• Cedolare secca

    Cedolare secca: spetta al 10% per i territori in stato di emergenza

    Con Risposta n 160 del 25 gennaio le entrate chiariscono che ai contratti di locazione a canone concordato, con opzione per la cedolare secca, stipulati in relazione a immobili ricadenti in territori per cui è stato deliberato, nei cinque anni precedenti il 28 maggio 2014, lo stato d’emergenza, a causa di eventi calamitosi, si applica l’aliquota del 10%, così come previsto dall’articolo 9, comma 2-bis, del decreto legge n. 47/2014.

    L'istante specifica di:

    • essere iscritto all'AIRE, 
    • essere proprietario di un immobile abitativo; ­ 
    • aver stipulato, in data 9 ottobre 2021, un contratto di locazione ad uso abitativo a canone concordato, secondo la disciplina di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 9  dicembre 1998, n. 431; ­ 
    • aver optato per il regime della cedolare secca;
    • essere  in  possesso dell'attestazione  rilasciata,  in data  21 ottobre  2021, dalle organizzazioni rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori vigente nel predetto Comune.

    Inoltre, sottoliena che l'immobile è sito in un Comune dove è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992 

    Egli chiede se, in  relazione  ai  redditi  derivanti dal  contratto  di locazione stipulato nel 2021 possa accedere al regime della cedolare secca con aliquota del 10 per cento, prevista dall'articolo 3, comma 2, quarto periodo del decreto legislativo 14 marzo  2011, n. 23 (cedolare secca sugli affitti) sulla base della previsioni di cui all'articolo 9, comma 2­bis e del decreto legge n. 47 del 2014 in considerazione del fatto che il predetto Comune rientra tra i quelli per i quali è stato deliberato nei cinque anni precedenti la  data di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto n. 47 del 2014 lo stato di emergenza

    Le Entrate ricordano che l'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ha introdotto, a partire dal 2011, un nuovo regime facoltativo di tassazione dei redditi derivanti dalla locazione per finalità abitative degli immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze.

    La possibilità di optare per il regime facoltativo di imposizione è riservata alle  persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità  immobiliari abitative locate, che non agiscono nell'esercizio di un'attività di impresa, o  di arti e professioni. L'opzione comporta l'assoggettamento del canone di locazione ad una imposta  operata nella forma della cedolare secca.

    In relazione a tale regime sono stati forniti chiarimenti con la circolare del 1° giugno 2011, n. 26/E, cui si rinvia per eventuali approfondimenti. 

    L'imposta  dovuta  nella  forma  della  cedolare  secca è  determinata con  l'applicazione di una aliquota ordinaria del 21 per cento. 

    L'articolo 3, comma 2, quarto periodo, dello stesso d.lgs. n. 23 del 2011 prevede «Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3, e 8 della  legge 9 dicembre 1998, n. 431,relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto­legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione  abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, l'aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 10 per cento».

    Il comma 2­bis dell'articolo 9 del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, ha previsto  che la predetta aliquota agevolata del 10 per cento si applichi anche per i contratti di  locazione, stipulati in relazione ad immobili ubicati nei Comuni in cui è stato deliberato  lo stato di emergenza negli ultimi 5 anni precedenti il 28 maggio 2014 (data di entrata in vigore della legge 23 maggio 2014, n. 80 ­ Pubblicata nella Gazza. Uff. 27 maggio 2014, n. 121 ­ di conversione del decreto legge n. 47 del 2014). L'articolo  4,  comma  3­novies, del  decreto legge  30  dicembre  2019,  n.  162  ha  sostituito il comma 2­bis dell'articolo 9 del decreto legge 2014, n. 47. prevedendo che «2­ bis. L'aliquota prevista all'articolo 3, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, si applica anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali sia stato deliberato, nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, lo stato di emergenza a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi previsti dall'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per l'anno 2020 l'agevolazione si applica esclusivamente ai  contratti di locazione stipulati nei comuni di cui al periodo precedente con popolazione fino a 10.000 abitanti». 

    Le Entrate specificano che alla lettura degli atti parlamentari emerge che tale disposizione è finalizzata ad estendere ai Comuni per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi, la riduzione di aliquota al 10 per cento della cedolare secca, da applicare ai canoni derivanti dai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo a canone concordato. Per effetto di tali disposizioni l'aliquota del 10 per cento della cedolare secca si applica, per tutti i contratti di locazione a canone concordato, stipulati nei Comuni  per i  quali  sia  stato  deliberato  nei cinque anni  precedenti il  28 maggio  2014 lo  stato  di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi e per l'anno 2020 solo per i contratti stipulati nei predetti comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti. 

    Nel caso in esame, per il Comune in cui è ubicato l'immobile è stato dichiarato lo  stato di emergenza e, pertanto, ai canoni derivanti dal contratto di locazione stipulato nel 2021 spetta l'aliquota del 10 per cento della cedolare  secca di cui all'articolo 3, comma 2, sopra citato.

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  • Cedolare secca

    Tardiva revoca della cedolare secca: possibile la remissione in bonis

    Con la Risposta a interpello n 530 del 28 ottobre le Entrate forniscono chiarimenti sulla tardiva comunicazione di revoca del regime cedolare secca e la possibile remissione in bonis -(Articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) nella dichiarazione 2022, redditi 2021.

    L'istante dichiara di aver registrato il 28 novembre 2020 un contratto di locazione abitativa «con durata 01/12/2020 al 01/12/2023», e di avere optato per il regime della cedolare secca.

    Ella ha avuto l'intenzione di revocare detto regime a partire dal 1° dicembre 2021, tuttavia, pur avendo comunicato detta revoca al conduttore dell'immobile, «per motivi familiari si è dimenticata di comunicare all'Agenzia delle Entrate la revoca dell'opzione e, conseguentemente, non ha versato l'imposta di registro relativa all'annualità di riferimento». 

    Non avendo ancora presentato la dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta 2021, il cui termine ordinario di presentazione è fissato per il 30 novembre 2022, chiede di poter comunicare la revoca dell'opzione entro tale data, usufruendo dell'istituto della remissione in bonis, al fine di poter assoggettare a tassazione ordinaria il canone di locazione e di versare, seppur in ritardo, l'imposta di registro.

    Remissione in bonis e cedolare secca

    L'istituto della remissione in bonis consente al contribuente di accedere a benefici fiscali o a regimi opzionali la cui applicazione risulta subordinata alla

    «[…] preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti […], laddove il contribuente: 

    a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento; 

    b) effettui la comunicazione ovvero esegua l'adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile; 

    c) versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471…».

    Con la circolare 47/E, del 20 dicembre 2012 nel fornire chiarimenti rispetto ai "Rapporti tra cedolare secca e remissione in bonis", introdotta dall'articolo 2 del decreto-legge del 2 marzo 2012 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44 , ne è stato ammesso il ricorso per sanare la tardiva presentazione del modello RLI, "solo se il tardivo assolvimento dell'obbligo di presentazione di tale modello non sia configurabile come mero ripensamento. (…)"

    Le Entrate specificano che, sebbene il passaggio dal regime della cedolare secca al regime ordinario non sia propriamente riconducibile a «la fruizione di benefici di natura fiscale o l'accesso a regimi fiscali opzionali», lo stesso costituisce, comunque, un passaggio ad un diverso regime impositivo, che dal punto di vista soggettivo del contribuente potrebbe essere più favorevole, subordinato ad una "preventiva comunicazione". 

    Conseguentemente, si ritiene applicabile anche alla comunicazione tardiva della revoca del regime di cedolare l'istituto della remissione ove si riscontri un comportamento coerente con la scelta comunicata in ritardo, «per motivi di equità e trasparenza che caratterizzano i rapporti con l’Amministrazione finanziaria».

    Pertanto, l'istante può ricorrere all'istituto della remissione in bonis per sanare la tardiva comunicazione della revoca dell'opzione per la cedolare secca, laddove sia in grado di dimostrare di aver tenuto un comportamento coerente con detta scelta, ossia 

    i) possa provare di aver tempestivamente comunicato al conduttore la propria decisione di revocare l'opzione, 

    e ii) di non aver corrisposto l'imposta sostitutiva con riferimento al secondo anno di locazione – fatti il cui rispetto non è accertabile in questa sede. 

    Tardiva revoca della cedolare secca e remissione in bonis: cosa fare

    Al fine di perfezionare la revoca, l'istante dovrà: 

    • inviare il prescritto modello RLI con la revoca entro il termine di presentazione "prima dichiarazione utile", ovvero entro il prossimo 30 novembre 2022; 
    • versare, senza possibilità di compensazione, «l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241», ovvero 250 euro; 
    • versare tardivamente, ove non già corrisposta, l'imposta di registro, maggiorata degli interessi e delle sanzioni di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, riducibili mediante il ricorso all'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472; 
    • assoggettare il canone di locazione ad imposta ordinaria e compilare la dichiarazione annuale in modo coerente con la scelta fatta.

    Resta inteso che, in mancanza delle condizioni sopra indicate, l'istante potrà revocare il regime della cedolare secca solo a far data dal 1° dicembre 2022. 

    Cedolare secca: che cosa è e come funziona

    Le Entrate ricordano che l'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ha introdotto nell'ordinamento tributario il regime della c.d. "cedolare secca", che permette al locatore di assoggettare il canone annuo da locazione abitativa «ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione»

    Il provvedimento di attuazione del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011, prot. n. 55394/2011, nel disciplinare le modalità di esercizio dell'opzione e di versamento della "cedolare secca", dispone che, «L'opzione vincola il locatore all'applicazione del regime della cedolare secca per l'intero periodo di durata del contratto o della proroga, ovvero per il residuo periodo di durata del contratto nel caso di opzione esercitata nelle annualità successive alla prima». 

    Tuttavia, è consentita la revoca dell'opzione per le annualità successive.

    In particolare, «[…] La revoca è effettuata entro il termine previsto per il pagamento dell'imposta di registro relativa all'annualità di riferimento e comporta il versamento dell'imposta dovuta», ovvero entro il trentesimo giorno successivo a quello in cui termina la precedente annualità.

    Ai sensi del comma 11 del citato articolo 3 del d.lgs. n. 23 del 2011, «L'opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili».

    Il conduttore che riceve tale comunicazione è così posto in condizione di sapere che, per il periodo di durata dell'opzione, non è tenuto al pagamento dell'imposta di registro. 

    Come chiarito dalla circolare n. 20/E del 4 giugno 2012, paragrafo 1, della revoca, al pari dell'opzione, è opportuno che il locatore ne dia preventiva notizia al conduttore, responsabile solidale del pagamento dell'imposta di registro, tenuto conto anche del fatto che «a decorrere dall'annualità della revoca viene meno la rinuncia agli aggiornamenti del canone di locazione». 

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  • Cedolare secca

    Accorpamento di due immobili: quando si perde la cedolare secca

    Con la Risposta a interpello n 28 del 17 gennaio 2022 le Entrate chiariscono un caso di due immobili accorpati successivamente alla stipula dei contratti di locazione ed eventuale applicazione della cedolare secca.

    L'istante è comproprietario di due unità commerciali accatastate, in un primo tempo, separatamente e rispettivamente in categoria C/3 e C/1.

    L'unità immobiliare che era classificata come C/3 è stata posta in locazione con contratto più volte prorogato e ancora in essere, che avrà scadenza nel 2022.  Nell'anno 2019 è stata locata anche l'unità di categoria C/l, adiacente al primo. 

    Per tale seconda locazione, è stato stipulato un ulteriore contratto, al quale è stato applicato il regime sostitutivo della "cedolare secca", in quanto consentito dalla normativa vigente anche per gli immobili di categoria catastale C/1. 

    L'interpellante evidenzia che "Nel corso del corrente anno a seguito di lavori di accorpamento, gli immobili anzidetti (Cl e C3) sono stati accatastati unitariamente (con regolare procedura edilizia) in un'unica unità immobiliare di categoria C3, senza che però venissero modificati i contratti di locazione originari"

    Pertanto, chiede: 

    • "se, ai fini fiscali, i due contratti di locazione in essere possano essere considerati entrambi idonei a produrre due redditi sottoposti a regimi di tassazione diversi (ordinaria per quanto riguarda l'immobile C3 e a "cedolare secca" per l'immobile C1), validi e operativi sino a naturale scadenza e/o risoluzione"; 
    • se la possibilità di mantenere in vigore i due contratti distintamente e con diverse tipologie di tassazione in presenza di una variazione di categoria catastale "possa essere prorogata nel tempo anche alle scadenze successive, alla condizione che (…) vengano costantemente rinnovati dalle parti". 

    L'agenzia risponde specificando che a seguito di interventi di accorpamento posti in essere è risultata una nuova unità immobiliare, che costituisce oggetto diverso del contratto di locazione rispetto a quelli determinati nei due atti in vigore. 

    Con l'accorpamento delle due unità immobiliari, oggetto ciascuno di separati contratti di locazione, gli immobili cessano la loro esistenza in condizioni di indipendenza l'uno dall'altro. 

    Inoltre, l'attribuzione di un'unica e diversa, seppure solo per uno degli immobili, categoria catastale comporta, sotto il profilo catastale, l'esistenza di nuova unità immobiliare, prima inesistente, con caratteristiche nuove e autonome. 

    Come chiarito nella circolare n. 27/E del 13 giugno 2016, la categoria catastale dell'unità immobiliari dipende, di norma, dalle caratteristiche intrinseche del fabbricato che le ospita e dalla destinazione dell'unità, ordinariamente compatibile con dette caratteristiche. 

    Sotto il profilo fiscale, chiarisce l'agenzia, a seguito dell'accorpamento delle due unità immobiliari di categoria catastale C/1 e C/3, all'immobile ottenuto è stata attribuita la categoria catastale C/3 che, come noto, è esclusa dalla normativa di favore recata dall'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, cedolare secca, la cui applicazione è stata invece estesa, dall'articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, agli immobili di categoria C/1, per i soli contratti stipulati nel 2019. 

    Pertanto, mantenere in essere i contratti stipulati prima dell'accorpamento comporterebbe l'applicazione, sia pure parziale, di un regime fiscale agevolato, ad una categoria catastale che ne risulta esclusa (C/3). 

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