• Banche e Imprese

    Imposta straordinaria banche: come si calcola

    Le Entrate pubblicano la Circolare n 4 del 23 febbraio con chiarimenti sull’imposta straordinaria a carico delle banche, introdotta dall’articolo 26 del decreto legge n. 104/2023 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136/2023.

    La Circolare tratta nello specifico di:

    1. Ambito soggettivo,
    2. Base imponibile,
    3. Quantificazione e versamento dell’imposta straordinaria,
    4. Costituzione della riserva non distribuibile di cui al comma 5-bis,
    5. Imposizione in caso di distribuzione della riserva,
    6. Casi particolari: banche in fase di start up.

    Leggi ancheTassa extra profitti banche: codice tributo per pagare.

    Imposta straordinaria banche: che cos’è

    Si ricorda che l'imposta di cui si tratta è stata introdotta “a seguito dell’andamento dell’economia e, in particolare, dei tassi di interesse che hanno sensibilmente inciso sul debito contratto dalle imprese e dalle famiglie”.

    Si prevede che le maggiori entrate derivanti da tale imposta affluiscano a un apposito capitolo del bilancio dello Stato, per essere indirizzate al finanziamento:

    1. del fondo di garanzia per la prima casa, 
    2. del fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese,
    3. e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.   

    Si istituisce, in dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito per l’anno 2023, un’imposta straordinaria a carico delle banche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito, “T.U.B.”). 

    Tale imposta, ai sensi del comma 2, è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine riferito all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. 

    Si fissa un tetto massimo all’ammontare dell’imposta straordinaria pari allo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale, determinato ai sensi dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 92 del 3 regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (Capital Requirements Regulation, di seguito “CRR”), con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023. 

    Inoltre, in sede di conversione del decreto Asset, è stato introdotta una norma che consente alle banche, in luogo del versamento dell’imposta, di destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta a una riserva non distribuibile a tal fine individuata.

    Infine si stabilisce il divieto per le banche di traslare gli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione sui costi dei servizi erogati nei confronti di imprese e clienti finali.

    Con la circolare in oggetto sentita la Banca d’Italia, si forniscono le istruzioni operative agli Uffici per garantirne l’uniformità di azione in relazione: 

    • all’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta straordinaria;
    • alla determinazione della base imponibile;   
    • alla soglia relativa all’ammontare massimo dell’imposta straordinaria;  
    • alle modalità e ai termini per il versamento dell’imposta; 
    • alle regole per la costituzione della riserva non distribuibile; alle modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta per le imprese che iniziano l’attività nel corso degli esercizi interessati.

    Imposta straordinaria banche: chiarimenti ADE

    L’imposta straordinaria «è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022». 

    La Circolare evidenzia che in considerazione del riferimento normativo al «conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia», si ritiene che il margine d’interesse debba essere quello risultante dalla voce 30 del conto economico, redatto, secondo i corretti principi contabili, in conformità alle indicazioni della autorità di vigilanza contenute nella circolare della Banca d’Italia n. 262 del 22 dicembre 2005. 

    Come previsto dalla sopra citata circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005, il margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico si ottiene dalla somma algebrica della voce 10 “Interessi attivi e proventi assimilati” e della voce 20 “Interessi passivi e oneri assimilati”.  

    La base imponibile, pertanto, risulta pari alla differenza, se positiva, tra la voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio di riferimento è quello chiuso al 31 dicembre 2023) e la voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio di riferimento è quello chiuso al 31 dicembre 2021) aumentata del 10 per cento. 

    Su tale risultato si applica l’aliquota in misura pari al 40 per cento.   

    Alla luce di quanto sopra esposto, qualora l’incremento del margine d’interesse (voce 30) relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 rispetto a quello relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 sia inferiore al 10 per cento di quest’ultimo, non emerge alcuna base imponibile assoggettabile all’imposta straordinaria.  

    Si consideri, a titolo esemplificativo, una banca con esercizio coincidente con l’anno solare, che presenta:

    • nel conto economico 2021, un margine d’interesse pari a euro 5.500.000;
    • nel conto economico 2023, un margine d’interesse pari a euro 6.000.000.   

    In applicazione della norma in commento: 

    • il margine d’interesse 2021 aumentato del 10 per cento è pari a euro 6.050.000; poiché la differenza fra il margine d’interesse 2023 e l’importo di cui al punto precedente è negativa (euro 6.000.000 – euro 6.050.000), l’imposta non risulta dovuta.

    Allegati:
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    Diritto camerale: quando si prescrive?

    Con Sentenza n 34890/2023 la Cassazione ribadisce che il Diritto Camerale è soggetto alla prescrizione in cinque anni.

    Sul tema opera l'art. 2948 comma 1 n 4 del codice civile inerente a “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

    Recentemente la stessa Cassazione aveva invece specificato che nel caso del Canone Rai non essendoci una norma ad hoc la prescrizione da considerare è quella decennale.

    In proposito leggi: Canone RAI: in quanti anni si prescrive?

    Diritto camerale: quando si prescrive?

    Nel dettaglio la questione rimessa al Collegio riguarda l'individuazione del termine di prescrizione entro il quale la Camera di commercio deve agire al fine di ottenere la liquidazione dei diritti camerali (istituiti dall'art. 18 della L. n. 580 del 1993 a carico delle imprese iscritte nei relativi registri) i quali hanno la funzione di garantire il finanziamento di tali organismi.

    Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente sostenuto che il diritto a riscuotere il tributo camerale è soggetto all'ordinario termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 2946 c.c.

    In particolare, nella fattispecie la contribuente ha impugnato l'intimazione di pagamento, emessa dalla Concessionaria, afferente al mancato versamento della tassa di iscrizione e dei diritti annuali dovuti alla Camera di Commercio relativi alle annualità 2001-2008, intimazione notificata il 27.10.2015.

    La Corte sottolinea che, come recentemente affermato, in via preliminare va affermata la natura di tributo del diritto camerale ad opera dell'art. 13 della legge Finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002);

    L'art. 13, comma 3, stabilisce, infatti, che «ai fini delle disposizioni del presente articolo, si intendono tributi propri delle regioni, delle province e dei comuni i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni ed addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali»;

    Con il successivo art. 5 quater, comma 1, DL n. 282 del 2002 (introdotto in sede di conversione dalla legge n. 27 del 2003), l'art. 13 della legge n. 289 del 2002 è stato esteso anche alle Camere di Commercio, con riferimento al diritto annuale, demandando ad un successivo decreto del Ministero delle Attività produttive le modalità di attuazione.

    Individuata la natura del diritto camerale esso è disciplinato dall'art. 18 della L. n. 580 del 1993 il quale prevede che esso, finalizzato al finanziamento ordinario delle camere di commercio sia versato con cadenza annuale.

    Il diritto camerale è, dunque, assimilabile a quei tributi aventi cadenza periodica, ogni anno o in termini più brevi configurandosi alla stregua di un'obbligazione periodica o di durata, per la quale trova applicazione l'art. 2948 n. 4 c.c., il quale prevede la prescrizione quinquennale.

    Inoltre, tali tributi non richiedono, quanto alla sussistenza dei relativi presupposti, una valutazione autonoma per ogni anno di imposta, assumendo all'uopo, oltre alla suindicata periodicità, il versamento annuale in un'unica soluzione e il fatto che il presupposto per il sorgere dell'obbligo di pagamento la mera iscrizione dell'impresa nel registro delle imprese.

    Quest'ultima, infatti, non è oggetto di riesame periodico, essendo onere dell'impresa, per non pagare più il diritto camerale, quello di richiedere la cancellazione dall'albo presso la Camera di Commercio ed essendo prevista la cancellazione d'ufficio, ai sensi del DPR n. 247 del 2004, solo in presenza di precisi presupposti e comunque sempre con efficacia decorrente dalla data di avvio del procedimento di cancellazione;

    Tali conclusioni trovano fondamento nell'univoco indirizzo della Cassazione che con diverse sentenza ha affermato che «il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. «conversione» del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via».

    L''applicabilità del termine di prescrizione quinquennale al credito derivante dal diritto camerale si fonda, infine, sulla previsione del corrispondente termine fissato, in via generale, per l'irrogazione delle sanzioni dall'art. 20 co. 3 del DLgs. n. 472 del 1997 e, con specifico riferimento a quelle dovute per omesso versamento dei diritti camerali, dall'art. 10 del DM n. 54 del 2005, secondo cui «l'atto di irrogazione delle sanzioni deve essere notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione. 2. Il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di cinque anni a decorrere dalla data della notificazione dell'atto d'irrogazione. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione».

    Sul diritto camerale leggi anche Diritto camerale 2023: il MIMIT prevede aumento

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    Tassi d’interesse: la BCE comunica che restano invariati

    Con comunicato stampa del 14 dicembre, la BCE informa del fatto che, il Consiglio direttivo ha deciso di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della BCE.

    L’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo. 

    I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00% che sono quelli aumentati in settembre scorso.

    Aumento dei tassi di interesse dalla BCE: le previsioni per l'inflazione

    Il comunicato inoltre, precisa che, secondo le ultime proiezioni per l’area dell’euro formulate dagli esperti dell’Eurosistema, dovrebbe ridursi gradualmente nel corso del prossimo anno, per poi avvicinarsi all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% nel 2025.

    Nell’insieme gli esperti si attendono che l’inflazione complessiva si collochi in media al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. 

    Gli esperti dell’Eurosistema si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 5,0% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,3% nel 2025 e al 2,1% nel 2026. 

    Viene evidenziato che i passati incrementi dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con vigore all’economia. 

    Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario.

    Il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati nel determinare livello e durata adeguati della restrizione. 

    In particolare, le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i dati economici e finanziari più recenti, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria.

    Concludendo la BCE sottolinea che, i tassi di interesse di riferimento rappresentano lo strumento principale per definire l’orientamento di politica monetaria.

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    Assicurazioni estere che operano in LPS vincolate al Monitoraggio fiscale

    Con Risoluzione n. 62 del 13 novembre con oggetto obblighi di monitoraggio fiscale a carico delle imprese di assicurazione (articolo 1 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167) l'Agenzia conferma che le assicurazioni estere che operano in Italia in Lps (libera prestazione di servizi) senza l’intervento di un intermediario residente, sono tenute agli obblighi di monitoraggio fiscale. 

    Eicordiamo che la normativa del monitoraggio fiscale è stata modificata dal Dlgs 90/2017 e risultano obbligate, fra gli altri:

    • le imprese assicurative residenti;
    • le stabili organizzazioni di società di stati membri o terzi;
    • le assicurazioni con sede in Stati membri che operano in Italia in Lps.

    La risoluzone in oggetto replica ad una Associazione che ha chiesto chiarimenti riguardo a tali obblighi per le imprese di assicurazione estere che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi per i contratti di assicurazione sulla vita stipulati con contraenti italiani. 

    Assicurazioni estere che operano in LPS vincolate al Monitoraggio fiscale

    Nel dettaglio, viene chiarito che, tali compagnie sono esentate dagli obblighi di monitoraggio fiscale se nell'operazione transfrontaliera interviene un intermediario finanziario residente in grado di tracciare i flussi in entrata/uscita dal circuito bancario e finanziario italiano.

    In caso di trasferimento transfrontaliero con più intermediari coinvolti, il monitoraggio fiscale eseguito da uno degli intermediari esonera l'altro intermediario, a condizione che quest'ultimo possa dimostrare di aver ricevuto la comunicazione dall'intermediario che ha effettuato il monitoraggio fiscale.

    La normativa di riferimento prevede l'obbligo di segnalazione per le istituzioni finanziarie riguardo ai dati acquisiti durante l'identificazione dei clienti che effettuano trasferimenti di denaro, assegni, carte di credito ed altri strumenti finanziari. 

    Tale obbligo si applica anche per i trasferimenti in valuta virtuale o cripto attività di importo pari o superiore a 5mila euro.

    L'obiettivo della norma è prevenire il riciclaggio di denaro ed il finanziamento del terrorismo, richiedendo alle istituzioni finanziarie di segnalare le operazioni sospette alle autorità competenti. 

    In sintesi, si tratta di una misura di prevenzione che mira a contrastare il riciclaggio di denaro ed il finanziamento del terrorismo attraverso la segnalazione di operazioni sospette.

    Allegati:
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    Tassa extraprofitti Banche: come funziona

    Il data 9 ottobre viene pubblicatoa in GU n 236 la legge di conversione del Decreto Asset o omnibus bis.

    Tra le altre, il provvedimento contiene la norma sugli extraprofitti delle banche sostanzialmente modificata in sede di conversione del decreto in legge.

    Tassa extraprofitti Banche: che cos'é?

    Nel dettaglio, la nuova norma prevede per l’anno 2023, un'imposta straordinaria sui margini di interesse (cd. extraprofitti) delle banche operanti nel territorio dello Stato,  applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del marginedegli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. 

    Resta ferma l’applicazione dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.

    Ciò premesso, la novità disposta dalla legge di conversione, è contenuta nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 26, che prevede che le banche, in alternativa al versamento della tassa, possano destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, a una riserva non distribuibile, a tal fine individuata, un importo non inferiore a due volte e mezzo l’imposta.
    Qualora la riserva fosse utilizzata per la distribuzione di utili, la banca subirebbe una penale ossia dovrebbe versare l’imposta, maggiorata di un importo pari, per anno, al tasso di interesse sui depositi presso la Banca centrale europea.
    Infine, la norma dispone che è fatto divieto alle banche di traslare nei confronti di imprese e clienti finali gli oneri derivanti dall’applicazione di tale nuova imposizione, spettando all’Autorità garante della concorrenza e del mercato vigilare sulla puntuale osservanza del divieto. 

    L’Antitrust potrà operare anche con accertamenti a campione.

    Tassa extraprofitti Banche: la posizione di ABI

    Sul tema, nei primi giorni di settembre Unimpresa Unione nazionale di imprese diffondeva alcuni dati relativi ai profitti delle banche di seguito smentiti da ABI.

    Con due distinti comunicati di settembre, ABI forniva posizione ufficiale sulla tassa sugli extraprofitti delle banche recentemente introdotto per il solo anno 2023.

    Il primo comunicato stampa del 6 settembre sottolineava che, in riferimento a quanto diffuso da Unimpresa in tema di tassazione delle banche, il Vice direttore generale vicario dell’ABI, Gianfranco Torriero segnala che il dato diffuso è errato e fuorviante

    Il calcolo sull’incidenza delle imposte sugli utili deve essere effettuato considerando, tra l’altro, anche l’ammontare delle imposte che le banche hanno già pagato in anticipo e che compensano.

    Viena anche precisato che, negli anni le banche hanno sistematicamente anticipato imposte principalmente per il ritardato riconoscimento di costi, ad esempio le perdite su crediti. 

    Le banche subiscono le imposte degli altri settori con aliquote maggiorate:

    • 1. dal 2011 un’aliquota IRAP maggiorata al 4,65% in luogo di quella ordinaria fissata al 3,90%;
    • 2. dal 2017 un’addizionale IRES del 3,5% che si aggiunge all’aliquota ordinaria del 24%.

    Il secondo comunicato datato 06.09 ma pubblicato il giorno 11 settembre a firma del Vice Direttore dell'ABI Torriero specificava che "il dato ufficiale su quanto pagano di tasse le banche in Italia, e’ conosciuto dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca d’Italia nonché dalle autorità finanziare, che hanno le informazioni di dettaglio su tutte le imposte pagate, comprensive anche delle imposte differite attive, di tutte le banche italiane, europee ed internazionali operanti in Italia".

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    Notifica al legale rappresentante: è legittima ovunque avvenga

    Con Ordinanza 30 giugno 2023 n.18614 la Cassazione tratta il tema delle notifiche effettuate al legale rappresentante.

    Nel dettaglio coerentemente con la regola sancita per le persone fisiche, il recapito alla persona preposta alla ricezione per conto dell’ente, è possibile anche se reperita in luogo diverso dalla sede ufficiale dello stesso.

    La Cassazione ritiene che la disciplina dell’articolo 145, primo comma, cpc, nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte con la legge n. 263/2005, non escludeva la possibilità di procedere alla notifica stessa mediante consegna dell’atto al legale rappresentante della società, anche in mancanza di un previo tentativo di notifica presso la sede dell’ente.
    I fatti di causa.
    Una società impugnava (ricorso accolto) dinanzi al giudice tributario di primo grado il provvedimento di iscrizione ipotecaria notificatole dall’Agente della riscossione.
    Con sentenza n.30/ 2013, la Commissione tributaria regionale ritenendo che alcune delle cartelle di pagamento prodromiche all’iscrizione fossero state notificate irritualmente, violando l’articolo 145 cpc nel testo vigente al tempo, riformava parzialmente la decisione rideterminando, in misura inferiore il debito tributario oggetto dell’iscrizione stessa.
    Nel ricorso dinanzi alla suprema Corte, l’ente della riscossione denunciava violazione dell'articolo 145 cpc, lamentando che i giudici di appello avevano applicato un errone principio, non avendo considerato che le contestate notifiche, eseguite direttamente presso la residenza del rappresentante pro tempore della società, senza il previo tentativo di consegna presso la sede dell’ente, dovevano comunque essere ritenute valide alla luce di principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità.
    La Cassazione ha accolto il ricorso, osservando che la questione sollevata relativa all’interpretazione dell’articolo 145, primo comma, cpc, nel regime anteriore alle modifiche introdotte con la legge n. 263/2005 è stata oggetto di una interpretazione non univoca da parte della giurisprudenza di legittimità che, in alcune occasioni, ha affermato che gli atti tributari devono essere notificati al contribuente persona giuridica presso la sede della stessa e, solo qualora tale modalità risulti impossibile, in base al successivo terzo comma del medesimo articolo 145, alla persona fisica che rappresenta l’ente; in altre occasioni, ha invece ritenuto valida la notifica eseguita direttamente al legale rappresentante, pur in mancanza di un previo tentativo di consegna presso la sede legale.
    Con l'ordinaza in oggetto del 2023, la Cassazione afferma che al caso di specie trova applicazione il principio fissato dalle sezioni unite nella sentenza n. 22086/2017, ossia la regola interpretativa in virtù della quale la notificazione di un atto riguardante una società è regolarmente effettuata alla persona specificamente preposta alla ricezione per conto dell’ente, anche se reperita in luogo diverso dalla sede ufficiale dell’ente, in coerenza con la regola sancita per le persone fisiche dall’articolo 138 cpc, a norma del quale la consegna a mani proprie è valida ovunque sia stato trovato il destinatario nell’ambito territoriale della circoscrizione di competenza dell’agente notificatore.
    Nel caso di specie, dunque pur non risultando tentata la consegna presso la sede legale dell’ente, alla luce del principio richiamato, la notificazione delle cartelle poteva ritualmente avvenire a mani del legale rappresentante, e di conseguenza la notifica effettuata presso l’abitazione di questi doveva ritenersi rituale.

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    Bilancio intermediari IFRS diversi da intermediari bancari: nuove regole per il 2023

    Viene pubblicato in GU n 14 del 18 gennaio il Provvedimento del 17 novembre 2022 con Disposizioni relative a «Il bilancio degli intermediari IFRS diversi dagli intermediari bancari». 

    Si specifica che le disposizioni, che disciplinano gli schemi di bilancio, si applicano a  partire dal bilancio relativo all'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2023 abrogando le  disposizioni  «Il  bilancio  degli  intermediari  IFRS diversi dagli intermediari bancari» di  cui  al  Provvedimento della Banca d'Italia del 29 ottobre 2021.

    Attenzione al fatto che tali  ultime continuano  ad  applicarsi  al  bilancio relativo all'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2022, integrate dalle modifiche ai destinatari delle disposizioni contenute nei paragrafi

    • 1 «Destinatari  e  contenuto  delle  disposizioni»  
    • 3  «Schemi   del bilancio» del  Capitolo  1  «Principi  generali»  e  nell'Allegato  C «Schemi di bilancio e di  nota  integrativa  delle  SIM»  –  Bilancio consolidato – Parte D «Altre informazioni»  previste  dalle  allegate disposizioni

    Le nuove disposizioni emanate ai sensi dell’art. 43 del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 136 si applicano ai seguenti soggetti: 

    • a) alle società di intermediazione mobiliare di cui all'art. 1, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“SIM”)
    • b) alle società di gestione del risparmio di cui all'art. 1, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“SGR”); 
    • c) alle società finanziarie iscritte nell'albo di cui all'art. 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito “TUB”), alle agenzie di prestito su pegno di cui all’art. 112 del TUB, agli istituti di moneta elettronica (IMEL) di cui al titolo V-bis del TUB, agli istituti di pagamento (IDP) di cui al titolo V-ter del TUB (gli operatori di cui alla presente lettera sono, di seguito, chiamati “intermediari finanziari”); 
    • d) alle holding di investimento madre nell’Unione italiane e alle società di partecipazione finanziaria mista madre nell’Unione italiane – quando il settore di maggiore dimensione all'interno del conglomerato finanziario non è quello assicurativo – che controllano gruppi iscritti nell'albo di cui all'art. 11, comma 1 bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito “TUF”), nonché alle società di partecipazione finanziaria italiane e alle società di partecipazione finanziaria mista italiane – quando il settore di maggiore dimensione all'interno del conglomerato finanziario non è quello assicurativo – che controllano gruppi di cui fanno parte SIM di classe 1 ma nessuna banca; 
    • e) alle società finanziarie capogruppo di gruppi finanziari iscritti nell'albo di cui all'art. 110 del TUB.

    Viene precisato che:

    • i soggetti di cui alle lettere da a) a e) costituiscono gli “intermediari IFRS”, come definiti dall’art. 1, comma 1, lettera c) del “decreto 136/2015”, diversi da quelli tenuti a redigere il bilancio dell’impresa e/o consolidato secondo quanto previsto dalla Circolare n. 262 del 22 dicembre 2005 della Banca d'Italia;
    • i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) esclusi gli IDP e gli IMEL “ibridi non finanziari” redigono per ciascun esercizio il bilancio dell’impresa e, ove ne ricorrano i presupposti ai sensi del decreto 136/2015, il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 e secondo le disposizioni contenute negli allegati A, B e C del presente provvedimento.
    • le società di cui alla lettera d) redigono sia il bilancio individuale sia il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto IAS e secondo le disposizioni contenute nell’allegato C del presente provvedimento;
    • le società di cui alla lettera e) redigono sia il bilancio individuale sia il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto IAS e secondo le disposizioni contenute nell’allegato A del presente provvedimento. 

    Gli IDP e gli IMEL “ibridi finanziari” e “ibridi non finanziari” redigono il rendiconto del patrimonio destinato allo svolgimento dei servizi di pagamento e/o all’emissione di moneta elettronica di cui all’art. 8, comma 1bis del decreto IAS, in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto IAS e secondo le disposizioni contenute nell’allegato D del presente provvedimento.

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    Brexit: cosa cambia per pagamenti e investimenti

    Con Comunicato stampa del 20 novembre l'ABI Associazione bancari Italiani fornisce chiarimenti su cosa cambia per:

    • trasferimenti di denaro, come bonifici e addebiti, da e verso il Regno Unito
    • quali sono le conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea per la gestione dei propri investimenti e risparmi

    Una pratica info-grafica realizzata dall’ABI in collaborazione con le banche e le Associazioni dei consumatori che partecipano al progetto Trasparenza semplice, attraverso domande e brevi risposte mira a rappresentare cosa cambia per i clienti nella gestione delle operazioni bancarie, degli investimenti e dei contratti di assicurazione già stipulati dopo che il Regno Unito, a partire dal 1° gennaio 2021, è uscito dall’Unione doganale e dal Mercato unico UE.

    L’info-grafica è disponibile online sul sito dell'ABI ed è a disposizione delle banche e delle Associazioni dei consumatori che hanno collaborato alla sua realizzazione.

    Brexit e le conseguenze su pagamenti e investimenti nel regno unito

    Saranno ancora possibili pagamenti e prelievi nel Regno Unito con una carta emessa da una banca italiana

    Sì, come avvenuto sino ad oggi. Se si è titolari di una carta abilitata ad un circuito internazionale, si può continuare a utilizzarla per prelevare agli sportelli automatici e fare pagamenti negli esercizi commerciali. 

    Per trasferire denaro nel Regno Unito, si continuerà a utilizzare l’IBAN e a fare pagamenti SEPA, ossia bonifici e addebiti diretti? 

    Sì, poiché il Regno Unito continua a fare parte dell’area unica dei pagamenti in euro (in inglese ‘Single Euro Payments Area’, SEPA). Tuttavia, potrebbe essere richiesto di fornire il codice BIC in aggiunta all’IBAN e il proprio indirizzo di residenza dovrà necessariamente essere noto ai beneficiari. In caso di variazioni di costo dovute al recesso, la banca informerà con 60 giorni di anticipo, come previsto dalla normativa nazionale sulla variazione unilaterale delle condizioni contrattuali. 

    Se si va in vacanza nel Regno Unito, occorre portare le sterline? Non è necessario. I titolari di carte bancarie italiane possono continuare ad effettuare pagamenti presso qualsiasi esercente che accetti la carta, oppure prelevare sterline dagli sportelli automatici del Regno Unito. Naturalmente, prelevando sterline dagli sportelli automatici, si dovrà sostenere i costi di cambio valuta, come avveniva prima. 

    Si possono fare acquisti dall’Italia attraverso un sito britannico? Sì, ma poiché l'acquisto oggi equivale ad una transazione commerciale effettuata sul sito di un Paese extra UE, verranno applicate le norme doganali vigenti nell’Unione.

    In particolare, se la merce è di origine britannica, non si applicano dazi ma è dovuta l’IVA. Se invece la merce è di origine, ad esempio, cinese e non ha subito trasformazioni o lavorazioni ulteriori nel Regno Unito, si applicano anche i dazi, secondo la tariffa dell’UE. È importante leggere attentamente i termini e le condizioni di consegna, prima di procedere all’acquisto. 

    Quali sono le conseguenze per l’operatività della mia banca britannica che ha operato in Italia fino al 31 dicembre 2020, con o senza succursali? 

    Se è stata autorizzata ad operare sul territorio italiano come intermediario di Paese terzo, la banca può svolgere le attività per le quali ha richiesto l’autorizzazione (limitandosi alla gestione dei rapporti esistenti). Analoga disciplina anche per la prestazione dei servizi di investimento. Inoltre, i depositi continuano ad essere tutelati da un sistema di garanzia italiano e puoi accedere all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF). In mancanza di autorizzazione, è stata prevista la cessazione delle attività svolte dalla banca in Italia, con conseguente chiusura dei rapporti esistenti. 

    Quali sono le conseguenze per i sottoscrittori italiani di un contratto di assicurazione con un’impresa assicurativa del Regno Unito?

    Le coperture assicurative e l’importo dei premi previsti dal proprio contratto non subiranno limitazioni o condizionamenti a seguito degli eventuali cambiamenti a livello societario, pianificati dalla propria impresa di assicurazione britannica per garantire la continuità del servizio in Italia. Gli effetti della Brexit sui rapporti contrattuali con proprio impresa di assicurazione dipenderanno anche dalla legislazione nazionale applicabile al contratto. 

    Per maggiori informazioni, meglio contattare l’impresa di assicurazione britannica con la quale si è stipulata la polizza, l’intermediario o l’IVASS in qualità di Autorità per quanto concerne le assicurazioni.