• Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Accordi per l’innovazione: le domande di incentivo dal 14 gennaio

    Viene pubblicato un avviso in GU n 263 del 12 novembre con le date per le domande per gli incentivi alle imprese in favore di interventi di ricerca e sviluppo di  rilevante impatto  tecnologico realizzati nell'ambito di accordi stipulati dalle imprese con il Ministero e con le regioni, le province autonome e le altre amministrazioni pubbliche eventualmente interessate, come stabilite con il DD MIMIT 27 ottobre per gli accordi di innovazione.

    Possono beneficiare delle agevolazioni i seguenti soggetti:

    a) le imprese che esercitano le attività di cui all’articolo 2195 del codice civile, numeri 1) e 3), ivi comprese le imprese artigiane, di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

    b) i Centri di ricerca;
    c) con esclusivo riferimento alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 3, le imprese che esercitano le attività ausiliarie di cui al numero 5) dell’articolo 2195 del codice civile, in favore delle imprese di cui alle lettere a).

    Vediamo le regole per presentare le domande dal 2026.

    Incentivi alle imprese per ricerca e sviluppo: regole per le domande

    Il Decreto 4 settembre 2025, al fine di sostenere la valorizzazione economica dell’innovazione attraverso la sperimentazione e l’adozione di soluzioni altamente innovative e tecnologicamente avanzate e di orientare, al contempo, l’intervento pubblico realizzato attraverso gli Accordi per l’innovazione verso iniziative in grado di determinare un maggiore impatto sulla competitività tecnologica di specifici ambiti settoriali,  ridefinisce le procedure per la concessione delle agevolazioni, previste dal decreto 31 dicembre 2021.
    Gli Accordi, di cui al comma 1, devono essere diretti al sostegno di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale di rilevante impatto tecnologico, in grado di favorire percorsi di innovazione coerenti con gli obiettivi di sviluppo fissati dall’Unione europea e di rilevanza strategica per l’accrescimento della competitività tecnologica di specifici settori, comparti economici ovvero determinati ambiti territoriali, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e accrescere la presenza delle imprese estere nel territorio nazionale.
    Per la concessione delle agevolazioni sono rese disponibili risorse complessivamente pari a euro 731.000.000,00 (settecentotrentunomilioni/00), di cui:

    a) euro 530.000.000,00 (cinquecentotrentamilioni/00) a valere sulle risorse del Fondo per la crescita sostenibile, per il sostegno delle iniziative di ricerca e sviluppo relative alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 2;

    b) euro 201.000.000,00 (duecentounomilioni/00) a valere sulle economie del Piano sviluppo e coesione MIMIT 2014-2020, per il sostegno delle iniziative di ricerca e sviluppo relative alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 3. 

    Nell’ambito della medesima dotazione finanziaria, alle iniziative a valere sull’area di intervento n. 4 dell’allegato n. 3 sono concedibili risorse finanziarie fino all’importo massimo di euro 40.000.000,00 (quarantamilioni/00).
    Le risorse finanziarie  possono essere integrate da ulteriori risorse finanziarie comunitarie, nazionali, regionali e locali.
    Una quota pari al 34 per cento delle risorse è riservata ai progetti di ricerca e sviluppo da realizzare interamente nei territori delle regioni del mezzogiorno.
    La gestione delle risorse finanziarie destinate alla concessione delle agevolazioni è effettuata nell’ambito della contabilità speciale n. 1201 – Fondo per la crescita sostenibile, per l’erogazione dei finanziamenti agevolati, e della contabilità speciale n. 1726 – Interventi Aree Depresse, relativa agli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall’Unione europea o dalle regioni, cui affluiscono le risorse indicate al comma 3, lettera b).
    Le agevolazioni sono concesse sulla base di una procedura valutativa negoziale, secondo quanto stabilito dall’articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 e successive modificazioni e integrazioni.

    Incentivi alle imprese per ricerca e sviluppo: domande dal 14 gennaio

    Il decreto 27 ottobre ha stbilito che ai fini dell’accesso alle agevolazioni i soggetti proponenti sono tenuti a presentare la domanda di agevolazione, redatta secondo lo schema di cui all’allegato n. 1a, nel caso di progetti di ricerca e sviluppo relativi alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 2 del decreto, ovvero secondo lo schema di cui all’allegato n. 1b, nel caso di progetti di ricerca e sviluppo relativi alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 3 del decreto. La domanda di agevolazione deve essere presentata unitamente alla documentazione elencata all’allegato n. 2.
    La domanda e la documentazione indicata devono essere redatte e presentate in via esclusivamente telematica dalle ore 10.00 alle ore 18.00 di tutti i giorni, a partire dalle ore 10.00 del 14 gennaio 2026 e sino alle ore 18:00 del 18 febbraio 2026 utilizzando esclusivamente la procedura disponibile nel sito internet del Soggetto gestore https://fondocrescitasostenibile.mcc.it

    A seguito della presentazione della domanda di agevolazione, il Soggetto gestore genera il CUP e lo comunica ai soggetti beneficiari, ivi compresi i soggetti aventi natura di ente pubblico, quelli aventi natura giuridica privata ma che svolgono per norma attività istituzionali a valenza
    pubblica, e quelli con natura riconducibile alla figura di un “organismo di diritto pubblico”, previa delega conferita dagli stessi nella dichiarazione allegata alla domanda rilasciata secondo modello di cui agli allegati 6a e 6b.
    Ai sensi l’articolo 7-bis, comma 2, del l decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243 e ss.mm.ii., una quota pari al 34 per cento delle risorse rese disponibili dal decreto è riservata ai progetti di ricerca e sviluppo da realizzare nei territori delle regioni del mezzogiorno.
    Un soggetto proponente può presentare una sola domanda di agevolazione in qualità di singolo proponente o in qualità di soggetto capofila di un progetto congiunto. Gli Organismi di ricerca possono partecipare a più progetti congiunti mediante propri istituti, dipartimenti
    universitari o altre unità organizzative-funzionali dotati di autonomia gestionale, organizzativa e finanziaria, ciascuno dei quali può partecipare a un solo progetto per ognuna delle aree tematiche indicate nell’allegato n. 2 e nell’allegato n. 3 al decreto.

  • Redditi esteri

    Pensione statunitense del de cuius: tassazione per l’erede residente in Italia

    Con la Risposta a interpello n 290 del 12 novembre 2025 le Entrate chiariscono il trattamento fiscale applicabile all'importo percepito nel 2024 dall'erede fiscalmente residente in Italia di un soggetto non residente a titolo di liquidazione di un fondo pensione statunitense alimentato da contributi volontari versati dal de cuius.

    L’istanza trae origine dal caso di una contribuente fiscalmente residente in Italia, unica erede di un cittadino italo-americano residente negli Stati Uniti da oltre quarant’anni, deceduto nel 2021.
    Nel patrimonio ereditario, completamente situato negli USA e già assoggettato a un’imposta di successione statale dell’1%, rientrava anche un “conto pensionistico individuale volontario” (Individual Retirement Account, IRA), ossia un fondo pensione statunitense alimentato dal de cuius con versamenti volontari.

    Pensione statunitense del de cuius: tassazione per l’erede residente in Italia

    Alla morte del titolare, nel 2024, l’erede italiana ha ricevuto la liquidazione totale del fondo, sul cui importo è stata applicata negli Stati Uniti una ritenuta fiscale del 10%, certificata dalla società di gestione del fondo con  modello 1042-S con codice “15”, relativo a “pensioni, rendite, assegni alimentari e premi assicurativi”.

    L’istante chiedeva di sapere se la somma percepita dovesse essere considerata:

    • reddito di capitale, ai sensi degli articoli 44 e 45 del TUIR, e quindi tassabile con imposta sostitutiva del 26% soltanto sull’eventuale plusvalenza maturata dopo l’apertura della successione (ipotesi nella quale, essendosi ridotto il valore del fondo, non vi sarebbe alcun reddito imponibile); oppure
    • reddito da pensione del de cuius, assimilato ai redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 49, comma 2, lett. a) TUIR, e dunque da assoggettare in capo all’erede a tassazione separata ai sensi dell’art. 7, comma 3, del medesimo testo unico.

    Inoltre, in caso di tassazione come “pensione”, la contribuente domandava chiarimenti su due punti pratici:

    • se la base imponibile dovesse essere calcolata sull’importo lordo o al netto dei contributi versati dal defunto;
    • se si potesse scomputare la ritenuta già subita negli Stati Uniti, per evitare una doppia imposizione.

    L’Agenzia, dopo aver richiamato la normativa nazionale e le convenzioni internazionali, ha fornito una risposta articolata e motivata, che di fatto disconosce la tesi del contribuente.

    In primo luogo, l’Amministrazione ha stabilito che le somme ricevute dall’erede rappresentano redditi di pensione e non redditi di capitale.
    Secondo l’art. 49, comma 2, lett. a) del TUIR, rientrano infatti nella categoria dei redditi di lavoro dipendente “le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati”, comprendendo anche le indennità una tantum derivanti dalla capitalizzazione di trattamenti pensionistici, indipendentemente dal fatto che si tratti di fondi obbligatori o volontari.

    L’Agenzia ha ribadito che tale interpretazione si estende pure ai fondi pensione esteri alimentati da contributi personali, i quali – pur non rientrando nella disciplina della previdenza complementare italiana (D.Lgs. 252/2005) – generano, in caso di liquidazione, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

    In applicazione dell’art. 7, comma 3, TUIR, la somma percepita dall’erede è soggetta a tassazione separata, con le stesse modalità che si sarebbero applicate se fosse stata corrisposta al titolare originario.
    Pertanto, l’importo deve essere dichiarato integralmente al lordo della ritenuta estera, e tassato in Italia come reddito da pensione percepito per successione.

    Sul piano internazionale, l’Agenzia ha richiamato la Convenzione tra Italia e Stati Uniti contro le doppie imposizioni (Washington, 23 agosto 1999, ratificata con legge n. 20/2009).
    Esaminando gli articoli 18 (“Pensioni”) e 22 (“Altri redditi”) del Trattato, l’Agenzia ha concluso che, trattandosi di redditi derivanti da un fondo pensionistico volontario, essi rientrano nell’ambito dell’art. 22, che attribuisce la potestà impositiva esclusiva allo Stato di residenza del beneficiario.

    Di conseguenza:

    • le somme devono essere tassate solo in Italia,
    • non doveva essere applicata alcuna ritenuta negli USA,
    • la contribuente potrà chiedere il rimborso dell’imposta trattenuta negli Stati Uniti e, se necessario, attivare la “procedura amichevole” prevista dall’art. 25 della Convenzione per rimediare alla doppia imposizione

  • Legge di Bilancio

    Legge di bilancio 2026: Assonime esprime un parere

    Assonime ha pubblicato un documento con le proprie Osservazioni e Proposte sul Disegno di legge recante “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028" assegnato alla 5ª Commissione Bilancio del Senato in sede referente il 30 ottobre 2025.

    Viene precisato che le considerazioni sono state inviate alle Commissioni Bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

    Il documento si compone di due diverse sezioni:

    1. la prima è dedicata all'esame delle possibili criticità derivanti dalle principali norme del DDB che impattano le regole della fiscalità di impresa. Unitamente a questa analisi, si presentano, ove opportuno, anche delle proposte emendative al DDB;
    2. la seconda, invece, contiene alcune nuove proposte normative sulla fiscalità d'impresa per razionalizzazione e sistematizzazione del quadro normativo fiscale, anche nell'ottica di offrire maggiore attrattività agli investimenti.

    Legge di bilancio 2026: Assonime esprime un parere

    Il documento reso pubblico sul sito di Assonime è intitolato Osservazioni sul disegno di legge di bilancio 2026 e proposte per semplificare 
    e con esso si intende esprimere alcune considerazioni.

    Il Disegno di legge attua la programmazione economico-finanziaria esposta nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB) 2025 sul quale Assonime si è già espressa in occasione del tavolo di confronto tra Governo ed Organizzazioni datoriali e di categoria a Palazzo Chigi tenutosi il 13 ottobre scorso.
    In quella sede, in attesa di conoscere i contenuti della manovra, all’epoca ancora in fase di definizione, Assonime ha posto l’accento sulla necessità e sull’urgenza di riforme strutturali a sostegno della produttività e della competitività: senza un deciso e ineludibile rilancio della produttività che può solo passare attraverso più innovazione, più digitale, più investimenti in capitale umano e in politiche industriali mirate.
    Per questa ragione Assonime ritiene opportuno presentare anche alcune specifiche proposte normative che si collocano in perfetta aderenza con la ratio ispiratrice della legge delega di riforma fiscale n. 111 del 2023 per la costruzione di un sistema fiscale che sia sempre più “attrattivo” per le imprese al fine di stimolare la crescita economica e l’incremento della base occupazionale, contribuendo a rafforzare in modo “strutturale” il
    nostro tessuto economico.

    Tassazione dei dividendi 2026: il parere di Assonime sulle novità in arrivo

    Assonime spiega nel documento che appare necessario sopprimere la norma sulla tassazione dei dividendi dall’attuale DDB o, in subordine, anche tenendo conto delle esperienze seguite negli altri ordinamenti, modificare radicalmente la norma in modo da risolvere o circoscrivere le problematiche evidenziate nello stesso documento, con interventi che, in sintesi, possono riepilogarsi come segue.
    Sul piano dell’opportunità:
    i. ridurre o differenziare (tra società quotate e non) la percentuale minima di possesso necessaria per escludere l’integrale tassazione;
    ii. aggiungere ulteriori criteri alternativi per escludere detta tassazione, quali l’holding period e il valore minimo, in termini assoluti, della partecipazione;
    iii. rendere coerente l’aliquota della ritenuta per i dividendi in uscita anche verso soggetti UE/SEE;
    iv. al fine di rendere il sistema interno maggiormente coerente con quelli vigenti all’estero, estendere la dividend exemption sul 100 per cento dei dividendi su partecipazioni che rispettino tutti i presupposti previsti dalla norma ovvero in presenza di ulteriori requisiti da definire.
    Sul piano tecnico:
    v. assicurare la dividend exemption anche per tutte le partecipazioni sopra-soglia detenute indirettamente;
    vi. rendere coerente il nuovo regime con la disciplina di tassazione/deduzione delle plus/minusvalenze e quella applicabile ai soggetti IAS-adopter, prevedendo, nel caso, l’applicazione di regimi di realizzo virtuale nel caso di passaggio da un portafoglio
    fiscale ad un altro;
    vii. estendere la possibilità di fruire della dividend exemption anche a partecipazioni – con gli altri requisiti – non rappresentative del capitale sociale della partecipata.

    I contenuti sono estrapolati dal documento Assonime consultabile integralmente dal sito, clicca qui

  • Ipotecaria e catastali

    Mappe catastali: consultazione gratis per tutti dal 13 novembre

    Dal 13 novembre è possibile consultare e scaricare le mappe del territorio italiano direttamente dal proprio pc. 

    Grazie al nuovo servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate sul sito istituzionale e rivolto a tutti i cittadini.

    Il servizio funziona previo accesso con le proprie credenziali Spid, Cie o Cns, e poi è possibile selezionare i fogli di mappa di interesse e il formato desiderato, vediamo come fare.

    Mappe catastali: come si consultano

    Per utilizzare il nuovo servizio di “Consultazione dei fogli di mappa catastale” basta accedere all’Area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate mediante

    • SPID, 
    • carta di identità elettronica (CIE), 
    • carta nazionale dei servizi (CNS).

    Ciascun utente può scegliere tra due funzionalità:

    • una permette di ottenere i file vettoriali dei fogli di mappa catastali aggiornati, in vari formati e nei diversi sistemi di riferimento; 
    • l’altra, invece, consente di ottenere i file immagine degli interi fogli Originali di Impianto della mappa (vale a dire gli esemplari unici disegnati a mano al momento dell’impianto del sistema cartografico catastale) o di un loro estratto, limitato ad alcune particelle di interesse. Il servizio è attivo in tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle zone nelle quali il Catasto è gestito dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano.

    I file vettoriali della mappa possono essere scaricati nei formati CXF, CML, DXF e anche GeoJSON (un formato open di interscambio dei dati geospaziali), con le pertinenti informazioni di metadatazione (in formato TXT). 

    Le mappe sono disponibili in diversi sistemi di riferimento: Originario Catastale, Roma 40 Gauss-Boaga ed ETRF2000. 

    I file immagine degli Originali di Impianto, già oggetto di georeferenziazione e di recupero di eventuali deformazioni, sono rilasciati nel formato JPG, unitamente ai dati di georeferenziazione (in formato JGW) e di metadatazione (in formato TXT). 

    L'estratto dell'Originale di Impianto è rilasciato nel formato PDF.

  • La casa

    Prima casa: quando il secondo immobile nello stesso Comune non è ostativo

    Con la Ordinanza n 29262/2025 la Cassazione ribadisce che il possesso nello stesso Comune di un secondo immobile non determina necessariamente la perdita della agevolazione prima casa.

    Una contribuente aveva impugnato un avviso di liquidazione dell’imposta di registro con cui l’Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni “prima casa”.
    L’Ufficio aveva contestato la decadenza dal beneficio sostenendo che la contribuente, nel rogito di acquisto di un nuovo immobile aveva dichiarato di non possedere altre abitazioni nello stesso Comune, mentre in realtà risultava proprietaria esclusiva di un’altra casa ubicata nel medesimo territorio comunale.

    Ritenendo la dichiarazione “mendace”, l’Agenzia aveva proceduto alla revoca delle agevolazioni e alla liquidazione di imposte maggiorate e relative sanzioni.

    La Commissione Tributaria Provinciale aveva confermato la legittimità dell’avviso di liquidazione, così come la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado che aveva ritenuto sufficiente la mera titolarità di altro immobile per configurare la decadenza dal beneficio.

    La contribuente ha quindi proposto ricorso per Cassazione, deducendo due motivi di impugnazione.

    Ai fini dell’agevolazione ‘prima casa’, la mera proprietà di un altro immobile nel medesimo Comune non comporta automaticamente la decadenza

    Prima casa: quando il secondo immobile nello stesso Comune non è ostativo

    La ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 75 del D.P.R. 445/2000 e dell’art. 1, comma 4, nota II-bis della Tariffa parte I allegata al D.P.R. 131/1986, sostenendo che il giudice di merito aveva erroneamente qualificato come mendace la dichiarazione di non possedere altri immobili.
     Secondo la contribuente, infatti, la Corte di merito non aveva svolto alcuna valutazione sull’idoneità dell’immobile già posseduto alle esigenze abitative familiari, limitandosi a valorizzare la sola esistenza formale di una diversa proprietà.

    È stata poi dedotta la violazione degli artt. 101, 112 e 132 c.p.c. e degli artt. 1 e 36 del D.Lgs. 546/1992, per vizio di extrapetizione: la sentenza d’appello avrebbe introdotto un nuovo fatto (la fruizione dell’agevolazione prima casa per l’immobile preesistente) non dedotto dall’Agenzia delle Entrate nel corso del giudizio, ampliando indebitamente il thema decidendum.

    La Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi fondati, svolgendo un’approfondita ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in materia di agevolazioni “prima casa”.

    La Corte ha precisato che, ai sensi dell’art. 1, nota II-bis, D.P.R. 131/1986, la “dichiarazione mendace” ricorre solo quando il contribuente richieda il beneficio pur mancando le condizioni soggettive o oggettive previste dalla legge.
    Pertanto, non ogni erronea dichiarazione comporta automaticamente la decadenza, ma solo quella che dissimula il possesso di un immobile idoneo ad essere utilizzato come abitazione.

    Richiamando una consolidata giurisprudenza  la Corte ribadisce che il requisito dell’“impossidenza di altro immobile” deve essere interpretato in senso relativo, e non assoluto: “Sussiste solo in caso di carenza di altro alloggio concretamente idoneo a sopperire ai bisogni abitativi dell’acquirente e della sua famiglia”.

    L’idoneità deve essere valutata in concreto, tenendo conto di:

    • dimensioni e caratteristiche dell’immobile;
    • condizioni di abitabilità;
    • ubicazione rispetto al luogo di lavoro e alle esigenze familiari;
    • disponibilità effettiva o eventuale locazione a terzi.

    Ne consegue che il mero possesso di una casa nello stesso Comune non è sufficiente per escludere l’agevolazione se l’immobile risulta inidoneo all’uso abitativo, sia per ragioni oggettive (inabitabilità) che soggettive (inadeguatezza strutturale o funzionale).

    La Cassazione ha poi rilevato che la Corte di merito era incorsa in error in procedendo, avendo fondato la decisione su un elemento di fatto (l’asserita fruizione dell’agevolazione “prima casa” per l’immobile già posseduto) non allegato dall’Agenzia né dedotto in giudizio.
    Tale condotta viola l’art. 112 c.p.c., che impone al giudice di decidere nei limiti del thema decidendum fissato dalle parti.

    Dall’ordinanza emerge con chiarezza il seguente principio di diritto: “Ai fini dell’agevolazione ‘prima casa’, la mera proprietà di un altro immobile ubicato nel medesimo Comune non comporta automaticamente la decadenza dal beneficio, ove tale immobile non sia concretamente idoneo a soddisfare le esigenze abitative dell’acquirente e del suo nucleo familiare. La dichiarazione di impossidenza non può considerarsi mendace se riferita a un immobile inidoneo all’uso abitativo, sotto il profilo soggettivo o oggettivo.”

    La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso della contribuente; cassato la sentenza impugnata; rinviato la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione

  • Fatturazione elettronica

    Pos e registratori di cassa: regole per collegarli

    Dal 1° gennaio 2206, il registratore di cassa potrà memorizzare sempre le informazioni di tutte le transazioni elettroniche, tranne i dati sensibili del cliente, e trasmettere all’agenzia delle Entrate l’importo complessivo dei pagamenti elettronici giornalieri acquisiti dall’esercente anche indipendentemente dalla registrazione dei corrispettivi. 

    Leggi anche Registratori di cassa e POS: nuovo obbligo dal 2026             

    A tale fine, con il Provvedimento n 424470 del 31 ottobre le Entrate pubblicano le regole per dare attuazione alle disposizioni dell’articolo 1, commi 74 e 77, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 Legge di Bialncio 2025.

    In particoalre, si tratta delle modalità operative per il collegamento tra lo strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici e lo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati i dati dei corrispettivi

    le Entrate hanno evidenziato che la soluzione adottata, frutto del confronto con le associazioni di categoria, non prevede un collegamento fisico ma l’utilizzo di un servizio online ad hoc che sarà messo a disposizione in area riservata sul sito dell’Agenzia.

    Viene anche precisato che per gli strumenti di pagamento già in uso al 1° gennaio 2026 o utilizzati tra l’1 e il 31 gennaio 2026 è previsto un termine di 45 giorni decorrenti dalla messa a disposizione del servizio online per completare la registrazione. 

    Una volta a regime, per la prima associazione o per eventuali variazioni, la registrazione dovrà essere sempre effettuata a partire dal sesto giorno del secondo mese successivo alla data di effettiva disponibilità dello strumento di pagamento elettronico e comunque entro l’ultimo giorno lavorativo dello stesso mese.

    Vediamo ulteriori dettagli.

    Pos e registratori di cassa: regole per collegarli

    Il collegamento tra gli strumenti di pagamento elettronico e gli strumenti di certificazione dei corrispettivi è effettuato esclusivamente utilizzando le apposite funzionalità web disponibili nell’area riservata.
    I soggetti obbligati effettuano il collegamento registrando il dato identificativo univoco di ogni strumento di pagamento elettronico utilizzato, in abbinamento al dato identificativo univoco di ogni strumento di certificazione dei corrispettivi, preventivamente censito e attivato, nell’area riservata.

    Al fine di garantire il corretto svolgimento delle eventuali attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria, i soggetti obbligati registrano anche l’indirizzo dell’unità locale presso la quale sono utilizzati gli strumenti di pagamento elettronico.
    Il collegamento è effettuato direttamente dai soggetti obbligati anche tramite un soggetto, con delega al servizio “Accreditamento e censimento dispositivi” del portale “Fatture e Corrispettivi” di cui al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 375356 del 2 ottobre 2024 e successive modificazioni.
    Nel caso in cui la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri siano effettuate utilizzando la procedura web, di cui al punto 1.11 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, n. 182017 del 28 ottobre 2016 come modificato dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, n. 99297 del 18 aprile 2019, il collegamento è effettuato dai soggetti obbligati utilizzando le apposite funzionalità rese disponibili nella medesima procedura web.
    I soggetti obbligati aggiornano i dati a seguito di variazioni dei collegamenti.

    Pos e registratori di cassa: termini entro uci collegarli

    Con riferimento agli strumenti di pagamento elettronico, a disposizione dei soggetti obbligati, per i quali nel mese di gennaio 2026 è in vigore un Contratto di convenzionamento , il collegamento è effettuato entro 45 giorni a partire dalla data di messa a disposizione nell’area
    riservata del servizio web.

    La data di messa a disposizione del citato servizio web sarà resa nota con apposito avviso pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle entrate.
    Per gli strumenti di pagamento elettronico per i quali il Contratto di convenzionamento è stipulato successivamente al 31 gennaio 2026, il
    collegamento è effettuato a partire dal sesto giorno del secondo mese successivo alla data di effettiva disponibilità dello strumento di pagamento elettronico ed entro l’ultimo giorno lavorativo dello stesso mese. 

    Il sabato è considerato giorno non lavorativo. 

    Non saranno comunque considerate tardive le operazioni di collegamento di cui al punto 2.1. effettuate entro l’ultimo giorno del mese. I termini si applicano anche nei casi in cui venga modificato il collegamento di uno strumento di pagamento elettronico già precedentemente associato.

    Trasmissione aggregata dei dati dei pagamenti elettronici: come fare

    La memorizzazione puntuale dei dati dei pagamenti elettronici è effettuata al momento della registrazione delle operazioni di vendita o prestazione con lo strumento di certificazione dei corrispettivi, riportando nel documento commerciale le forme di pagamento utilizzate e il relativo ammontare.

    I dati dei pagamenti elettronici memorizzati sono trasmessi giornalmente in forma aggregata in conformità alle specifiche tecniche dei provvedimenti relativi agli strumenti di certificazione dei corrispettivi di cui al punto 1.2 del provvedimento in oggetto.

    Allegati:
  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Transizione 5.0: altri 742 progetti presentati, il MMIT riepiloga

    Il Mimit con il DD 6 novembre ha disposto la chiusura delle domande per la Transizione 5.0.

    In data 11 novembre lo stesso Mimit  ha reso noto che, risultano caricati sulla piattaforma GSE ulteriori 742 progetti, per un valore complessivo di 231.084.152,50 euro. 

    Tali progetti si aggiungono ai 12.461 già conteggiati allo scorso 7 novembre, prima dell’annuncio dell’esaurimento delle risorse, per un ammontare complessivo di circa 2,9 miliardi di euro.

    Per questi nuovi progetti, come già precisato dal Mimit nel comunicato stampa dello scorso 7 novembre, il Governo sta operando per reperire le risorse aggiuntive necessarie al soddisfacimento delle domande.

    La presentazione dei progetti proseguirà fino al 31 dicembre e le richieste saranno valutate secondo l’ordine cronologico di presentazione.

    Dal 1° gennaio sarà invece operativo il nuovo Piano Transizione 5.0, in piena continuità operativa con l’attuale misura.

    Il Mimit segnala infine che, dopo l’annuncio dell’esaurimento delle risorse di Transizione 5.0 dovuto all’elevata adesione delle imprese, si è registrata una forte accelerazione nella presentazione dei progetti relativi a Industria 4.0, con la prospettiva di un prossimo esaurimento anche delle risorse destinate a tale misura.

    Transizione 5.0: domande fino al 31 dicembre in caso di nuove risorse

    Il Piano Transizione 5.0, in complementarità con il Piano Transizione 4.0, si inserisce nell’ambito della più ampia strategia finalizzata a sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese e mette a disposizione delle stesse, nel biennio 2024-2025, 12,7 miliardi di euro.

    In particolare, in linea con le azioni di breve e medio periodo previste dal piano REPowerEU, Transizione 5.0, con una dotazione finanziaria complessiva pari a 6,3 miliardi di euro, si pone l’obiettivo di favorire la trasformazione dei processi produttivi delle imprese, rispondendo alle sfide poste dalle transizioni gemelle, digitale ed energetica.

    La Misura consiste in un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta per nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, effettuati nel biennio 2024-2025.

    Il credito di imposta è riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5% del processo interessato dall'investimento. In particolare, la riduzione dei consumi energetici deve conseguire da investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla transizione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0” (Allegati A e B Legge N 232/2016)

    Si specifica che ai fini della applicazione della misura Piano Transizione 5.0 rientrano tra i beni di cui all'allegato B alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche:

    1. i software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l'intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell'energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
    2. i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).

    Nell’ambito dei progetti di innovazione sono inoltre agevolabili:

    • i beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta;
    • spese per la formazione del personale nell’ambito di competenze utili alla transizione dei processi produttivi (nel limite del 10% degli investimenti effettuati nei beni strumentali e nel limite massimo di 300 mila euro).

    Possono beneficiare del contributo tutte le imprese residenti e le stabili organizzazioni con sede in Italia, a prescindere dalla forma giuridica, dal settore economico, dalla dimensione e dal regime fiscale adottato per la determinazione del reddito d’impresa.

    Il credito d’imposta può essere riconosciuto, in alternativa alle imprese, alle società di servizi energetici (ESCo) certificate da organismo accreditato per i progetti di innovazione effettuati presso l’azienda cliente

    La norma disciplina casi specifici di esclusione (art. 38, comma 3), quali situazioni di difficoltà finanziaria dell’impresa o l’applicazione di sanzioni interdittive. È richiesto inoltre il rispetto delle norme sulla sicurezza e i contributi previdenziali.

    L’ammontare del credito d’imposta varia in relazione alla quota d’investimento e alla riduzione dei consumi.

    Transizione 5.0: com’è cambiata dopo la legge di bilancio 2025

    La Legge di Bilancio 2025 ai commi 427-429, ha introdotto significative modifiche alla disciplina del Piano Transizione 5.0, ampliando l'ambito di applicazione e semplificando le procedure di accesso al beneficio.

    In particolare, la norma ha esteso le possibilità di cumulo dell'agevolazione, consentendo la cumulabilità con il credito d'imposta ZES e rimuovendo il vincolo di cumulabilità con le sole misure basate su risorse nazionali. 

    È stata pertanto introdotta la possibilità di cumulo con tutte le agevolazioni, incluse quelle finanziate con fondi europei, a condizione che il sostegno non copra le medesime quote di costo dei singoli investimenti del progetto di innovazione.

    La legge ha inoltre modificato gli scaglioni di investimento, unificando le prime due fasce (fino a 2,5 milioni e da 2,5 a 10 milioni di euro) in un unico scaglione che comprende gli investimenti fino a 10 milioni di euro, al quale si applicano le aliquote del 35%, 40% e 45% precedentemente previste per la sola prima fascia.

    Per quanto concerne gli impianti fotovoltaici, la norma ha ridefinito lo schema delle maggiorazioni, introducendo una maggiorazione del 30% per l'acquisto di pannelli fotovoltaici con moduli di tipo a) e incrementando al 40% e al 50% le maggiorazioni per i pannelli fotovoltaici con moduli di tipo b) e c).

    Sono state inoltre introdotte due rilevanti semplificazioni procedurali:

    • per la sostituzione di macchinari che hanno terminato da oltre 24 mesi il periodo di ammortamento, è stata prevista l'esenzione dal calcolo del risparmio energetico conseguito, con applicazione dei parametri previsti per il primo scaglione di riduzione dei consumi energetici, ferma restando la possibilità di dimostrare una contribuzione al risparmio energetico superiore;
    • per i beni 4.0 acquisiti tramite contratto EPC (Energy Performance Contract) con una ESCo, è stato stabilito il riconoscimento automatico dell'efficientamento energetico previsto con applicazione dei parametri previsti per il primo scaglione di riduzione dei consumi energetici.

     Le suddette modifiche trovano applicazione anche per le procedure già avviate alla data di entrata in vigore della legge.

  • Riforme del Governo Meloni

    Sugar e plastic tax: proroga al 1° gennaio 2027

    L’articolo 29 della Legge di Bilancio 2026 ancora in bozza differisce l’entrata in vigore della plastic tax e della sugar tax al 1° gennaio 2027.
    Ricordiamo che era stato il Dl Omnibus con Disposizioni urgenti per il finanziamento di attivita'  economiche  e imprese, nonche' interventi di carattere sociale e  in  materia  di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali a prevedere la proroga al 2026 per la sugax tax per allinearla alla plastic tax.

    Proroga al 2027 per sugar tax e plastic tax

    Il DL Omnibus ha previsto la proroga al 2026 della sugar tax con l'art 8 cdhe ha previsto che al'articolo 1, comma 676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole: «dal 1° luglio 2025», sono sostituite dalle seguenti: «dal 1° gennaio 2026». 

    La proroga per la tassa sullo zucchero, vuole essere allineata all'entrata in vigore di quella sulla plastica (Leggi anche: Plastic e sugar tax: i nuovi termini di vigenza )

    Ricordiamo che la tassa sullo zucchero è stata fissata nella misura pari a 10 euro per ettolitro o 0,25 euro per chilogrammo per i prodotti predisposti ad essere utilizzati previa diluizione.

    La proroga ha rispostoa ad una richiesta di riduzione del carico impositivo per le imprese, ma anche a finalizzare i provvedimenti di attuazione e più in dettaglio a semplificare gli obblighi contabili e gestionali connessi. 

    Ora la legge di bilancio 2026 con l'articolo 29 interviene sulla decorrenza dell’efficacia delle due imposte introdotte dalla legge di bilancio 2020:

    • l’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI), comunemente detta plastic tax;
    • l’imposta sul consumo delle bevande analcoliche edulcorate, comunemente detta sugar tax.

    In particolare, al comma 1, lettera a), l’intervento consiste nel differimento dell’entrata in vigore di sei mesi della plastic tax, spostandone la decorrenza dal 1° luglio 2026 al 1° gennaio 2027.

  • Accise

    Accise sui tabacchi: le novità in legge di bilancio 2026

    Il DDL di Bilancio 2026 verrà approvato come sempre entro fine dicembre per entrare poi in vigore dal 1° gennaio.

    Vediamo quali novità ci sono per le accise sui tabacchi dalla bozza dell'articolo 28 del Disegno di Legge.

    Accise sui tabacchi: le novità in legge di bilancio 2026

    L’articolo 28 prevede un aumento progressivo negli anni 2026-2028 dell’importo minimo fisso delle accise su

    • sigarette, 
    • sigaretti 
    • tabacco trinciato. 

    Inoltre, ridetermina i coefficienti per il calcolo dell’accisa sui prodotti a tabacco riscaldato, nonché per l’imposta di consumo sulle sigarette elettroniche, con o senza nicotina. 

    Inoltre si detta una nuova disciplina per le nicotine pouches, che include il divieto di vendita a distanza, obblighi di tracciabilità delle spedizioni, limiti di nicotina per involucro, avvertenze sanitarie e obblighi di sicurezza sulle chiusure a tutela dei bambini. Infine, aggiorna le aliquote di accisa su diverse categorie di tabacchi (sigarette, sigaretti, tabacco trinciato).

    In particolare relativamente all’accisa sui tabacchi lavorati, si aumenta l’importo specifico fisso per unità di prodotto:

    • per l’anno 2026 a 32 euro per 1.000 sigarette;
    • per l’anno 2027 a 35,50 euro per 1.000 sigarette;
    • a decorrere dall’anno 2028 a 38,50 euro per 1.000 sigarette.

    Inoltre, si modifica l’importo minimo dell’accisa sui sigaretti, portandolo 

    • a 47 euro il chilogrammo convenzionale per l’anno 2026,
    • a 49 euro il chilogrammo convenzionale per l’anno 2027 
    • e, a decorrere dall’anno 2028, a 51 euro il chilogrammo convenzionale.

    Ioltre, si modifica l’importo minimo dell’accisa sul trinciato (tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette), aumentandolo 

    • a 161,50 euro il chilogrammo per l’anno 2026, 
    • a 165,50 euro il chilogrammo per l’anno 2027 
    • e a 169,50 euro il chilogrammo a decorrere dall’anno 2028.

    Viene anche specificata la modalità di calcolo dell’onere fiscale minimo per le sigarette, è infatti stabilito che l’onere fiscale minimo, comprendente l’accisa (nelle sue due componenti) e l’imposta sul valore aggiunto, sulle sigarette è fissato con riferimento ad un importo specifico fisso per unità di prodotto, stabilito in 216 euro per 1.000 sigarette per l’anno 2026, in 221 euro per 1.000 sigarette per l’anno 2027, e, a decorrere dall’anno 2028, in 227 euro per 1.000 sigarette.

    Attenzione al fatto che la relazione tecnica segnala, con riferimento:

    • alle sigarette che le misure introdotte dovrebbero produrre un aumento del prezzo equo per tutte le fasce di prezzo, pari in media a circa 15 centesimi a pacchetto per il 2026, a circa 25 centesimi a pacchetto per il 2027 e a circa 40 centesimi a pacchetto a decorrere dal 2028.
    • ai sigaretti, sui prodotti che rappresentano oltre l’80 per cento del venduto, un aumento di 13 euro per chilogrammo convenzionale per l’anno 2026, 16 euro per chilogrammo convenzionale per l’anno 2027 e 19 euro per chilogrammo convenzionale per l’anno 2028
    • al tabacco trinciato gli aumenti per l’anno 2026 variano, per le fasce di vendita quantitativamente più significative, da 15 euro per chilogrammo convenzionale a 18 euro per chilogrammo convenzionale, nel 2026; da 20,33 euro per chilogrammo convenzionale a 23,33 euro per chilogrammo convenzionale, nel 2027 e da 25,33 a 29 euro per chilogrammo convenzionale nel 2028.

    Si attende la norma defiitiva e la sua entrata in vigore.

  • Adempimenti Iva

    Accollo fiscale solo con pagamento senza compensazione: l’agenzia chiarisce

    Con la Risposta n 291 del 12 novembre le Entrate chiariscono l'accollo del debito d'imposta altrui e il divieto di compensazione (Art. 17 del
    decreto legislativo n. 241 del 1997)

    La ''società promotrice'' istante rappresenta di voler costituire una Rete di Impresa, denominata ''[BETA] Rete Integrata per la Gestione Tributaria e la Compensazione Fiscale'', con l'obiettivo di favorire pratiche condivise di gestione fiscale, ottimizzazione dei flussi tributari e gestione efficiente dei crediti d'imposta tra i partecipanti.
    Precisa che il contratto di rete prevede, tra gli obiettivi principali, la compensazione multilaterale dei crediti tributari tra i retisti, ove ogni retista sia titolare del proprio credito tributario legittimamente maturato

    Afferma che «intende utilizzare il modello F24 con indicazione del codice tributo ''50'' (coobbligazione) per effettuare compensazioni tra soggetti retisti, in esecuzione di un contratto di appalto o servizio stipulato tra la Rete e i retisti, nel rispetto dei principi generali di trasparenza, tracciabilità e autonomia fiscale di ciascun aderente».
    Tanto premesso, l'istante chiede se:
    1) sia «legittimo e fiscalmente conforme effettuare la compensazione dei crediti tributari tra i retisti, ai sensi del contratto di rete stipulato, utilizzando il codice tributo ''50 coobbligazione'' »;
    2) l'«operazione, realizzata sulla base di rapporti contrattuali tra i retisti e la Rete (es. appalto), possa rientrare tra le forme ammesse di gestione condivisa della fiscalità»;
    3) tale «pratica non configuri un accollo fiscale (ex art. 8, comma 2, Legge 212/2000) ma piuttosto l'impiego di crediti propri in compensazione orizzontale tra soggetti che cooperano sulla base di un contratto di rete con oggetto fiscale»

    In sintesi le entrate specificano che, la compensazione di debiti e crediti tributari tra soggetti diversi, anche se aderenti a una Rete d’imprese, configura un accollo fiscale vietato dalla normativa in vigore, l'operazione è ammessa solo se il pagamento avviene senza compensazione. 

    Divieto di compensazione: l’agenzia chiarisce

    Le Entrate ricordano che l'articolo 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente) stabilisce che: «È ammesso l'accollo
    del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario».

    In base poi all'articolo 1 del decretolegge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019 n. 157, «1. Chiunque, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, si accolli il debito d'imposta altrui, procede al relativo pagamento secondo le modalità previste dalle diverse disposizioni normative vigenti. 2. Per il pagamento, in ogni caso, è escluso l'utilizzo in compensazione di crediti dell'accollante. (sottolineatura aggiunta, ndr.). […]».
    Dalla lettura congiunta delle due norme appena menzionate discende che l'accollo, in ambito tributario, è consentito unicamente al verificarsi della seguente condizione:

    • il debito dell'accollato deve essere estinto senza che si ricorra all'utilizzo della compensazione di crediti facenti capo al soggetto accollante.

    In tal senso si è espressa di recente anche la Corte di Cassazione, la quale, con l'ordinanza n. 3930 del 16 febbraio 2025, ha enunciato il seguente principio di diritto:«In tema di compensazione di obbligazioni tributarie, poiché l'accollo di debiti erariali assume solo efficacia di accollo interno nei confronti dell'amministrazione finanziaria, ne deriva che soggetto debitore nei confronti dell'erario resta sempre l'accollato, e che, pur relativamente a crediti e debiti d'imposta afferenti alla medesima annualità, l'assenza di identità soggettiva, presupposto già prescritto dall'art.17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, comporta che anche per le annualità precedenti l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, convertito con modificazioni, dalla l. n. 157 del 2019, né l'accollante può compensare con i propri crediti d'imposta i debiti tributari erariali negozialmente accollati, né che l'accollato può pretendere dall'erario che i propri debiti si compensino con i crediti d'imposta dell'accollante» 

    Sul tema la risoluzione n. 140/E del 15 novembre 2017 aveva già chiarito che la compensazione ex art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, non trova applicazione nell'ambito dell'accollo in quanto la stessa è ammessa soltanto «[…] per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi», tant' è vero che « deve negarsi […], in via generale, che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall'accollante nei confronti dell'erario». 

    Ciò con la precisazione che, al verificarsi di tale circostanza (così come previsto al comma 3, dell'articolo 1 del d.l. n. 124 del 2019), «I versamenti

    […] si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge. […] [e] si applicano le sanzioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471».

    Giova in ultimo sottolineare come le indicazioni appena richiamate siano in linea con quelle già fornite con la recente risposta a interpello n. 246, pubblicata nell'apposita sezione del sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate lo scorso 17 settembre 2025.

    A fronte della specifica richiesta di un contribuente il quale domandava se ''il modello operativo'' adottato, in cui il «retista A provvederà a pagare

    debiti tributari riferiti al retista B utilizzando crediti fiscali riferibili al retista A», fosse o meno estraneo all'accollo tributario è stato evidenziato come tale modello «[…] prevedendo il ricorso alla compensazione tra crediti e debiti tributari riconducibili a soggetti diversi a prescindere dal nomen iuris e dalla forma degli strumenti negoziali utilizzati per la circolazione dei debiti tributari (elementi la cui valutazione non è oggetto

    del presente interpello, restando al riguardo impregiudicata ogni attività di controllo) configuri un illegittimo accollo fiscale» (sottolineatura aggiunta, ndr.).

    Alla luce di quanto esposto, si ritiene che lo schema operativo proposto dall'istante configuri una compensazione tra debiti e crediti facenti capo a soggetti diversi, la quale, stante la normativa vigente, è vietata.