica dell’intervento.
L’Agenzia delle entrate fornisce indicazioni sulla corretta applicazione delle novità introdotte dall’articolo 4-quater del Dl n. 145/2023, sulla esenzione Iva prevista per le prestazioni di chirurgia e medicina estetica.
L'articolo 10, comma 18, del decreto Iva prevede l'esenzione Iva per le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese da professionisti sanitari soggetti a vigilanza.
Il principio trova fondamento nella direttiva Iva 2006/112/CE, che stabilisce l'esenzione per le prestazioni mediche effettuate nell'ambito delle professioni mediche e paramediche.
La Corte di giustizia Ue ha chiarito che per usufruire dell’agevolazione è necessario lo scopo terapeutico della prestazione e con la sentenza C-91/12 del 21 marzo 2013, con specifico riferimento alle operazioni di chirurgia estetica e ai trattamenti estetici, ha precisato che:
- beneficiano della esenzione solo gli interventi con scopo terapeutico, ossia utili a diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute:
- gli interventi di chirurgia estetica puramente cosmetici non rientrano nell'esenzione e sono soggetti al regime Iva ordinario, quelli con finalità terapeutica devono essere comprovati per godere del regime di esenzione.
La Circolare n. 4/2005 aveva dato il via libera, a determinate condizioni, all’applicazione dell’articolo 18 per gli interventi di chirurgia estetica, in quanto connessi al benessere psico-fisico della persona.
Con l’introduzione dell’articolo 4-quater del Dl n. 145/2023, convertito dalla legge n. 191/202, la normativa italiana, in linea con l’orientamento della Corte di giustizia europea, ha rimodulato le ipotesi di accesso all’esenzione prevista dall’articolo 18.
Tale norma ha specificato che sono esenti le presentazioni sanitarie di “chirurgia estetica” se corredate da apposita attestazione medica, che ne provi la finalità terapeutica.
Le prestazioni sanitarie di “medicina estetica”, invece, continuano a beneficiare dell’articolo 18 a condizione che abbiano finalità terapeutica, comprovata da idonea documentazione da cui risulti che la prestazione è volta a curare malattie o problemi di salute o a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica della persona.
Tali nuove regole sono in vigore dal 17 dicembre 2023 e non prima.
La Risoluzione in oggetto ha precisato che l’attività dei medici anestesisti nell'ambito della chirurgia estetica sono comunque esenti da Iva indipendentemente dalla finalità dell’operazione in quanto l’anestesia tutela e mantiene le condizioni vitali del paziente, configurandosi sempre come prestazione sanitaria terapeutica.
Infine l’Agenzia ritiene, salvo diversa valutazione del ministero della Salute, che l'attestazione necessaria alla esenzione possa essere rilasciata da qualunque medico, incluso il chirurgo o medico estetico che esegue la prestazione nel rispetto di due condizioni:
- il documento deve collegare la patologia del paziente alla prestazione estetica
- l'attestazione deve essere rilasciata prima dell'intervento.
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Codatorialità: regole per l’IVA
Con Risposta a interpello n 136 del 19 maggio le Entrate chiariscono il trattamento IVA nella codatorialità.
Dopo la pubblicazione della Circolare n 5/2025 con i chiarimenti sulle novità per i distacchi di personale viene pubblicato questo interpello con risposta ad un caso specifico di codatorialità, vediamo tutti i dettagli.
Codatorialità: quesito sull’imponibilità IVA
La Società ALFA evidenzia di essere un contratto di rete, dotato di soggettività giuridica, costituito il 14 ottobre 2020.
La ''rete'' è una tipologia di associazionismo imprenditoriale, su base contrattuale, che permette alle singole imprese aderenti (c.d. retiste) di collaborare tra loro.
L'Istante fa presente che tra gli obiettivi della rete figura, in primis,l'ottimizzazione dell'impiego delle risorse umane all'interno della stessa rete per raggiungere livelli superiori di efficienza produttiva, organizzativa e qualitativa.
In tale ottica, a seguito della sentenza della Corte d Giustizia dell'Unione Europea in materia di trattamento IVA del distacco di personale e della conseguente emanazione dell'articolo 16 ter del decreto legge 16 settembre 2024, n. 131 (c.d. Decreto Salva Infrazioni), la Società chiede quale sia il trattamento IVA della codatorialità, prevista dall'articolo 30, comma 4 ter del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, quale istituto alternativo al distacco di personale.
Per il citato comma 4 ter, infatti, «Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa (…), l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso».
Avendo assunto del personale ''in regime di codatorialità'', imputandone i costi alle imprese associate, la Società chiede il corretto trattamento IVA applicabile a tali addebiti.Codatorialità tipica e atipica: chiarimenti ADE per l’IVA
Le Entrate evidenziano intanto che nel nostro ordinamento non è rinvenibile una definizione di codatorialità e a tale mancanza ha sopperito la Corte di Cassazione che in numerose sentenze individua la codatorialità in quella situazione di fatto che si viene a creare all'interno dei gruppi societari quando, a prescindere dal tipo di contratto utilizzato, un lavoratore dipendente presta la propria attività lavorativa a favore di più imprese (rectius, datori di lavoro), e al fine di individuare questa fattispecie, ne ha identificato gli elementi caratterizzanti.
''La codatorialità presuppone l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l'interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali, secondo le regole generali di imputazione del rapporto all'effettivo utilizzatore della prestazione''
In altri termini, per la Suprema Corte, a fronte dell'unicità del rapporto di lavoro, il lavoratore presta indifferentemente e ''contemporaneamente servizio per due (n.d.r. o più) datori di lavoro, titolari di due distinte imprese, e la sua opera è tale che in essa non può distinguersi quale parte sia svolta nell'interesse di un datore di lavoro e quale nell'interessa dell'altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori di siffatta attività devono essere considerati solidalmente responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto''
Quella delineata dalla Corte di Cassazione è la c.d. codatorialità atipica, di elaborazione giurisprudenziale e riscontrabile nei gruppi di imprese, a cui si contrappone la c.d. codatorialità tipica, prevista invece dal legislatore nello specifico ambito delle reti di imprese e che trova espressione nell'articolo 30, comma 4 ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (in seguito, ''comma 4 ter'') che è norma speciale che ammette l'utilizzo della codatorialità nelle reti di imprese, alle condizioni ivi previste, tra le quali non figurano gli elementi ''costitutivi'' individuati dalla Corte di Cassazione, riscontabili nei gruppi societari e rispetto ai quali le reti di impresa sono altra cosa.
Nei gruppi societari l'interdipendenza delle diverse imprese si realizza tramite l'attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 del codice civile, realizzata da una di esse (in genere la controllante di ultimo livello) nei confronti delle altre, mentre nelle reti di impresa è realizzata mediante l'attuazione del programma comune di rete, che presuppone un obiettivo comune alle associate.
Si ricorda infatti che per l'articolo 3, comma 4 ter, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 «Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della
propria impresa. Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. (…)».
La condizione poi cui il legislatore subordina, all'interno delle reti d'impresa, l'utilizzo della codatorialità è la previsione nel contratto di rete delle regole di ingaggio dei dipendenti, che invece non figura tra i requisiti tipici della codatorialità atipica, delineata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Chiarito il carattere speciale del comma 4 ter, occorre altresì considerare che la norma in commento consente alle reti di imprese di utilizzare anche l'istituto del distacco di personale: in altri termini, per realizzare il programma di rete, le imprese retiste possono avvalersi del distacco di personale e della codatorialità che, essendo istituti tra loro differenti, comportano effetti diversi in capo ai lavoratori e ai datori di lavoro.
Nel distacco di personale, il «… datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente (n.d.r. enfasi aggiunte) uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa», rimanendo tuttavia «… responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore» (cfr. articolo 30, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 276 del 2003). Il lavoratore,
dunque, è coinvolto nell'ambito di un rapporto bilaterale tra impresa distaccante, che resta datore di lavoro, e impresa distaccataria.
La codatorialità comporta invece il potenziale coinvolgimento di tutte le imprese appartenenti alla rete in veste di datore di lavoro al fine di soddisfare un interesse non di una singola impresa bensì della rete, rappresentato dal programma comune alla cui realizzazione provvedono in modo stabile tutte le imprese retiste con i rispettivi dipendenti.Inteso in questi termini, il requisito della temporaneità, proprio del distacco, esula dalla codatorialità come del resto la bilateralità del rapporto datore di lavoro dipendente, potendo il dipendente avere più datori di lavoro.
Sebbene quindi per l'adempimento degli obblighi comunicativi, previdenziale e assicurativi sono in genere individuate una o due imprese retiste referenti, nel rapporto di lavoro in codatorialità:- 1. tutte le imprese retiste possono essere datori di lavoro di quei dipendenti che, avendo accettato le regole di ingaggio, hanno l'obbligo di rendere la prestazione lavorativa nei confronti di tutti i codatori;
- 2. tutti i codatori sono responsabili in solido degli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, con ogni facoltà di regresso nei confronti degli altri per il pagamento della parte del costo del personale di loro competenza anticipata da uno di essi al lavoratore (per ulteriori dettagli cfr. decreto ministeriale 29 ottobre 2021, n. 205, circolare dell'INAIL del 3 agosto 2022, n. 31, Note dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro nn. 315 del 22 febbraio 2022 e 2015 del 10 ottobre 2022).
Intesa in questi termini, nella codatorialità non sono rinvenibili quegli elementi che hanno portato la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nella sentenza 11 marzo 2020, C 94/2019, a pronunciarsi per la rilevanza ai fini IVA del distacco di personale.
Non è in particolare rinvenibile il requisito della sinallagmaticità. Per i giudici unionali il distacco di personale rileva ai fini IVA quando tra le parti sussiste un nesso diretto in forza del quale ''[…] le due prestazioni si condizionano reciprocamente, […] vale a dire che l'una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l'altra, e viceversa […]. Se pertanto dovesse essere dimostrato (…) che il pagamento da parte della (n.d.r. distaccataria) degli importi che le sono stati fatturati dalla…società (n.d.r. distaccante) costituiva una condizione affinché quest'ultima distaccasse il dirigente, e che la (n.d.r. distaccataria) ha pagato tali importi solo come corrispettivo del distacco, si dovrebbe concludere per l'esistenza di un nesso diretto tra le due
prestazioni. […] È irrilevante, a tale riguardo, l'importo del corrispettivo, in particolare la circostanza che esso sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell'ambito della fornitura della sua prestazione […]. Infatti, una simile circostanza non è tale da compromettere il nesso diretto esistente tra la prestazione di servizi effettuata e il corrispettivo ricevuto […]''.
Nella codatorialità non è rinvenibile un simile nesso sinallagmatico in quanto, come già chiarito, le imprese che accettano le regole di ingaggio fissate nel contratto di rete assumono ciascuna il ruolo di datore di lavoro, direttamente responsabile per la quota di propria competenza del pagamento dello stipendio al lavoratore e pertanto si può parlare di rimborso solo in termini di restituzione di quanto solidalmente anticipato
al dipendente dall'impresa referente.
Tale rimborso ha in sostanza la funzione di imputare a ciascuna impresa retista il costo del personale dipendente in proporzione all'effettivo contributo che ha ricevuto da ogni lavoratore. In conformità, dunque, a quanto chiarito nella circolare 16 maggio 2025, n. 5/E, si tratta di una mera movimentazione di denaro, non soggetta a IVA ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
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L’omessa registrazione della fattura blocca l’integrativa a favore
L’Agenzia delle Entrate ha di recente pubblicato la Risposta a interpello numero 115/2025 con la quale si affronta il caso in cui un contribuente abbia regolarmente ricevuto delle fatture d’acquisto ma, per mero errore, non le abbia registrate nell’anno del ricevimento; si discute se è possibile esercitare il diritto alla detrazione successivamente trasmettendo una dichiarazione integrativa a favore.
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in un caso come quello esaminato, non è possibile detrarre l’imposta in una fase successiva, anche trasmettendo una dichiarazione IVA integrativa a favore.
Vediamo su quali normative si sostiene questo punto di vista.
In base all’articolo 19 comma 1 del DPR 633/1972, il diritto alla detrazione dell’IVA relativa ai beni e ai servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitata “al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto”. In coerenza con questa previsione, l’articolo 25 comma 1 dello stesso DPR 633/1972 prescrive che le fatture d’acquisto debbano essere annotate nell’apposito registro “entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno”.
Sul tema era già intervenuta la prassi in occasione della Circolare 1/E/2018, con la quale veniva puntualizzato che:
- il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui viene a coesistere la duplice condizione della sostanziale esigibilità dell’imposta e del possesso della fattura;
- il diritto alla detrazione può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si è realizzata la duplice condizione di cui sopra;
- il principio della neutralità dell’imposta è comunque garantito dall’istituto della dichiarazione integrativa.
In questo modo, secondo l’Agenzia delle Entrate, il soggetto che non ha esercitato la detrazione dell’IVA può recuperare l’imposta presentando dichiarazione integrativa a favore entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, come stabilito dall’articolo 57 del DPR 633/1972.
Ma questo non è sempre possibile, infatti secondo la Risposta a interpello numero 479/2023 può avvalersi della dichiarazione integrativa il contribuente che ha correttamente registrato la fattura nell’anno di ricevimento, ma abbia omesso di esercitare il diritto alla detrazione; e, in base alla Risoluzione 325/E/2002, dalle “ipotesi di errore […] deve, tuttavia, tenersi ben distinto il mero ripensamento sull’indicazione di precise scelte già operate da parte del contribuente in sede di dichiarazione”.
Ed è così che si arriva al principio espresso dall’Agenzia delle Entrate: che il diritto alla detrazione può essere esercitato in una fase successiva, tramite dichiarazione integrativa, solo nel caso in cui la fattura di acquisto era stata correttamente registrata, in quanto quest’ultimo costituisce un adempimento propedeutico alla detrazione.
Diversamente il contribuente che ha a disposizione una fattura di acquisto, e non la registra, secondo l’Agenzia delle Entrate rinuncia definitivamente al diritto alla detrazione, in quanto “in tale comportamento non sono ravvisabili gli estremi dell’errore rilevante ed essenziale”.
In definitiva, riepilogando, secondo l’Agenzia, il contribuente che registra la fattura ma non esercita il diritto alla detrazione, può esercitare tale diritto anche successivamente con dichiarazione IVA integrativa; diversamente il contribuente che non registra la fattura non può esercitare successivamente questo diritto perché la mancata registrazione sarebbe rappresentativa di una scelta a non detrarre l’imposta, e non di un errore, e tale scelta che non può essere modificata.
Quindi la mancata registrazione della fattura nei termini ordinariamente prescritti costituirebbe una rinuncia al diritto alla detrazione.
L’obbligo della registrazione della fattura
La Risposta a interpello 115/2025 si conclude con una ulteriore precisazione da parte dell’Agenzia delle Entrate: viene ricordato che la registrazione di una fattura costituisce un obbligo previsto dall’articolo 25 comma 1 del DPR 633/1972, la cui violazione comporta la sanzione fissa da euro 250 a euro 2.000 (quando la violazione ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo), come disposto dall’articolo 6 comma 1 del Decreto Legislativo 471/1997, “comunque ravvedibile in base all’articolo 13 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997 numero 472”.
Difficile non notare però come, in questo modo, la mancata registrazione della fattura da parte del contribuente venga, nella stessa Risposta a interpello 115/2025, prima considerata una scelta e poi la violazione di un obbligo: due concetti che si coniugano con difficoltà, in quanto la scelta presuppone una facoltà di scelta, mentre un obbligo no.
Il fatto è che ormai in tema di IVA si ragiona su cavilli e sfumature che poco hanno a che vedere con la sostanza profonda delle questioni: è sempre più difficile riuscire a entrare nel merito di cosa è forma e cosa è sostanza nel contesto di un impianto normativo, quello dell’IVA, caratterizzato da una infinità di regole e da un numero ancora maggiore di eccezioni. Ciò che è certo è che l’IVA è una imposta sui consumi pensata male, che funziona male, e che non fa altro che moltiplicare balzelli, regole ed eccezioni nella speranza di riuscire a funzionare.
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IVA: chiarimenti per l’attività di guida amibientale
Con Risposta a interpello n 125 del 30 aprile le Entrate si occupano del trattamento IVA applicabile all'attività di accompagnamento svolta da una guida ambientale escursionistica e alle prestazioni di concessioni in uso degli strumenti funzionali all'attività di accompagnamento.
Vediamo quando spetta l'esenzione IVA come prevista dall'art 10 comma 1 numero 22 del DPR 26 ottobre 1972.
IVA attività di accompagnamento guida amibientale
L'Istante esercita abitualmente la professione di Guida Ambientale Escursionistica GAE professione non ordinistica ai sensi della legge n. 4/2013, ed è socio di A.I.G.A.E. Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, iscritta negli elenchi ufficiali del MISE tra ''le 'Associazioni professionali che rilasciano l'attestato di qualità dei servizi''.
Il profilo professionale della GAE la configura come ''il professionista che accompagna in sicurezza, assicurando la necessaria assistenza tecnica, singoli o gruppi in visita a tutto il territorio, illustrandone gli aspetti naturalistici, antropici e culturali''.
Viene precisato che il regime fiscale dell'istante è quello ordinario e conseguentemente, quelle effettuate nell'esercizio della professione, costituiscono in linea generale, operazioni imponibili ai fini IVA.
L'Istante evidenzia che nell'esercizio della propria professione, effettua anche l'attività di accompagnamento di escursionisti in Aree protette e che intende costituire una società di persone la cui attività di impresa consisterebbe esattamente nelle attività di accompagnamento, di cui al profilo professionale delle GAE.
In tale compagine di futura costituzione, entrambi i soci sarebbero operativi ed in tale veste curerebbero materialmente l'esecuzione delle attività di accompagnamento, anche in aree protette.
L'Istante ha evidenziato opera in aree protette aperte al pubblico e non sono previsti biglietti di ingresso.
Inoltre egli concede in uso agli escursionisti specifici strumenti (ad esempio bici, canoe, kayak, equipaggiamento da subacqueo, ecc. così come ciaspole per le ordinarie escursioni che siano effettuate in ambienti innevati) a fronte del
pagamento, da parte dei committenti, di uno specifico corrispettivo, integrativo di quello dovuto per la sola attività principale di accompagnamento.
Egli chiede di conoscere se alla predetta attività di accompagnamento nelle aree ufficialmente protette e alle prestazioni di concessione in uso agli escursionisti dei vari strumenti funzionali alla stessa attività possa applicarsi il regime di esenzione di cui all'articolo 10, comma 1, numero 22), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972.
Le Entrate ricordano che l'articolo 132, par.1, della direttiva n. 2006/112/CE, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto dispone, tra l'altro, alla lettera n), che gli Stati membri possono esentare dall'Iva «talune prestazioni di servizi culturali e le cessioni di beni loro strettamente connesse effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi culturali riconosciuti dallo Stato membro interessato;».
Nell'ordinamento nazionale, l'articolo 10, comma 1, numero 22) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 prevede l'esenzione dall'Iva per «le prestazioni proprie delle biblioteche, discoteche e simili e quelli inerenti alla visita di musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici e simili».
Ciò premesso, le Entrate evidenziano che, per un costante e ormai consolidato principio della giurisprudenza unionale, i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui al citato articolo 132 della direttiva Iva devono essere interpretati restrittivamente, in quanto deroghe al principio stabilito dall'articolo 2 della stessa direttiva Iva
Ai fini dell'esenzione rileva il carattere dell'inerenza delle prestazioni rispetto alla visita che costituisce l'operazione principale oggetto di esenzione.
Come chiarito dalla risoluzione 23 aprile 1998, n. 30 (relativa ai proventi derivanti da una mostra), il Legislatore ha inteso riconoscere l'esenzione oltre che alle visite di luoghi, quali musei e gallerie espressamente indicati, anche a quelle manifestazioni della cultura le cui prestazioni sono equipollenti, inoltre «l'agevolazione concerne la mera visita, comprensiva pertanto di cuffia e accompagnatore, in quanto inerenti alla visita stessa, con esclusione di altre possibili prestazioni, quali, ad esempio, la vendita di cataloghi, stampe o altri beni che vanno assoggettati all'aliquota propria».
L'esenzione in argomento «riguarda, pertanto, sia il corrispettivo versato dal visitatore per assistere ad una mostra culturale sia altre prestazioni di servizi inerenti alla visita stessa, quali l'eventuale fornitura di audioguida e dell'accompagnatore»
Dal quadro normativo e di prassi sopra richiamato, la prestazione può rientrare nel regime di esenzione Iva di cui al citato n. 22), se ''inerente'' alla prestazione principale di ''visita'' al luogo ritenuto di interesse culturale (quali musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici, e simili).Pertanto, in assenza dell'emissione di un ticket di ingresso, detto servizio rileva ai fini Iva come autonoma prestazione.
Allegati:
Nel caso di specie, l'attività di guida escursionistica riguarda escursioni in ''aree protette'', ''aperte al pubblico'', per il cui accesso, ''non sono previsti biglietti di ingresso''.
Pertanto, al servizio di GAE che l'Istante rende agli escursionisti non trova applicazione il regime di esenzione di cui al citato articolo 10 comma 1, numero 22) e non vale neppure l'eventuale applicazione dell'esenzione dall'Iva alla concessione in uso degli strumenti funzionali all'attività di accompagnamento nell'aree protette. -
IVA Parco Divertimenti: l’aliquota per parcheggio e altri servizi
Con Risposta a interpello n 96 dell'11 aprile le Entrate chiariscono l'aliquota IVA da applicare ad un parco divertimenti per i servizi accessori.
In particolare l'istante riferisce di svolgere l'attività di ''Parco Tematico in forma stabile'' di cui alla Legge n. 337 del 1968.
La società specifica che alcune recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione e della corte di Giustizia UE hanno generato dei dubbi in merito alla corretta aliquota IVA da applicare ad alcuni servizi dallo stesso proposti all'interno del parco.
I dubbi in particolare riguardano: il servizio di parcheggio; il noleggio di ombrelloni e cabanas,
IVA Parco Divertimenti: l’aliquota per parcheggio e altri servizi
Le Entrate accolgono parzialmente la soluzione dell'istante e specificano quanto segue.
Per l'articolo 2 della legge 18 marzo 1968, n. 337 recante ''Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante'', «Sono considerati spettacoli viaggianti le attività spettacolari, i trattenimenti e le attrazioni allestiti a mezzo di attrezzature mobili, all'aperto o al chiuso, ovvero i parchi permanenti (n.d.r. enfasi aggiunta), anche se in maniera stabile (…)».
Il decreto del Ministero dell'Interno del 18 maggio 2007, nel fissare «…requisiti da osservare, ai fini della sicurezza, per le attività dello spettacolo viaggiante come individuate dalla legge 18 marzo 1968, n. 337», all'articolo 2, comma 1, lettera d) definisce il parco di divertimento come ''complesso di attrazioni, trattenimenti ed attrezzature dello spettacolo viaggiante rispondente alle tipologie previste nell'elenco di cui all'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337, destinato allo svago, alle attività ricreative e ludiche, insistente su una medesima area e per il quale è prevista una organizzazione, comunque costituita, di servizi comuni.''
Chiarito che i pachi divertimento rientrano tra gli spettacoli viaggianti, in merito al relativo trattamento IVA, si ricorda che per il numero 123) della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA, sono soggetti all'aliquota IVA del 10 per cento gli «spettacoli teatrali di qualsiasi tipo, (…); attività circensi e dello spettacolo viaggiante, spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti».
Ne consegue che i parchi divertimento beneficiano dell'aliquota Iva ridotta del 10 per centro.
Ciò premesso, le entrate chiariscono che per beneficiare della medesima aliquota IVA ridotta, le altre prestazioni rese dalla Società, cioè i servizi di parcheggio e noleggio ombrelloni e cabanas, devono poter essere considerate accessorie a quella principale dalla stessa effettuata.
Per il principio di accessorietà, sancito dalla richiamata disposizione, le operazioni considerate ''accessorie'' rivestono un ruolo secondario e complementare rispetto all'operazione principale e concorrono alla formazione della sua stessa base imponibile, mutuandone il medesimo regime impositivo.
A tal fine, viene evidenziato che una cessione di beni o una prestazione di servizi deve soddisfare le seguenti caratteristiche deve:
- completare, integrare o rendere possibile l'operazione principale;
- essere resa direttamente dallo stesso soggetto che effettua l'operazione principale oppure da terzi, ma per suo conto e a sue spese;
- essere effettuata nei confronti del medesimo soggetto (cessionario/ committente) cui è destinata l'operazione principale (ex multisrisoluzioni 3 ottobre 2008, n. 367/E; 1° agosto 2008, n. 337/E, 15 luglio 2002, n. 230/E nonché risposta ad interpello 3 giugno 2020, n. 163).
Le Entrate specificano che quanto al servizio di parcheggio a esclusivo uso del parco, il nesso di accessorietà è in re ipsa in quanto risponde alla necessità di facilitare il raggiungimento del parco da parte di quei potenziali clienti che scelgono/preferiscono spostarsi con il mezzo proprio rispetto alle altre soluzioni di trasporto che secondo quanto affermato dal Contribuente sarebbero peraltro assai limitate
Vi sono perplessità in merito al servizio di noleggio ombrelloni e cabanas, rispetto ai quali si rende necessario operare una distinzione.
Dal sito internet della Società risulta che la stessa è titolare di due parchi divertimento, entrambi localizzati a omissis:
si tratta di ''AlfaX'' parco divertimenti c.d. ''classico''
e ''AlfaY'', aperto a partire dalla metà di giugno, più propriamente un parco acquatico.
Il parco acquatico rientra nella categoria dei parchi divertimento ed è dotato di attrazioni, giochi d'acqua, scivoli, piscine, ecc. in cui possono essere presenti fiumi e lagune artificiali, oltre a servizi ulteriori quali spogliatoi, servizi igienici e punti di ristoro.
Nell'istanza, il Contribuente non precisa in quale parco offre il servizio di noleggio ombrelloni e cabanas.
Nei parchi acquatici, come AlfaY, le piscine e le attrazioni acquatiche sono parte integrante dell'esperienza di intrattenimento offerta ai visitatori e pertanto l'allestimento di un'area di relax, dotata di un servizio ombrelloni/cabanas, dove peraltro è possibile ripararsi dal sole, costituisce un servizio strettamente funzionale alla fruizione delle attività principali, contribuendo al comfort e al benessere dei visitatori.
Per il parco acquatico è dunque ravvisabile il nesso di accessorietà tra l'ingresso e il servizio di noleggio di ombrelloni e cabanas mentre tale nesso non può ritenersi verificato per l'altro parco divertimenti di cui l'Istante è titolare.
In conclusione, il requisito dell'accessorietà cui consegue l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata del 10 per cento prevista per l'ingresso al parco divertimenti è ravvisabile:
- per il servizio di parcheggio, a prescindere se sia offerto per l'uno o l'altro parco, o per entrambi;
- per il noleggio di ombrelloni e cabanas offerto nel parco acquatico in AlfaY
Attenzione al fatto che quest'ultimo servizio sarà invece soggetto all'aliquota ordinaria IVA del 22 per cento se offerto nell'altro parco c.d. classico di cui è titolare l'Istante.
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IVA collirio: quando spetta l’aliquota al 10%
Con Risposta a interpello n 88 del 4 aprile si chiarisce l'ambito di applicazione della aliquota IVA per dispositivi medici e in particolare per una società istante che dichiara di svolgere l'attività di produzione e confezionamento di piante officinali, prodotti erboristici, integratori alimentari, dispositivi medici e prodotti fitocosmetici.
Tra gli altri, essa commercializza, applicando l'aliquota IVA del 22 per cento, un collirio dispositivo medico confezionato in un flaconcino da 10 ml.
Il Contribuente chiede quale sia la corretta aliquota IVA da applicare e allega e a tal fine il parere di accertamento tecnico della competente Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.
IVA collirio: cquando spetta l’aliquota al 10%
La norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 1, comma 3, della Legge di Bilancio 2019 fa rientrare «i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata (…)» tra i beni le cui cessioni sono soggette all'aliquota IVA del 10 per cento prevista, dal numero 114) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA, per i «medicinali pronti per l'uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici; sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie debbono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale»
Allegati:
Come già chiarito, questa norma non riguarda tutti i dispositivi medici, bensì solo quelli classificabili nella voce 3004 della Nomenclatura combinata (tra le molte risposte a interpelli pubblicate, cfr. n. 32 del 7 febbraio 2020, n. 220 del 21 luglio 2020, n. 607 del 18 dicembre 2020, n. 646 del 1° ottobre 2021, n. 51 del 25 gennaio 2022, n. 483 del 3 ottobre 2022, n. 257 del 17 marzo 2023).
Il Contribuente ha prodotto il necessario parere di accertamento tecnico, rilasciato da ADM in cui si afferma di ritenere, «Sulla base di quanto dichiarato e dell'istruttoria svolta, …. che il prodotto in oggetto assuma le caratteristiche dei prodotti farmaceutici del Capitolo 30 della Nomenclatura Combinata e possa essere classificato, nel rispetto delle Regole Generali per l'Interpretazione della Nomenclatura Combinata (in particolare Regole 1 e 6), nell'ambito della voce 3004 della Tariffa ed in particolare al Codice NC 3004 90 00: ''Medicamenti (esclusi i prodotti delle voci 3002, 3005 o 3006) costituiti da prodotti anche miscelati, preparati per scopi terapeutici o profilattici, presentati sotto forma di dosi (compresi i prodotti destinati alla somministrazione per assorbimento percutaneo) o condizionati per la vendita al minuto; altri''. ».
Preso atto della classificazione nella voce 3004 effettuata da ADM, le cessioni del dispositivo medico oggetto del presente interpello sono conseguentemente soggette all'aliquota IVA del 10 per cento prevista dal n. 114) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA. -
Adempimento anomalie IVA: in arrivo lettere per il 2022
Con Provvedimento n. 176284 dell'11 aprile l’Agenzia delle Entrate ha disposto le regole per le comunicazioni relative alle anomalie derivanti dal confronto fra i dati contenuti nella dichiarazione annuale IVA riferita al 2022 e quelli delle fatture elettroniche e dei corrispettivi giornalieri memorizzati elettronicamente.
Le comunicazioni saranno messe a disposizione dei contribuenti nel domicilio digitale comunicato all'ADE e inserite nel “Cassetto fiscale” e dell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”.
Adempimento spontaneo IVA: in arrivo lettere per il 2022
Il documento evidenzia che l'agenzia verifica la correttezza dei dati in suo possesso; ciò consente al contribuente di poter fornire elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti in grado di giustificare la presunta anomalia.
Il contribuente potrà consultare:
- a) il protocollo identificativo e la data di invio della dichiarazione IVA, per il periodo d’imposta oggetto di comunicazione, per la quale risultano delle anomalie;
- b) i seguenti dati della dichiarazione di cui al punto a):
- i. per le operazioni attive imponibili la somma algebrica dei righi VE24, colonna 1 (Totale imponibile), VE37 colonna 1 (Operazioni effettuate nell’anno ma con imposta esigibile in anni successivi), VE38
(Operazioni effettuate nei confronti dei soggetti di cui all’art. 17-ter) e VE39 (Operazioni effettuate in anni precedenti ma con imposta esigibile nell’anno oggetto di comunicazione); - ii. per le operazioni passive in regime di inversione contabile (reverse charge), per le quali il contribuente risulta debitore d’imposta, la somma algebrica degli importi indicati nella colonna 1 dei righi VJ6, VJ7, VJ8,
VJ12, VJ13, VJ14, VJ15, VJ16 e VJ17;
- i. per le operazioni attive imponibili la somma algebrica dei righi VE24, colonna 1 (Totale imponibile), VE37 colonna 1 (Operazioni effettuate nell’anno ma con imposta esigibile in anni successivi), VE38
- c) importo della somma delle operazioni IVA trasmesse telematicamente ai sensi del decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 127 e dell’articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 aventi le seguenti
nature:- i. attive imponibili;
- ii. passive con applicazione del regime di inversione contabile (reverse charge) di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 17 e ai commi 7 e 8 dell’art. 74, del d.P.R. n. 633 del 1972;
- d) ammontare complessivo delle operazioni attive imponibili e/o delle operazioni passive in regime di inversione contabile (reverse charge) che non risulterebbe indicato nella dichiarazione IVA;
- e) dati identificativi dei clienti (denominazione/cognome e nome e codice fiscale) e relativo ammontare delle operazioni attive imponibili;
- f) ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri per operazioni imponibili, distinto per “matricola dispositivo RT”, “documenti commerciali online” o “distributori carburanti”;
- g) dati identificativi dei fornitori (denominazione/cognome e nome e codice fiscale) e relativo ammontare delle operazioni passive in regime di inversione contabile (reverse charge).
Nella comunicazione inviata dall'Entrate vi sarà
- a) codice fiscale, denominazione, cognome e nome del contribuente;
- d) numero identificativo della comunicazione e anno d’imposta;
- e) codice atto;
- f) totale delle operazioni IVA trasmesse telematicamente ai sensi del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 e dei commi da 209 a 214, articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 aventi le seguenti nature:
- i. imponibili;
- ii. con applicazione del regime di inversione contabile (reverse charge) di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 17 e ai commi 7 e 8 dell’art. 74, del d.P.R. n. 633 del 1972 (ricevute);
- g) modalità attraverso le quali consultare gli elementi informativi di dettaglio relativi all’anomalia riscontrata;
- h) modalità con cui il contribuente può richiedere informazioni o segnalare all’Agenzia delle Entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti;
- i) modalità con cui il contribuente può regolarizzare errori o omissioni e beneficiare della riduzione delle sanzioni previste per le violazioni stesse di cui al successivo punto 5.1
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Violazioni IVA: causa ostativa per cancellazione della società
Le violazioni IVA non consentono la cancellazione dall’elenco delle partite IVA del contribuente.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito che non è conforme al diritto unionale e ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità la normativa dello Stato membro che consenta agli Uffici di cancellare dall’elenco delle partite IVA un soggetto passivo che abbia commesso violazioni in tema di IVA, senza analisi preventiva della natura delle infrazioni e del comportamento del soggetto passivo.
Questa è la sintesi della sentenza del 3 aprile causa C164/2024 della Corte UE di Giustizia.
Violazioni IVA: impediscono chiusura PIVA
Nella sentenza in oggetto la Corte di Giustizia tratta del caso di una società di diritto bulgaro che ha operato fino al 2019 nel settore edile.
Nel corso del 2022 tale società è stata oggetto di una verifica fiscale a seguito della quale l'autorità competente bulgara
con decisione del 27 settembre 2022, ha cancellato tale società dal registro IVA.
Tale ufficio ha concluso infatti che detta società non adempiva sistematicamente i suoi obblighi per la normativa locale, avendo omesso di pagare l'IVA dichiarata e dovuta, per un totale di cinque periodi d'imposta, compresi tra il 1° settembre 2013 e il 30 giugno 2018.
La decisione veniva confermata dai gidici di merito.
Secondo la Corte UE la normativa dell'unione prevede che il numero di partita IVA “costituisce un importante elemento di prova delle operazioni effettuate”.
La direttiva IVA impone che il numero d’identificazione del soggetto passivo, dell’acquirente dei beni o del destinatario dei servizi “sia obbligatoriamente indicato su tali documenti”.
Per quanto riguarda l’adozione di misure per cancellare i numeri di identificazione IVA assegnati, la Corte evidenzia che la direttiva IVA “non contiene alcuna disposizione che autorizzi in generale gli Stati membri a prevedere nella loro normativa nazionale la cancellazione dal registro dell’IVA”.
Gli Stati membri possono, se del caso, prevedere la cancellazione di un soggetto passivo dal registro dell’IVA.
In materia di sanzioni IVA, non essendoci un’armonizzazione a livello unionale, gli Stati membri possono scegliere le misura che sembrino loro appropriate.Essi però sono tenuti a esercitare ka competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e nel rispetto dei principi di proporzionalità e neutralità fiscale.
La Corte poertanto con la pronucia di cui si tratta conclude che una sanzione consistente nella cancellazione di un soggetto passivo dagli elenchi IVA, senza un divieto formale di esercizio dell’attività soggetta a IVA per il quale si era iscritto, “può condurre a rimettere in discussione costante e reiterata la situazione fiscale tanto del soggetto passivo stesso quanto degli acquirenti di beni e destinatari di servizi che esso fornisce”.Una tale sanzione non può pertanto ritenersi conforme ai principi di certezza del diritto, nonché di proporzionalità
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Codici ATECO 2025: istruzioni delle Entrate
In data 8 aprile viene pubblicata la Risoluzione n 24 con istruzioni per imprese e professionisti per i nuovi codici ATECO.
Leggi anche Nuovi ATECO 2025: operativi dal 1° aprile
Codici ATECO 2025: istruzioni delle Entrate
In particolare, considerato che la novità è operativa dal 1° aprile, ed è valida tanto per contribuenti quanto per le PA,
l’Agenzia delle entrate ha adeguato alla nuova classificazione le funzioni di acquisizione:
sia dei dati anagrafici
sia dei modelli dichiarativi
e fornisce le seguenti istruzioni.
I contribuenti possono verificare i codici Ateco collegati alla propria posizione fiscale e registrati in Anagrafe Tributaria accedendo alla propria area riservata.
Per la verifica devono consultare la sezione “Cassetto fiscale – Consultazioni – Anagrafica”.
Dal 1° aprile 2025, gli operatori interessati devono utilizzare i nuovi codici Ateco negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle Entrate, dato che l’adozione della classificazione aggiornata non comporta l’obbligo di presentare una dichiarazione di variazione dei dati, i contribuenti che presentano la prima dichiarazione di variazione dei dati devono comunicare i codici delle attività esercitate coerentemente con la nuova classificazione Ateco 2025. Identicamente devono fare per gli adempimenti previsti da specifiche disposizioni, ad esempio per la comunicazione per la fruizione del credito d’imposta ZES unica.
Per le imprese iscritte al Registro delle imprese la variazione deve essere comunicata attraverso la Comunicazione Unica (ComUnica), disponibile tramite Unioncamere.
In caso contrario, bisogna invece utilizzare gli specifici modelli messi a disposizione sul sito dell’Agenzia delle entrate:
AA5/6 e AA7/10 (per soggetti diversi dalle persone fisiche)
AA9/12 (per imprese individuali, lavoratori autonomi, artisti e professionisti, eccetera)
ANR/3 (per l’identificazione diretta ai fini Iva dei soggetti non residenti).
Per le Dichiarazioni IVA viene confermato quanto già chiarito dall'ADE, leggi: IVA 2025: il quadro VA e i nuovi codici ATECO