• PRIMO PIANO

    Accertamento a srl con socio unico: le presunzioni di legge

    La Cassazione con l'Ordinanza n. 24536/2025 si è pronunciata su un ricorso avverso alcuni avvisi di accertamento emessi dal Fisco nei confronti di una s.r.l. e del suo socio unico, con i quali è stato contestato un maggior imponibile ai fini IRES, IRAP e IVA, derivante dall'omessa dichiarazione di una parte dei ricavi.
    In materia di imposte sui redditi, vige il principio secondo cui, nelle società a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di distribuzione pro quota ai soci degli utili extracontabili eventualmente conseguiti dall'ente.
    Pertanto, non è richiesta la prova di effettivi trasferimenti patrimoniali, né la tracciabilità delle somme, poiché la preseunzione si fonda sulla particolare struttura della compagine sociale.
    L'onere della prova contraria grava sul socio, il quale deve dimostrare che i maggiori utili non sono stati percepiti, in quanto reinvestiti, accantonati o attribuiti ad altri soggetti.

    Vediamo i dettagli della causa.

    Accertamento a srl con socio unico: le presunzioni di legge

    Le Entrate hanno presentato ricorso per Cassazione dopo che la Commissione tributaria provinciale e poi la Commissione regionale avevano ridimensionato le pretese fiscali di alcuni avvisi di accertamento.

    L’Amministrazione finanziaria ha denunciato tre errori di diritto commessi dal giudice d’appello:

    • mancata sospensione del giudizio (art. 295 c.p.c.), nonostante la pendenza della causa parallela sulla società.
    • motivazione apparente della sentenza, ritenuta nulla per carenza di spiegazioni logico-giuridiche (art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c.).
    • errata applicazione della presunzione di distribuzione di utili occulti, tipica delle società a ristretta base (D.P.R. 600/1973 e TUIR).

    In particolare, si sosteneva che il giudice regionale avesse considerato definitive le decisioni favorevoli alla società, quando in realtà erano ancora oggetto di giudizio, e che avesse richiesto prove inesistenti sulla tracciabilità bancaria dei presunti utili distribuiti al socio.

    La Cassazione ha rigettato i primi due motivi di ricorso, ritenendo corretta la gestione processuale (nessuna sospensione necessaria) e sufficiente la motivazione della sentenza regionale.

    Il primo motivo è infondato poichè la Corte ha già chiarito che nel processo tributario, qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, va disposta la sospensione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., della causa dipendente allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, opera la sospensione facoltativa di cui all'art. 337, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che, in tale ultimo caso, il giudice della causa pregiudicata può, alternativamente, sospendere il giudizio e attendere la stabilizzazione della sentenza con il suo passaggio in giudicato, oppure proseguire il giudizio medesimo ove ritenga, sulla base di una valutazione prognostica, che la decisione possa essere riformata.

    Inoltre per il secondo motivo la Corte ha chiarito che sussiste l'apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento.

    La Cassazione ha invece accolto il terzo motivo, riconoscendo la fondatezza delle doglianze dell’Agenzia delle Entrate in tema di presunzione di distribuzione degli utili. La Corte ha ribadito che:

    • nelle società a ristretta base partecipativa, la legge consente di presumere che i maggiori utili accertati dall’Amministrazione siano stati distribuiti ai soci;
    • l’onere della prova si sposta sul socio, che deve dimostrare il contrario, cioè che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti ma accantonati, reinvestiti o percepiti da altri soggetti;
    • non è necessario dimostrare passaggi di denaro tracciabili: la natura occulta degli utili rende improbabile l’esistenza di riscontri bancari.

    Il punto centrale è che la società aveva un unico socio, con partecipazione al 100%. 

    In questi casi, la presunzione di percezione degli utili è ancora più forte: non si può invocare la mancanza di prove documentali per sottrarsi all’imposizione.

    Nei confronti delle società a ristretta base (anche unipersonali), il Fisco può presumere la distribuzione degli utili extracontabili.

    Il socio non può limitarsi a negare la percezione, ma deve dimostrare concretamente che i maggiori utili non gli siano stati attribuiti, le contestazioni fondate sull’assenza di tracciabilità bancaria non sono idonee a superare la presunzione.

    La vicenda conferma quindi un principio operativo essenziale ossia che la difesa del socio unico richiede elementi probatori solidi, capaci di superare la presunzione legale, altrimenti l’accertamento del Fisco troverà conferma.

  • PRIMO PIANO

    Accertamento a società estinta: conseguenze per i soci

    La Cassazione ha sancito con l'Ordinanza n 23939 del 2025 che se un avviso di accertamento è notificato a una società di persone già estinta, anche gli atti emessi nei confronti dei soci devono considerarsi invalidi, salvo che non sussistano vizi autonomi. 

    La decisione chiarisce un nodo ricorrente nella prassi: quali effetti produce l’estinzione della società sugli accertamenti notificati successivamente, e se i soci rispondano comunque delle imposte non versate, in virtù del regime di trasparenza fiscale ex articolo 5 del TUIR.

    Accertamento a società estinta: conseguenze per i soci

    Il contenzioso giunto fino alla Cassazione è nato da avvisi di accertamento notificati sia a una Sas che ai suoi soci persone fisiche, relativi a redditi imputati per trasparenza.

    Tuttavia, la società risultava già cancellata dal Registro delle imprese al momento della notifica degli atti. 

    Il giudice di primo grado aveva annullato l’avviso alla società per difetto di capacità processuale, ma aveva respinto i ricorsi dei soci, ritenendo validi gli accertamenti a loro carico.

    La CTR confermava questa impostazione, non estendendo l’effetto dell’annullamento agli atti emessi individualmente verso i soci.

    Il ricorso giunto in Cassazione subiva un ribaltamento degli esiti.

    La Suprema Corte ha espresso un principio secondo cui si genera un effetto estensivo dell’annullamento anche ai soci, ossia:

    L’annullamento dell’avviso di accertamento notificato a una società di persone estinta si estende anche agli atti emessi nei confronti dei soci, salvo che sussistano vizi propri o cause autonome di inopponibilità (ad esempio, decadenza o nullità specifica della notifica)”.

    Secondo i giudici di legittimità, nel caso in esame gli accertamenti notificati ai soci non derivavano da una successione nella posizione giuridica della società estinta, ma dalla trasparenza ex art. 5 TUIR. 

    Dunque, essendo lo stesso presupposto impositivo travolto dalla nullità originaria, anche i successivi atti individuali dovevano considerarsi privi di fondamento.

    Risulta rilevante il riferimento al giudicato interno formatosi sul punto della nullità dell’avviso alla società: l’Amministrazione, infatti, aveva impugnato la sentenza solo per eccepire la carenza di legittimazione della società ad appellare, non contestando la nullità del provvedimento.

    La Cassazione sottolinea che, in ogni caso, l’atto alla società era nullo ab origine, e se fosse stato oggetto di impugnazione diretta in sede di legittimità, sarebbe stato annullato senza rinvio, in quanto notificato a un soggetto giuridico ormai inesistente (Cass. 21125/2018; Cass. 33278/2018).

    Un passaggio centrale dell’ordinanza riguarda la distinzione tra la trasparenza fiscale (art. 5 TUIR) e la successione nei rapporti giuridici in caso di estinzione societaria.

    I soci di società di persone non subentrano automaticamente nei rapporti passivi della società per effetto della cancellazione, ma sono tassati direttamente per imputazione di reddito.

    In questo contesto, la validità degli accertamenti a loro carico dipende dalla legittimità dell’accertamento originario alla società. Se quest’ultimo è nullo, non può sopravvivere il secondo.

    La Corte esclude l'applicazione dell'art. 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014, il quale prevede che ai fini degli atti tributari l’estinzione della società ha effetto dopo cinque anni dalla cancellazione.

    Tale norma non si applica nei casi in cui la cancellazione sia avvenuta prima del 13 dicembre 2014, come nel caso di specie.

    Concludendo l’ordinanza n. 23939/2025 conferma un orientamento garantista e coerente con la giurisprudenza precedente, riconoscendo che non è possibile far sopravvivere gli effetti di un atto tributario nullo notificato a una società estinta, cercando di farli gravare sui soci attraverso la trasparenza fiscale.

  • PRIMO PIANO

    Detrazione IVA assolta in dogana dall’importatore dei beni

    La detrazione dell’IVA doganale è ammessa anche se l’importatore non è proprietario delle merci, purché queste siano utilizzate nell’attività d’impresa e vi sia una chiara correlazione con le operazioni imponibili. 

    Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'istanza di interpello n. 213 del 2025

    La società ALFA S.r.l., operante nella commercializzazione di principi attivi farmaceutici e prodotti chimici industriali, ha chiesto chiarimenti in merito alla possibilità di detrarre l’IVA assolta in dogana all’atto dell’importazione di una materia prima proveniente dalla Cina.

    Il bene, denominato fattore produttivo base ZZ, era fornito free of charge da un committente giapponese e rimaneva formalmente di sua proprietà, pur essendo utilizzato da ALFA per la produzione, in Italia, di un farmaco (YY) successivamente venduto in Germania e in Paesi extra-UE. 

    Il nodo interpretativo riguardava quindi il diritto alla detrazione dell’IVA doganale, nonostante l’importatore non fosse proprietario della merce. In particolare: 

    • ALFA importava dalla Cina il fattore produttivo base ZZ, di proprietà del committente giapponese, ricevuto a titolo gratuito (free of charge),
    • tale materia prima veniva poi consegnata ad una società italiana (GAMMA) per la trasformazione in un farmaco finito (YY),
    • successivamente venduto dal contribuente sia in ambito UE (Germania) sia in Paesi extra-UE (es. Brasile). 

    La questione centrale era se la società potesse registrare la bolletta doganale e detrarre l’IVA assolta in dogana, nonostante non vi fosse un trasferimento di proprietà sul bene importato

    Il parere dell’Agenzia delle Entrate

    Nella risposta, l’Amministrazione finanziaria ha richiamato i principi unionali e nazionali sul diritto di detrazione, sottolineando che:

    • non è necessaria la proprietà dei beni importati per esercitare la detrazione;
    • è però indispensabile la presenza di un nesso diretto e immediato tra l’importazione e le operazioni attive del soggetto passivo;
    • l’IVA assolta in dogana può essere portata in detrazione solo se le relative spese restano effettivamente a carico dell’importatore e incidono sul prezzo delle operazioni a valle.

    Con specifico riferimento al caso di ALFA, l’Agenzia ha ritenuto che il rapporto tra importazione e commercializzazione del farmaco sembri soddisfare tali condizioni. Tuttavia, ha precisato che l’effettiva spettanza della detrazione è subordinata alla verifica in concreto dei contratti e delle spese sostenute, riservandosi ogni potere di controllo.

    Pertanto, per le aziende che operano in filiere produttive internazionali, spesso caratterizzate da rapporti complessi tra fornitori, committenti e terzisti, il documento dell’Agenzia ribadisce l’importanza di: 

    • formalizzare correttamente i contratti con i partner esteri; 
    • dimostrare l’inerenza dei beni importati; 
    • assicurare la tracciabilità contabile delle operazioni doganali.

    Allegati:
  • PRIMO PIANO

    Spese sanitarie e veterinarie nella precompilata: regole ADE

    Con il Provvedimento ADE n 281068/2025 le Entrate si occupano di prevedere le modalità tecniche di utilizzo dei dati delle spese sanitarie e delle spese veterinarie ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata

    Spese sanitarie e veterinarie nella precompilata: regole ADE

    Ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, il Sistema Tessera Sanitaria, dal 31 marzo di ciascun anno successivo al periodo d’imposta di riferimento, mette a disposizione dell’Agenzia delle entrate i dati consolidati di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 175 del 2014, nonché i dati consolidati comunicati dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 3, del medesimo decreto, come modificato dall’articolo 1, comma 949, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 1° settembre 2016, come modificato dai decreti del Ministro dell’Economia e delle finanze del 28 novembre 2022 e del 22 maggio 2023, dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 22 marzo 2019, dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 22 novembre 2019 e dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 16 luglio 2021, relativi a:

    • a) spese sanitarie sostenute nel periodo d’imposta precedente;
    • b) rimborsi effettuati nell’anno precedente per prestazioni non erogate o parzialmente erogate, specificando la data nella quale sono stati versati i corrispettivi delle prestazioni non fruite.

    I dati forniti dal Sistema Tessera Sanitaria sono quelli relativi alle fatture e ai documenti commerciali relativi alle spese sanitarie sostenute dal contribuente e dal familiare a carico nell’anno d’imposta e ai rimborsi erogati.

    Spese sanitarie e veterinarie nella precompilata: le tipologie di spese comunicate

    Le tipologie di spesa sono le seguenti:

    • a) ticket per acquisto di farmaci e per prestazioni fruite nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale;
      b) farmaci: spese relative all’acquisto di farmaci, anche omeopatici;
    • c) dispositivi medici con marcatura CE: spese relative all’acquisto o affitto di dispositivi medici con marcatura CE;
    • d) servizi sanitari erogati dalle farmacie;
    • e) farmaci per uso veterinario;
    • f) prestazioni sanitarie (escluse quelle di chirurgia estetica e di medicina estetica): assistenza specialistica ambulatoriale; visita medica generica e
      specialistica o prestazioni diagnostiche e strumentali; prestazione chirurgica; certificazione medica; ricoveri ospedalieri ricollegabili ad interventi chirurgici o a degenza, al netto del comfort;
    • g) prestazioni sanitarie erogate dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 1° settembre 2016, come
      modificato dai decreti del Ministro dell’Economia e delle finanze del 28 novembre 2022 e del 22 maggio 2023;
    • h) prestazioni sanitarie erogate dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 22 marzo 2019;
      i) prestazioni sanitarie erogate dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 22 novembre 2019;
      j) prestazioni sanitarie erogate dai soggetti di cui all’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 16 luglio 2021;
      k) spese agevolabili solo a particolari condizioni: protesi e assistenza integrativa (acquisto o affitto di protesi – che non rientrano tra i dispositivi
      medici con marcatura CE – e assistenza integrativa); cure termali; prestazioni di chirurgia estetica e di medicina estetica (ambulatoriale o
      ospedaliera);
    • l) altre spese sanitarie.

    Sepse sanitarie e veterinarie: possibile opporsi alla comunicazione all’Ade

    Il provvedimento evidenzia anche che ciascun assistito può esercitare la propria opposizione a rendere disponibili all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle spese sanitarie sostenute nell’anno precedente e ai rimborsi effettuati nell’anno precedente per prestazioni parzialmente o completamente non
    erogate, per l’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata. 

    Se l’assistito è un familiare a carico i dati relativi alle spese e ai rimborsi per i quali ha esercitato l’opposizione non sono visualizzabili dai soggetti di cui risulta a carico, né nell’elenco delle informazioni attinenti alla dichiarazione precompilata di cui al punto 2.2.1 né nella fase di consultazione dei dati di dettaglio di cui al punto 2.3.1..

    In particolare, l'opposizione può essere manifestata con le seguenti modalità:

    • a) nel caso di scontrino parlante, non comunicando al soggetto che emette lo scontrino il codice fiscale riportato sulla tessera sanitaria;
    • b) negli altri casi chiedendo verbalmente al medico o alla struttura sanitaria l’annotazione dell’opposizione sul documento fiscale.

    L’informazione di tale opposizione deve essere conservata anche dal medico/struttura sanitaria.

    Oltre a quanto detto l’opposizione può essere effettuata, in relazione ad ogni singola voce, dal 9 febbraio all’8 marzo dell’anno successivo al periodo d’imposta di riferimento, accedendo all’area riservata del sito web dedicato del Sistema Tessera Sanitaria tramite tessera sanitaria TS-CNS, SPID o CIE. 

    L’assistito può consultare l’elenco delle spese sanitarie e selezionare le singole voci per le quali esprime la propria opposizione all’invio dei relativi dati
    da parte del Sistema Tessera Sanitaria all’Agenzia delle entrate per l’elaborazione della dichiarazione precompilata. L’opposizione all’utilizzo dei dati relativi alla spesa sanitaria comporta che la spesa e il relativo rimborso non siano resi disponibili all’Agenzia delle entrate per l’elaborazione della dichiarazione precompilata.

  • PRIMO PIANO

    Esenzione redditi domenicali e agrari: istruzioni quadro RA e RO Reditti SP

    Con una nuova FAQ del 25 giugno le Entrate forniscono istruzioni dettagliate per la compilazione Modello Redditi Sp 2025 in un caso particolare, quello dell’applicazione delle soglie di esenzione dei redditi dominicali e agrari previste per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli iscritti alla previdenza agricola (articolo 1, comma 44, legge n. 232/2016). 

    Una società semplice agricola riveste la qualifica Iap attribuita da uno solo dei soci.

    In particolare, la società domanda come compilare i quadri RA ed RO per attribuire al socio qualificato i redditi fondiari tenendo conto delle soglie di esenzione e al socio non iscritto alla previdenza agricola il reddito al lordo di tali soglie che dovrà essere ulteriormente rivalutato del 30 per cento. 

    Inoltre, chiede come vada compilata il modello Redditi Pf 2025 da parte del socio Iap.

    Vediamo il chiarimento delle Entrate.

    Modello Redditi SP: istruzioni per l’esenzione redditi domenicali e agrari

    L’Agenzia premette che la società semplice, qualificata come Iap, non è iscritta alla previdenza agricola poiché l’iscrizione è un requisito attribuibile soltanto ai soci persone fisiche. 

    La società semplice è imprenditore agricolo professionale se lo statuto prevede quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole e se almeno un socio risulta in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

    Successivamente fornisce istruzioni per compilare i quadri RA e RO del modello e come considerare i redditi dei soci tenendo contro delle soglie di esenzione.

    In particolare, per quanto riguarda il quadro RA, precisa che nelle istruzioni al modello viene chiarito che nell’ipotesi in cui l’esclusione dalla formazione della base imponibile prevista dalla norma agevolativa non riguardi tutti i soci, la casella di colonna 10 “IAP” va barrata e l’ulteriore rivalutazione è pari a zero. 

    Tuttavia, considerato che per gli altri componenti della compagine i redditi fondiari sono imponibili con l’applicazione dell’ulteriore rivalutazione del 30%, la società deve determinare il maggior reddito da attribuire a quest’ultimi riportando l’importo del maggior reddito dominicale e agrario, rispettivamente, nei campi 15 e 16 della sezione II del quadro RO.

    La faq specifica, inoltre, che è corretto riconoscere al socio con qualifica previdenziale, fino a concorrenza dei propri redditi fondiari imponibili, l’esenzione del socio non IAP

    Di conseguenza il socio IAP riporta il reddito fondiario imponibile e il reddito fondiario non imponibile attribuito dalla società semplice rispettivamente nelle colonne 4 e 13 dei righi da RH1 a RH4 quadro RH del modello Redditi PF 2025.

  • PRIMO PIANO

    DtA: Deferred tax assets, chiarimenti ADE

    Con Risoluzione n 32 del 15 maggio le Entrate hanno chiarito le norme sul DtA deffered tax assets, a seguito di numerose richieste di informazioni in merito alle procedure da seguire in caso di cessione dei crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle attività per imposte anticipate DTA (di cui all’articolo 44-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 e successive modifiche e integrazioni).

    DtA: Deferred tax assets, chiarimenti ADE

    L’articolo 44-bis, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019 stabilisce che I crediti d'imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi. A decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione essi possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero possono essere ceduti  secondo quanto previsto dall'articolo 43-bis o dall'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero possono essere chiesti a rimborso. 

    I crediti d'imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive.”.

    In sintesi, i crediti d’imposta in oggetto, in alternativa all’utilizzo in compensazione tramite modello F24 o alla richiesta di rimborso, possono essere ceduti secondo quanto previsto dagli articoli 43-bis e 43-ter del d.P.R. n. 602 del 1973

    I citato articolo 43-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della cessione dei crediti d’imposta, prevede l’applicazione degli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440. 

    Pertanto:

    • la cessione dei crediti d’imposta in oggetto deve risultare “da atto pubblico o da scrittura privata, autenticata da notaio” (cfr. articolo 69, terzo comma, del regio decreto n. 2440 del 1923);
    • l’atto di cessione deve essere notificato alla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle entrate, competente in ragione del domicilio fiscale del cedente);
    • il cessionario non può cedere ulteriormente il credito acquistato e dunque può esclusivamente utilizzarlo in compensazione tramite modello F24 (codice tributo 6834).

    In alternativa, i crediti maturati in capo a società o enti appartenenti a un gruppo possono essere ceduti, in tutto o in parte, a una o più società o enti dello stesso gruppo, senza l'osservanza delle formalità previste dai richiamati articoli 69 e 70 del regio decreto n. 2440 del 1923.

    In tale eventualità, la cessione è efficace a condizione che l'ente o società cedente indichi nella propria dichiarazione dei redditi gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi.

    Inoltre, si fa presente che:

    • ai fini della comunicazione all’Agenzia delle entrate della cessione dei crediti d’imposta di cui trattasi, non può essere utilizzata la Piattaforma telematica disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia. In ogni caso, tale Piattaforma non rappresenta un mercato finanziario, bensì solo uno strumento per comunicare all’Agenzia, ai fini fiscali, l’avvenuta cessione di altre tipologie di crediti d’imposta;
    • la comunicazione all’Agenzia della cessione dei crediti d’imposta, a prescindere dalla tipologia del credito e dalla modalità utilizzata (dichiarazione dei redditi, Piattaforma telematica, notifica), non implica che i crediti siano riconosciuti come certi, liquidi ed esigibili;
    • l’Agenzia conserva il potere di controllare, secondo modalità e termini previsti dalle disposizioni vigenti, la regolarità fiscale dei comportamenti e degli atti posti in essere dal cedente e dal cessionario, ai fini del recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati;
    • l’Agenzia è estranea al rapporto di natura civilistica intercorrente tra cedente e cessionario, non svolge funzioni di intermediazione, non interviene in ambito contrattuale, precontrattuale e in merito a questioni di natura non fiscale.

    Allegati:
  • PRIMO PIANO

    Riduzione accise benzina: cosa cambia da oggi

    Pubblicato in GU n 110/2025 il Decreto 14 maggio ed in vigore dal giorno 15, con le regole per la riduzione delle accise sulla benzina.

    Di contro aumenta il gasolio, vediamo tutti i dettagli.

    Riduzione accise benzina: da oggi si paga di meno

    Con Decreto interministeriale del 14 maggio si prevede che a decorrere dal giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ossia dal 15 maggio:

    • l'aliquota di accisa  applicata  alla  benzina è ridotta  di 1,50 centesimi  di  euro  per  litro;  
    • l'aliquota di accisa applicata al gasolio impiegato come carburante è aumentata di 1,50 centesimi di euro per litro.

    Inoltre, per effetto di quanto stabilito dall'art.1 e su evidenziato, a decorrere dal 15 maggio  le  aliquote  di accisa applicate alla benzina e al gasolio usato come carburante,  di cui all'Allegato I al  testo unico delle  disposizioni  legislative concernenti le imposte sulla produzione  e sui  consumi e  relative sanzioni  penali e  amministrative, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono rideterminate nelle seguenti misure:

    • a) benzina: euro 713,40 per mille litri;
    • b) gasolio usato come carburante: euro 632,40 per mille litri.

    Infine, viene previsto che le maggiori entrate derivanti dalle variazioni delle aliquote di cui all'art. 1, al netto della quota di spettanza delle regioni  a statuto speciale e  Province autonome di Trento e  Bolzano,  sono destinate  all'incremento del Fondo  nazionale  per   il   concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico  locale per il finanziamento del  rinnovo contrattuale  del  trasporto pubblico locale. 

    Si evidenzia che la misura è parte di diversi interventi governativi atti a riequilibrare il sistema delle accise, con una preferenza per la benzina rispetto al diesel che è più inquinante. 

    Il decreto, nelle premesse evidenzia che, "l’andamento dei prezzi medi di vendita ai consumatori finali della benzina e del gasolio impiegato come carburante nei due mesi solari precedenti l’adozione del presente decreto ministeriale, rispetto al prezzo medio degli stessi prodotti rilevato dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica nell’anno 2024 è stato pari a -3,75% per la benzina e pari a -3,87% per il gasolio"

    La decisione sulla variazione sulle accise va effettuata proprio tenendo in considerazione l’andamento dei prezzi al consumo nei due mesi precedenti.

  • PRIMO PIANO

    Digitalizzazione diritto societario: semplificazioni in arrivo

    La Direttiva UE 2025/25, pubblicata nella Gazzetta Europea del 10 gennaio, è entrata in vigore il 30 gennaio e reca modifiche delle direttive 2009/102/CE e (UE) 2017/1132 per quanto concerne l’ulteriore ampliamento e miglioramento dell’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario.

    In particolare, si vuole incentivare la trasparenza dei documenti e degli atti delle società di capitali e delle società di persone commerciali, attraverso l’utilizzo di strumenti e processi digitali nel diritto societario, per un utilizzo con maggiore fiducia e senza formalità onerose, sia nel mercato interno sia in un contesto transfrontaliero.

    Vediamo una sintesi degli obiettivi di questa legislazione che fissa un termine lungo per il recepimento al 31 luglio 2027, che dovrebbe consentire un congruo lavoro sulle modalità attuative volte a realizzare una più efficace implementazione delle informazioni societarie oggetto di pubblicità, nel quadro della digitalizzazione dei sistemi informativi.

    Digitalizzazione diritto societario: semplificazioni in arrivo

    Vediamo una sintesi di cosa contiene la Drettiva 2025/25 e quindi una sintesi dei suoi contenuti e obiettivi: 

    • la direttiva risponde agli obiettivi di digitalizzazione stabiliti nella comunicazione della Commissione, del 2 dicembre 2020, dal titolo «Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea – Un pacchetto di opportunità» e nella comunicazione del 9 marzo 2021 dal titolo «Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale» nonché alla necessità di agevolare l’espansione transfrontaliera delle PMI sottolineata nelle comunicazioni «Una strategia per le PMI per un’Europa sostenibile e digitale», del 10 marzo 2020, e «Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa», del 5 maggio 2021;
    • tutti i portatori di interessi, comprese le società, le autorità e il pubblico in generale, devono poter fare affidamento sulle informazioni sulle imprese per fini commerciali, nonché in sede amministrativa o nei procedimenti giudiziari. È pertanto necessario che i dati sulle società iscritti nei registri e accessibili attraverso il sistema di interconnessione dei registri siano accurati, aggiornati e affidabili;
    • l’introduzione, mediante la direttiva (UE) 2019/1151, di norme relative ai controlli dell’identità e della capacità giuridica delle persone che costituiscono una società, registrano una succursale o presentano documenti o informazioni online ha rappresentano un importante primo passo. È ora essenziale adottare ulteriori misure per migliorare l’affidabilità e l’attendibilità delle informazioni sulle società contenute nei registri al fine di
      agevolarne l’utilizzo a livello transfrontaliero
      in sede amministrativa e nei procedimenti giudiziari.
    • è importante garantire che alcuni controlli siano effettuati in tutti gli Stati membri al fine di garantire un elevato livello di accuratezza e affidabilità dei documenti e delle informazioni, rispettando nel contempo gli ordinamenti giuridici e le tradizioni giuridiche degli Stati membri. È altresì necessario che tali controlli siano obbligatori, non solo per la costituzione interamente online di società, ma anche per qualsiasi altra forma di costituzione di società. Analogamente, tali controlli dovrebbero altresì essere effettuati negli Stati membri che consentono ancora il ricorso ad altri metodi di presentazione oltre alla presentazione online, in modo da sottoporre tutte le informazioni iscritte nel registro allo stesso livello di controlli. Tali controlli e altri requisiti dovrebbero essere adattati alle caratteristiche specifiche di altre forme di costituzione di società. Ad esempio, i modelli online sono utilizzati dai richiedenti solo nell’ambito della procedura per la costituzione interamente online di società
    • è opportuno prevedere in tutti gli Stati membri un controllo preventivo amministrativo, giudiziario o notarile, o una loro combinazione, nel rispetto degli ordinamenti giuridici e delle tradizioni giuridiche degli Stati membri, compresi i registri delle imprese che sono autorità amministrative o giudiziarie, al fine di garantire l’affidabilità dei documenti e delle informazioni sulle società in situazioni transfrontaliere. È opportuno effettuare un controllo di legalità dell’atto costitutivo della società, del suo statuto, se quest’ultimo forma oggetto di atto separato, e di qualsiasi modifica di tali documenti, dato che si tratta dei documenti più importanti riguardanti una società. Tale controllo preventivo obbligatorio in tutti gli Stati membri sarebbe inoltre coerente con altre politiche dell’Unione e, in particolare, potrebbe contribuire a garantire che le procedure di diritto societario non possano essere utilizzate per eludere il diritto dell’Unione e degli Stati membri volto a tutelare l’interesse pubblico. Tale controllo preventivo dovrebbe lasciare impregiudicate le legislazioni nazionali che, nel rispetto degli ordinamenti giuridici e delle tradizioni giuridiche degli Stati membri, dispongono che tali documenti rivestano la forma di atto pubblico. La presente direttiva non richiede un controllo preventivo dei conti annuali delle società.
    • al fine di tutelare gli interessi dei terzi e rafforzare la fiducia nelle transazioni commerciali con diversi tipi di società nel mercato interno, è importante migliorare la trasparenza e agevolare l’accesso transfrontaliero alle informazioni sulle cosiddette «società commerciali di persone», che ai fini della presente direttiva dovrebbero intendersi come
      i tipi di società di persone elencati nell’allegato II ter. Tali società di persone svolgono un ruolo importante nell’economia degli Stati membri e sono iscritte in tutti i registri delle imprese nazionali, ma vi sono differenze tra i vari tipi di società di persone e i tipi di informazioni ad esse relativi disponibili in tutta l’Unione, il che comporta difficoltà nell’accesso transfrontaliero a tali informazioni. A tal fine, è opportuno che in tutti gli Stati membri siano pubblicate le stesse informazioni di base su tali società di persone. Gli obblighi di pubblicità per tali società di persone dovrebbero rispecchiare gli obblighi di pubblicità ai quali sono soggette le società di capitali, ma dovrebbero essere adattati alle caratteristiche specifiche delle società di persone. Ad esempio, gli obblighi di pubblicità dovrebbero riguardare anche le informazioni sui soci autorizzati a rappresentare la società di persone, in particolare i soci illimitatamente responsabili. Come nel caso delle società di capitali, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a imporre alle società di persone l’obbligo di pubblicare documenti o informazioni ulteriori rispetto a quanto disposto dalla presente direttiva. Qualora tali documenti o informazioni aggiuntivi contengano dati personali, gli Stati membri sono tenuti a trattarli in conformità del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
    • al fine di agevolare ulteriormente le procedure transfrontaliere per le società e semplificare e ridurre le formalità, come l’apostilla o la traduzione, è opportuno istituire una procura digitale dell’UE. La procura digitale dell’UE dovrebbe basarsi su un modello comune europeo multilingue che le società possono decidere di utilizzare per autorizzare una persona a rappresentare la società in procedure specifiche aventi una dimensione transfrontaliera e rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva. Tale modello dovrebbe comprendere almeno i campi di dati relativi alla portata della rappresentanza, alla persona autorizzata a rappresentare la società e al tipo di rappresentanza. La procura digitale dell’UE sarebbe costituita conformemente ai requisiti giuridici nazionali. Essa dovrebbe essere accettata come prova del diritto, conferito alla persona autorizzata, di rappresentare la società. Ciò dovrebbe lasciare impregiudicate le norme nazionali relative alla costituzione di società e alle limitazioni all’uso delle procure in generale. La procura digitale dell’UE dovrebbe assolvere i requisiti sugli attestati elettronici di attributi di cui al regolamento (UE) 2024/1183 del Parlamento europeo e del Consiglio (12) e le specifiche tecniche del portafoglio europeo di identità digitale per garantire una soluzione comune con una maggiore facilità d’utilizzo. Questo contribuirebbe a ridurre gli oneri amministrativi e finanziari per gli Stati membri diminuendo il rischio di sviluppare sistemi paralleli non interoperabili in tutta l’Unione.
    • l’aggiunta, tra le informazioni già soggette all’obbligo di pubblicità per le società di capitali, dell’oggetto sociale che descrive la sua attività principale o le sue attività principali, anche mediante l’utilizzazione del codice a sei caratteri di classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea (in sigla NACE) se il diritto interno ne consente l’uso (come in Italia, in cui il corrispettivo è il ben noto codice ATECO) e l’oggetto si registrato nel registro nazionale.

    Si rimanda alla consultazione del testo della Direttiva UE 2025/25 per tutti gli approfondimenti.

    Allegati:
  • PRIMO PIANO

    Dichiarazioni operazioni in oro: via dal 17 gennaio alle novità

    Novità in materia di dichiarazioni delle operazioni in oro.

    In particolare la UIF con un comunicato del 15 gennaio ha evidenziato che in data 17 gennaio 2025 entrerà in vigore il Dlgs. n. 211/2024, che adegua la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1672 in tema di controlli sul denaro contante, apportando modifiche anche alla disciplina delle dichiarazioni di operazioni in oro, oggi contenuta nella legge 7/2000 e nelle relative disposizioni di attuazione, vediamo i dettagli.

    Dichiarazioni operazioni in oro: il via dal 17 gennaio

    Si evidenzia parafrasando il contuenuto di quanto afferma la UIF. 

    Tra le principali novità, per quanto di competenza dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), si evidenzia che, a partire dal 17 gennaio, le operazioni in oro, che ricadono nell'ambito di applicazione della legge 7/2000, come modificata dal d.lgs. 211/2024, dovranno essere dichiarate alla UIF, qualora il valore risulti di importo pari o superiore a 10.000 euro e non più € 12.500.

    Nel dettaglio, la dichiarazione è dovuta anche per le operazioni dello stesso tipo eseguite nel corso del mese solare con la medesima controparte, qualora singolarmente pari o superiori a € 2.500 e complessivamente pari o superiori a € 10.000.

    In linea di continuità con i chiarimenti della Banca d'Italia del 2010 nonché con quanto precisato nelle faq della UIF, ai fini dell'adempimento degli obblighi dichiarativi, rileva anche il materiale d'oro da destinare a fusione per ricavarne oro da investimento nonché a uso prevalentemente industriale.

    Per i trasferimenti al seguito di oro da investimento corrispondente a monete con un tenore in oro di almeno il 90% o a lingotti sotto forma di barre, pepite o aggregati con un tenore in oro di almeno il 99,5%, in entrata o in uscita dal territorio nazionale, sono previsti obblighi di dichiarazione e di informativa all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

    A partire dal 17 gennaio non dovranno più essere trasmesse alla UIF le dichiarazioni inerenti ai predetti trasferimenti.

    Dovranno invece continuare a formare oggetto di dichiarazione alla UIF i trasferimenti al seguito, in entrata o in uscita dal territorio nazionale, aventi a oggetto oro ad uso prevalentemente industriale nonché il sopra citato materiale d'oro da destinare a fusione.

    La recente riforma attribuisce all'Unità il potere di emanare istruzioni volte a precisare le operazioni oggetto di dichiarazione, i contenuti e le modalità di invio della dichiarazione stessa e fino alla loro emanazione delle predette, la Comunicazione della UIF del 2014 continua a trovare applicazione in quanto compatibile con le nuove disposizioni.

    Le dichiarazioni di operazioni in oro continueranno a essere inviate attraverso il Portale Infostat- UIF adeguato alla nuova soglia a partire dalla data di entrata in vigore della riforma.

    Per info e quesiti, le UIF conclude il comunicato specificando di rivolgersi a:

    .

  • PRIMO PIANO

    SNC e SAS: in arrivo l’obbligo di redazione e deposito del bilancio

    È stata pubblicata il 10 gennaio 2025 sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea la nuova Direttiva 2025/25/UE, datata 19 dicembre 2024, e recante modifica alle Direttive 2009/102/CE e 2017/1132/UE, che si occupa di digitalizzazione del diritto societario. La Direttiva dovrà essere recepita entro il 31 luglio 2027, e le disposizioni in essa contenute dovranno essere rese operative dagli stati membri a decorrere dal 31 luglio 2028.

    Con questo intervento normativo l’Unione Europea dichiara di avere l’obiettivo di migliorare la trasparenza delle imprese e di conseguenza la fiducia nel contesto imprenditoriale; oltre che, favorendo l’interconnessione digitale del sistema informativo delle imprese, quello di favorire l’espansione transfrontaliera delle PMI.

    Nella pratica, per le imprese italiane ciò si configurerà nel futuro obbligo per SNS e SAS di:

    • ampliare la quantità di informazioni da pubblicare presso il Registro delle imprese, al pari di quanto già avviene per le società di capitali;
    • produrre il bilancio sociale e pubblicarlo presso il Registro delle imprese.

    La direttiva, che una volta emanata darà agli stati membri dell’Unione Europea due anni per il suo recepimento, limita l’intervento alle società di persone esercenti attività commerciale, il che, in Italia, vuol dire appunto che sono interessate dal provvedimento le SNC e le SAS, ma non le società semplici. 

    Il fatto non è strano, se si pensa che l’obiettivo della novità normativa è quello di favorire la trasparenza del sistema imprenditoriale e lo sviluppo delle PMI, e le società semplici, non svolgendo attività commerciale, non sono neanche delle PMI propriamente dette.

    La direttiva inserisce questo adempimento in un più generale programma di ampliamento dell’interconnessione dei registri nazionali, al fine di permettere che le informazioni fondamentali sulla vita delle società di persone possa divenire accessibile a livello unionale, come già avviene per le società di capitali.

    È presumibile ritenere che, come già avviene per le società di capitali che sono anche microimprese, che   per le società di persone di minore dimensione sarà prevista qualche semplificazione; fermo restando l’obiettivo finale di permettere l’allargamento del sistema informativo europeo.

    Cosa cambia per le imprese italiane

    Già adesso le SNC e le SAS trasmettono le informazioni fondamentali al Registro delle imprese detenuto presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della sede di competenza; l’allargamento del numero di informazioni richieste non dovrebbe costituire adempimento di particolare onerosità amministrativa.

    Di diversa rilevanza è l’obbligo di redazione e pubblicazione del bilancio annuale che, per questo tipo di imprese, costituisce un adempimento in più, per nulla irrilevante, aggravato anche dell’onere del deposito presso il Registro delle imprese di competenza.

    Volendo vedere la questione dal punto di vista del diritto societario, queste modifiche avvicinano, e non poco, le società di persone alle società di capitali.

    In questo senso questa novità normativa, inserita nella particolarità del contesto italiano, alimenta ulteriormente quel processo che si è venuto ad innescare a partire dalla riforma del diritto societario, tale che la tradizionale differenziazione tra società di persone senza personalità giuridica, e società di capitali con personalità giuridica, quanto meno per le imprese a più ristretta base partecipativa, di fatto diviene alquanto fumosa.

    Tra SNC e SAS obbligate alla redazione dei bilanci, e SRL i cui soci che sono anche amministratori in tante situazioni divengono illimitatamente responsabili, oltre che sottoposti al doppio obbligo previdenziale, le differenze divengono poco percettibili.

    È come se il diritto in divenire abbia creato una sorta di società di persone che è tale (con specifici obblighi e limitazioni) nel momento in cui l’impresa è amministrata dai soci, i quali sono in un numero ristretto, a prescindere dalla forma (SNC, SAS, SRL) adottata, che diviene questione secondaria e non più costitutiva, come invece risultava prima della riforma del diritto societario.