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Indebita detrazione IVA: cosa cambia col decreto Sanzioni
L’applicazione dell’IVA in misura superiore a quella effettiva o l’applicazione dell’IVA per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, comporta l’applicazione di una sanzione fissa da euro 250 a euro 10.000, verso il cessionario e limita il diritto alla detrazione alla sola imposta dovuta.
Questa è una delle principali novità del Decreto Sanzioni (Pubblicato in GU n 50 del 28 giugno 2024)
Indebita detrazione IVA: cosa cambia col decreto Sanzioni
Il Decreto sanzioni ha riscritto l'art 6 comma 6 del Dlgs n 471/97, in particolare l'art 2 del Dlgs Sanzioni n 87/2024 ha finalmente definito il perimetro applicativo della previsione contenuta nel suddetto comma 6 prevedendo che chi computa illegittimamente in detrazione l'imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa pari al settanta per cento dell'ammontare della detrazione compiuta. Nel caso di applicazione dell'imposta con aliquota superiore a quella prevista per l'operazione, o di applicazione dell'imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, il cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Nelle ipotesi di cui al secondo periodo, e salvi i casi di frode e di abuso del diritto, resta fermo il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli arti 19 e seguenti del DPR 633/2024 della sola imposta effettivamente dovuta in ragione della natura e delle caratteristiche dell'operazione posta in essere.
Le sanzioni di cui al primo, secondo e terzo periodo non si applicano se la violazione ha determinato una dichiarazione infedele punita con la sanzione di cui all'articolo 5, comma 4.
Dall'intervento sul comma 6 emergono chiarimenti del perimetro della norma in vigore quindi, dal giorno successivo alla pubblicazione del Decreto n 87 in Gazzetta, e cioè dal 29 giugno.
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Classificazione merci e IVA: nuovo modello dal 1 maggio
L'Agenzia delle Dogane con avviso del 23 aprile informa del fatto che dal 1° maggio rende disponibile una nuova procedura telematica per definire l'aliquota Iva delle merci, come previsto dalla circolare 32/E del 2010.
Come specificato dalle istruzione delle stesse Dogane, l’istanza, presentabile col nuovo modello, deve riportare una descrizione dettagliata della merce e deve essere corredata di eventuali schede tecniche, foto, analisi chimiche e campioni. L’accertamento tecnico viene rilasciato in 120 giorni.
Nel caso in cui sia necessario espletare l’analisi del campione merceologico da parte dei Laboratori chimici doganali, tale termine è sospeso fino all’esito delle analisi.
Classificazione merci e IVA: come compilare l’istanza
Il richiedente l'accertamento tecnico, nel modello deve indicare:
- Campo 1: indicare la denominazione, la sede e la partita IVA del richiedente.
- Campo 2: nel caso il richiedente sia un soggetto certificato AEO, indicare gli estremi dell’autorizzazione.
- Campo 3: nel caso sia previsto un soggetto che rappresenta il richiedente per la presentazione della istanza, indicare il nominativo e allegare la procura e un documento di identità.
- Campo 4: indicare una persona di contatto (nominativo, e-mail, n. di telefono)
- Campo 5: indicare la classificazione tariffaria proposta dal richiedente (facoltativo).
- Campo 6: indicare la denominazione commerciale della merce
- Campo 7: riportare la descrizione dettagliata della merce per consentire la corretta identificazione dell’articolo da classificare, allegando eventuali schede tecniche, foto, analisi chimiche e campioni. Oltre ad indicare la natura della merce, il richiedente deve anche fornire informazioni riguardo alla descrizione fisica, alla funzione o all’uso della merce e alla sua composizione, descrivendone le caratteristiche, ad esempio le dimensioni, il colore, l’imballaggio ed altre particolarità, nonché il processo di fabbricazione.
- Campo 8: indicare eventuali ulteriori informazioni (contenziosi pregressi e/o pendenti aventi ad oggetto la merce oggetto di richiesta di accertamento).
- Campo 9: barrare le caselle interessate.
Le istanze, corredate dal documento di identità del soggetto richiedente, devono essere trasmesse all’indirizzo di posta certificata: dir.dogane@pec.adm.gov.it utilizzando il modello di istanza.
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Dichiarazione IVA 2024: invio entro il 30 aprile
La dichiarazione IVA 2024 deve essere inviata dal 1 febbraio al 30 aprile prossimo.
A tal fine, le Entrate, con distinti provvedimenti, hanno approvato il modello, le istruzioni e le specifiche tecniche necessari.
Con Provvedimento n 19397 del 26 gennaio vengono approvate le specifiche tecniche (Allegato A) per l'invio del Modello Iva 2024.
Con Provvedimento n 8230 del 15 gennaio vengono approvati i modelli di dichiarazione IVA/2024 concernenti l’anno 2023, con le relative istruzioni, da presentare nell’anno 2024 ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
I modelli dovranno essere presentati, esclusivamente per via telematica, con le seguenti modalità:
- a) direttamente dal dichiarante;
- b) tramite un intermediario;
- c) tramite altri soggetti incaricati (per le Amministrazioni dello Stato);
- d) tramite società appartenenti al gruppo, ai sensi dell’art. 3, comma 2-bis del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
e si considera presentata nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate. La prova della presentazione è data dalla comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata sempre per via telematica.
Modello IVA 2024: come è composto
Nel dettaglio con il provvedimento sono approvati i seguenti modelli IVA, con le relative istruzioni:
- a) Modello IVA/2024 composto da:
- il frontespizio, contenente anche l’informativa relativa al trattamento dei dati personali;
- i quadri VA, VC, VD, VE, VF, VJ, VH, VM, VK, VN, VL, VP, VQ, VT, VX, VO, VG, VS, VV, VW, VY e VZ;
- b) Modello IVA BASE/2024 composto da:
- il frontespizio, contenente anche l’informativa relativa al trattamento dei dati personali;
- i quadri VA, VE, VF, VJ, VH, VL, VP, VX e VT.
Modello IVA 2024: le regole di quest'anno
Come specifica anche l'Agenzia i modelli IVA sono stati ritoccati in linea con le modifiche normative e per semplificarne la compilazione.
Si evidenzia che si rende disponibile una versione semplificata del modello di dichiarazione annuale da riservare ai contribuenti che nel corso dell’anno hanno determinato l’imposta secondo le regole generali previste dalla disciplina Iva, viene approvato il Modello Iva Base/2024 che può essere utilizzato in alternativa al Modello Iva/2024.
Il provvedimento in oggetto annuncia però che, con un successivo provvedimento saranno approvate le specifiche tecniche per la trasmissione delle dichiarazioni.Il modello di dichiarazione annuale IVA 2024 deve essere utilizzato per presentare la dichiarazione IVA per l’anno di imposta 2023.
La dichiarazione IVA deve essere presentata nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2022 e il 30 aprile 2024.
Il servizio telematico, dopo l’invio del modello, replica con un messaggio che conferma solo l’avvenuta ricezione del file e in seguito fornisce all’utente un’altra comunicazione per l’esito dell’elaborazione effettuata sui dati pervenuti, che in assenza di errori conferma l’avvenuta presentazione della dichiarazione.
Modello IVA 2024: alcune novità
In base al nuovo modello, sono rimodulati i righi dei quadri VE e VF, mentre nel quadro VO è stata introdotta la possibilità, per le imprese oleoturistiche, di revocare l’opzione per la determinazione della detrazione Iva e del reddito nei modi ordinari.
In dettaglio, nella sezione 3, rigo VO36, riservato ai soggetti che esercitano l’attività oleoturistica, è stata introdotta la casella per comunicare la revoca dell’opzione per il regime ordinario.
La casella 1 deve essere barrata dai soggetti esercenti l’attività oleoturistica, che hanno optato per la detrazione dell’IVA e per la determinazione del reddito nei modi ordinari e comunicano quindi di non avvalersi della determinazione forfetaria dell’imposta. Attenzione al fatto che, l’opzione è vincolante per un triennio ed è valida fino a revoca.
La casella 2 deve essere barrata per comunicare la revoca dell’opzione.
Viene eliminato il rigo VA16 riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti emanate a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19.
Nel quadro VE sezione 1, è stata aggiunta una nuova percentuale di compensazione nel rigo VE4 dove vanno indicate le operazioni attive con percentuale di compensazione del 7%, conseguentemente sono stati rinumerati i righi successive.
È stato soppresso il rigo in cui andavano indicate le operazioni attive con percentuale di compensazione pari al 9,5%.
Leggi anche: IVA agricoltura: i nuovi quadri VE e VF nel Modello 2024.
Si rimanda al modello IVA 2024 per tutte le altre novità.
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IVA opere urbanizzazione primaria: l’aliquota per sovrappasso e sottopasso
Con la Risposta a interpello n 80 del 25 marzo le Entrate chiariscono che rientra fra le opere di urbanizzazione primaria (articolo 16, comma 7, Dpr n. 380/2001), con applicazione dell'aliquota Iva al 10%, l’intervento di nuova realizzazione effettuato su una strada urbana di scorrimento che consente il potenziamento infrastrutturale della via, con la costruzione fra l’altro di un sottopasso e di un sovrappasso in prossimità della rotatoria.
La normativa fiscale nel campo delle costruzioni, consente l'applicazione dell'aliquota Iva agevolata sulle opere nuove e realizzate in un centro abitato.
Nela caso di specie l'istante è una Provincia che chiede di conoscere quale sia l'aliquota IVA applicabile alla realizzazione "ex novo", mediante contratto di appalto, di un intervento infrastrutturale specifico.
In particolare, l'interrogativo è se sia corretto applicare il regime agevolato con aliquota IVA al 10% previsto dai numeri 127-quinquies e 127-septies della Tabella A parte III allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, per gli interventi di potenziamento infrastrutturale di una strada urbana di scorrimento, inclusi la realizzazione di un sottopasso presso una rotatoria e un sovrappasso in corrispondenza di un'altra via.
IVA opere di urbanizzazione primaria: chiarimenti ADE
Con l'interpello in oggetto l'Agenzia delle Entrate risponde confermando che la realizzazione "ex novo" dell'intervento infrastrutturale su una "strada urbana di scorrimento" di tipo "D", come definita dall'articolo 2 del Nuovo Codice della Strada, rientra tra le "opere di urbanizzazione primaria" che possono beneficiare dell'aliquota IVA ridotta del 10%, come previsto dal combinato disposto di cui ai numeri 127-quinquies e 127-septies della Tabella A parte III allegata al d.P.R. n. 633 del 1972.
L'Agenzia sottolinea che, per rientrare in questa categoria e beneficiare dell'aliquota ridotta, l'opera deve essere di nuova realizzazione e realizzata in funzione di un centro abitato o comunque posta al servizio di un tessuto urbano. Nel caso specifico, considerati gli interventi previsti dal Protocollo e la relativa relazione tecnica, l'intervento viene qualificato come opera di urbanizzazione primaria soggetta all'aliquota IVA agevolata.
Inoltre, viene chiarito che, mentre la costruzione "ex novo" di un'opera edilizia può beneficiare dell'aliquota ridotta, le semplici migliorie o modifiche dell'opera stessa non rientrano tra gli interventi che possono usufruire di tale agevolazione.
Questo significa che l'IVA agevolata è destinata a incentivare la creazione di nuove infrastrutture urbane o il significativo potenziamento delle stesse, piuttosto che la manutenzione o il restauro di quelle esistenti.
L'Agenzia sottolinea che, la valutazione concreta dell'appartenenza dell'opera alle categorie di "urbanizzazione primaria" esula dalle sue competenze, implicando che tale valutazione spetti a enti o autorità competenti nel contesto specifico dell'urbanistica e della pianificazione territoriale.
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Trasporto lacustre per finalità turistiche: quando spetta l’IVA ridotta
Con Risposta a interpello n. 46 del 21 febbraio le Entrate replicano ad una richiesta di una S.r.l. istante sul corretto trattamento IVA dell'attività di trasporto lacustre o fluviale di persone mediante canoa, kayak, o raft per finalità turistico/ricreative, come disciplinato dal "Contratto di servizio per trasporto delle persone su acqua" stipulato con l'Azienda per il Turismo della durata di 4 anni a partire dal 2023.
L'istante chiede chiarimenti in merito alla corretta aliquota IVA applicabile a tali servizi, precisando che non intende fornire ulteriori servizi oltre a quelli descritti nel contratto.
Le Entrate specificano quando spetta l'aliquota ridotta e quando no.
Trasporto persone lacustre per finalità turistiche: quando spetta l’IVA ridotta
L'Agenzia delle Entrate non condividono la soluzione interpretativa proposta dall'istante e sottolineano che occorre fare riferimento alla norma di interpretazione autentica introdotta dall'articolo 36-bis del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, modificato dalla legge di conversione 15 luglio 2022, n. 91 al fine di valutare la corretta applicazione della aliquota IVA nel trasporto lacustre di persone anche per fini turistici.
La disposizione suddetta chiarisce che le prestazioni di trasporto di persone, anche per finalità turistico-ricreative, possono godere di un regime IVA agevolato (esenzione o aliquota IVA ridotta) a condizione che si tratti esclusivamente di servizi di trasporto di persone e non includano la fornitura di ulteriori servizi diversi da quelli accessori, ai sensi dell'articolo 12 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Tuttavia, relativamente al coso di specie, l'Agenzia delle Entrate ritiene che le attività svolte dall'istante, descritte nel contratto, non si qualifichino come mere prestazioni di trasporto di persone, ma piuttosto come esperienze escursionistiche e/o turistiche che implicano una partecipazione attiva del cliente.
La Società sottoliena che:
- per il trasporto di persone in canoa o kayak (o anche raft) nei canyon e sul lago l'itinerario è obbligato, in quanto il Contratto definisce il punto di partenza e di approdo;
- il percorso seguito è necessariamente condizionato dallo scopo del trasporto su acqua (i.e. la visita guidata nei canyon) e della conformazione dei luoghi;
- per il servizio di trasporto sul lago, percepisce un corrispettivo fissato nel listino prezzi allegato al Contratto;
- il suddetto servizio è effettuato con proprio personale e con propria organizzazione di mezzi e prevede l'assunzione del rischio del trasporto e della sua direzione tecnica in capo all'Istante e, pertanto, non costituisce attività di noleggio di imbarcazione;
- a fianco all'attività di trasporto di persone mediante canoa o kayak, la Società svolge un'ulteriore attività di trasporto di persone mediante raft sul fiume Gamma, lungo due possibili percorsi;
- per motivi di sicurezza, l'attività di rafting prevede l'uso di un particolare equipaggiamento e la presenza della guida, la quale possiede un particolare brevetto e governa l'equipaggio tra le rapide durante la discesa fluviale sul gommone;
- sia per il servizio di trasporto mediante canoa o kayak sia per il servizio di trasporto mediante raft, dopo aver effettuato la prenotazione, la persona (o le persone) si ritrova al punto di partenza stabilito dove, ricevuta l'attrezzatura di sicurezza obbligatoria per la discesa unitamente a una breve spiegazione sul suo corretto utilizzo, viene fatta salire su mezzi di trasporto aziendali adibiti al trasporto di persone e condotta su strada fino al punto d'imbarco o, in alternativa, direttamente imbarcata. Qui inizia il trasporto vero e proprio, secondo i percorsi sopra indicati. Al termine della discesa la persona risale sui mezzi di trasporto aziendali per ritornare al primo punto d'incontro, ove viene restituita l'attrezzatura.
Secondo le entrate, le attività, come descritte, implicano una partecipazione attiva e diretta del cliente, non limitandosi al semplice trasporto ma offrendo un'esperienza escursionistica e turistica completa, che include aspetti di sicurezza, istruzione, e accompagnamento specifico.
Pertanto, queste prestazioni sono escluse dal trattamento IVA agevolato, con conseguente applicazione dell'aliquota IVA ordinaria.
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Bar e tavola fredda mensa universitaria: quale IVA applicare?
Con la risposta a interpello n 19 del 26 gennaio le Entrate chiariscono l'IVA applicabile a:
- servizio bar–tavola fredda
- servizio mensa universitaria.
Le entrate chiariscono che il concessionario del servizio deve applicare l'IVA 10% sul venduto, vediamo i dettagli dell'interpello.
L’istante gestisce presso un Ateneo un servizio di bar e tavola fredda e presso la struttura avuta in concessione, egli intende avviare la somministrazione piatti caldi, anche nei confronti degli studenti titolari di badge universitario con servizio mensa agevolato.
Il badge determinerà la quota pasto a loro carico, fatta eccezione per gli utenti con ''pasto gratuito'', il cui costo sarà sostenuto interamente dall'università.
Chiede se può applicare ai prodotti venduti l’Iva agevolata nella misura del 4%, ad eccezione delle somministrazioni erogate tramite i buoni pasto che scontano l’Iva al 10 per cento.Bar e tavola fredda mensa universitaria: quale IVA applicare?
Le Entrate specificano innanzitutto che l'IVA al 4% è riconosciuta sulle “somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nelle mense aziendali ed interaziendali, nelle mense delle scuole di ogni ordine e grado, nonché nelle mense per indigenti anche se le somministrazioni sono eseguite sulla base di contratti di appalto o di apposite convenzioni” (n. 37 della Tabella A, parte II del Decreto Iva), beneficio esteso anche alle mense universitarie (circolare n. 328/1997).
Nel caso in esame, l'agenzia evidenzia che l'offerta fornita presso l’università riguarda:- generi di caffetteria, come the, caffè, bevande calde e fredde,
- bevande analcoliche,
- panini, tramezzini, toast e piatti freddi,
che sono oggettivamente diversi dalle prestazioni delle mense per le quali il decreto Iva prevede l’aliquota Iva al 4 per cento.
Allegati:
Per cui al servizio di bar tavola fredda attualmente esercitato l’istante dovrà applicare l'aliquota Iva del 10 per cento.
Diversamente, la somministrazione di piatti caldi rivolta a tutti, anche agli studenti titolari di badge universitario, di prossima attivazione, è un servizio di mensa vero e proprio che potrà beneficiare dell’aliquota Iva al 4% in linea con quanto indicato nel citato punto 37 della Tabella A allegata al decreto Iva.
Infine, viene precisato che se l'utente effettua il pagamento con il buono pasto rilasciato al personale non docente, si applica l'aliquota Iva del 10 per cento nell'ambito del rapporto tra l'istante e la società emittente i buoni pasto.
Inoltre, le somministrazioni di “pasti” effettuate alle persone diverse dagli utenti muniti di badge sconteranno l’Iva al 10%, non rientrando fra le erogazioni effettuate nelle mense aziendali, scolastiche e per i poveri, indicate nel n. 37) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto Iva. -
Nota variazione in diminuzione: quando emetterla in pendenza di giudizio
Con Risposta a interpello n. 471 del 29 novembre 2023 le Entrate si occupa di un caso di chiusura del fallimento ''in pendenza di giudizi'' ai fini di stabilire da quando decorre ''dies a quo'' per l'emissione della nota di variazione in diminuzione – articolo 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Nel caso di specie, Anche nel caso oggetto di interpello, dunque, trattandosi di procedura concorsuale avviata prima del 26 maggio 2021, non può che trovare applicazione il precedente disposto dell'articolo 26 del decreto IVA che, fissando il dies a quo per l'emissione delle note di variazione in diminuzione al momento in cui si ha certezza dell'infruttuosità della procedura concorsuale nell'ipotesi di chiusura del fallimento ''in pendenza di giudizi'', richiede di attendere il termine dei predetti giudizi e l'esecutività dell'eventuale piano supplementare di riparto.
Vediamo i dettagli dell'interpello.
Nota variazione in pendenza di giudizio: il caso di specie
L'istante riferisce di aver maturato nel corso dell'esercizio 2013 nei confronti del suo cliente un significativo credito rimasto insoluto,
Nel 2014 il Tribunale di Milano emette la sentenza dichiarativa di fallimento della società, nell'aprile 2015 il Tribunale ammette la Società al passivo fallimentare per l'intero importo (oltre spese per decreto ingiuntivo) in qualità di chirografo; nel marzo 2023 il Tribunale comunica alla Società il rendiconto del Curatore in vista della chiusura del fallimento (nel quale nessuna somma è prevista per la società); nel giugno 2023 il Curatore comunica alla Società che il Tribunale di Milano ha decretato la chiusura del fallimento ''in pendenza di giudizi'' ai sensi dell'art. 118, comma 2 della Legge Fallimentare.
Ciò premesso, l'istante chiede di sapere «a partire da quale momento può emettere la relativa nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell'articolo 26, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per ''stornare'' le fatture originariamente emesse nei confronti del cliente fallito e recuperare almeno l'importo relativo all'imposta».
Nota variazione in pendenza di giudizio: quando emetterla
Le Entrate evidenziano che, l'articolo 26, comma 2, del decreto IVA, nella versione vigente ante 26 maggio 2021, stabiliva che:
«Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, […] per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25».
La disposizione disciplinava le variazioni in diminuzione dell'imponibile e dell'imposta il cui esercizio, diversamente dalle variazioni in aumento previste al comma 1 del medesimo articolo 26, ha natura facoltativa ed è limitato alle ipotesi espressamente previste.
Tra queste figurava il «mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali […] rimaste infruttuose».
Al riguardo, con la circolare 17 aprile 2000 n. 77/E, è stato chiarito che «tale circostanza viene giuridicamente ad esistenza allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l'esecuzione collettiva sul patrimonio dell'imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell'attivo. Il verificarsi di tale evento postula, quindi, in via preventiva, da un lato l'acclarata insolvenza dell'importo fatturato e l'assoggettamento del debitore a procedura concorsuale, dall'altro la necessaria partecipazione del creditore al concorso».
Sempre il medesimo documento di prassi ha precisato che nel fallimento, in particolare, «al fine di individuare l'infruttuosità della procedura occorre fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, oppure, ove non vi sia stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso».
Successivamente, con la risoluzione del 16 maggio 2008, n. 195/E è stato, altresì, precisato che «Il legislatore ha, dunque, limitato la rilevanza del mancato pagamento alle ipotesi di ''procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose'', perché solo in tali ipotesi si ha una ragionevole certezza dell'incapienza del patrimonio del debitore. Il mancato pagamento assume, quindi, rilievo costitutivo nelle sole ipotesi in cui il creditore abbia esperito tutte le azioni volte al recupero del proprio credito ma non abbia trovato soddisfacimento».
Dello stesso tenore la pronuncia della Corte di cassazione 27 gennaio 2014, n. 1541, ove è stato chiarito che «In tema di IVA, la variazione prevista dal secondo comma dell'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con riguardo all'ipotesi in cui sia stata emessa fattura per un'operazione successivamente venuta meno per mancato pagamento a causa del sopravvenuto fallimento della debitrice, richiede la necessaria partecipazione del creditore alla relativa procedura concorsuale e la prova del vano esperimento del recupero del suo credito in quella sede, che è desumibile, esclusivamente, dall'infruttuosa ripartizione finale dell'attivo o, in mancanza, dalla definitività del provvedimento di chiusura del fallimento».
Con ogni evidenza, quindi, per le procedure concorsuali aperte in data antecedente il 26 maggio 2021, il presupposto che consente di emettere la nota di variazione in diminuzione per «mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali […] rimaste infruttuose» si realizza allorquando la pretesa creditoria rimane insoddisfatta «per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell'attivo», ovvero quando «si ha una ragionevole certezza dell'incapienza del patrimonio del debitore».
Orbene, in base all'articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (vigente ratione temporis), «La chiusura della procedura di fallimento» quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo «non è impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore può mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio ai sensi dell'articolo 43. […] Dopo la chiusura della procedura di fallimento, le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti sono fatti oggetto di riparto supplementare fra i creditori secondo le modalità disposte dal tribunale con il decreto di cui all'articolo 119».
Applicando, dunque, i principi enucleati dai suddetti documenti di prassi all'ipotesi di chiusura del fallimento ''in pendenza di giudizi'' se ne trae che le note di variazione emesse ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA, nella versione vigente ante 26 maggio 2021, potranno essere emesse, in linea generale, solo al termine dei giudizi pendenti, a seguito dell'esecutività dell'eventuale piano supplementare di riparto (momento in cui si avrà certezza delle somme definitivamente distribuite ai creditori).
D'altronde, se è pur vero che l'attuale formulazione dell'articolo 26 del decreto IVA come modificato dall'articolo 18 del decretolegge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, consente:
- al comma 3bis, di emettere note di variazione in diminuzione «in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente: a) a partire dalla data in cui quest'ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale […]»;
- al comma 5bis, di emettere note di variazione in aumento «Nel caso in cui, successivamente agli eventi di cui al comma 3bis, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte […]»;
è anche vero che, il comma 2 del citato articolo 18 dispone espressamente che, «Le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 3bis, lettera a), e comma 5, secondo periodo, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal comma 1, si applicano alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 compreso», così lasciando inalterata la disciplina previgente con riguardo alle procedure pregresse.
Anche nel caso oggetto di interpello, dunque, trattandosi di procedura concorsuale avviata prima del 26 maggio 2021, non può che trovare applicazione il precedente disposto dell'articolo 26 del decreto IVA che, fissando il dies a quo per l'emissione delle note di variazione in diminuzione al momento in cui si ha certezza dell'infruttuosità della procedura concorsuale nell'ipotesi di chiusura del fallimento ''in pendenza di giudizi'', richiede di attendere il termine dei predetti giudizi e l'esecutività dell'eventuale piano supplementare di riparto.
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Pista ciclopedonale in house providing: trattamento IVA contributi pubblici
Con Risposta a interpello n 433 del 20 settembre le Entrate chiarisco il trattamento IVA dei contributi pubblici per la gestione di un tratto della pista ciclopedonale, affidata in house providing (Articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).
In particolare, precisano che il contributo versato dal Comune per la gestione di un tratto della pista ciclopedonale costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi, quindi l'operazione è soggetta ad IVA con l’aliquota ordinaria.
Vediamo il dettaglio dell'interpello.
L'istante riferisce di essere una società sottoposta al controllo analogo di più Comuni e vuole stipulare con il Comune X una Convenzione pluriennale della durata di 18 anni, avente ad oggetto la concessione di una tratta della pista ciclopedonale e delle relative pertinenze,
Con riferimento a tale bozza la Società precisa che:
- 1. si tratta di un affidamento in house providing e a titolo gratuito nel senso che non è dovuto al Comune X alcun canone;
- 2. assume la gestione della tratta della pista ciclopedonale ''per la cui fruizione non è previsto alcun pagamento da parte dell'utenza'';
- 3. essendo gli ''introiti attesi comunque limitati nella loro entità, in quanto ricavabili esclusivamente da limitate subconcessioni (per sottoservizi, attraversamenti, accessi) e dallo sfruttamento economico diretto di alcuni beni pertinenziali (parcheggi) ovvero dal loro affidamento per usi speciali/eccezionali a favore di terzi (punti ristoro, nolo bici ecc.)'', il Comune X si obbliga a un duplice intervento finanziario, consistente:
- in un versamento in conto aumento di capitale, così da fornire all'Istante le risorse sufficienti a eseguire alcuni lavori di manutenzione straordinaria sulla tratta assegnata;
- nel riconoscimento di una somma di denaro a titolo di contributo annuale, finalizzato a garantire l'equilibrio economicofinanziario della Società, soggetto a revisione per adeguarlo all'interesse pubblico e agli effettivi risultati consuntivi della gestione.
Le entrate specificano che nel caso di specie, mancando un chiaro riferimento normativo in base al quale qualificare le somme elargite dal Comune X, occorre fare riferimento ai criteri suppletivi, indicati nella circolare n. 34/E del 2013, nell'ordine gerarchico specificato al paragrafo 2, tra cui assume un ruolo preminente il concreto assetto degli interessi che le parti intendono perseguire con la Convenzione.
Oggetto della Concessione è dunque un'opera ''tiepida'', ossia un bene in grado di autofinanziarsi solo parzialmente, il che comporta un obbligo di contribuzione in capo all'Amministrazione che però non può essere ritenuto una mera elargizione di denaro poiché diretto a remunerare, unitamente al diritto di sfruttamento economico riconosciuto all'Istante, gli specifici obblighi da quest'ultimo assunti, tra cui la manutenzione ordinaria e straordinaria e l'uso gratuito della pista da parte della collettività.
Quanto a dire che la controprestazione del Comune X consiste sia nel riconoscimento del diritto di sfruttamento economico della pista e delle relative pertinenze, sia nel pagamento di un canone periodico.
Tra il Comune X e l'Istante è dunque rinvenibile un rapporto contrattuale, caratterizzato dal sinallagma tra l'obbligo dell'Istante di svolgere una serie di attività correlate alla riqualificazione e alla valorizzazione del bene oggetto di Concessione e l'obbligo assunto dall'ente di pagare un canone periodico a integrazione dei proventi rinvenibili dall'esercizio del diritto allo sfruttamento economico di tale bene da parte della Società (cfr. risposta n. 211 del 2020 e prassi ivi richiamata).
Viene anche sottolineato che, sebbene la Convenzione non sia stipulata nel rispetto delle regole dell'evidenza pubblica di cui al Codice degli appalti pubblici in quanto trattasi di affidamento di un bene demaniale e per di più a una società in house, detta circostanza non è dirimente ai fini in esame.
Al riguardo, la circolare n. 34/E del 2013, al paragrafo 1.2, lettera b), chiarisce che si è in presenza di un contributo a carattere corrispettivo anche quando la controprestazione è assunta dal beneficiario in base a un contratto stipulato ''… al di fuori o in deroga alle norme del codice dei contratti pubblici: ciò avviene quando il contratto a prestazioni corrispettive regola rapporti per settori esclusi a norma dello stesso codice, ovvero quando i rapporti sono costituiti con soggetti dai particolari requisiti per i quali gli affidamenti sono effettuati al di fuori delle regole del medesimo codice (per es: le società operanti secondo il modello organizzativo dell'in house providing), con la conseguenza che sirendono applicabili tutte le norme tributarie che regolano tali fattispecie''.
In conclusione, per quanto sino a ora rilevato, si ritiene che il contributo annuale pagato dal Comune X costituisca il corrispettivo della prestazione di servizi che la Società dovrà effettuare dopo la stipula della Convenzione e come tale soggetto a IVA con aliquota ordinaria
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Trasformazione agevolata in società semplice: chiarimenti sull’IVA
Con Risposta n 431 del 18 settembre le Entrate chiariscono aspetti della:
- trasformazione agevolata in società semplice (ex articolo 1, commi 101– 106, della legge del 22 dicembre 2022, n. 197)
- e rettifica della detrazione dell'IVA relativa ai beni estromessi.
Nel dettaglio, viene sottolineato che, la Società istante ha detratto integralmente l'IVA sui beni oggetto di estromissione, evidenziando il relativo credito nella dichiarazione annuale IVA 2008, poi definitivamente perso per la disciplina sulle società di comodo.
Se quindi la trasformazione avviene entro il prossimo 30 settembre, non sussiste alcun obbligo di rettifica in capo alla Società essendo ormai trascorso il periodo di tutela fiscale dei beni oggetto di estromissione, mentre l'estromissione darà luogo a un'operazione esente da IVA, salvo diversa opzione per il regime di imponibilità.
Vediamo più in dettaglio i chiarimenti dell'Agenzia.
Trasformazione agevolata in società semplice: le norme in breve
L'Istante riferisce la sua intenzione di usufruire della disciplina della trasformazione agevolata in società semplice prevista dalla Legge di Bilancio 2023, (Leggi anche: La trasformazione agevolata in società semplice senza ''modificare l'oggetto della propria attività, per come sopra individuata''.
Ricordiamo brevemente che si tratta di una misura agevolativa valida fino al 30 settembre 2023 e che ripropone quella in precedenza già disciplinata dall'articolo 1, commi 115120, della legge del 28 dicembre 2015, n. 208.
In particolare, con le disposizioni citate si prevede la possibilità per le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione di beni immobili, diversi da quelli strumentali per destinazione, o beni mobili iscritti nei pubblici registri, non utilizzati come strumentali, di trasformarsi in società semplici e di consentire l'assegnazione e la cessione agevolata ai soci di tali beni.
Ai fini delle imposte indirette, tuttavia, non è prevista alcuna agevolazione.
In particolare, l'assegnazione dei beni ai soci realizza un'ipotesi di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, equiparata a una cessione di beni a titolo oneroso ai sensi dell'articolo 16, comma 1, della Direttiva IVA recepito nell'articolo 2, secondo comma, n. 6), del Decreto IVA.
Di conseguenza ai fini IVA rilevano tutte le assegnazioni di beni per le quali la società abbia detratto, integralmente o parzialmente, l'IVA addebitatale in via di rivalsa al momento dell'acquisto, dell'importazione o dell'effettuazione degli investimenti prima indicati. Viceversa, esulano dall'ambito applicativo del tributo le fattispecie di assegnazione di beni in relazione alle quali era preclusa la detrazione dell'IVA all'atto dell'acquisto (cfr. circolare n. 26/E del 2016).
Il Contribuente istante cita la circolare n. 37/E del 2016, secondo cui ''in tutte le ipotesi di estromissione di un bene per la cessazione dell'esercizio dell'attività economica per il quale si è usufruito della detrazione d'imposta a monte, l'Iva sul bene estromesso va applicata anche oltre il termine previsto per la rettifica alla detrazione'' (paragrafo 8 e Corte di Giustizia dell'Unione Europea, C229/2015).
Pertanto, chiede se in sede di assegnazione dei beni immobili qui in discussione, debba riversare l'IVA a credito di fatto mai utilizzata e/o l'importo limitato scaturente ''dalla compensazione che ha comportato una riduzione ''risibile'' dell'ammontare del credito Iva (anno 2007) mai utilizzato''
Trasformazione agevolata in società semplice: chiarimenti sull'IVA
Le entrate ripercorrono i chiarimenti della circolare 1° giugno 2016, n. 26/E.
Essa ha chiarito che, stante l'assenza del requisito della commercialità in capo alla società semplice, la trasformazione di una società commerciale in una società semplice realizza un'ipotesi di destinazione a finalità estranee all'esercizio d'impresa a cui sono applicabili le disposizioni previste dalla norma di riferimento, tranne che per «quei beni per i quali non è stata operata, all'atto dell'acquisto, la detrazione dell'imposta di cui all'articolo 19;», la cui estromissione dall'attività d'impresa non è soggetta a IVA.
La medesima circolare precisa che quando l'estromissione ha per oggetto beni immobili abitativi o strumentali trovano applicazione le regole ordinarie di cui all'articolo 10, primo comma, nn. 8bis) e 8ter) del Decreto IVA che prevedono il regime ''naturale'' dell'esenzione, riconoscendo nello stesso tempo la possibilità di applicare il regime di imponibilità mediante espressa opzione nell'atto di ''trasferimento''.
Nel caso di specie, poiché la Società ha detratto integralmente l'IVA sugli immobili, la loro estromissione dal regime d'impresa per effetto della trasformazione realizza un'operazione rilevante ai fini IVA, in regime di esenzione a meno che l'Istante non opti per il regime di imponibilità.
Dato che l'estromissione può riguardare beni ammortizzabili, per i quali è stata detratta in tutto o in parte l'IVA, la circolare n. 37/E del 2016, richiamando i chiarimenti resi dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza 16 giugno 2016, C229/15, precisa l'autonomia di tale presupposto (n.d.r. estromissione) rispetto alle regole sulla rettifica della detrazione (n.d.r. di cui all'articolo 19bis2 del Decreto IVA).
In particolare la Corte ha spiegato come l'assoggettamento ad imposta di cui trattasi ''non si fonda sulla premessa secondo cui la detrazione completa o parziale dell'IVA, operata al momento dell'acquisto di beni oggetto di possesso in caso di cessazione dell'attività economica imponibile, sia superiore o inferiore a quella che il soggetto passivo aveva diritto di effettuare, bensì sulla realizzazione di una nuova operazione imponibile alla data della cessazione dell'attività economica''.
Da ciò discende che in tutte le ipotesi di estromissione di un bene per la cessazione dell'esercizio dell'attività economica per il quale si è usufruito della detrazione d'imposta a monte, l'Iva sul bene estromesso va applicata anche oltre il termine previsto per la rettifica alla detrazione.
Nella citata sentenza, in particolare, la Corte di Giustizia stabilisce che:
- 1. ''l'assoggettamento ad imposta (…) deve aver luogo (…) quando un bene che abbia dato diritto ad una detrazione dell'IVA conserva un valore residuo al momento della cessazione dell'attività economica imponibile, indipendentemente dal periodo trascorso tra la data dell'acquisizione di detto bene e quella della cessazione dell'attività stessa'' (punto 39);
- 2. ragion per cui, ''in caso di cessazione dell'attività economica imponibile di un soggetto passivo, il possesso di beni da parte di quest'ultimo, allorché tali beni hanno dato diritto ad una detrazione dell'IVA al momento del loro acquisto, può essere assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso e soggetta all'IVA, se il periodo di rettifica previsto dall'articolo 187 della direttiva IVA è scaduto'' (punto 40).
Anche se con riferimento alle assegnazioni fuori campo IVA, la circolare 37/E del 2016, al paragrafo 9, nel chiarire che ''…la rettifica della detrazione deve essere operata, non solo per le assegnazioni in regime di esenzione, ma anche per quelle fuori campo IVA'', precisa che ''L'obbligo di operare la rettifica dell'IVA detratta al momento dell'acquisto e le modalità con le quali va operata dipende dal ''regime'' applicato ai beni ammortizzabili in sede di assegnazione e dalla circostanza che l'assegnazione avvenga nel corso del relativo periodo di tutela fiscale (dieci anni per i fabbricati, cinque anni per gli altri beni)''.
Da quanto sino a ora richiamato consegue che in caso di beni per i quali è stata operata in tutto o in parte la detrazione dell'imposta addebitata in via di rivalsa:
- la rilevanza IVA della loro estromissione dal regime d'impresa è regolata da presupposti autonomi e diversi rispetto a quelli che disciplinano la rettifica della detrazione;
- i principi che regolano la detrazione impongono di adempiere all'obbligo di rettifica se la cessione avviene nel periodo di tutela fiscale, mentre quelli che disciplinano l'estromissione ne determinano sempre la rilevanza ai fini IVA, fermo restando che detta operazione può dare origine a una cessione di beni imponibile, non imponibile o esente.
Nel caso di specie, da quanto riferito dal Contribuente, come sopra sinteticamente ricordato, la Società ha detratto integralmente l'IVA sui beni oggetto di estromissione, evidenziando il relativo credito nella dichiarazione annuale IVA 2008, poi definitivamente perso per la disciplina sulle società di comodo.
Se quindi la trasformazione avviene entro il prossimo 30 settembre, non sussiste alcun obbligo di rettifica in capo alla Società essendo ormai trascorso il periodo di tutela fiscale dei beni oggetto di estromissione, mentre l'estromissione darà luogo a un'operazione esente da IVA, salvo diversa opzione per il regime di imponibilità.
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Nota variazione in diminuzione: chi è legittimato ad emetterla
Con Risposta a interpello n 427 dell'11 settembre le Entrate chiariscono chi sia il soggetto legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione nel caso in cui, nel rapporto tra assicurato e assicuratore, il credito dell'assicuratore sia irrecuperabile.
In sintesi viene chiarito che, dal punto di vista fiscale l'assicurato (originario cedente/ prestatore) rimane l'unico soggetto legittimato ad emettere la nota di variazione in diminuzione. Egli poi, "dovrà girare" all’assicuratore l’Iva recuperata con la variazione.
L'istante è una società attiva nel settore delle assicurazioni dei crediti commerciali, cauzioni e recupero crediti, iscritta al R.I.G.A. (Registro Imprese e Gruppi Assicurativi) Albi ed Elenchi di Vigilanza, presso l'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS)
I crediti oggetto di copertura assicurativa da parte dell'istante sono crediti contrattualmente dovuti al contraente della polizza assicurativa nell'ambito della sua attività commerciale.
Gli importi relativi all'IVA connessa ai crediti assicurati possono essere inclusi o esclusi dalla copertura assicurativa; secondo quanto riferito nell'interpello, l'istanza fa riferimento esclusivamente alle polizze in cui gli importi relativi all'IVA sono inclusi nella copertura assicurativa.
Ai sensi dell'art. 1916 del codice civile, la società nel momento in cui paga l'indennizzo previsto dalla polizza, è surrogata, fino alla concorrenza dell'ammontare di esso, nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile.
Frequentemente accade che il terzo responsabile sia assoggettato ad una procedura concorsuale, in relazione alla quale l'Assicurato, in alcuni casi, si è insinuato al passivo prima che il credito sia oggetto di surroga, mentre, in altre ipotesi, al momento della surroga l'insinuazione non è ancora avvenuta.
Ciò posto, l'istante chiede conferma in merito alla possibilità di emettere, ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 note di variazione IVA in diminuzione in relazione ad un credito originariamente vantato da un proprio Assicurato nei confronti di un terzo soggetto responsabile e per il quale, all'esito di un procedimento di surrogazione ex art. 1916 c.c. (in qualità di soggetto surrogante), si sia verificato il mancato pagamento da parte del debitore ceduto (terzo responsabile) a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose.
L'agenzia riepiloga che l'articolo 26 del decreto IVA disciplina le variazioni in diminuzione dell'imponibile e dell'imposta il cui esercizio, diversamente dalle variazioni in aumento previste dalla medesima norma, ha natura facoltativa ed è limitato alle ipotesi espressamente previste.
In particolare, il comma 2 del citato articolo 26 prevede che «Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25».
Nel caso di mancato pagamento del corrispettivo connesso a procedure concorsuali, secondo quanto disposto dal successivo comma 3bis, inserito dall'articolo 18, comma 1, lettera b), del decreto legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, «La disposizione di cui al comma 2 [possibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione, ndr] si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente: a) a partire dalla data in cui quest'ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182bis del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; b) a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose».
Con la risoluzione n. 120/E del 2009, le Entrate hanno chiarito che «il recupero dell'imposta attraverso la nota di variazione ai sensi dell'articolo 26 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 presuppone sempre ''l'identità tra l'oggetto della fattura e della registrazione originaria, da un lato, e, dall'altro, l'oggetto della registrazione della variazione, in modo che esista corrispondenza tra i due atti contabili'' (Corte di cassazione sentenza 6 luglio 2001, n. 9188 e 2 giugno 1999, n. 5356).
In tal senso, anche la sentenza della Cassazione Civile del 29 marzo 2001, n. 8455, secondo cui ''l'applicazione del citato articolo 26 comma 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 presuppone una variazione del rapporto giuridico tra i due soggetti originari dell'operazione imponibile: cedente e cessionario di un bene, committente e prestatore di un servizio''».
È necessario, dunque, che la nota di variazione sia speculare alla fattura originaria e che permanga l'identità tra gli originari soggetti dell'operazione imponibile.
Pertanto, nell'ipotesi di surroga dell'assicuratore, sebbene dal punto di vista civilistico «L'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili» (cfr. articolo 1916 del codice civile), dal punto di vista fiscale l'assicurato (originario cedente/ prestatore) rimane l'unico soggetto legittimato ad emettere la nota di variazione in diminuzione.
La soluzione prospettata dall'istante non è condivisibile, non avendo alcuna rilevanza la circostanza che, al momento della surroga, l'insinuazione al passivo dell'Assicurato non sia ancora avvenuta.
Si precisa, infine, che qualora il cliente insolvente sia assoggettato ad una procedura concorsuale, il cedente/prestatore (ossia, nel caso di specie, l'assicurato) può procedere stante l'attuale formulazione del già citato comma 3bis dell'articolo 26 del decreto IVA all'emissione della nota di variazione al momento dell'apertura della procedura medesima (sul punto si rinvia ai chiarimenti resi con la circolare 9 dicembre 2021, n. 20/E).
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