• Contribuenti minimi

    Borsa di studio dal formatore: non preclude il regime forfettario al percettore

    Con Risposta a interpello n 3 del 9 gennaio le Entrate chiariscono che non vi è ostacolo al regime forfetario per il consulente finanziario che operi prevalentemente a favore dell’istituto di credito che, nei mesi precedenti l’avvio dell’attività individuale, gli ha erogato un contributo allo studio e alla formazione per la professione di consulente finanziario. 

    Vediamo l'interpello e il caso di specie.

    Un istituto di credito offre periodicamente agli interessati un percorso formativo propedeutico alla preparazione dell’esame di abilitazione per l’attività di consulente finanziario con un proprio centro di formazione.

    L'interesse della Banca nel promuovere il percorso formativo è quello di facilitare l'accesso alla  professione  di consulente  finanziario da  parte di  giovani  laureati  e diplomati al fine di contribuire alla nascita di una nuova generazione di professionisti del settore. 

    Durante la formazione semestrale, la banca riconosce un contributo allo studio con la funzione di sussidio per lo studio e la formazione professionale a favore dei partecipanti.

    Il contributo è riconosciuto ai partecipanti unicamente quale sussidio per la loro frequenza del percorso formativo ed è dovuto ai partecipanti a prescindere dall'inizio di un successivo rapporto professionale con la Banca.

    La Banca chiede di sapere se: 

    • 1) il contributo erogato ai partecipanti rientri tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all'articolo 50, comma 1, lettera c), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir);
    • 2 ) confermare  che, laddove  uno  o  più  (ex)  partecipanti  entrassero successivamente a far parte della rete commerciale dell'Istante, attraverso un mandato di agenzia, la Banca possa dare legittimamente seguito, quale destinataria della fatturazione delle relative prestazioni, alla richiesta di tali soggetti che intendessero applicare il c.d. regime forfetario, non risultando integrata la causa ostativa di cui all'articolo 1, comma 57, lettera d ­bis), della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

    Regime forfettario: non è precluso dalla borsa di studio erogata dal formatore

    L’Agenzia delle Entrate precisa che risulta evidente che rientrano tra le borse di studio di cui all'articolo 50, comma 1, lettera c), del Tuir anche le somme corrisposte  per la  realizzazione di iniziative formative volte  a favorire l'ingresso dei lavoratori nel mondo del lavoro. 

    Nel caso di specie la Banca intende promuovere un percorso formativo, volto a favorire  l'accesso alla professione di consulente  finanziario, prevedendo l'erogazione di un contributo mensile in favore dei partecipanti al corso per fini di studio e addestramento professionale, stabilendo che il riconoscimento dello stesso non darà luogo ad alcun rapporto di lavoro di collaborazione.

    Pertanto, si  ritiene  che  il contributo in  esame,  corrisposto  durante la frequenza del  corso, rientri tra i  redditi assimilati a quelli  di lavoro dipendente di cui all'articolo  50, comma  1, lettera c), del Tuir, quale borse di studio e che la Banca, in qualità di sostituto d'imposta, dovrà operare sui predetti compensi la ritenuta d'acconto ai fini Irpef ai sensi dell'articolo 24 del d.P.R. n. 600 del 1973.

    Per quanto riguarda il regime forfetario, la lettera d­ bis) del comma  57  del citato articolo  1  prevede che tale  regime sia precluso alle  persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in  corso  rapporti  di lavoro  o  erano intercorsi  rapporti  di lavoro  nei  due precedenti periodi d'imposta

    Tenuto conto che l'Istante ha corrisposto un ''contributo allo studio'' riconducibile tra i redditi assimilati a  quelli  di lavoro dipendente  ex  articolo 50, comma 1, lettera c), del Tuir (nei termini e alle condizioni indicate nella risposta al  primo  quesito),  il  relativo  percettore  potrà  applicare  il  regime forfetario  qualora intraprenda un  rapporto professionale attraverso un mandato di agenzia con la Banca come  rappresentato  in  istanza  (ferma  restando,  naturalmente,  il  rispetto  di  tutti  gli ulteriori  requisiti  richiesti  dalla  legge)  poiché  la  percezione  di  detto contributo  non integra la causa ostativa prevista dalla citata lettera d ­bis).

    Allegati:
  • Contribuenti minimi

    Fattura elettronica forfettari: via dal 1 gennaio

    Dal 1° gennaio i contribuenti in regime forfettario devono emettere le fatture in formato elettronico per le operazioni attive.

    Tali soggetti, sono pertanto obbligati all’emissione delle fatture elettroniche procedendo come segue:

    • tramite il servizio gratuito offerto dall’Agenzia delle Entrate, con accesso all’area riservata del relativo sito internet e successivamente cliccando su “Fattura elettronica” (per poi seguire l’applicativo per ciò predisposto), oppure,
    • usufruendo di un servizio (ordinariamente a pagamento) messo a disposizione di un operatore di mercato (Leggi anche Fattura elettronica per tutti i forfettari dal 1 gennaio 2024)

    In tema di regime forfettario con la recente Circolare n 32 del 5 dicembre le Entrate hanno riepilogatole regole previste dalla Legge di Bilancio 2023 e fornito chiarimenti su:

    1. ingresso, 
    2. permanenza,
    3. fuoriuscita,

    dal regime, completando l'analisi delle novità con risposte ai quesiti proposti dagli operatori del settore relative ai dubbi più ricorrenti. Vediamo i contenenuti del documento di prassi dell'Agenzia.

    Regime Forfettario: chi può aderire

    Sinteticamente, la Circolare ricorda che, il regime forfetario rappresenta il regime naturale per le persone fisiche che esercitano un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché nell’anno precedente abbiano congiuntamente:

    • a) conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori al limite normativamente previsto, da ultimo stabilito nella misura di 85.000 euro;
    • b) sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordiper:
      • lavoro accessorio, 
      • lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto.

    L’applicazione del regime forfetario è rivolta sia ai soggetti che già svolgono un’attività sia a coloro che ne intraprendono una nuova.  

    La permanenza nel regime, inoltre, non è soggetta ad alcun limite temporale ed è subordinata solo al verificarsi delle condizioni normativamente prescritte.

    Forfettari: chiarimenti sulla fuoriuscita dal regime in corso d'anno

    Con la Circolare viene speficiato che a seguito delle modifiche al regime forfetario dal 1° gennaio 2023 l’aver percepito ricavi o compensi per un importo superiore al limite di 85.000 euro, ma comunque inferiore al limite di 100.000 euro, non pregiudica la permanenza nel regime forfetario nell’anno in cui avviene il superamento (del limite di 85.000 euro), ma comporta la fuoriuscita dal regime medesimo dall’anno successivo, con conseguente applicazione del regime ordinario.

    Invece, il superamento del limite di 100.000 euro comporta l’immediata cessazione del regime forfetario a partire dal momento stesso del superamento e, conseguentemente, la possibilità di rettificare – nella dichiarazione IVA relativa all’anno del superamento – l’imposta non detratta in costanza di regime forfetario, secondo specifiche condizioni.

    Viene chiarito che, il superamento del limite di 85.000 euro nell’anno x – nel quale viene applicato il regime forfetario – implica che l’eventuale rettifica dell’imposta non detratta sia esposta nella dichiarazione IVA relativa all’anno x+1 – primo anno di applicazione delle regole ordinarie – da presentare nell’anno x+2. 

    In senso conforme la circolare n. 10/E del 2016, paragrafo 4.1.3, con la quale è stato chiarito che "la rettifica va eseguita nella dichiarazione IVA dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie e il versamento dell’eventuale importo a debito va operato in un’unica soluzione. La rettifica della detrazione va effettuata anche in caso di passaggio dal regime forfetario al regime ordinario nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie”.

    Invece, il superamento del limite di 100.000 euro nell’anno x, implica che la rettifica dell’imposta non detratta sia esposta nella dichiarazione relativa allo stesso anno, da presentare nell’anno x+1. 

    La circolare evidenzia che per effetto del superamento nel corso dell’anno x del limite di 85.000 euro, ma entro il limite di 100.000 euro, quindi, nella dichiarazione IVA dell’anno successivo x+1 – da presentare nell’anno x+2 – potrà essere computata a credito in un’unica soluzione l’imposta relativa: 

    • ai beni e ai servizi non ancora ceduti o utilizzati al 31 dicembre dell’anno x; 
    • ai beni ammortizzabili (compresi i beni immateriali, quali ad esempio opere dell’ingegno, marchi, brevetti, know-how, diritti di concessione), se non sono trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione (dieci anni dalla data di acquisto o ultimazione per i fabbricati o porzioni di essi), con riferimento alle quote residue.

    Viene infine specificato che in entrambi i casi sui indicati, la rettifica della detrazione è operata nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 19-bis del decreto IVA, in base al quale: 

    • se «mutamenti nel regime fiscale delle operazioni attive, nel regime di detrazione dell’imposta sugli acquisti o nell’attività comportano la detrazione dell’imposta in misura diversa da quella già operata, la rettifica è eseguita limitatamente ai beni ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati e, per i beni ammortizzabili, è eseguita se non sono trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione» (comma 3); 
    • ai fini della rettifica, «i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione» (comma 8); 
    • le rettifiche delle detrazioni «sono effettuate nella dichiarazione relativa all’anno in cui si verificano gli eventi che le determinano, sulla base delle risultanze delle scritture contabili obbligatorie» (comma 9).

    Allegati:
  • Contribuenti minimi

    Regime forfettario: negato il 5% se si prosegue l’attività estera trasferendola in Italia

    Con Risposta a interpello n 197 del 20 aprile 2022 le Entrate specificano che non è fruibile il regime forfettario con tassazione al 5% se vi è prosecuzione della attività esercitata all'estero.

    In particolare, l'istante, residente da più di tre anni all'estero dove svolge la propria attività professionale mediante utilizzo di partita iva estera, vorrebbe trasferire la propria residenza in Italia, per continuare l'esercizio della precedente attività a servizio dei medesimi clienti esteri con contestuale chiusura della posizione iva estera.

    Egli chiede chiarimenti in merito alla possibilità di optare per il regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014.

    Le Entrate specificano che, nel caso di specie assumono rilevanza le seguenti disposizioni, contenute nell'articolo 1 della citata legge n. 190 del 2014. 

    In base alla lettera b) del comma 57, non possono avvalersi del regime forfetario «i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto».

    Inoltre, secondo quanto disposto dal comma 65, «Al fine di favorire l'avvio di nuove attività» l'aliquota applicabile è ridotta al 5 per cento, per il primo esercizio e per i quattro successivi, a condizione che, tra l'altro: 

    • «il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività ..., attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare» [lettera a)]; 
    • «l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni» [lettera b)]. 

    Come chiarito anche dalla circolare n. 8/E del 26 gennaio 2001 in relazione al regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, di cui all'articolo 13 della legge n. 388 del 2000, che prevedeva, tra l'altro, condizioni di esclusione sovrapponibili a quelle sopracitate «Il regime agevolativo è … destinato ad incentivare esclusivamente la nascita di nuove iniziative». 

    Considerate le affermazioni dell'istante che di fatto intende proseguire la sua attività estera in Italia, e considerato che il paese estero non rientra tra i paesi membri della UE, né tra quelli facenti parte del SEE, non può, dunque, essere assimilata ad una «nuova iniziativa» l'ipotesi in cui l'attività che mantiene le medesime caratteristiche sia svolta in Italia, a seguito del trasferimento effettivo della residenza da un Paese estero.

    Alla luce di quanto sopra, seppur l'istante possa fruire del regime forfetario l'istante dovrà determinare il reddito imponibile ai sensi del comma 64 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, senza poter applicare l'aliquota ridotta di cui al successivo comma 65, in quanto il predetto requisito di "novità" risulta essere escluso per espressa dichiarazione dell'istante.

    Allegati:
  • Contribuenti minimi

    Co.co.co: regime fiscale dei compensi erogati a medici in regime forfetario

    Le Entrate con Risposta a interpello n 463 del 7 luglio 2021 chiariscono che nel caso di personale medico esterno all'Amministrazione con contratti di collaborazione coordinata e continuativa per ricoprire la figura professionale di medico in regime forfetario è evidente che l'attività oggetto del contratto di co.co.co rientra nell'oggetto tipico dell'attività di lavoro autonomo esercitata e, pertanto, i relativi compensi, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis), ultima parte, del Tuir, costituiscono per il percipiente redditi di natura professionale, fiscalmente rilevanti ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del Tuir.

    Il Ministero istante, al fine di far fronte alle esigenze connesse allo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, ha stipulato, a decorrere dal 2020, contratti di collaborazione coordinata e continuativa con:

    • personale sanitario (medici, psicologi, infermieri) 
    • personale dell'area della comunicazione (giornalisti). 

    Gli schemi contrattuali regolanti la corresponsione del trattamento economico, prevedono: 

    • per i medici, gli psicologi e gli infermieri, l'erogazione di un compenso orario 
    • per i giornalisti, l'erogazione di un compenso su base annua

    Il Ministero precisa che i predetti compensi sono onnicomprensivi di tutti gli oneri fiscali, assicurativi, previdenziali e di ogni altro onere eventualmente previsto a carico del collaboratore e del Ministero. 

    Alcuni medici hanno eccepito la non corretta applicazione del regime fiscale applicato ai compensi erogati dal Ministero istante, ritenendo che nella fattispecie rappresentata dovesse trovare applicazione l'articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi nella parte in cui è previsto che qualora la collaborazione rientri nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente, il relativo reddito è attratto in quello professionale disciplinato dall'articolo 53, comma 1, del Tuir e che sui compensi erogati, il Ministero istante non è tenuto ad applicare alcuna ritenuta, dal momento che gli stessi hanno aderito al regime forfetario che prevede l'applicazione della sola imposta sostitutiva sui redditi professionali prodotti.

    Il ministero chiede di conoscere il corretto trattamento fiscale da applicare a tali compensi.

    Le Entrate, sostanzialmente concordano con le eccezioni sollevate dai medici e con particolare riferimento agli obblighi di effettuazione della ritenuta d'acconto Irpef, prevista dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre 1973, n. 600, osservano che l'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) così come modificato, ha introdotto il cd. regime forfetario che prevede, al ricorrere di determinate condizioni, l'applicazione sui redditi di natura professionale di cui all'articolo 53, comma 1, del Tuir, di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'IRAP

    Conseguentemente, qualora i medici titolari di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con il Ministero, attestino il rispetto delle condizioni richieste per la fruizione del cd. regime forfetario, la ritenuta non dovrà essere operata dall'Istante sui relativi compensi. 

    Infine, per quanto concerne le ritenute subite sui compensi percepiti dai medici e non dovute, le stesse potranno essere recuperate, in sede di dichiarazione annuale ovvero chieste a rimborso.

    Conclude l'agenzia che a tal proposito la circolare 4 aprile 2016, n. 10/E ha precisato che ove il contribuente erroneamente abbia subito delle ritenute e non sia più possibile correggere l'errore, le stesse potranno essere chieste a rimborso, ovvero in alternativa, scomputate in dichiarazione, a condizione che le stesse siano state regolarmente certificate dal sostituto d'imposta.

    Allegati:
  • Contribuenti minimi

    Forfetari e Contributo a fondo perduto decreto Sostegni: i chiarimenti ufficiali

    Con la Circolare numero 5/E del 14 maggio 2021, l’Agenzia delle Entrate fornisce utili indicazioni sulle modalità di fruizione del contributo a fondo perduto previsto dal DL 41/2022, il cosiddetto decreto Sostegni, per quelle attività che hanno subito una contrazione del fatturato in seguito all’emergenza epidemiologica da coronavirus Covid-19.

    La circolare, tra le altre cose, analizza la questione dell’accesso al contributo a fondo perduto dal punto di vista dei contribuenti appartenenti al cosiddetto regime forfetario, quel regime fiscale agevolato regolato dalla Legge 190 del 2014.

    A differenza della generalità dei contribuenti esercenti attività di impresa o di lavoro autonomo, generalmente obbligati alla tenuta delle scritture contabili, i contribuenti forfetari non sono tenuti al medesimo obbligo, dato che il proprio reddito è determinato con modalità forfetarie; questa situazione potrebbe fare sorgere qualche dubbio sulle modalità di calcolo del contributo a fondo perduto.

    L’Agenzia delle Entrate precisa che anche i contribuenti forfetari hanno diritto a beneficiare del contributo a fondo perduto, sempre che sia realizzata la contrazione dei ricavi richiesta dalla norma.

    Riguardo alle informazioni relative ai ricavi richieste per l’accesso al contributo, l’Agenzia ricorda che le informazioni necessarie, i ricavi conseguiti negli anni 2019 e 2020, sono nella disponibilità del contribuente forfetario, dato che questo è tenuto a conservare idonea documentazione atta a dimostrare il non superamento del limite di ricavi previsto per la permanenza nel regime di vantaggio. Questi dati sono anche desumibili dalle dichiarazioni dei Redditi, in modo specifico dal quadro LM del modello Redditi dell’anno di riferimento, secondo le istruzioni analitiche dell’istanza da presentare per il riconoscimento del contributo a fondo perduto.

    L’Agenzia delle Entrate fa presente, per ulteriore precisazione, che in relazione al calcolo del fatturato e dei corrispettivi, anche per i contribuenti forfetari “si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è rispettivamente la data della fattura […] e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data del DDT o dei documenti equipollenti richiamati in fattura”, a prescindere che questa sia emessa in formato cartaceo o elettronico, modalità che per i contribuenti forfetari è una facoltà.

    Per terminare, l’Agenzia delle Entrate, nel prosieguo della Circolare entra nel merito se si debba o meno considerare il contributo a fondo perduto percepito ai fini del superamento della soglia di ricavi, ad oggi fissata in euro 65.000, prescritta ai fini della permanenza nel regime forfetario. L’Agenzia risponde analiticamente, ricordando che il contributo non concorre alla formazione del reddito e che, come le precedenti disposizioni similari, il contributo in esame mantiene l’originaria finalità risarcitoria (orientata a fornire una compensazione parziale per i gravi danni economici subiti in alcuni settori economici in conseguenza della pandemia e delle conseguenti misure di contrasto) del contributo a fondo perduto previsto nel 2020 dall’articolo 25 del cosiddetto decreto Rilancio; in considerazione di ciò, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il contributo a fondo perduto previsto dal decreto Sostegni, così come le precedenti disposizioni similari, non rilevi ai fini del superamento della soglia di ricavi prescritta per i contribuenti forfetari.

    Potrebbe interessarti anche Lavoro autonomo: chiarimenti sul fondo perduto del DL Sostegni