• Redditi esteri

    Revoca opzione imposta sostitutiva IRPEF redditi esteri: codice tributo

    Con Risoluzione n 14 del 6 marzo le Entrate istituiscono il codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF ai sensi dell’articolo 24-bis del TUIR nel caso di revoca.

    Ricordiamo che l’articolo 24-bis del testo unico delle imposte sui redditi ha introdotto un regime opzionale d’imposta sostitutiva dell’IRPEF sui redditi prodotti all’estero, rivolto esclusivamente alle persone fisiche in possesso dei requisiti previsti, che trasferiscono la residenza fiscale da un Paese estero in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR. 

    Per effetto dell'esercizio dell'opzione per l'imposta sostitutiva, relativamente ai redditi prodotti all'estero è dovuta un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfetaria, a prescindere dall'importo dei redditi percepiti.

    Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 marzo 2017 sono state definite le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione, nonché per il versamento dell’imposta sostitutiva.

    Con la risoluzione n. 44/E dell’11 giugno 2018, è stato istituito il codice tributo “NRPP” per il versamento, tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF 

    La circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 nel paragrafo 6.1 ha previsto che “La revoca potrà essere esercitata anche se il contribuente abbia già versato l’imposta sostitutiva relativa al medesimo periodo d’imposta. In tale ipotesi, l’imposta già versata ma non dovuta potrà essere utilizzata in compensazione o richiesta a rimborso”

    Nell’ipotesi di revoca dell’opzione prevista dall’articolo 24-bis del TUIR, per consentire l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva già versata, si istituisce con il provvedimento in oggetto, il seguente codice tributo: 

    • “NRRE” denominato “Revoca opzione art. 24-bis del TUIR – Imposta sostitutiva dell’IRPEF – NUOVI RESIDENTI”. 
    Allegati:
  • Redditi esteri

    Tassazione immobile venduto in paese UE: il caso del residente in Italia

    Con Risposta a interpello n. 122 del 20 gennaio le Entrate chiariscono dubbi sulla assoggettabilità ad imposizione in Italia di reddito derivante dalla vendita di immobile acquistato nei Paesi Bassi, da parte di un soggetto che vive e lavora in Italia e in Spagna.

    Il contribuente dichiara di aver venduto un immobile, acquistato più di cinque anni prima, nei Paesi Bassi, ricavandone una plusvalenza già assoggettata a imposizione in Olanda. La sua domanda riguarda il trattamento fiscale da riservare a tale introito in Italia.

    Le Entrate specificano che in relazione al reddito derivante dall'alienazione del bene immobile ubicato nei  Paesi  Bassi,  occorre far riferimento,  sotto  il profilo  della normativa  internazionale, all'articolo 13 della Convenzione per evitare la doppia imposizione tra l'Italia ed i Paesi  Bassi, firmata all'Aja l'8 maggio 1990 e ratificata con legge 26 luglio 1993, n. 305 (Convenzione o il Trattato tra Italia e Paesi Bassi). 

    In particolare, al paragrafo 1, viene prevista la tassazione concorrente in Italia ed Olanda degli utili che un residente di uno degli Stati ritrae dall'alienazione di beni  immobili, situati nell'altro Stato, di cui all'articolo 6 della stessa Convenzione. 

    Si rileva, pertanto, che nell'ipotesi di una residenza italiana della contribuente il reddito in esame, realizzato dall'Istante nell'anno  di riferimento, ai sensi della Convenzione citata, è assoggettabile ad imposizione sia in Italia, sia nei Paesi Bassi.

    Sul piano della vigente normativa italiana, si evidenzia che, nel presupposto che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia, lo stesso è assoggettata ad imposizione nel nostro Paese, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del  TUIR, sul suo reddito complessivo, formato da tutti i redditi posseduti per l'intero periodo  d'imposta, al netto degli oneri deducibili ai sensi dell'articolo 10 del medesimo TUIR.

    In particolare, per quel che concerne il reddito in esame, l'articolo 67, comma 1,  lettera b), del TUIR prevede l'imposizione delle plusvalenze realizzate mediante cessione  a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che, per la maggior parte  del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. 

    Al riguardo, si osserva che la citata disposizione normativa non è circoscritta alle sole plusvalenze generate dalla  vendita di immobili ubicati nei confini  nazionali ma, risultando come elemento determinante la presenza di un soggetto cedente residente in Italia, ricomprende anche le plusvalenze derivanti dalla vendita di beni immobili situati  all'estero. 

    Si rileva, tuttavia, che, in base a quanto disposto dal citato articolo 67, comma 1,  lettera b), del TUIR, in caso di cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti  da oltre cinque anni non è prevista alcuna imposizione di tali plusvalenze. 

    In conclusione, spiega l'agenzia, nel presupposto della veridicità e completezza della fattispecie rappresentata nell'istanza, si osserva che il reddito in esame non dovrà essere assoggettato ad imposizione nel nostro Paese e, di conseguenza, non dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi, presentata dal Contribuente, relativa  all'anno  d'imposta di riferimento.

  • Redditi esteri

    Brexit: trattamento fiscale utili distribuiti alla controllante britannica

    Con la Risposta a interpello n 117 del 20 gennaio le Entrate replicano al seguente quesito posto da una società italiana, che distribuisce utili alla controllante società britannica.

    L'istante osserva  come, nel caso di distribuzione di dividendi da parte di una società italiana ad una società residente in uno Stato membro dell'Unione europea o in  uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, trovi applicazione la ritenuta ridotta del 1,20 per cento a titolo d'imposta, ai sensi del comma 3­ter dell'articolo  27 del DPR 29 settembre 1973, n.600. 

    Inoltre, in  presenza di  determinate condizioni, tale ritenuta non è operata in virtù dell'articolo 27 ­bis dello  stesso DPR n. 600 del 1973, attuativo della c.d. direttiva madre­figlia (2011/96/UE).

    Il dubbio interpretativo prospettato dall'istante attiene al trattamento fiscale degli utili distribuiti alla controllante britannica a seguito della Brexit.

    Poiché, infatti, non può trovare applicazione la richiamata disciplina riservata agli Stati membri, l'istante chiede se, nel caso di specie, possa operare la ritenuta prevista dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Regno Unito, firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329

    L'istante ritiene che ai dividendi corrisposti alla  controllante  sia  applicabile  il  trattamento  fiscale  previsto  dalla  Convenzione, in quanto fonte gerarchicamente sovraordinata rispetto alla normativa nazionale.

    Pertanto, qualora l'assemblea dei soci deliberasse la distribuzione di utili, sulla  quota spettante alla controllante estera sarebbe applicata una ritenuta a titolo d'imposta  nella misura del 5 per cento. 

    L'agenzia replica, ricordando che il 30 gennaio 2020 l'Unione europea ha ratificato l'accordo di recesso con il Regno Unito che, dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020, è diventato un Paese terzo. 

    Ciò ha segnato l'inizio di un periodo transitorio che si è protratto  fino  al  31 dicembre 2020,  in  cui ha  continuato  a  trovare provvisoriamente  applicazione  il  diritto unionale, incluse le libertà fondamentali sancite dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

    Terminato il periodo transitorio, i rapporti tra Unione europea e Regno Unito sono regolati dall'Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra:

    • l'Unione europea  e la Comunità europea dell'energia atomica, da una parte, 
    • e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord, dall'altra. 

    Nonostante  l'Accordo in esame promuova un forte partenariato tra  Unione europea e Regno Unito, tale Paese non può comunque essere considerato al pari di uno  Stato membro, non facendo ormai più parte né del mercato unico né dell'unione doganale  e non essendo più coinvolto negli accordi internazionali dell'Unione. 

    Pertanto, le Entrate concordano con l'istante nel ritenere che nel caso in esame non trovano  applicazione né l'articolo 27, comma 3­ter, del DPR n.600 del 1973, né il successivo  27­bis del medesimo DPR. 

    Tuttavia, la normativa nazionale deve  essere coordinata con  quella convenzionale, la cui prevalenza sull'ordinamento interno è ammessa dall'articolo 169 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

    In particolare, viene in rilievo l'articolo 10, paragrafo 2, lettera a), del Trattato, secondo cui i ''dividendi possono essere tassati anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere: 

    a) il 5 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una società che controlla direttamente o indirettamente, almeno il 10 per cento del potere di voto della società che paga i dividendi''. 

    Considerato che, nel caso di specie, nel presupposto che la dichiarata partecipazione comporti almeno il 10% del potere di voto della società italiana che paga il dividendo si ritiene applicabile la ritenuta convenzionale nella misura del 5%. 

    Resta inteso che l'operatività del Trattato è subordinata al ricorrere anche delle altre condizioni ivi  previste, ossia che la controllante britannica integri la nozione di persona residente ai fini convenzionali e sia beneficiaria effettiva dei dividendi.

    Allegati:
  • Redditi esteri

    Bonus estero per ristrutturazione: quando non è reddito per il residente italiano

    Le Entrate con Risposta a interpello n 99 del 9 marzo si occupano di fornire chiarimenti sul trattamento fiscale applicabile al contributo pubblico erogato in Spagna ad un soggetto fiscalmente residente in Italia per la ristrutturazione delle parti comuni dell'edificio condominiale in cui si trova il suo appartamento.

    In particolare si ritiene che tale contributo non costituisca reddito tassabile per il cittadino italiano, vediamo il perchè.

    L'istante è residente in Italia e possiede in Spagna un appartamento, per il quale ha ottenuto, secondo la quota di possesso, una sovvenzione da un ente pubblico spagnolo per una ristrutturazione condominiale su parti comuni del palazzo. 

    Il Contribuente precisa che il beneficio è riconosciuto all'intero condominio perché esegua i lavori di ristrutturazione dello stabile e che sarà suddiviso fra i proprietari che accettano la sovvenzione. 

    Tale sovvenzione è considerata in Spagna "ganancia patrimonial" (guadagno) su cui è previsto il pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ai residenti e il 19% ai non residenti. 

    Ciò posto, l'Istante chiede se in qualità di residente debba pagare anche in Italia una imposta sulla sovvenzione ottenuta e, in caso di imponibilità del contributo, se possa essere portato in deduzione quanto pagato come imposta in Spagna.

    L'agenzia chiarisce che per poter valutare il regime tributario da applicare ad un reddito di fonte estera è necessario qualificare il reddito secondo la normativa interna e, successivamente, esaminare le disposizioni convenzionali contro le doppie imposizioni in vigore in questo caso tra l'Italia (Stato di residenza del percettore) e lo stato della fonte del reddito (nel caso di specie, la Spagna). 

    In base alla disciplina italiana, ai sensi dell'articolo 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, TUIR), costituisce presupposto di tassazione il "possesso di redditi", in denaro o in natura, rientranti nelle seguenti categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6 ai sensi del quale

    «I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie:

    a) redditi fondiari; 

    b) redditi di capitale; 

    c) redditi di lavoro dipendente; 

    d) redditi di lavoro autonomo; 

    e) redditi d'impresa;

    f) redditi diversi.». 

    Pertanto, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta. 

    Nel caso di specie, sulla base di quanto illustrato nell'istanza e nella documentazione integrativa trasmessa, l'Istante beneficia di un contributo erogato da un ente pubblico spagnolo, il cui scopo è lo sviluppo nel territorio comunale delle funzioni, attività e servizi nel campo degli alloggi a prezzi accessibili. 

    In particolare, secondo il bando emesso dall'ente pubblico sono concesse sovvenzioni per il ripristino di elementi comuni e il miglioramento dell'abitabilità degli edifici ad uso residenziale, rivolto principalmente "alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili"

    Il bando stabilisce le "condizioni particolari e le specifiche tecniche, gli importi delle agevolazioni e la documentazione da presentare per beneficiare" della sovvenzione. 

    Nella documentazione integrativa trasmessa, l'Istante precisa che, in base al bando pubblico, la misura del beneficio può variare a seconda che il proprietario o l'eventuale inquilino risulti in condizione di vulnerabilità; il contributo, inoltre, sarà erogato dall'ente pubblico mediante "rate straordinarie in relazione all'avanzamento dei lavori" nonché a lavori ultimati e al momento della verifica della sussistenza dei requisiti individuati nel medesimo bando. 

    Sulla base di quanto detto, si ritiene che tale contributo, corrisposto per finalità generali perseguite dall'ente erogatore, in relazione alle spese sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni di edifici condominiali non sia riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR (posto che tra l'ente erogatore e il beneficiario non sussiste alcun rapporto di lavoro), né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dal citato articolo 6 del medesimo Testo Unico e, pertanto, non concorra alla formazione della base imponibile del beneficiario.

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  • Redditi esteri

    Società Controllate Estere: normativa e criteri di tassazione effettiva

    Con Comunicato stampa di ieri 27 dicembre le Entrate informano della pubblicazione dei seguenti documenti di prassi sulle Società Controllate Estere (Cfc):

    In particolare, la circolare illustra la disciplina relativa alle Società controllate estere (Controlled Foreign Companies, Cfc) e il provvedimento reca i nuovi criteri per determinare in modalità semplificata il requisito dell’effettivo livello di tassazione indicato dall’articolo 167, comma 4, lettera a del Tuir (tassazione effettiva dell’utile inferiore al 50 per cento di quella italiana).

    Entrambi i documenti sono stati integrati a seguito dei numerosi contributi pervenuti in occasione della consultazione pubblica avviata lo scorso luglio 2021.

    Società controllate estere: i requisiti oggettivi e soggettivi 

    La circolare fornisce i chiarimenti definitivi sulla disciplina Cfc attualmente in vigore in seguito alle modifiche introdotte dal Dlgs n.142/2018 (Decreto ATAD). 

    Il documento si sofferma, in particolare, sui requisiti soggettivi e oggettivi per la sua applicazione, sulle modalità di determinazione del livello impositivo estero (effettivo) ai fini del confronto con quello (virtuale) italiano. 

    Inoltre, la circolare fornisce indicazioni sulla circostanza esimente per disapplicare la disciplina Cfc, sulla determinazione e tassazione del reddito del soggetto controllato, nonché sull’applicazione della disciplina in occasione di operazioni straordinarie.

    Società controllate estere: la disciplina del Decreto ATAD 

    La disciplina contenuta nel Decreto ATAD prevede l’individuazione di criteri per verificare, con modalità semplificate, la congruità della tassazione effettiva estera rispetto a quella virtuale domestica, da effettuarsi attraverso un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. 

    Il provvedimento delle Entrate tiene conto delle novità recate alla disciplina Cfc e aggiorna le indicazioni contenute nel precedente provvedimento, che viene in tal modo sostituito.

    In particolare, con il documento di prassi vengono fornite le definizioni rilevanti ai fini della disciplina, nonché le imposte estere da considerare ai fini della determinazione della tassazione effettiva estera e le imposte italiane da considerare ai fini della tassazione virtuale interna. 

    Tra le altre novità contenute nel provvedimento rientrano l’illustrazione dei criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale interna. 

    Viene infine confermata la possibilità di effettuare, in ciascun esercizio, i calcoli connessi alla tassazione effettiva estera e alla tassazione virtuale interna attribuendo rilevanza fiscale ai valori di bilancio della controllata estera o, in alternativa, di attivare il monitoraggio dei valori fiscali di riferimento durante il periodo di possesso della partecipazione di controllo nella entità estera, da effettuarsi attraverso una manifestazione di volontà, non modificabile, nel modello di dichiarazione dei redditi.

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  • Redditi esteri

    Cripto valute: detenzione di valute virtuali e obblighi fiscali

    Con Risposta a interpello n 788 del 24 novembre 2021 le Entrate si occupano di detenzione di valute virtuali in digital wallet con possesso di chiavi private obblighi di monitoraggio e relativo regime fiscale.

    L'Istante, persona fisica residente in Italia, pone un quesito in merito al trattamento fiscale delle valute virtuali detenute, in alcuni digital wallet, per un lungo periodo di tempo (superiore a cinque anni), senza che le stesse siano cedute o convertite in euro.

    Egli chiarisce che le valute virtuali sono state acquistate a titolo oneroso, che per la "strategia di detenzione in holding" non è riconosciuto alcun compenso e che alcune valute virtuali sono detenute su wallet presso un exchange estero mentre altre sono in un "hardware wallet" e in un "desktop wallet" con disponibilità diretta di chiave privata.  L'Istante ha, altresì, chiarito che nel periodo di imposta 2020 non ha prelevato né convertito le valute virtuali detenute. 

    Ciò posto, chiede se la "strategia di detenzione in holding" determini un risultato di gestione fiscalmente rilevante in sede di dichiarazione annuale dei redditi. Chiede poi chiarimenti in merito all'obbligo di compilazione del quadro RW nei casi in cui si detenga direttamente la chiave privata. Leggi anche  Criptovalute – Tassazione ed obblighi di monitoraggio fiscale (RW)

    Le Entrate specificano che il trattamento fiscale applicabile alla detenzione di valute virtuali in capo a persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di arte, professione o impresa, è stato oggetto di chiarimenti nella Risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E, con particolare riferimento ai bitcoin. 

    Con tale documento è stato precisato che la moneta "virtuale" è utilizzata come "moneta" alternativa a quella tradizionale avente corso legale la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori che decidono di utilizzarla. 

    Tecnicamente, le "valute virtuali" sono stringhe di codici digitali opportunamente criptati, generati in via informatica mediante complessi algoritmi matematici. Lo scambio di tali codici criptati tra gli utenti avviene attraverso applicazioni software specifiche. Pertanto, tali "valute" hanno natura esclusivamente " digitale" essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e sono conservate, generalmente, in "portafogli elettronici" detti  wallet. 

    In sostanza, i wallet consistono in una coppia di chiavi crittografiche di cui: 

    (i) la chiave pubblica, comunicata agli altri utenti, rappresenta l'indirizzo a cui associare la titolarità delle valute virtuali ricevute; 

    (ii) la chiave privata, mantenuta segreta per garantire la sicurezza delle valute associate, consente di trasferire valute virtuali ad altri portafogli.

    Con riferimento al trattamento fiscale applicabile alle operazioni relative alle valute virtuali, come precisato nella citata risoluzione n. 72/E del 2016, in assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuali, costituisce necessariamente un punto di riferimento la sentenza della Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, causa C-264/14. 

    Più precisamente, secondo i giudici europei, tali operazioni rientrano tra le operazioni "relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio" di cui all'articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE.

     Alla luce di quanto precede si ritiene che, ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell'attività d'impresa, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.

    Conseguentemente, le cessioni a termine di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni a pronti generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l'ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter. 

    Agli effetti di quest'ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso. 

    Per cessione a pronti si intende una transazione in cui si ha lo scambio contestuale di una valuta contro una valuta differente. 

    Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all'inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell'anno in cui si verifica il presupposto di tassazione (cfr. circolare 24 giugno 1998, n. 165). Resta inteso che, qualora non risulti integrata la condizione precedentemente individuata, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente realizzate.

    Con riferimento agli obblighi di monitoraggio fiscale, l'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 prevede che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Nella circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E (paragrafo 1.3.1.) è stato precisato che il medesimo obbligo sussiste anche per le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti. Pertanto, con riferimento alla detenzione di valute virtuali da parte dei predetti soggetti, si ritiene che tale obbligo sussista in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. 

    Con riferimento specifico al periodo di imposta 2020, secondo le istruzioni per la compilazione del Quadro RW, approvate con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 29 gennaio 2021, va indicato nella colonna 3 "codice individuazione bene" il codice 14 (Altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali), senza compilare la colonna 4 "Codice Paese estero".

    Con riferimento al secondo quesito, si ritiene che per tutte le valute virtuali detenute dall'Istante, vale a dire anche per quelle di cui detenga direttamente la chiave privata, sussista l'obbligo di monitoraggio fiscale di cui al DL n. 167 del 1990 e conseguentemente, l'Istante sia tenuta alla compilazione del Quadro RW, del Modello Redditi PF 2021, secondo le indicazioni sopra riportate e meglio specificate nelle istruzioni allegate al medesimo Modello.

    Allegati:
  • Redditi esteri

    Pensionati esteri: imposta sostitutiva al 7% anche sui c/c esteri

    Con Risposta a interpello n 766 del 9 novembre 2021 le Entrate si occupano dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF, prevista per le persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera per i redditi prodotti all'estero (articolo 24-ter del DPR 22 dicembre1986, n. 917).

    L'Istante, persona fisica residente in Germania, intende trasferire la propria residenza fiscale in uno dei Comuni del mezzogiorno con meno di 20.000 abitanti. 

    A partire dal mese di settembre/ottobre 2021, l'Istante percepirà una pensione che sarà "erogata dallo Stato Federale della Germania "HESSEN", quindi da un ente pubblico per la sua attività di avvocato". 

    L'Istante dichiara di detenere: 

    • conti correnti/depositi che producono interessi 
    • una partecipazione pari al 95 per cento di una società, con sede in Liechtenstein, dalla quale lo stesso Istante percepisce dividendi
    • dei lingotti d'oro che sono depositati presso una banca estera e che in futuro potrebbero essere ceduti. 

    Egli chiede di sapere: 

    a) se possa accedere al regime per l'applicazione dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF, prevista per le persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera di cui all'art 24-ter del TUIR e con quali modalità;

    b) se gli altri redditi prodotti all'estero (interessi e gli altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari nonché i dividendi percepiti) sono soggetti all'applicazione dello stesso regime;

    c) quali siano gli effetti, ai fini dell'accesso al regime opzionale, in caso di omesso o parziale versamento dell'imposta sostitutiva. 

    Pensionati esteri: imposta sostitutiva al 7% anche sui c/c esteri

    Le Entrate riepilogano la normativa dettata dall'articolo 24-ter del TUIR che prevede un nuovo regime di imposizione sostitutiva dell'IRPEF per le persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera e in particolare prevede che: «le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), erogati da soggetti esteri, che trasferiscono in Italia la propria residenza ai sensi dell'articolo 2, comma 2, in uno dei comuni appartenenti al territorio delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, e in uno dei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti compresi negli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, possono optare per l'assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all'estero, individuati secondo i criteri di cui all'articolo 165, comma 2, a un'imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7 per cento per ciascuno dei periodi di imposta di validità dell'opzione».

    Successivamente rispondono quanto segue:

    • con la circolare 17 luglio 2020, n. 21/E, sono stati forniti i chiarimenti sull'ambito applicativo della disciplina in esame,
    • l'opzione per il regime consente al contribuente di assoggettare a imposizione sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7 per cento per ciascuno dei periodi d'imposta di validità dell'opzione, i redditi di qualunque categoria prodotti all'estero, individuati ai sensi dell'articolo 165, comma 2, del Tuir. 
    • quest'ultima disposizione stabilisce che «i redditi si considerano prodotti all'estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato».

    Inoltre, come chiarito nella citata circolare n. 21/E del 2020, viene ripreso l'approccio già adottato dall'ordinamento ai fini del credito d'imposta per redditi prodotti all'estero, basato sulla lettura "a specchio", secondo cui i redditi si considerano prodotti all'estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall'articolo 23 del Tuir per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato da parte di soggetti non residenti, applicati con un metodo rovesciato.

    In base all'articolo 23, ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti, un reddito è da considerare come prodotto nel territorio dello Stato quando sia possibile stabilirne il collegamento con una fonte produttiva situata in Italia, sulla base di precisi parametri che il legislatore interno ha tipizzato. 

    Reciprocamente, un reddito si considera prodotto all'estero soltanto nelle ipotesi esattamente speculari a quelle normativamente previste, a prescindere dai criteri di collegamento adottati dallo Stato della fonte.

    Tutto ciò premesso, con riferimento alla fattispecie in esame, si ritiene che l'Istante, dal periodo d'imposta 2022 ed al ricorrere delle altre condizioni previste dal citato articolo 24-ter del Tuir, possa beneficiare del regime in argomento, esercitando la relativa opzione nel Modello Redditi PF 2023. 

    Nel caso di specie, sulla base di quanto già chiarito dalla prassi, rientrano, quindi, nell'ambito applicativo dell'imposta sostitutiva del 7 per cento gli interessi derivanti da conti correnti e depositi bancari detenuti presso le descritte banche estere nonché eventuali plusvalenze che si dovessero generare dalla cessione dei lingotti d'oro, detenuti nelle cassette di sicurezza presso banche estere nonché i dividendi percepiti in relazione alla partecipazione posseduta nella Società estera.

  • Redditi esteri

    Titolari di redditi di pensione estera : particolarità e benefici

    La Circolare n 21/E del 17 luglio della Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al regime agevolato per le persone fisiche titolari di redditi di pensione estera introdotto con la Legge di bilancio 2019, ed in particolare ha spiegato alcuni casi di esclusione da tale regime di uno o più stati esteri per volontà del contribuente.

    Inoltre ha specificato quali sono le ulteriori agevolazioni ai fini della IVAFE e della IVIE per chi opta per tale regime.

    Il regime in oggetto ricordiamolo, prevede l’assoggettamento all’imposta sostitutiva, con aliquota del 7%, di qualsiasi categoria di redditi prodotti all’estero dalle persone fisiche titolari di redditi da pensione estera che abbiano avuto la residenza fiscale all’estero e che la trasferiscono nel Mezzogiorno d’Italia. 

    Per approfondimenti si legga lo speciale “Titolari di pensione estera residenti in Italia e imposta sostitutiva”

    I contribuenti che intendano approfittare della agevolazione in questione esercitando l’opzione in dichiarazione dei redditi, possono, stando a quanto chiarisce la circolare, manifestare la volontà di non avvalersi della applicazione di tale regime con riferimento ai redditi prodotti in uno o più stati esteri. 

    L'esclusione dall’imposta sostitutiva per certi stati, va esercitata come opzione espressa nella dichiarazione dei redditi nella quale si opta per l’applicazione, o con successiva modifica della stessa, avendo diritto per i redditi prodotti negli stati espressamente esclusi, all’applicazione del regime ordinario di tassazione. 

    In altri termini il contribuente può scegliere come assoggettare a tassazione i redditi prodotti nei diversi stati esteri

    Si precisa che una volta escluso un dato stato estero e di conseguenza aver scelto di tassare in modo ordinario i redditi prodotti in quello stato, non si potrà più modificare l’opzione di esclusione. 

    Si potrà solo eventualmente ampliare l’opzione di esclusione ad altri stati. 

    Da evidenziare che l’esclusione di uno o più stati non azzera il termine di durata della stessa opzione, cioè il termine di validità dei dieci anni che decorre dalla data di esercizio della prima opzione e a nulla rilevano le successive modifiche. 

    La circolare specifica che per i redditi prodotti in quei Paesi o territori per i quali il contribuente non ha ritenuto di esercitare l’opzione valgono le ordinarie regole di tassazione vigenti per le persone fisiche residenti in Italia con eventuale diritto al beneficio del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, se spettante. 

    Vi è da sottolineare inoltre che i contribuenti che hanno optato per questa agevolazione usufruiscono anche di un ulteriore vantaggio e cioè: 

    • esonero dall’obbligo di monitoraggio fiscale 
    • esonero dal pagamento dell’IVIE 
    • esonero dal pagamento dell’IVAFE 

    Per quanto riguarda il primo punto la Legge di Bilancio 2019 chiarisce che i soggetti che si avvalgono della imposta sostitutiva per i redditi prodotti all’estero e che hanno trasferito la residenza in Italia nei comuni del Mezzogiorno come di sopra indicato, non sono tenuti al monitoraggio fiscale per le attività e gli investimenti esteri, ossia non dovranno indicarli nella dichiarazione dei redditi. 

    Per ciò che riguarda il secondo punto tali soggetti sono esenti dall’IVIE ossia l’imposta dovuta sul valore degli immobili situati all’estero e detenuti a titolo di proprietà o di altro diritto reale dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso essi siano destinati. 

    Ricordiamo che sono soggetti passivi dell’imposta IVIE: 

    • il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati;
    • il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi (e non il titolare della nuda proprietà); 
    • il concessionario nel caso di concessione di aree demaniali; 
    • il locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria. 

    L’esenzione dal pagamento di tale imposta si applica nel caso in cui gli immobili siano detenuti direttamente dai soggetti che hanno optato per il regime in esame o siano detenuti per il tramite di una società fiduciaria, nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte anche se l’effettiva disponibilità degli immobili è da attribuire a persone fisiche residenti.

    Per quanto riguarda l'ultimo punto, vi è esenzione del pagamento dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio (IVAFE) Si ricorda che l’IVAFE è un’imposta dovuta da soggetti residenti per le attività finanziarie detenute all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale.

  • Redditi esteri

    Fattura elettronica verso San Marino obbligatoria nel decreto crescita

    Il decreto crescita,approvata ieri sera, il cui testo attende la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, tenuto conto della peculiarità degli scambi italo-san marinesi, caratterizzato dalla libera circolazione delle merci e dalla diffusa capillarità, nonché dell'entrata in vigore dal 1° gennaio 2019, dell'obbligo di fatturazione elettronica generalizzato per tutte le operazioni poste in essere tra soggetti residenti o stabiliti in Italia,  prevede anche nei rapporti commerciali tra Italia e San Marino l'obbligo di fatturazione in modalità elettronica, anziché attraverso la fattura emessa in formato cartaceo e in quattro esemplari come previsto dal citato dm 24 dicembre 1993.

    In generale, questo intervento normativo dovrebbe semplificare gli adempimenti certificativi, allineandoli a quelli applicabili sul territorio italiano, consolidando i rapporti economici tra i due Stati e introduce un più efficace strumento di compliance nel corretto assolvimento dell' im posta nell'interesse di entrambi gli Stati.

    Restano in ogni caso ferme le ipotesi di esonero dall'obbligo di fatturazione elettronica previste da specifiche disposizioni di legge, tra le quali

    • quelle previste per i soggetti passivi che rientrano nel cosiddetto "regime di vantaggio"
    • quelle per i soggetti che applicano il regime forfettario
    • quelle per i soggetti passivi che hanno esercitato l'opzione di cui agli articoli l e 2 della L. n. 398 del 1991 che abbiano conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000, per il 2019 i soggetti tenuti all'invio dei dati al sistema tessera sanitaria.

    L' efficacia della disposizione è però subordinata alla modifica del d.m. 24 dicembre 1993, da adottare sulla base di un accordo tra i due Stati ai sensi dell'articolo 71 del d. P.R. n. 633 del 1972, al fine di adeguare le disposizioni alle richieste di applicare la fatturazione elettronica anche alle operazioni attive e passive tra l' Italia e San Marino.
    Le specifiche tecniche relative alle modalità di fatturazione elettronica saranno individuate con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.