• Adempimenti Iva

    Professionisti: la detraibilità dell’IVA sulle spese di ristrutturazione

    Nell’ambito del lavoro autonomo, la deducibilità delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione sostenute per l’immobile adibito all’attività professionale non presenta particolari rilevanze, essendo riconosciuta nel limite del cinque per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultante all’inizio dell’anno dai registri contabili. 

    L’eventuale eccedenza è recuperabile nei cinque anni successivi. 

    In caso di uso promiscuo dell’immobile, la deducibilità è limitata al cinquanta per cento.

    In tema di IVA la questione, per le situazioni più semplici, come la manutenzione ordinaria, è ancora più semplice, dato che la detrazione dell’imposta è generalmente ammessa

    Tuttavia la fattispecie può presentare delle caratteristiche tali per cui il diritto alla detrazione dovrà essere valutato in base a un più generale principio di inerenza, il cui scopo è quello di evitare situazioni abusive.

    La situazione più sotto osservazione è quella delle spese di manutenzione straordinaria sostenute dal locatario professionista (o in generale dal lavoratore autonomo) sull’immobile locato e adibito all’attività professionale.

    La potenziale situazione abusiva deriva dalla constatazione che le spese di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione e in generale le migliorie, di norma sarebbero a carico del locatore, per cui il fatto che vengano sostenute dal locatario rappresenta un campanello d’allarme in relazione a possibili abusi.

    In questa situazione gli abusi discendono dal fatto che il professionista per quelle spese avrebbe diritto alla detrazione dell’IVA, mentre il locatore possibilmente no.

    Della questione si è di recente occupata la Corte di Cassazione con l’ordinanza 14853/2022, la quale, in relazione alla situazione in esame, pone il punto sull’inerenza dei costi sostenuti, requisito necessario ai fini del diritto alla detrazione dell’imposta.

    Quella sull’inerenza è una valutazione che occorrerà effettuare per discriminare i profili di possibile abuso.

    Partendo dalla constatazione che tali tipologie di spese non dovrebbero essere a carico del locatario, la Corte ci spiega che la discriminate, ai fini della valutazione dell’inerenza, è costituita dall’entità economica e dalla natura delle spese di ristrutturazione sostenute.

    Se infatti le spese di adattamento dei locali all’attività professionale esercitata potranno di certo essere considerate inerenti, lo stesso non si potrà dire per una “ristrutturazione completa e radicale dell’immobile” in quanto tali spese “implicano il venir meno del requisito della pertinenza della spesa allo svolgimento della libera professione”.

    In definitiva quindi, le spese di manutenzione straordinaria sostenute dal lavoratore autonomo su beni di terzi sono detraibili, fermo restando la necessità di valorizzare l’inerenza delle spese sostenute in relazione all’attività svolta.

    Una tale impostazione della questione discende dalla necessità di scongiurare il potenziale proliferare di situazioni abusive, nel caso in cui il requisito di inerenza non sia effettivamente richiesto.

    Però, se l’accertamento dell’inerenza di tipo qualitativo, legata alla tipologia di costi sostenuti, è qualcosa di immanente nel sistema tributario, la Corte di Cassazione con l’ordinanza 14853/2022 si spinge oltre, richiedendo che sia oggetto di valutazione anche l’inerenza di tipo quantitativo, legata all’entità dei costi sostenuti, in quanto “l’ammontare degli esborsi per la ristrutturazione confligge con un canone di economicità che non trova obbiettiva giustificazione in rapporto alla entità elevata dei costi sostenuti”, secondo un principio caro a giurisprudenza e prassi nazionali che, però, non è egualmente insito nell’ordinamento.

  • Adempimenti Iva

    Franchigia dazi e IVA importazione merci gratuite Ucraina: le regole

    Con Circolare n 34 del 3 ottobre le Dogane forniscono indicazioni per le misure, adottate dalla Commissione europea con la Decisione (Ue) 2022/1108 del 1° luglio 2022, per fronteggiare la crisi in Ucraina.
    In particolare, la Decisione permette, dal 24 febbraio al 31 dicembre 2022, agli Stati membri di applicare l’esenzione dai dazi doganali e dall’IVA alle importazioni per le merci distribuite gratuitamente alle persone in fuga dalla guerra o, comunque, in stato di necessità nel territorio ucraino. L'elenco dei beni agevolabili è consultabile sul sito delle Dogane, clicca qui

    La Circolare n 34 ricorda che gli Stati membri possono concedere la franchigia dai dazi e dall’IVA all’importazione per le merci importate presso i medesimi Stati, a condizione che: 

    • le merci siano destinate alla distribuzione gratuita a favore delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina oppure messe a disposizione delle medesime persone, restando di proprietà degli Enti importatori, e che tali merci soddisfino i requisiti degli articoli 75, 78, 79 e 80 del Regolamento (CE) n. 1186/2009 degli articoli 52,55, 56 e 57 della Direttiva 2009/132/CE; 
    • le importazioni siano effettuate da o per conto di organizzazioni pubbliche, compresi gli enti statali, gli organismi pubblici e altri organismi di diritto pubblico oppure da o per conto di enti caritativi o filantropici autorizzati dalle autorità degli Stati membri richiedenti.

    Inoltre, 

    • possono essere ammesse alla franchigia da dazi e Iva anche le importazioni di merci effettuate da o per conto delle unità di pronto soccorso per far fronte alle proprie necessità per tutta la durata del loro intervento in soccorso delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina
    • possono essere ammesse all'esenzione anche importazioni effettuate da Enti autorizzati da altri Stati membri o per merci destinate ad Enti ucraini autorizzati con l'assolvimento di obblighi di notifica

    La circolare inoltre precisa che gli Enti interessati ad avvalersi della franchigia doganale dovranno presentare apposita istanza all’Ufficio delle dogane presso il quale intendono effettuare l’operazione di importazione affinché quest'ultimo ne valuti il possesso dei previsti requisiti di appartenenza alle richiamate categorie. 

    Si potrà utilizzare il modello allegato 1 alla presente circolare: clicca qui per scaricarlo

    Una volta ottenuta da parte dell’Ufficio delle dogane la conferma dell’iscrizione nell’Elenco degli Enti beneficiari della Decisione, l’Ente (o altro soggetto per suo conto) potrà procedere alla presentazione delle relative dichiarazioni doganali riportando in fase dichiarativa, tra l’altro, il numero di iscrizione comunicatogli.

    Si ricorda che l'UE detta precisi obblighi di rendicontazione per gli Stati membri che concedono l'esenzione.

    E' chiesto di fornire nelle tempistiche previste, la natura ed i quantitativi ammessi all’importazione in franchigia, gli Enti autorizzati ad usufruire della franchigia in esame e le misure prese per assicurare gli scopi della Decisione, il rispetto delle condizioni prescritte ed i relativi controlli.

    Per ulteriori informazioni accedi da qui alla pagina preposta del sito delle Dogane

  • Adempimenti Iva

    Nota variazione nel caso di società scissa

    Con la Risposta a interpello n 484 del 3 ottobre le Entrate forniscono chiarimenti sulla emissione di Note di variazione IVA in ipotesi di scissione societaria (Articolo 16, comma 11, della legge 24 dicembre 1993, n. 537)

    Si tratta di un caso di scissione parziale con cui l'istante ha ricevuto un ramo d’azienda nel 2021 subentrando nei diritti e negli obblighi della società scissa.
    In assenza di una contabilità separata del ramo d’azienda trasferito, l’istante si è trovato delle operazioni attive e passive in ambito Iva. 

    Per le fatture attive ha emesso nota di variazione per i rapporti pregressi trasferiti dalla società scissa per i quali quest'ultima ha emesso fattura precisando che la riduzione dell'imponibile si è verificata successivamente alla scissione.
     Per le operazioni passive l’istante si è trovato a gestire le seguenti fatture relative al ramo ricevuto:

    • fatture di acquisto ricevute dalla società scissa precedentemente all’operazione e non annotate sui registri Iva della stessa,
    • fatture di acquisto emesse nei confronti della società scissa in data antecedente a quella di efficacia giuridica della scissione e ricevute successivamente alla data di efficacia giuridica della stessa,
    • fatture di acquisto emesse nei confronti della società scissa successivamente alla data di efficacia giuridica della scissione e ricevute quindi dopo la scissione.

    L’istante chiede chiarimenti per le operazioni effettuate nel 2021 e in particolare domanda  se può detrarsi l’Iva relativa:

    • alle note di variazione in diminuzione emesse per il recupero dell'Iva per le operazioni, fatturate dalla scissa, derivanti da rapporti pregressi trasferiti in capo alla beneficiaria,
    • alle fatture passive emesse nei confronti della società scissa (pertinenti al ramo scisso) con data successiva alla data di efficacia giuridica della scissione parziale e ricevute dalla stessa scissa oltre tale data.

    Secondo la soluzione prospettata dall’istante, egli ritiene di poter effettuare una detrazione cumulativa con emissione di un'unica autofattura per ogni fornitore.

    L’Agenzia ricorda la risoluzione n. 183/1995 con la quale ha fornito chiarimenti in tema. 

    In particolare, il documento precisava che se la società non ha effettuato la contabilità separata del ramo scisso, non sussistendo la possibilità oggettiva di reperire i dati relativi alla gestione dell'azienda per il periodo precedente alla scissione, la successione della società beneficiaria della scissione nei diritti e negli obblighi Iva relativi all'azienda o al ramo trasferiti può operare solo rispetto a quelle operazioni iniziate dalla società scissa e per le quali il momento di effettuazione dell'operazione, rilevante ai fini del tributo, non si è ancora realizzato nel momento in cui la scissione acquista efficacia. Le operazioni riferibili alle due frazioni dell'anno in cui si realizzala scissione societaria, andranno, quindi, a confluire rispettivamente nelle due dichiarazioni riferibili alla società scissa e a quella beneficiaria”. 

    In sintesi nei casi di scissione senza contabilità separata del ramo scisso attribuito alla società beneficiaria è determinante l'efficacia della scissione:

    • le operazioni effettuate fino a quel momento restano in capo alla scissa, 
    • le operazioni successive si trasferiscono alla beneficiaria.

    La beneficiaria potrà:

    • sia emettere note di variazione in diminuzione
    • sia procedere alla registrazione delle fatture di acquisto e alla detrazione Iva se non vi abbia già provveduto la società scissa indipendentemente dall’intestazione della fattura.

    Relativamente alle fatture di acquisto emesse nei confronti della società scissa successivamente alla data di efficacia della scissione, l’Agenzia evidenzia che tali documenti non si possono considerare pienamente regolari e che pertanto devono essere regolarizzati (articolo 6, comma 8, lettera b), Dlgs n. 471/1997) trovandosi in accordo con la soluzione proposta dall’istante di regolarizzare tutte le fatture per ogni fornitore in modo cumulativo.

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  • Adempimenti Iva

    Credito d’imposta investimenti beni strumentali 4.0: la compilazione del Quadro RU

    Le Entrate, con pubblicazione di una FAQ sul proprio sito internet, rispondono ad una dubbio di un contribuente sul Credito d'imposta investimenti in beni strumentali 4.0 e la relativa compilazione del Quadro RU della dichiarazione dei redditi.

    Vediamo i dettagli del caso di specie.

    Credito d'imposta investimenti beni strumentali 4.0: istruzioni per il Quadro RU

    Un’impresa ha acquistato un bene strumentale nuovo Transizione 4.0 (allegato A annesso alla legge n. 232 del 2016) entrato in funzione nel corso del 2021 ma interconnesso nel 2022.

    In base al comma 1059 della legge n. 232 del 2016, l’impresa ha fruito del credito d’imposta in misura ridotta (nel caso di specie, 10 per cento del costo sostenuto) dall’anno di entrata in funzione del bene, ovverosia nella medesima aliquota percentuale spettante in relazione agli investimenti aventi ad oggetto beni strumentali “ordinari” (diversi da quelli funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”), visto che la fruizione del credito d’imposta in misura piena (50 per cento) decorre, per espressa previsione normativa, dall’anno dell’avvenuta interconnessione.

    Si chiede di sapere come va compilato il quadro RU della dichiarazione dei redditi.

    Le entrate specificano che l’impresa deve compilare il quadro RU del modello REDDITI 2022 indicando:

    •  nel rigo RU1 il codice credito 2L, ossia il codice corrispondente alla tipologia dei beni agevolabili Transizione 4.0.

    Le istruzioni di compilazione precisano che: “I dati del credito d’imposta vanno esposti nella sezione distintamente in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili”

    Inoltre, si sottolinea che l’individuazione del codice credito da utilizzare prescinde sia dall’entrata in funzione del bene sia dall’avvenuta interconnessione dello stesso. 

    La suddetta impresa deve riportare:

    • nel rigo RU5 l’ammontare del credito d’imposta nella misura “piena” prevista per detti beni,
    • nel rigo RU130, colonna 4, l’ammontare complessivo del costo sostenuto.

    Resta fermo che, sebbene il credito sia indicato per l’intero ammontare (pari al 50 per cento del costo sostenuto) lo stesso è utilizzabile in misura non superiore al 10 per cento del predetto costo (come fosse un bene ordinario), per la quota annuale pari a un terzo. 

    Quindi, nel rigo RU12 del modello REDDITI 2022 va indicato il credito residuo che sarà riportato nel successivo modello REDDITI 2023.

    Si specifica che il credito in misura piena sarà fruibile dall’anno di interconnessione e dovrà essere decurtato di quanto già fruito in precedenza. Tale valore sarà poi suddiviso in un nuovo triennio di fruizione di pari importo.

    Le Entrate aggiungono inoltre che, per la compensazione del credito d’imposta tramite il modello F24, l’impresa deve utilizzare il codice tributo “6936” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato A alla legge n. 232/2016 – art. 1, commi 1056 e 1057, legge n.  178/2020”, corrispondente alla natura degli investimenti realizzati, valorizzando il campo “anno di riferimento” con l’anno di entrata in funzione del bene. 

    A seguito della connessione, il predetto campo andrà valorizzato con l’anno in cui questa si è verificata.

    Qualora per la compensazione sia stato erroneamente utilizzato il codice tributo 6935, l’impresa può chiedere in qualsiasi momento anche dopo aver ricevuto l’eventuale comunicazione d’irregolarità, la correzione del modello F24 tramite CIVIS oppure direttamente agli uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate, senza applicazione di sanzioni.

    Nel caso particolare in cui l’impresa sia a conoscenza del fatto che il bene acquistato non verrà mai interconnesso, l’importo residuo da indicare nel rigo RU12 deve essere ridotto della quota corrispondente alla maggiorazione riconosciuta per i beni agevolabili Transizione 4.0., avendo cura di barrare la casella 1 del medesimo rigo, denominata “Vedere istruzioni”.

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  • Adempimenti Iva

    Aliquota IVA e dispositivi medici: alle Dogane competenza sull’elenco dei beni

    Con Risposta a interpello n 483 del 3 ottobre le entrate chiariscono dubbi in merito alla aliquota IVA applicabile ai dispositivi medici.

    L'agenzi specifica che il parere favorevole all’aliquota agevolata, fornito dall’Agenzia delle Dogane competente, non lascia dubbi sul trattamento fiscale, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, delle cessioni dei prodotti proposti nell'interpello.

    La Società Alfa riferisce di produrre, per conto di Beta, 5 prodotti e chiede se le cessioni di tali prodotti sono soggette all'aliquota IVA ridotta prevista dal Decreto IVA, alla Tabella A, parte III "Beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento", n. 114, quali "medicinali pronti per l'uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici; sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale"

    In base all'articolo 1, comma 3, della legge 30 dicembre 2018, n. 145: "Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, devono intendersi compresi nel numero 114) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante l'elenco dei beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, anche i dispositivi medici a base di sostanze normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata di cui all'allegato 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2017/1925 della Commissione del 12 ottobre 2017 che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune". 

    L'Istante precisa di aver richiesto pareri all'Agenzia delle Dogane e Monopoli la quale afferma che i dispositivi in questione sono da ricomprendere nella voce 3004 della tariffa doganale.

    L'agenzia replica che la circolare 10 aprile 2019 n. 8/E ha chiarito che la norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 1, comma 3, della Legge di Bilancio 2019, fa rientrare «i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata (…)» tra i beni le cui cessioni sono soggette all'aliquota IVA del 10 per cento.

    La norma di interpretazione autentica citata, tuttavia, non riguarda tutti i dispositivi medici, bensì solo quelli classificabili nella voce 3004 della Nomenclatura combinata.

    La classificazione merceologica di un prodotto rientra nella competenza esclusiva di ADM e, dunque, anche la classificazione dei prodotti oggetto del presente interpello nell'ambito della voce doganale 3004.

    L'Istante ha prodotto i necessari pareri di accertamento tecnico, rilasciati da ADM, pertanto. preso atto delle classificazioni nella voce 3004 effettuate da ADM, le cessioni dei prodotti oggetto del presente interpello sono conseguentemente soggette all'aliquota IVA del 10 per cento prevista dal n. 114) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    IVA al 5% su gas e servizi accessori: i chiarimenti dell’Agenzia

    Con Risoluzione n 47 del 6 settembre le Entrate pubblicano chiarimenti in merito alla Risposta a interpello n 368 del 7 luglio 2022 inerente ad aliquota IVA del 5 per cento gas e servizi accessori.

    In particolare, a seguito della pubblicazione della risposta n. 368 sono pervenute richieste di chiarimento da molteplici associazioni di categoria riguardanti la previsione contenuta nell’articolo 2 del decreto legge 27 settembre 2021, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 2021, n. 171, recante "Misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale”, che ha introdotto una norma temporanea in merito alla corretta aliquota IVA da applicare alle diverse componenti addebitate in bolletta agli utenti finali. 

    Con la presente risoluzione si supera parzialmente quanto affermato nella citata risposta. 

    In particolare, l'agenzia si è soffermata sul trattamento IVA delle operazioni diverse da quelle di somministrazione di gas naturale, quali i servizi accessori o la quota fissa, che la citata risposta considerava soggette a IVA con aliquota ordinaria, in conformità a quanto chiarito nella circolare 17 gennaio 2008, n. 2/E e ai successivi documenti di prassi, tra cui le circolari 3 dicembre 2021, n. 17/E e 16 giugno 2022, n. 20/E. 

    L’articolo 2, comma 1, del decreto legge n. 130 del 2021 deroga temporaneamente a quanto stabilito al riguardo dal Decreto IVA poiché prevede letteralmente che «In deroga…le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali (…), contabilizzate nelle fatture emesse (…) … sono assoggettate all'aliquota IVA del 5 per cento». 

    La predetta misura agevolativa è stata più volte prorogata, e da ultimo con l’articolo 1- quater del Decreto Legge 17 maggio 2022 n. 50, convertito dalla legge 15 giugno 2022 n. 91 il legislatore ha sostanzialmente esteso il medesimo trattamento agevolato, anche per il terzo trimestre 2022 e ad ottobre, novembre e dicembre 2022 con l'art 5 del DL 115/2022.

    La relazione illustrativa al decreto legge n. 130 del 2021, comunemente conosciuto come “decreto Taglia bollette”, chiarisce meglio la ratio della norma stessa specificando che «al fine di mitigare gli aumenti del costo del gas che si verificheranno nei prossimi mesi….a causa di congiunture internazionali…L’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 5 per cento riguarda, pertanto, sia le somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 10 per cento sia a quelle per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 22 per cento» 

    La relativa relazione tecnica chiarisce ulteriormente che «La disposizione riduce l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali. Per quanto riguarda gli usi civili con la disposizione in esame si intende ridurre al 5% l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano, (…), indipendentemente dallo scaglione di consumo» 

    La norma va letta congiuntamente con il successivo comma 2 in cui si attribuisce mandato all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente di ridurre le aliquote relative agli oneri generali di sistema. 

    Nella medesima direzione va anche l’articolo 1-quater del d.l. n. 50 del 2022, stabilendo: 

    • al comma 3 che «Al fine di contenere, per il terzo trimestre dell'anno 2022, gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale, fatto salvo quanto disposto dal comma 5, l'ARERA mantiene inalterate le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas naturale in vigore nel secondo trimestre del 2022»; 
    • al comma 5 che «Per contenere ulteriormente gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale per il terzo trimestre dell'anno 2022, l'ARERA provvede a ridurre, ulteriormente rispetto a quanto stabilito dal comma 3, le aliquote relative agli oneri generali di sistema nel settore del gas fino a concorrenza dell'importo di 240 milioni di euro, con particolare riferimento agli scaglioni di consumo fino a 5.000 metri cubi annui». 

    Dalla lettura congiunta di quanto sopra riportato, emerge la generale volontà del legislatore di ridurre il più possibile il costo “complessivo” della bolletta a carico dell’utente finale.

    In conclusione, poiché la normativa temporanea emergenziale va nella direzione della maggiore riduzione possibile del costo finale del gas per gli utenti e nessuna differenziazione di aliquota per i diversi scaglioni di consumo, non rendendosi dunque necessario distinguere la parte di consumi di gas per usi civili eccedente il limite di 480 mc per assoggettarla all’aliquota ordinaria, l’aliquota agevolata del 5% si applica all’intera fornitura del gas resa all’utente finale e contabilizzata nelle fatture emesse nel periodo in cui resterà in vigore la norma temporanea.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Corsi di nuoto erogati da ASD: quando spetta l’esenzione IVA

    Con Risposta a interpello n 393 del 27 luglio 2022 le Entrate si occupano di fornire chiarimenti su trattamento IVA applicabile ai corsi di nuoto impartiti da un'Associazione sportiva dilettantistica. Articolo 10, n. 20) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

    Le Entrate sinteticamente chiariscono che ai corrispettivi percepiti dall'ASD a fronte dei corsi di nuoto in argomento, si applica l'IVA nella misura ordinaria del 22 per cento. 

    La ASD spiega che è stata riconosciuta come persona giuridica con decreto e risulta iscritta nel registro provinciale delle persone giuridiche

    Essa, inoltre, fa presente di avere quale scopo principale lo sviluppo e la diffusione di attività sportive connesse alla disciplina del nuoto e del triahtlon

    Nell'ambito della sua attività, impartisce, principalmente a bambini, corsi di vari livelli sull'apprendimento delle basi e delle tecniche del nuoto; e a tal fine ha ottenuto dalla Federazione Italiana Nuoto, per la stagione 2021/2022, la licenza d'esercizio di scuola nuoto federale presso l'impianto.

    Ciò posto, l'ASD chiede di conoscere il corretto trattamento tributario, agli effetti dell'IVA, applicabile ai corrispettivi percepiti per lo svolgimento della suddetta attività di formazione. 

    Con riferimento alla fattispecie in esame le Entrate si rifanno alle conclusioni dell'Avvocato generale concernenti una sentenza relativa ai corsi di scuola guida, richiamate peraltro nella risposta n. 162 del 1 giugno 2020, secondo cui "le lezioni di scuola guida per l'ottenimento della patente di guida per la categoria C1 potrebbero essere considerate come formazione professionale se il giudice nazionale stabilisse, ad esempio, che tale formazione sia rivolta a coloro che intendono esercitare un'attività nel settore dei trasporti di merci su strada e costituisca parte integrante della formazione di queste persone". 

    Alle medesime conclusioni è giunta la suddetta Corte con riferimento agli insegnamenti della vela, pur non negando l'importanza delle conoscenze trasmesse nell'ambito di detto insegnamento (cfr. ordinanza del 7 ottobre 2019, causa C-47/19).

    Al riguardo l'Agenzia, con la risposta n. 162 del 1 giugno 2020, ha precisato che, in merito alle lezioni di volo impartite da una scuola di volo per piloti in ambito civile e commerciale, "(…) al pari dell'insegnamento della guida automobilistica, i corsi di volo rappresentano, in via generale, un insegnamento di tipo specialistico, imponibile IVA, dal cui ambito è possibile escludere, per assoggettarli al regime di esenzione, solo i corsi finalizzati all'ottenimento della licenza di pilota commerciale e quella di pilota di linea in quanto finalizzati a svolgere l'attività professionale di pilota. 

    Tali corsi in sostanza possiedono di per sé le caratteristiche per essere ricondotti nell'ambito della formazione professionale (esente da IVA) perché volti a trasmettere conoscenze utilizzate esclusivamente ai fini dello svolgimento professionale dell'attività di pilota. (…) Diversamente, l'insegnamento finalizzato all'ottenimento della licenza di pilota privato, avendo uno scopo meramente ricreativo o sportivo, va considerato di tipo specialistico, come tale imponibile IVA con aliquota ordinaria (…)". 

    Con riferimento alle lezioni di nuoto, sotto il profilo oggettivo, in accordo alle indicazioni della Corte di Giustizia UE sopra illustrate, è necessario accertare se l'insegnamento del nuoto possa essere o meno riconducibile nell'ambito della nozione di "insegnamento scolastico o universitario", contenuta nella richiamata disposizione di cui all'articolo 132 della citata direttiva 2006/112/CE e, di conseguenza, possa ritenersi applicabile la citata disposizione di esenzione di cui all'articolo 10, del DPR n. 633 del 1972. 

    Al riguardo, la suddetta Corte, nella citata sentenza causa C-373/19, emanata nel 2021, vertente proprio su tale specifico argomento, ha statuito, tra l'altro, che "l'insegnamento del nuoto, impartito da una scuola di nuoto nei confronti principalmente di bambini e diretto all'apprendimento delle basi e delle tecniche della disciplina del nuoto, presenti un'indubbia importanza e persegua un obiettivo di interesse pubblico, esso costituisce comunque un insegnamento specialistico ed impartito ad hoc, che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l'insegnamento scolastico o universitario". In sostanza, la citata sentenza ribadisce quanto già precisato in materia di insegnamento della guida automobilistica e della vela, ovvero che la locuzione "insegnamento scolastico o universitario" di cui al richiamato articolo 132 della suddetta direttiva, ai fini del regime IVA, deve riferirsi a "un sistema integrato di conoscenze e competenze avente ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché all'approfondimento e allo sviluppo di tali conoscenze e di tali competenze da parte degli allievi e degli studenti" e, conseguentemente, " la nozione di insegnamento scolastico o universitario , ai sensi dell'articolo 132, paragrafo1, lettere i) e j) della direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa non comprende l'insegnamento del nuoto impartito da una scuola di nuoto". 

    Peraltro, i predetti corsi non possono essere considerati quali servizi di formazione o riqualificazione professionale, nell'accezione sopra evidenziata, piuttosto hanno uno scopo meramente ricreativo o sportivo. 

    Alla luce delle considerazioni suddette l'agenzia ritiene che i corsi di nuoto impartiti dall'ASD istante, prevalentemente a bambini, non possano essere riconducibili nell'ambito dell'esenzione dall'IVA, in quanto, fermo restando l'eventuale sussistenza del requisito soggettivo di scuola di nuoto riconosciuta dalla Federazione di competenza, risulta carente del presupposto oggettivo che concerne la definizione e la qualificazione della nozione "di insegnamento scolastico o universitario", come emerge dalla citata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE. 

    Ne consegue che, ai corrispettivi percepiti dall'istante a fronte dei corsi di nuoto in argomento, si applica l'IVA nella misura ordinaria del 22 per cento.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Mero noleggio ponteggi: quale aliquota IVA applicare

    Con Risposta a interpello n 373 del 12 luglio 2022 le Entrate forniscono chiarimenti su IVA  e mero noleggio di ponteggi e in particolare quale sia la corretta aliquota da applicare.

    La srl istante opera nel settore edile ed effettua: 

    a) lavori di costruzione, pitture, cartongessi ecc. con utilizzo di propri ponteggi; 

    b) messa a disposizione, montaggio e smontaggio in cantiere di ponteggi. 

    Con riferimento alla prima attività, la Società applica alle prestazioni fatturate l'aliquota IVA prevista per la tipologia di intervento (manutenzione ordinaria, straordinaria, ristrutturazione, ecc.) e di immobile (abitativo, non abitativo, ecc.), sull'intero importo dell'appalto. Per quanto riguarda la seconda attività, l'Istante ha sempre applicato l'aliquota IVA ordinaria al 22 per cento, non svolgendo direttamente alcuna attività edile e annoverandola tra le prestazioni di noleggio di beni a servizio del cantiere e non tra le prestazioni di servizi edili.

    L'Istante riferisce che da parte di alcuni committenti stanno arrivando richieste per l'applicazione dell'aliquota Iva agevolata anche relativamente ai servizi di cui al punto b). 

    Le Entrate chiariscono che, come anche precisato nella risposta n. 576 del 2020, il reverse charge consiste in un'inversione degli obblighi di indicazione e versamento dell'IVA, e non incide sulla determinazione dell'aliquota IVA applicabile all'operazione effettuata.

    Ovviamente, essendo l'appaltatore tenuto al versamento dell'imposta, su di lui ricade la responsabilità di individuare la corretta aliquota IVA da applicare. 

    Quando il contratto di appalto usufruisce dell'aliquota agevolata, quest'ultima è applicabile anche alle relative prestazioni di subappalto (ad eccezione dei casi di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, in cui l'aliquota IVA ridotta si applica solo per le prestazioni eseguite nei confronti del consumatore finale e non per le prestazioni eseguite dal subappaltatore nei confronti dell'appaltatore, come indicato nella circolare 71/E del 7 aprile 2000).

    Ciò posto, in merito alle prestazioni che consistono nella "mera" messa a disposizione, montaggio e smontaggio di ponteggi (ed in generale di ogni altra attrezzatura, incluse le gru), senza altra diretta attività edile in cantiere, si condivide la soluzione prospettata dall'Istante che ritiene applicabile l'aliquota ordinaria del 22% a prescindere dalla tipologia di intervento edilizio e di immobile interessato e senza applicazione del reverse charge.

  • Adempimenti Iva

    Termini presentazione integrativa IVA: quando non è possibile differirli

    Con Risposta a interpello n 328 del 9 giugno 2022 viene fornito un chiarimento sulla possibilità di variare la propria scelta rispetto al rimborso del credito IVA in un caso in cui il contribuente ha tardato a consegnare la documentazione integrativa richiesta dall'Ufficio e i termini per la integrativa IVA sono scaduti.  

    Il contribuente chiede se è possibile un differimento degli stessi.

    Le Entrate specificano che il "differimento" dei termini contemplato dal comma 3 dell'articolo 57, rappresenta uno "strumento di controllo", volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell'ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente "temporeggi" nell'ottemperare alla richiesta dell'Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell'erogazione dei rimborsi IVA, con l'obiettivo di far decorrere i termini per l'accertamento.  

    Termini presentazione integrativa IVA: quando non è possibile differirli

    L'istante è un contribuente che ha maturato un credito Iva nell’anno d’imposta 2013, chiesto a rimborso con la dichiarazione Iva 2014. 

    A fronte della richiesta di documentazione integrativa presentata dalle Entrate nel 2016, il contribuente risponde solo nel 2020 e quindi in ritardo.

    Nel frattempo quest’ultimo matura l’intenzione di variare la scelta del rimborso per esercitare la detrazione/compensazione del credito, e chiede se è ancora nei termini per farlo.

    L'agenzia ricorda che l'articolo 5, comma 1, lett. b), n. 2), del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha aggiunto il comma 6-bis all'articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998, attualmente in vigore, così introducendo una disciplina "ad hoc" della dichiarazione integrativa ai fini IVA. 

    La norma stabilisce che «le dichiarazioni dell'imposta sul valore aggiunto possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare […] non oltre i termini stabiliti dall'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».

    La nuova disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA, distinta ed autonoma, ma modellata e tendenzialmente coincidente con quella propria delle imposte sui redditi e dell'IRAP (anch'essa modificata dal medesimo articolo 5 del decreto-legge n. 193 del 2016), equipara i termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore dell'Amministrazione finanziaria o del contribuente. 

    Con il documento di prassi n 230/2020 viene ricordato che si consente di «modificare la scelta dell'utilizzo del credito IVA (da rimborso a detrazione/compensazione) […]: 

    • sempreché il rimborso non sia stato ancora eseguito; 
    • presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; 
    • indicando il credito risultante dalla dichiarazione integrativa nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa stessa »

    L'articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, nel disciplinare il «Termine per accertamenti» ai fini IVA, stabilisce: 

    • al comma 1, che «Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell'articolo 54 e nel secondo comma dell'articolo 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione»
    • al comma 3, che «Nel caso di richiesta di rimborso dell'eccedenza d'imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell'ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l'eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna» 

    L'agenzia ritiene che il rinvio ai «termini stabiliti dall'articolo 57 ad opera del comma 6-bis dell'articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998, con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA, non possa che far riferimento ai termini "ordinari" disciplinati dal comma 1 dell'articolo 57 per le seguenti motivazioni:

    • per finalità di coerenza ed organicità del sistema vi è l'esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l'originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa "a favore", anche per l'IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell'IRAP – ai termini di cui all'articolo 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non contemplava alcuna forma di "differimento" ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell'erogazione dei rimborsi IVA;
    • l'allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa "a favore", con l'introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell'istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all'atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall'azione accertatrice dell'Ufficio impositore.

    L'agenzia spiega che Il "differimento" contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno "strumento di controllo", volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell'ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente "temporeggi" nell'ottemperare alla richiesta dell'Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell'erogazione dei rimborsi IVA, con l'obiettivo di far decorrere i termini per l'accertamento. 

    Trattasi secondo l'Agenzia di una misura posta a presidio dei poteri dell'Ufficio, la cui applicazione discende dall'adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l'allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.

    Resta fermo che, in base all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 443, nell'ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall'articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la «detrazione, successivamente alla notificazione» del provvedimento di diniego, «in sede di liquidazione periodica, ovvero nella dichiarazione annuale»

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Imprese sociali: quando sono esenti IVA gli alloggi e servizi per disabili

    Con Risposta a interpello n 221 del 27 aprile 2022 le Entrate si occupano di fornire chiarimenti sulla esenzione IVA per prestazioni proprie case di riposo e simili e gestione globale (articolo 10, primo comma, n. 21) d.P.R. n. 633 del 1972).

    In particolare, viene chiarito che, stante il carattere oggettivo dell'esenzione IVA di cui all'articolo 10, primo comma, n. 21) del Decreto IVA, nel caso di specie si ritiene che possano essere fatturate in esenzione da IVA le rette chieste dall'Istante 

    • per i servizi di alloggio,
    • per i servizi assimilabili a quelli di sostegno e cura della persona 
    • per le altre prestazioni accessorie a questi ultimi, 

    che la società rende ai suoi ospiti portatori di handicap psichici.

    L'istante è un'impresa sociale (srl) senza scopo di lucro la cui attività attuale consiste nel fornire assistenza sociale non domiciliare in favore di soggetti con disturbi psichiatrici. 

    La Società intende ampliare la propria attività avviando delle unità abitative in cui attuare programmi residenziali di "abitare supportato", che non prevedono l'assistenza continua, ma si fondano sul sostegno offerto da operatori non stabilmente presenti nell'appartamento assegnato all'utente. 

    All'utente verrà addebitata dalla Società una retta che include:

    • sia l'utilizzo dell'appartamento all'interno del quale risiederà,
    • sia il supporto nello svolgimento delle attività quotidiane
    • nonché l'utilizzo delle strutture comuni ("Club House"). 

    Nel dettaglio i servizi forniti sono i seguenti:

    • Accoglienza presso Unità Abitativa 
    • Utenze domestiche (Acqua, luce, gas e immondizia) 
    • Servizi e funzionamento secondo il DGR 564/00 
    • Sicurezza secondo il D.Lgs. 81/08 
    • Assicurazione a copertura dell'immobile e del suo contenuto 6. Assicurazione Rct/Rco 
    • Manutenzioni ordinarie dell'immobile 
    • Presenza notturna 12h 7 giorni su 7 dell'Operatore in appartamento 
    • Management domestico
    • Management della cura di sé
    • Management farmacologico 
    • Management delle visite mediche 
    • Accompagnamento a visite mediche ordinarie max 1 al mese 14. Accoglienza 12h 7/7 giorni/settimanali presso Club House 
    • Pranzo e Cena 7/7 giorni/settimanali presso Club House 16. Socializzazione 7/7 giorni/settimanali presso Club House 
    • Attività pomeridiane 7/7 giorni/settimanali presso Club House 
    • Servizi amministrativi di supporto 
    • Gestione delle urgenze e dell'emergenze 
    • Reperibilità telefonica h24 La Società chiede pertanto il corretto trattamento ai fini IVA di tali prestazioni.

    Le Entrate hanno chiarito che con la Risoluzione 25 novembre 2005, n. 164/E si affronta il regime IVA applicabile alle prestazioni rese da una Residenza Sanitaria Assistenziale per Disabili (RSD) che riguarda prestazioni similari a quelle del presente interpello.

    Pertanto, poiché la società istante offre servizi assimilabili a quelli propri delle case di riposo per anziani, con la risoluzione si è riconosciuta l'esenzione IVA prevista dall'articolo 10, primo comma, n. 21, del Decreto IVA anche ai servizi resi da una RSD ai propri ospiti. 

    Quando, infatti, l'Amministrazione finanziaria "è stata chiamata a pronunciarsi in merito a fattispecie diverse dalle case di riposo per anziani, tenuto conto della locuzione "e simili" contenuta nella norma, ha chiarito che l'elencazione contenuta non è da intendersi tassativa e … che le prestazioni rese da organismi "simili" sono esenti quando con le stesse si assicura l'alloggio, eventualmente unito ad altre prestazioni considerate di fatto accessorie alla prestazione principale, a persone che per il loro status sono bisognose di protezione, assistenza e cura…"

    Le Entrate con le risposte n. 221 del 2019 e n. 240 del 2020 affermano il principio della c.d. gestione globale, valevole per la predetta "assimilazione" anche per le RSD, secondo cui per applicare l'esenzione IVA in commento occorre che il servizio offerto consista nella gestione globale della casa di riposo.

    Al riguardo, la Corte di Giustizia Europea, nella sentenza 21 gennaio 2016 (causa C-335/14), ha osservato che "le case di riposo, al pari dei centri residenziali per anziani, forniscono alle persone … un alloggio unitamente a diverse prestazioni di sostegno e di cura. Da un lato, occorre riservare un medesimo trattamento riguardo all'IVA alla prestazione consistente nel mettere a disposizione degli alloggi, sia che tali alloggi siano forniti da una casa di riposo sia che essi siano forniti da un centro residenziale per anziani. Dall'altro, nella misura in cui dette prestazioni di sostegno e di cura che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, corrispondono a quelle che le case di riposo devono fornire conformemente a detta legislazione, occorre riservare loro il medesimo trattamento riguardo all'IVA." 

    Pertanto, i giudici unionali hanno statuito che "l'articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che, tra le prestazioni fornite da un centro residenziale per anziani, …, il cui carattere sociale deve essere valutato dal giudice del rinvio (…), quelle consistenti nel mettere a disposizione alloggi adatti a persone anziane possono beneficiare dell'esenzione prevista da tale disposizione. Anche le altre prestazioni fornite da tale centro residenziale per anziani possono beneficiare di tale esenzione, purché, in particolare, le prestazioni che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, siano volte e a garantire sostegno e cura alle persone anziane e corrispondano a quelle che anche le case di risposo sono tenute a offrire conformemente alla legislazione nazionale in questione". 

    Allegati: