• Contenzioso Tributario

    Definizione agevolata liti in Cassazione: pronto il modello per richiederla

    Con Provvedimento del 16 settembre le Entrate definiscono le modalità di attuazione dell’articolo 5 della Legge 31 agosto 2022, n. 130, concernenti la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione e viene approvato, unitamente alle relative istruzioni, l’allegato modello di domanda: SCARICA QUI MODELLO E ISTRUZIONI  

    L’articolo 5 consente ai contribuenti che non siano stati integralmente soccombenti nei gradi di merito di definire in via agevolata le liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di cassazione, attraverso il pagamento di determinati importi, correlati al valore della controversia.

    Attenzione al fatto che in data 23 settembre le Entrate hanno pubblicato la risoluzione n 50 con i codici tributo per il pagamento di suddetti importi. In proposito si legga: Somme per definizione agevolata liti in Cassazione: i codici tributo

    Definizione agevolata liti in Cassazione: presenta la domanda

    La domanda di definizione deve essere presentata:

    • dal soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio 
    • o da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione,

    il quale, ai sensi dell’articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130, intende definire i giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. 

    Sono definibili le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali l’Agenzia delle entrate risulti: 

    a) integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 100.000 euro, con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3; 

    b) soccombente, in tutto o in parte, in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, con il pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 

    La soccombenza va valutata in relazione al singolo atto impugnato. 

    In caso di totale soccombenza del contribuente in entrambi i gradi di giudizio non è prevista la possibilità di definizione. 

    Per valore della controversia, da assumere a base del calcolo per la definizione, si intende l’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento; per le controversie relative esclusivamente a sanzioni non collegate al tributo, il valore della lite è determinato dall’importo delle stesse. 

    Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dai tributi in esso indicati. 

    Ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge 31 agosto 2022, n. 130, per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge ossia il 16 settembre 2022, purché, alla data della presentazione della domanda, non sia intervenuta una sentenza definitiva. 

    Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore del citato articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130.

    Sono escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte: 

    a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione; 

    b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

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  • Contenzioso Tributario

    Ristretta base societaria: i costi indeducibili diventano utili distribuiti

    Dalla riforma del diritto societario in poi, il Legislatore italiano ha portato avanti una azione normativa orientata a trasformare la Società a responsabilità limitata: da mini-SPA della sua versione originaria, fino a diventare un veicolo societario dinamico e versatile, quasi ibrido, a metà tra società di persone e società di capitali.

    L’obiettivo dichiarato era quello di incentivare l’utilizzo delle società di capitali, per adeguare il paese agli standard unionali, dove, in molti legislazioni, sono previste anche versioni semplificate di questo tipo di società.

    Però, nello specifico caso in cui le quote di una Società a responsabilità limitata sono possedute da un numero ristretto di persone, possibilmente legate tra loro da legami di parentela, l’azione incentivante del Legislatore è stata in una certa misura sterilizzata dalla prassi, che, nel caso in esame, si è trasversalmente posizionata con un atteggiamento di sfavore, non senza l’avallo della giurisprudenza.

    È proprio “in forza di un principio ribadito in più occasione dai giudici della Suprema Corte” che “l'accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, stati accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti”.

    In questo contesto arriva l’ordinanza 25322 della Corte di Cassazione del 25 agosto 2022, appena citata, che aggiunge un importante tassello al dibattito.

    L’ordinanza prende in esame il caso in cui venga accertato, in capo alla SRL a ristretta base societaria, un maggior reddito derivante dal riporto a tassazione di costi, effettivamente sostenuti dalla società, ma considerati indeducibili

    Secondo la Corte, la presunzione di distruzione ai soci, in caso di SRL a ristretta base societaria, opera anche nel caso in cui il maggior reddito accertato (rispetto a quello dichiarato) derivi dal riporto a tassazione di costi sostenuti, ma considerati indeducibili, in quanto anche i costi indeducibilivanno ad alterare il conto economico”.

    Fondamentalmente, in caso di contestazione, un maggior reddito può derivare solo da tre situazioni: 

    • da ricavi non contabilizzati
    • da costi inesistenti 
    • o da costi indeducibili.

    Nel primo caso, quello dei ricavi non contabilizzati, la presunzione di distribuzione ai soci ha dalla sua la forza dell’ipotesi che, se i maggiori ricavi non sono nelle casse della società, dovranno essere da qualche parte, possibilmente presso gli amministratori o i soci.

    Similmente, nel caso dei costi inesistenti, se una spesa non è stata effettivamente sostenuta, il relativo movimento finanziario, se non è nelle casse della società, sarà stato intercettato da qualcuno.

    Il caso dei costi indeducibili è però diverso: un costo viene qualificato come indeducibile nel momento in cui avviene il disconoscimento del suo significato fiscale, ma tale disconoscimento non avrà impatto sull’esistenza civilistica della posta contabile; con la conseguenza che l’impatto sul conto economico sarà limitato all’ammontare dell’imposta.

    Inoltre, nella situazione in esame, anche se i costi di cui si tratta sono contestati come non deducibili, le risorse della società sono state effettivamente impiegate per sostenere tali costi, che sono civilisticamente esistenti (e non simulati): non è chiaro per quale motivazione logica si dovrebbe legittimamente presumere che le somme impiegate siano state, invece, distribuite ai soci.