• Dichiarazione 730

    Contributi alla Cassa del coniuge defunto: chiarimenti per la deducibilità

    Con la Risposta a interpello n 190 del 21 luglio le Entrate hanno chiarito un aspetto fiscale di particolare interesse per pensionati ed eredi di ex dipendenti aderenti a casse assistenziali aziendali. 

    Il quesito riguarda la possibilità di dedurre dal reddito da pensione i contributi sanitari versati da un coniuge superstite, anche per familiari non fiscalmente a carico.

    L’istanza è stata presentata da una pensionata, vedova di un ex dipendente di un gruppo bancario, iscritto a una Cassa di assistenza sanitaria aziendale.

    Dopo il decesso del coniuge, la contribuente ha continuato a versare volontariamente i contributi alla stessa Cassa per sé e per il figlio, non a carico fiscalmente.

    Il dubbio riguarda la deducibilità di tali contributi dal reddito di pensione, in analogia con quanto previsto per i lavoratori dipendenti e i pensionati che proseguono la copertura sanitaria integrativa.

    Contributi alla Cassa del coniuge defunto: chiarimenti per la deducibilità

    Secondo l'articolo 51 comma 2 lett a) del TUIR non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente o assimilato (compreso quindi il reddito da pensione) i contributi assistenziali versati a enti o casse con fini esclusivamente assistenziali, nel limite di 3.615,20 euro annui.

    Tali enti devono essere:

    • iscritti all’Anagrafe dei Fondi Sanitari (DM Salute 31/03/2008);
    • operare in base a principi di mutualità e solidarietà;
    • conformi a contratti collettivi o regolamenti aziendali.

    L'art 10 comma 1 lett e-ter dello stesso TUIR prevede invece la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi versati ai fondi integrativi del SSN, con limiti simili, ma con finalità diverse rispetto agli enti assistenziali aziendali.

    La differenza tra le due norme è fondamentale: solo l’art. 51 consente l’esclusione dal reddito da pensione, mentre l’art. 10 si applica ai versamenti deducibili dal reddito complessivo.

    L’Agenzia nella risposta a interpello n 190/2025 conferma che la Cassa oggetto dell’interpello, in quanto ente con finalità esclusivamente assistenziali, rientra tra quelli indicati all’art. 51, comma 2, lett. a) del TUIR.

    In particolare, viene riconosciuto che:

    • anche i pensionati possono beneficiare della stessa esclusione dei dipendenti;
    • la qualità di associato spetta ai superstiti (coniuge o figlio inabile), a condizione che il rapporto venga mantenuto attivamente;
    • i contributi versati in favore di familiari non a carico (es. figli) sono comunque inclusi nel beneficio fiscale, se previsti da regolamento aziendale o statuto.

    Dove indicare la deduzione nel modello 730

    Qualora il sostituto d’imposta non abbia considerato l’esclusione dal reddito imponibile, il contribuente può comunque portare in deduzione i contributi nella dichiarazione dei redditi nel Modello 730, rigo E26, codice “21” (Altri oneri deducibili) con il limite annuo complessivo: € 3.615,20 ed è possibile includere anche i contributi per familiari non fiscalmente a carico.

    È quindi importante che CAF e professionisti verifichino con attenzione l’eventuale presenza di queste situazioni per i clienti pensionati, al fine di evitare errori o mancati benefici.

    Questa risposta delle Entrate conferma un principio rilevante: la continuità del trattamento fiscale anche per i superstiti di ex dipendenti, laddove lo statuto dell’ente assistenziale lo consenta.

  • Lavoro estero

    Tassazione in Italia anche per premi maturati all’estero: regole ADE

    Cosa accade quando un dipendente riceve un premio da una società estera, ma al momento dell’erogazione è fiscalmente residente in Italia? 

    È questo il dubbio trattato nella Risposta a interpello n. 199/2025, recentemente pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, che rettifica la posizione precedentemente assunta nella Rispota n 81/2025. Leggi anche: Bonus dipendenti maturati in diversi Paesi: il trattamento fiscale.

    Nel caso dell'interpello n 199/2025 una società tedesca, con stabile organizzazione in Italia, ha sottoposto il caso di un dipendente coinvolto in un Long Term Cash Bonus Plan.

    Il lavoratore aveva maturato un premio triennale mentre era impiegato nel Regno Unito, ma ha poi trasferito la residenza fiscale in Italia prima della data di erogazione effettiva del bonus. 

    Il premio oggetto di interpello rientrava in un piano di incentivazione triennale, con erogazioni successive legate alla permanenza in azienda (vesting period) e il bonus è stato incassato dopo il trasferimento in Italia.

    Vediamo i dettagli della risposta ADE.

    Tassazione in Italia anche per premi maturati all’estero

    L'Agenzia supera e corregge la precedente posizione espressa con l’interpello n. 81/2025 puntando l'attenzione sulla residenza fiscale al momento della percezione del bonus.

    In particolare, nella risposta n 81 l’Agenzia aveva dostenuto che, ai fini convenzionali, la residenza andasse verificata con riferimento al momento della maturazione del reddito e non a quello dell’incasso, ora cambia rotta.

    Oggi con la risposta n 199 viene chiarito che l'intero importo del bonus è tassabile in Italia se il dipendente è fiscalmente ivi residente, nel momento in cui riceve l’emolumento, anche se parte della prestazione lavorativa è stata svolta all’estero.

    L’art. 51 del TUIR prevede infatti il principio di onnicomprensività, secondo cui sono imponibili tutte le somme percepite "in relazione al rapporto di lavoro", a prescindere dal periodo in cui si sono maturate.

    La risposta richiama l’art. 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito: la potestà impositiva spetta sia allo Stato della residenza sia a quello della fonte, ma spetta all’Italia eliminare la doppia imposizione tramite il credito d’imposta.

    La stabile organizzazione italiana dovrà effettuare le ritenute su tutti i bonus erogati, anche se maturati in periodi di lavoro svolto all’estero. 

    Attenzione al fatto che, se le ritenute non sono state applicate in passato in base a quanto indicato nella risposta n. 81/2025, non saranno applicate sanzioni se si provvede ora ai versamenti, grazie alla tutela prevista dallo Statuto del contribuente (art. 10, c. 2, L. 212/2000).

    Il chiarimento offre una tutela importante per le aziende: nessuna sanzione o interesse sarà dovuto se il comportamento errato è stato adottato in buona fede seguendo una precedente indicazione dell’Agenzia.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Regime IVA IOSS: le novità dalla Direttiva UE n 1539

    La Direttiva UE 2025/1539 adottata dal Consiglio lo scorso 18 luglio viene pubbliucata sulla Gazzetta dell'Unione il giorno 25 luglio e contiene norme per incentivare l'uso del regime speciale IVA noto come IOSS.

    Tale regime IOSS (Import One Stop Shop) vuoole rendere più efficace la riscossione dell’IVA gravante sulle vendite a distanza di beni importati.

    La direttiva entra in vigore dal prossimo 14 agosto, ma le relative disposizione hanno decorrenza dal 1° luglio 2028 e dovranno essere recepite dai singoli Stati membri Ue nelle legislazioni nazionali.

    In genereale ricordiamo che il regime IOSS consente di registrarsi in un unico Stato membro per dichiarare e versare l’IVA dovuta in relazione alle vendite a distanza di beni importati, di valore non superiore a 150 euro, effettuate in tutti gli Stati membri Ue.

    Con le modifiche apportate alla Direttiva 2006/112/CE si prevede che i fornitori che effettuano vendite rientranti nell’ambito applicativo dell’IOSS, senza essere registrati al regime speciale, diventeranno, di norma, debitori dell’IVA all’importazione e dell’IVA sulle vendite a distanza negli Stati membri di destinazione finale dei beni, con il conseguente obbligo di registrarsi ai fini IVA in ciascuno di tali Stati.

    Regime IVA IOSS: le novità dalla Direttiva UE n 1539

    In particolare, tra le altre le novità, l'articolo 201 della Direttiva  2006/112/CE viene così modificato:                                                            

    • 1.   all'importazione l'IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d'importazione,
    • 2.   in deroga al paragrafo 1 del presente articolo, il fornitore o, se del caso, il fornitore presunto a norma dell'articolo 14 bis, paragrafo 1, che effettua vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi che sarebbero ammissibili al regime speciale di cui al titolo XII, capo 6, sezione 4, è il debitore dell'IVA all'importazione,
    • 3.   se il fornitore o il fornitore presunto di cui al paragrafo 2 del presente articolo non è stabilito nella Comunità ma in un paese terzo con cui né l'Unione né lo Stato membro di importazione hanno concluso un accordo di assistenza reciproca di portata analoga alla direttiva 2010/24/UE (*1) del Consiglio e al regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, tale fornitore o fornitore presunto designa un rappresentante fiscale nello Stato membro di importazione quale debitore dell'IVA all'importazione.

    Attenzione al fatto che gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 30 giugno 2028 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 

    Essi informano immediatamente la Commissione.
    Essi applicano tali misure a decorrere dal 1° luglio 2028.
    Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

    Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle misure principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

  • Dichiarazione 770

    Armatore persona fisica: senza attività commerciale non è sostituto d’imposta

    L’Agenzia delle entrate con la Consulenza Giuridica n 10 del 15 luglio ha chiarito che un armatore persona fisica, che non esercita attività commerciale, non può essere sostituto d’imposta neppure su sua scelta e non può effettuare la ritenuta a titolo di acconto sugli stipendi del personale di bordo, non rientrando nelle categorie previste dalla norma.

    Armatore persona fisica: senza attività commerciale non è sostituto d’imposta

    Il chierimento parte dall'articolo 23, comma 1, del Dpr n. 600/1973 che stabilisce che i soggetti obbligati ad applicare la ritenuta d'acconto sui redditi da lavoro dipendente sono:

    • enti, società, 
    • persone fisiche con imprese commerciali o agricole, professionisti,
    • e altre categorie specifiche,

     ma non include i privati che non svolgono attività commerciale.

    In pratica nel caso di specie un armatore persona fisica, si valuta se possa essere qualificato come sostituto d'imposta, ossia se possa, su propria opzione, effettuare la ritenuta d'acconto sugli stipendi dei propri dipendenti.

    L'articolo 23 del Dpr n. 600/1973 stabilisce che la ritenuta d'acconto sui redditi da lavoro dipendente è obbligatoria solo per determinati soggetti, tra cui non rientrano gli armatori persona fisica che pagano i propri dipendenti.

    Tuttavia, secondo l'Istante, l'articolo non esclude esplicitamente che altri soggetti, come un armatore persona fisica, possano agire come sostituti d'imposta su opzione. 

    La risposta dell’Agenzia nega questa possibilità evidenziando che, l’articolo 23 del Dpr n.600/1973 nel disciplinare le ritenute sui redditi di lavoro dipendente, individua in modo tassativo i soggetti che sono sostituti d’imposta ovvero  «gli enti e le società indicati  nell'articolo 87, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le società e associazioni indicate nell'articolo 5 del predetto testo unico e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell'articolo 51 del citato testo unico, o imprese agricole, le persone fisiche che esercitano arti e professioni, […], i quali corrispondono somme  e valori di cui all'articolo 48 dello stesso testo unico […]», prevedendo che gli stessi  «devono operare all'atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa». 

    Pertanto, un armatore persona fisica che non esercita attività commerciale non può opzionare di diventare sostituto d'imposta e di conseguenza non può effettuare la ritenuta d'acconto sugli stipendi del personale di bordo, in quanto non rientra nelle categorie previste dalla norma.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Tessile e Moda: decreto di assegnazione dei contributi 2025

    Il MIMIT ha pubblicato il decreto di assegnazione dei contributi per il settore tessile e della moda.

    Ricordiamo che il 3 giugno sono scadute le domande per l'incentivo finalizzato al sostegno di programmi di investimento, sull’intero territorio nazionale, nella filiera primaria di trasformazione in Italia di fibre tessili di origine naturale provenienti anche da processi di riciclo dei processi di concia della pelle, con particolare attenzione alla certificazione della loro sostenibilità per quanto concerne il riciclo, la lunghezza di vita, il riutilizzo, la biologicità e l’impatto ambientale.

    La misura è stata istituita dall’articolo 10 della Legge n. 206 del 27 dicembre 2023, recante “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy” che ha previsto una dotazione finanziaria di 15 milioni di euro, poi rifinanziata dalla Legge di Bilancio per l'anno 2025 (Legge 30 dicembre 2024, n. 207) per un ammontare pari a 15, 5 milioni di euro per il triennio 2025-2027.

    La dotazione finanziaria complessiva è pari a 30,5 milioni di euro.

    Con il Decreto interministeriale del 10 dicembre 2024 il MIMIT ha fissato le regole per l'agevolazione.

    Successivamente con Decreto Direttoriale 26 febbraio 2025 , sono stati definiti i termini e le procedure per l’apertura dello sportello, nonché modalità di presentazione delle domande dal 3 aprile prossimo e la documentazione necessaria per l’accesso alle suddette agevolazioni.

    Clicca qui per l'elenco dei beneficiari nel Decreto 14 agosto del MIMIT.

    Di seguito il riepilogo delle regole.

    Agevolazioni PMI Tessile e Moda: i beneficiari

    Le agevolazioni sono rivolte a micro, piccole e medie imprese, che, alla data di presentazione della domanda, siano regolarmente costituite, iscritte e attive nel Registro delle imprese e svolgano almeno una delle attività identificate dai seguenti codici della classificazione ATECO 2007:

    • ATECO 13 (Industrie Tessili);
    • ATECO 15.11 (Preparazione e concia del cuoio).

    Agevolazioni PMI Tessile e Moda: le modalità di erogazione

    Le agevolazioni sono concesse a ciascuna impresa con le seguenti modalità:

    • a) per i programmi di investimento comportanti spese ammissibili di importo non superiore a euro 100.000,00 (centomila/00), nella forma del contributo a fondo perduto nella misura del 60% (sessanta per cento) delle spese ammissibili;
    • b) per i programmi di investimento comportanti spese ammissibili di importo superiore ad euro 100.000,00 (centomila/00) e fino ad euro 200.000,00 (duecentomila/00):
      1. nella forma del contributo a fondo perduto, nei limiti delle intensità di cui alla precedente lettera a), per la quota di spese ammissibili fino ad euro 100.000,00 (centomila/00);
      2. nella forma del finanziamento agevolato, nella misura del 80% (ottanta per cento) delle spese ammissibili eccedenti il valore di euro 100.000 ,00 (centomila/00) e fino a 200.000,00 (duecentomila/00).

    Il contributo a fondo perduto è concesso nei limiti delle risorse disponibili. In caso di esaurimento delle predette risorse, le agevolazioni saranno concesse dal soggetto gestore nella sola forma di finanziamento agevolato nella misura dell’80% (ottanta per cento) delle spese ammissibili fino ad euro 200.000,00 (duecento/mila).

    Le agevolazioni sono concesse, nei limiti e alle condizioni previste dal Regolamento de minimis, nella forma del contributo a fondo perduto e del finanziamento agevolato, secondo quanto definito all’articolo 8 del decreto interministeriale 10 dicembre 2024.

    Attenzione al fatto che le agevolazioni sono concesse da Invitalia, secondo l’ordine definito in graduatoria sulla base delle risorse disponibili.

    Agevolazioni PMI Tessile e Moda: spese ammissibili

    Ai fini dell’ammissibilità alle agevolazioni, i programmi di investimento devono prevedere spese ammissibili complessivamente non inferiori a 30.000,00 euro e classificabili come spese di investimento.

    I beni relativi ai programmi di investimento devono essere fisicamente individuabili e installati presso l’unità produttiva interessata dal programma di investimento e risultare iscritti nei libri contabili come immobilizzazioni (materiali e immateriali).

    Nello specifico sono ammissibili le spese relative a:

    • a) acquisto di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica, comprese le relative spese di installazione;
    • b) formazione del personale dedicato all’uso dei nuovi macchinari pari ad un massimo del 20% del bene bene ammesso all’agevolazione;
    • c) acquisto di brevetti o acquisizione di relative licenze d’uso;
    • d) spese connesse all’acquisizione della certificazione di sostenibilità di prodotto o di processo, compresi gli oneri di verifica finalizzati all’acquisizione della suddetta certificazione rilasciati da organismi di conformità accreditati;
    • e) acquisto di nuove licenze software per la tracciabilità della filiera;
    • f) spese per attività di ricerca industriale o sviluppo sperimentale, complessivamente nel limite del 30% della somma delle spese di cui ai punti precedenti, riconducibili a:
      1. spese per il personale dipendente, limitatamente a tecnici, ricercatori e altro personale ausiliario, adibito alle attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale oggetto del progetto, con esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali;
      2. strumenti e attrezzature, nuovi di fabbrica (diversi da quelli previsti dall’art. 7 comma 1 lettera a) del decreto 10 dicembre 2024 nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il progetto.

    Sono ammissibili solo le spese che risultino sostenute successivamente alla presentazione della domanda di agevolazione.

    Agevolazioni PMI Tessile e Moda: le linee di intervento

    Le linee di intervento della misura per il Tessile e la Moda riguardano i seguenti programmi:

    • "crescita e innovazione" con investimenti finalizzati all’aumento della capacità produttiva, nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale e riduzione degli sprechi e certificati da soggetti qualificati;
    • "sostenibilità ambientale" con l’acquisizione di beni strumentali, certificazioni ambientali di prodotto e di processo, utilizzo di fibre tessili di origine naturale e di materiali provenienti da processi di riciclo e di scarto di lavorazioni.

    Per i programmi di investimento comportanti spese di importo non superiore a 100mila euro, il contributo a fondo perduto concesso sarà pari al 60% delle spese.

    Per i programmi di investimento comportanti spese tra 100mila e 200mila euro, il contributo a fondo perduto sarà pari al 60% delle spese fino a 100.000 euro e con finanziamento agevolato all’80% per la quota restante.

    Le spese dovranno riguardare:

    • l’acquisto e l’installazione di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica;
    • la formazione del personale dedicata all’uso dei nuovi macchinari; 
    • l’acquisto di brevetti, licenze d’uso, certificazioni di sostenibilità di prodotto o di processo, nuove licenze software per la tracciabilità della filiera; 
    • attività di ricerca industriale o sviluppo sperimentale.

    Invitalia svolgerà l’istruttoria per l’ammissione alle agevolazioni.

    Con successivo decreto direttoriale saranno individuati i termini per la presentazione delle domande di agevolazione, gli schemi in base ai quali devono essere presentate e l’ulteriore documentazione utile allo svolgimento dell’attività istruttoria da parte del soggetto gestore.

    Agevolazioni PMI Tessile e Moda: domande entro il 3 giugno

    I termini per la presentazione delle domande sono stati aperti dalle ore 12:00 del giorno 3 aprile 2025 e sono scadytu alle ore 12:00 del giorno 3 giugno 2025.
    Le domande di agevolazione devono essere redatte in lingua italiana e presentate dalle imprese proponenti, esclusivamente tramite la procedura informatica.

    Dal sito di invitalia si legge che:
    • dalle 12.00 del 27 marzo 2025 le imprese possono registrarsi e scegliere un eventuale delegato, accedendo alla sezione “Anagrafica e deleghe”. La registrazione dell'impresa è propedeutica e necessaria per la presentazione della domanda,
    • la compilazione e la presentazione delle domande è possibile dalle 12.00 del 3 aprile 2025 alle 12.00 del 3 giugno 2025 accedendo all'area riservata.

    A tal fine è necessario:

    • essere in possesso di un’identità digitale (SPID, CNS, CIE) ,
    • accedere all'area riservata per compilare online la domanda,
    • disporre di una firma digitale e di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC).

    L’accesso alle agevolazioni avverrà sulla base di una procedura valutativa a graduatoria. Quest'ultimasarà stilata sulla base degli indicatori e dei criteri contenuti nell’Allegato 1 del decreto interministeriale10 dicembre 2024.

    A breve sarà disponibile in questa pagina la documentazione per inviare la domanda e la guida alla presentazione.

    Attenzione: a seguito della presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni, all’impresa richiedente viene comunicato il Codice unico di progetto (CUP) che deve essere presente sulle fatture relative alle prestazioni agevolate. Ogni fattura deve riportare la dicitura “Agevolazioni di cui all’articolo 11 della legge n. 206 del 2023 – Progetto ID …………. CUP ……………”. 

    Con riferimento ai titoli di spesa in formato elettronico, la suddetta dicitura può essere apposta nell’oggetto o nel campo note; se non è possibile inserire per esteso la dicitura è necessario, comunque, l’inserimento del CUP all’interno della fattura elettronica, tenuto conto delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 6 e 7, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni dalla legge 21 aprile 2023, n. 41.

    Clicca qui per l'elenco dei beneficiari nel Decreto 14 agosto del MIMIT.

  • Il Condominio

    Nudo proprietario e usufruttuario: diritti e obblighi verso il condominio

    Lo Studio numero 24-2025/C del Consiglio Nazionale del Notariato, pubblicato il 4 giugno 2025 sul sito istituzionale dell’ente, affronta il coordinamento tra le norme civilistiche e quelle sul condominio, nel caso in cui un immobile sia gravato da un diritto reale come l’usufrutto.

    Nel caso in esame il proprietario dell’immobile è colui che ne detiene la nuda la proprietà, ma il diritto all’uso e a goderne è in capo all’usufruttario: in questa particolare situazione, che si differenzia in modo sostanziale dal caso in cui l’immobile sia detenuto in piena proprietà, i rapporti di relazione con il condominio, in termini di ripartizione di diritti e oneri tra le parti interessate, possono assumere contorni poco definiti, che lo studio del Notariato è intenzionato a chiarire.

    L’obbligo di comunicazione al condominio

    In via preliminare va chiarito che, in base all’articolo 1130 comma 1 numero 6 del Codice civile, è obbligo delle parti interessate comunicare all’amministratore del condominio la situazione della proprietà dell’immobile, con gli annessi diritti reali di godimento, affinché questi possa aggiornare l’anagrafe condominiale.

    Se, nel corso del tempo, i dati comunicati subiscono variazioni (ad esempio per modifica o estinzione di diritti reali minori), anche tali modifiche devono essere comunicate all’amministrazione condominiale entro il termine di sessanta giorni e in forma scritta.

    Lo Studio 24-2025/C evidenzia che si rileva un difetto di coordinamento fra l’articolo 1130, numero 6, del Codice civile (il quale prevede la comunicazione all’amministratore di ogni modifica dei dati condominiali in forma scritta) e l’articolo 63, comma 5, delle Disposizioni attuative del Codice civile (secondo cui deve essere trasmesso all’amministratore in copia autentica il titolo che determina il trasferimento del diritto sul bene):  secondo il Notariato il conflitto va risolto in favore dell’articolo 1130, numero 6, del Codice civile; per cui l’obbligo di comunicazione può essere assolto con una semplice dichiarazione di avvenuta stipula, rilasciata dal notaio rogante e provvista di tutte le indicazioni utili all’amministratore ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale.

    La partecipazione in assemblea

    La partecipazione in assemblea condominiale costituisce il diritto principale che il proprietario di un immobile può far valere nei confronti del condominio. Quando un immobile non si trova in piena proprietà, la partecipazione in assemblea assume dei connotati specifici, in quanto il diritto viene ripartito tra nudo proprietario e usufruttario.

    Ai sensi dell’articolo 67, commi 6 e 7, delle Disposizioni attuative del Codice civile:

    • per le deliberazioni riguardanti questioni di ordinaria amministrazione o il godimento di cose e servizi comuni, il voto in assemblea condominiale spetta all’usufruttario;
    • per le deliberazioni riguardanti innovazioni, ricostruzioni o manutenzione straordinaria delle parti comuni, il voto spetta al nudo proprietario.

    In conseguenza di ciò l’amministrazione condominiale, a seconda dell’ordine del giorno, dovrà convocare l’usufruttario eo il nudo proprietario, in modo che ognuno di essi possa votare in modo distinto.

    Il Notariato puntualizza che anche l’usufruttuario è legittimato a impugnare le delibere assembleari inerenti l’approvazione di lavori straordinari, così come il nudo proprietario può impugnare le delibere concernenti spese di manutenzione ordinaria: ciò in conseguenza di quel vincolo di solidarietà fra usufruttuario e nudo proprietario grazie al quale ogni delibera è direttamente e immediatamente azionabile contro entrambi, di cui si dirà nel prosieguo dell’articolo.

    Le spese condominiali

    Seguendo la stessa logica che governa l’esercizio del diritto di voto in assemblea, le spese condominiali vanno ripartite tra usufruttario e nudo proprietario in base alla loro natura, come disposto dagli articoli 1004 e 1005 del Codice civile; con maggiore precisione:

    • sono a carico dell’usufruttario le spese e gli oneri relativi “alla custodia, all’amministrazione e alla manutenzione ordinaria del bene”;
    • sono a carico del nudo proprietario le spese di manutenzione straordinaria, quelle volte a garantire la solidità strutturale del bene.

    Ai fini di una corretta ripartizione delle spese, risulta necessario chiarire cosa si intende, in questo frangente, con spese di manutenzione straordinaria a carico del nudo proprietario.

    In via preliminare va ricordato che il comma 2 dell’articolo 1004 del Codice civile, nel dare all’usufruttuario l’onere della manutenzione ordinaria, addossa a questi anche le riparazioni straordinarie divenute necessarie a seguito dell’inadempimento degli obblighi di manutenzione ordinaria. Nota infatti il Notariato che “l’onere in esame diviene obbligo per l’usufruttuario, quando al suo inadempimento si colleghi il sorgere di esigenze straordinarie, che si sarebbero evitate con la manutenzione ordinaria”. Quando il rifiuto ad adempiere le opere di manutenzione ordinaria mettono a rischio l’integrità dell’immobile, in base all’articolo 1015 del Codice civile è possibile persino la revoca dell’usufrutto.

    Definito ciò, e rilevato che sul tema esiste una sorta di conflitto tra le norme del Codice civile e quelle sul condominio, secondo lo Studio 24-2025/C del Consiglio Nazionale del Notariato:

    • all’usufruttuario […] viene attribuito l’onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione e il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva, con la relativa responsabilità”;
    • al nudo proprietario sono, invece, attribuite le opere che incidono sulla struttura e la destinazione della cosa, in quanto incidenti sull’utilizzazione del bene nel momento in cui la servitù personale (usufrutto, uso o abitazione che sia) giunga a estinzione e la proprietà, grazie all’elasticità che la contraddistingue, si riespanda pienamente”.

    Di conseguenza è obbligo dell’amministratore del condominio ripartire le spese condominiali in funzione di questi principi; però va precisato che, in base al comma 8 dell’articolo 67 delle disposizioni attuative del Codice civile, in ogni caso nudo proprietario e usufruttario sono solidalmente responsabili per il pagamento delle spese condominiali, a prescindere dalla loro natura.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Contributi diretti 2024 Imprese Editrici: piattaforma aperta fino al 30 settembre

    Riattivata la piattaforma per la gestione delle domande per l’ammissione ai contributi diretti per l’anno 2024 a favore delle imprese editrici di quotidiani, editi e diffusi in Italia o all’estero, e delle imprese editrici di periodici editi e diffusi in Italia.

    Per il riepilogo delle regole leggi anche: Contributi Quotidiani e Periodici: domande entro il 31 gennaio

    Contributi diretti 2024 Imprese Editrici: piattaforma aperta fino al 30 settembre

    Con avviso del 18 luglio il Dipartimento specifica che la piattaforma per le domande del contributo in oggetto rimarrà aperta fino al 30 settembre 2025, data entro la quale le imprese dovranno procedere, a pena di decadenza, all’inserimento dei dati e dell’ulteriore documentazione istruttoria prevista:

    • dall’art. 2, commi 4 e 5, del DPCM 28 luglio 2017 (giornali diffusi sul territorio nazionale)
    •  e dall’art. 2, comma 3, del DPCM 15 settembre 2017 (quotidiani italiani diffusi all’estero) ovvero dell’intera documentazione indicata nei suddetti provvedimenti, ove non prodotta unitamente alla domanda.

    Gli editori possono accedere alla piattaforma, raggiungibile all'indirizzo:

    Una volta inseriti i dati, i prospetti e le dichiarazioni sostitutive previsti per legge saranno generati automaticamente dalla piattaforma, fatti salvi alcuni campi che dovranno essere compilati a cura dell’editore.

    La modulistica, certificata dal revisore ove richiesto dalla legge, dovrà essere poi ricaricata sulla piattaforma unitamente alle relazioni di certificazione e al bilancio di esercizio per il successivo invio.

    Attenzione al fatto che sono sempre disponibiliti per i supporto tecnico i seguenti recapiti:

  • Rimborso Iva

    Dichiarazione omessa: il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta a credito

    In base al comma 7 dell’articolo 2 del DPR 322/1998 una dichiarazione presentata entro il termine di 90 giorni dalla data di scadenza si considera valida, pur essendo sanzionabile per il ritardo; una dichiarazione trasmessa oltre tale termine di 90 giorni si considera invece omessa, ma costituisce comunque “titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d'imposta”.

    Chiarito, quindi, che anche in caso di dichiarazione cosiddetta ultratardiva le imposte da essa scaturenti sono comunque liquidate, la domanda che si pone è cosa succede nell’opposto caso in cui dalla dichiarazione emerge una imposta a credito.

    Il contribuente ha il diritto di chiedere il rimborso di queste imposte, anche quando la dichiarazione fiscale da cui scaturiscono è stata trasmessa oltre il termine dei 90 giorni dalla scadenza (e quindi si considera omessa)?

    La prassi è intervenuta sulla questione con la Risoluzione numero 82 del 24 dicembre 2020: qui, l’Agenzia delle Entrate sostiene che “per il riconoscimento del credito emergente dalla dichiarazione omessa, il contribuente è comunque tenuto a presentare istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 602”.

    Ciò vuol dire che, secondo l’Agenzia, trasmettere una dichiarazione fiscale oltre il termine della scadenza dei 90 giorni, con la quale si richiede il rimborso dell’imposta attraverso la compilazione a rimborso del quadro RX (o del quadro VX in caso di dichiarazione annuale IVA), non è sufficiente per chiedere e ottenere il rimborso; diversamente, secondo la prassi, dovrebbe essere trasmessa una separata richiesta di rimborso all’ente, ex articolo 38 del DPR 602/1973.

    Il diverso parere della Corte di Cassazione

    Di ben diverso avviso la Corte di Cassazione, la quale, con l’ordinanza numero 18715, pubblicata il 9 luglio 2025, afferma che la richiesta di rimborso effettuata attraverso la dichiarazione fiscale (compilando a rimborso i quadri RX o VX, rispettivamente per i redditi e l’IVA), presentata oltre il termine dei 90 giorni dalla scadenza della trasmissione della stessa, è da considerarsi comunque valida, anche se la dichiarazione con cui viene trasmessa è omessa; o, per meglio dire, usando le parole della Corte, “la dichiarazione ultratardiva, in quanto inesistente, non fa sorgere il diritto al rimborso risultante dalla stessa, salvo che nella stessa dichiarazione non sia stata formulata una esplicita richiesta in tal senso”, per cui il contribuente ha “l'onere di formulare una espressa istanza al riguardo”, ma “detta istanza […] può ritenersi validamente rappresentata anche dalla dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, ove in essa egli non si sia limitato ad esporre il credito d'imposta, ma ne abbia specificamente domandato il rimborso”.

    In sostanza, presentando una dichiarazione dei redditi o dell’IVA oltre il termine dei 90 giorni dalla scadenza, richiedendo a rimborso l’eventuale imposta a credito compilando il quadro RX o VX, comporta la legittimità della trasmissione dell’istanza di rimborso, anche se questa è contenuta all’interno di una dichiarazione che si considera omessa.

    Quindi il ritardo comporta l’omissione della dichiarazione, ma non della richiesta di rimborso in questa contenuta.

    Ciò presumibilmente perché, ai fini della validità della domanda di rimborso, le norme non prevedono uno specifico vincolo temporale o formale, per cui, nel momento in cui la richiesta è a conoscenza dell’amministrazione fiscale, anche trasmessa attraverso una dichiarazione fiscale che per diverse motivazioni si considera omessa, l’istanza acquisisce comunque validità.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Transizione 5.0: aggiornamento della piattaforma e nuove funzionalità

    Con l’intervento di manutenzione della piattaforma “Transizione 5.0”, svolto nella giornata del 7 agosto, sono state introdotte le seguenti funzioni, pensate per semplificare le procedure e ampliare le possibilità per le imprese beneficiarie del credito d’imposta.

    Nuove funzionalità disponibili dopo l’aggiornamento

    1. Energy Service Company come beneficiaria

    Gli utenti potranno indicare una Energy Service Company (ESCo) quale soggetto beneficiario del credito d’imposta.

    2. Segnalazione del cumulo con altre agevolazioni

    Sarà possibile dichiarare l’eventuale cumulo con altre misure di sostegno già ottenute o richieste per i medesimi costi ammissibili.

    3. Sostituzione di beni materiali

    Per i beni compresi nell’Allegato A, sarà consentito indicare la sostituzione con un bene equivalente, già ammortizzato da almeno 24 mesi alla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio.

    4. Semplificazioni per beni di valore inferiore a 300.000 €

    Per beni con spesa inferiore a 300.000 euro, in alternativa alla perizia asseverata o alla certificazione di un ente accreditato, sarà possibile caricare una dichiarazione del legale rappresentante del soggetto beneficiario.

    5. Aggiornamento delle categorie di impianti termici

    La tipologia “Energia termica da fonte geotermica” sarà sostituita da: “Energia termica da fonte geotermica, acqua/acqua e acqua/aria”. Restano invariati i massimali previsti dalla Tabella 2b, Sezione II, del DM 24 luglio 2024.

    Dove trovare istruzioni e approfondimenti

    La Guida all’utilizzo del portale TR5, con spiegazioni dettagliate e indicazioni operative, è disponibile nella sezione dedicata del sito GSE, che qui alleghiamo.

  • Locazione immobili 2024

    Imposta di registro su canoni di locazione retroattivi dopo rinuncia alla disdetta

    A seguito di una rinuncia alla disdetta di un contratto di locazione con effetto retroattivo, le somme già versate come indennità di occupazione (e tassate come tali) si trasformano in canoni di locazione.

    Di conseguenza, il contribuente non perde quanto pagato in più (la diversa aliquota prevista per le due fattispecie comporta il versamento di un’imposta superiore al dovuto), ma ha diritto a chiedere il rimborso o a compensare l’imposta eccedente con l'imposta dovuta per le annualità successive dello stesso contratto, purché rispetti il termine di tre anni e presenti la documentazione adeguata.

    Questo il chiarimento fornito dall'Agenzia delle Entrate con l'Interpello n. 207 dell’8 agosto 2025 riguarda un caso che ha coinvolto un locatore e l’Agenzia del Demanio.
    La società istante aveva locato immobili a Torino, Genova e Imperia a diverse amministrazioni pubbliche, con contratti registrati a partire dal 2013. Tra dicembre 2021 e dicembre 2022, sia il locatore che il conduttore avevano formalizzato la disdetta dei contratti. Alla scadenza, però, gli immobili non erano stati liberati e l’occupazione era proseguita senza titolo.

    Per il 2023 erano quindi state corrisposte indennità di occupazione, considerate di natura risarcitoria e tassate con imposta di registro al 3%, ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, Parte I, del DPR 131/1986.

    La novità normativa e la retroattività

    La situazione è cambiata con la Legge di Bilancio 2024 (art. 1, comma 69, L. 213/2023), che ha introdotto la possibilità per chi aveva disdetto il contratto di rinunciare agli effetti della disdetta stessa. Se accettata, la rinuncia retroagisce alla data della disdetta, assicurando la prosecuzione del rapporto locatizio agli stessi termini previsti per il rinnovo automatico.

    Nel caso in esame, tra aprile e maggio 2024 le parti hanno formalizzato la rinuncia alla disdetta per tutti gli immobili. Questo ha comportato la trasformazione delle indennità di occupazione in veri e propri canoni di locazione, soggetti all’imposta di registro dell’1% prevista per i fabbricati strumentali locati da soggetti IVA.

    Il problema fiscale: imposta versata in eccesso

    L’istante si è quindi trovato ad aver pagato un’imposta più alta di quella dovuta.

    Per le annualità 2022-2023 e 2023-2024 aveva già versato complessivamente circa 88.778 euro (calcolati al 3%), mentre l’imposta effettiva, all’1%, ammontava a circa 75.071 euro.

    La domanda posta all’Agenzia delle Entrate era se fosse possibile:

    • autoliquidare l’imposta all’aliquota corretta dell’1%;
    • compensare verticalmente l’imposta versata in eccesso con quella dovuta per le annualità successive;
    • oppure chiedere il rimborso dell’eccedenza.

    La risposta dell’Agenzia delle Entrate

    L’Agenzia ha confermato che, essendo retroattivo l’effetto della rinuncia, i canoni devono essere tassati all’1% e che quindi l’imposta versata in più può essere recuperata.

    In particolare:

    • rimborso: può essere richiesto ai sensi dell’art. 77, comma 1, TUR, entro tre anni dal momento in cui è sorto il diritto alla restituzione, che coincide con l’accettazione della rinuncia alla disdetta.
    • compensazione: in alternativa, l’eccedenza può essere imputata all’imposta dovuta per le annualità successive degli stessi contratti, sempre entro il termine triennale.

    L’Agenzia sottolinea che spetta all’Ufficio competente valutare la spettanza del rimborso o della compensazione e procedere di conseguenza.

    Allegati: