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Redditi PF 2024 e credito riacquisto casa: istruzioni
Il Modello Redditi PF 2024 da presentare per via telematica, va inviato entro il 15 ottobre 2024 ed è relativo all'anno di imposta 2023
Tale modello accoglie nel fascicolo 1 il Quadro CR Crediti d’imposta che deve essere utilizzato per calcolare e/o esporre alcuni crediti d’imposta.
Tra questi vi è quello da indicare nel rigo CR7 con il credito di imposta per il riacquisto casa, vediamo come compilarlo.
Redditi PF 2024 e credito riacquisto casa: istruzioni
Il rigo CR 7 del quadro CR del Modello Redditi PF 2024 deve essere compilato se si è maturato un credito d’imposta a seguito del riacquisto della prima casa.
L’importo del credito d’imposta è pari all’ammontare dell’imposta di registro o dell’IVA corrisposta in relazione al primo acquisto agevolato; in ogni caso detto importo non può essere superiore all’imposta di registro o all’IVA dovuta in relazione al secondo acquisto.
Tale credito d’imposta spetta anche a coloro che hanno acquistato l’abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente fino al 22 maggio 1993 (e che quindi non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni per la “prima casa”), purché dimostrino che alla data di acquisto dell’immobile ceduto erano comunque in possesso dei requisiti necessari in base alla normativa vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”, e questa circostanza risulti nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso.
Attenzione al fatto che, questo rigo, non deve essere compilato da coloro che hanno già utilizzato il credito di imposta:
- in diminuzione dell’imposta di registro dovuta sull’atto di acquisto agevolato che lo determina;
- in diminuzione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, ovvero delle imposte sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito.
L’articolo 1, comma 55, della legge di stabilità 2016 dispone che l’agevolazione può essere fruita anche quando la vendita della prima casa posseduta avviene entro un anno dalla data del nuovo acquisto. Quindi, si ha il credito d’imposta:
- a) sia nella situazione della alienazione anteriore di non oltre un anno a un nuovo atto di acquisto agevolato;
- b) sia nella situazione in cui l’alienazione della casa già posseduta avvenga entro l’anno successivo al nuovo acquisto agevolato.
Il rigo CR7 va compilato come segue:
- Colonna 1 (Residuo precedente dichiarazione): riportare il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa che non ha trovato capienza nell’imposta risultante dalla precedente dichiarazione,
- Colonna 2 (Credito anno 2023): riportare il credito d’imposta maturato nel 2023, spettante ai soggetti che si trovano nelle seguenti condizioni:
- nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e la data di presentazione della dichiarazione hanno acquistato un immobile usufruendo delle agevolazioni prima casa;
- l’acquisto è stato effettuato entro un anno dalla vendita di altro immobile acquistato usufruendo delle agevolazioni prima casa oppure se la vendita dell’altro immobile acquistato usufruendo dell’agevolazione prima casa è effettuata entro un anno dall’acquisto della nuova prima casa;
- non siano decaduti dal beneficio prima casa.
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Comunità energetiche: trattamento fiscale chiarito dalle Entrate
Con Risoluzione n 37 del 22 luglio le Entrate specificano il trattamento fiscale dei contributi alle CER da parte del GSE.
Sinteticamente, il corretto trattamento fiscale degli incentivi erogati dal Gestore dei servizi elettronici e restituiti da una Comunità energetica rinnovabile ai propri associati che hanno concorso all'autoconsumo di energia, deve essere valutato in base alla natura del soggetto che riceve le somme.
Vediamo maggiori dettagli della Risoluzione.
Comunità energetiche: trattamento fiscale chiarito dalle Entrate
In data 8 aprile 2024 è stata avviata l'apertura dei portali del Gse per presentare le istanze di ammissione agli incentivi, che comprendono, fra l'altro una tariffa incentivante ventennale calcolata in funzione dell'energia condivisa (tariffa premio) e un contributo di valorizzazione (contributo Arera).
A tal proposito la disciplina transitoria prevista dall'articolo 42-bis del Dl 162/2019 ha previsto la possibilità di sperimentare l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e di Comunità energetiche rinnovabiliCon l'emanazione del Dlgs n. 199/2021 “I clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili” purché siano rispettati specifici requisiti.
Le Entrate hanno ricordato che obiettivo della comunità deve essere quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o alle aree locali e non quello di realizzare profitti finanziari.La comunità è un soggetto di diritto autonomo che include, fra l’altro, persone fisiche, Pmi, associazioni, enti territoriali e autorità locali, enti di ricerca, religiosi e del terzo settore, nonché le amministrazioni locali. La partecipazione a tali comunità energetiche non può costituire per le imprese attività commerciale principale.
L’Agenzia ricorda i chiarimenti sul corretto trattamento tributario delle somme erogate dal GSE a queste comunità sperimentali, forniti con la risoluzione n. 18/2021 e con la risposta all’interpello n. 37/2022, richiamate dall'istante.
La risoluzione ha precisato che ai fini fiscali rileva il solo corrispettivo per la vendita dell'energia immessa in rete che si configura come reddito diverso (articolo 67, comma 1, lettera i) del Tuir).
La risposta n. 37/2022, riguardante un gruppo di comunità energetiche strutturate come enti non commerciali ha chiarito identicamente che i proventi derivanti dalla vendita dell'energia sono riconducibili alla categoria dei “redditi diversi”.
La circolare n. 23/2022 ha chiarito che per i soggetti diversi da quelli che producono reddito d’impresa, ai fini fiscali rileva solo il corrispettivo per la vendita di energia eccedente l’autoconsumo istantaneo.
Tale chiarimento vale anche per le somme erogate dal Gse ad una Comunità energetica costituita nella forma di ente non commerciale che assumono rilevanza per il fisco solo per la quota eccedente l’autoconsumo.
L’Agenzia rileva che, come stabilito dal citato articolo 32 del Dlgs n. 199/2021, i clienti finali partecipanti possono demandare alla Comunità la “gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE”.Tale rapporto è un mandato senza rappresentanza in cui la Cer, in qualità di referente, gestisce tutti i rapporti con il Gse, compreso l'incasso degli incentivi.
Alla luce di tutto ciò premesso, l'ade ha chiarito che:- il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota che eccede l'autoconsumo istantaneo ricevuto dal Gse e attribuito ai partecipanti assume rilevanza reddituale in capo ai singoli membri, e non in capo alla Cer, per cui il trattamento fiscale sarà differenziato in base alla natura del soggetto percipiente, come chiarito dai citati documenti di prassi;
- considerati gli obiettivi sociali e ambientali perseguiti dalle comunità energetiche, l’Agenzia esclude che la spartizione degli incentivi ricevuti dalla Cer ai partecipanti della comunità configuri una distribuzione di utili, non costituendo tali incentivi “profitti finanziari”.
Il Codice del terzo settore ha previsto che l'attività di condivisione e i relativi scambi economici fra la Cer e gli utenti non costituiscono un profitto finanziario, ma l'esercizio dell'attività di un interesse condiviso.
La Cer, in quanto ente associativo, non può distribuire utili e avanzi di gestione, né può effettuare cessioni di beni e prestazioni di servizi agli associati (articolo 8, Dlgs n.117/2017).
In conclusione, si specifica che la restituzione da parte di una Comunità energetica rinnovabile costituita nella forma di ente del terzo settore delle somme ai propri associati non costituisca aggiramento del principio di divieto di distribuzione degli utili.
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Concordato preventivo biennale: flat tax sui redditi incrementali
Il Legislatore si è reso conto quanto il Concordato preventivo biennale, nella sua formulazione attualmente in vigore, rappresenti uno strumento poco appetibile per il contribuente.
La questione era stata evidenziata dalle associazioni di categoria e dagli ordini professionali.
Constatato l’alto rischio di flop, per uno strumento che non presenta abbastanza incentivi per accettare un surplus di costi che è certo, in un contesto macroeconomica che è incerto, il Governo, prima della pausa estiva, vuole mettere mano ad alcuni meccanismi di funzionamento del Concordato preventivo biennale, per aumentarne l’appetibilità per il contribuente.
Le modifiche in discussione, che recepiscono i pareri delle commissioni parlamentari competenti, a causa delle tempistiche di approvazione, della pausa estiva e delle scadenze programmate per accettare la proposta, possibilmente saranno le ultime per quest’anno.
In questo contesto, quindi, si cerca di trovare una soluzione, quella soluzione che potrebbe risollevare le sorti di un provvedimento molto rappresentativo per il Governo in carica, ma che, da subito, ha incontrato le perplessità dei commentatori e degli operatori.
Tassazione sostitutiva sugli incrementi reddituali
La misura che dovrebbe cambiare il destino del provvedimento interessa il costo fiscale dell’operazione, al fine di aumentare l’appetibilità dello strumento per il contribuente.
Attualmente, accettando la proposta di Concordato preventivo biennale, il contribuente accetta di versare imposte e contributi su un reddito figurativo superiore a quello realizzato nell’anno in cui si accetta la proposta.
La novità in discussione si basa sulla possibilità di applicare una tassazione sostitutiva non progressiva, quella che ormai gergalmente e impropriamente viene chiamata flat tax, agli incrementi reddituali scaturenti dall’adesione al Concordato preventivo biennale.
L’imposta sostitutiva dovrebbe avere una aliquota inferiore sia alle aliquote progressive dell’Irpef previste a parità di reddito, sia all’unica aliquota dell’Ires: come detto, l’obiettivo è di rendere più appetibile l’adesione al Concordato riducendo il carico fiscale.
Fondamentalmente il contribuente verserebbe l’Irpef o l’Ires, nella sua forma regolare, per una parte di reddito, e una imposta sostitutiva, ad aliquote minori, per un’altra parte del reddito figurativo, quello incrementativo.
La misura dovrebbe interessare sia i soggetti ISA che i contribuenti in regime forfetario, e la fattibilità dipenderà anche dal costo della copertura finanziaria del provvedimento.
Di certo questa ipotesi può costituire uno stimolo per coloro i quali ipotizzano di poter effettivamente conseguire i redditi concordati, ma meno per coloro i quali hanno una prospettiva di stagnazione.
Inoltre, i soggetti Ires o in generale i contribuenti che non sono obbligati al versamento dei contributi previdenziali, con ogni probabilità, saranno più sensibili alla novità, proprio per il fatto che, non essendo obbligati al versamento dei contributi previdenziali, potranno godere di un maggiore guadagno fiscale rispetto a coloro che invece ne sono soggetti: il fatto è che l’ipotesi in commento incide appunto solo sull’imposta e non sui contributi, che reteranno dovuti in misura piena anche per la parte incrementale, dato che la base imponibile resta invariata.
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Visto di conformità ai Tributaristi negato dalla Consulta
Con la Sentenza n. 144 del 2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative alla estensione del visto di conformità ai tributaristi.
Ricordiamo che l'Associazione Nazionale dei Tributaristi Lapet aveva sollevato motivi di incostituzionalità dell’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 sul rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi.
Il Consiglio di Stato aveva sospeso il giudizio e rimandato alla Corte eventuali decisioni in merito allo stesso argomento. Vediamo in dettaglio cosa ha statuito la Corte Costituzionale.
Visto ai tributaristi: non fondata la questione di incostituzionalità
La Corte Costituzionale conferma la legittimità del perimetro dei professionisti abilitati a rilasciare il visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi e Iva, e in particolare:
- gli iscritti negli Albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro» (lettera a)
- e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria
Viene bloccata la richiesta di allargamento anche ai tributaristi sollevata dalla Associazione Lapet dei tributaristi che aveva portato il Consiglio di Stato dubbi sull’articolo 35, comma 3, del Dlgs 241/1997 rispetto agli articoli 3, 41 e 117, comma 1, della Costituzione.
La sentenza 144/2024 della Consulta conclude che:
"la scelta operata dal legislatore non è sproporzionata, in quanto una disciplina meno restrittiva, che consentisse il rilascio del visto di conformità a chiunque presti liberamente consulenza fiscale, non offrirebbe le medesime garanzie di attitudine, di affidabilità e di sottoposizione dei professionisti a controlli stringenti, che possono condurre alla sospensione o alla cessazione della loro attività".
Inoltre, dalle motivazioni si legge che:
"il rilevante interesse pubblico correlato al rilascio del visto di conformità, che non si risolve nella mera predisposizione e trasmissione delle dichiarazioni o nella tenuta delle scritture e dei dati contabili, ma è diretto ad agevolare e rendere più efficiente l’esercizio dei poteri di controllo e di accertamento dell’amministrazione finanziaria, con assunzione della relativa responsabilità (si pensi, ad esempio, alla corretta determinazione degli oneri detraibili collegati al cosiddetto superbonus edilizio)".
Accolta con Favore la Sentenza in oggetto dal Presidente del CNDCEC Elbano De Nuccio mentre non si arrende il Presidente della Lepet Falcone che attende la decisione del Consiglio di Stato dopo la pronuncia della Consulta.
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Tax credit sponsorizzazioni sportive: domande entro il 10.08
Il Dipartimento dello sport informa che entro il 10 agosto è possibile richiedere sulla apposita piattaforma il credito di imposta per le sponsorizzazioni sportive per le spese sostenute nel I trimestre 2023.
Successivamente verrà pubblicato un avviso per le altre spese dell'anno 2023.
Vediamo tutte le regole della agevolazione.
Credito sponsorizzazioni sportive: che cos’è e i beneficiari
La legge di bilancio 29/12/2022 n. 197, art. 1, comma 615, lettera a), ha apportato modificazioni all’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, e ha esteso il credito di imposta, già previsto per l’anno 2022, anche per gli investimenti effettuati tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2023, prevedendo che il contributo riconosciuto, sotto forma di credito d'imposta, non possa essere comunque superiore a 10.000,00 euro per ogni soggetto richiedente.
Il tetto massimo complessivo autorizzato dalla norma è pari a euro 35.000.000,00.
I destinatari della misura sono:
- i lavoratori autonomi, le imprese e gli enti non commerciali che hanno effettuato investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, nei confronti di leghe che organizzano campionati nazionali a squadre,
- ovvero società sportive professionistiche e società e associazioni sportive dilettantistiche iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (che ha sostituito il precedente Registro CONI) in possesso dei seguenti requisiti:
- che siano operanti in discipline ammesse ai Giochi Olimpici e paralimpici;
- che svolgano attività sportiva giovanile;
- soggetti beneficiari i cui ricavi, di cui all'articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del Testo Unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, relativi al periodo d'imposta 2019 e comunque prodotti in Italia, siano almeno pari a 150.000,00 euro e non superiori a 15 milioni di euro;
- l'investimento in campagne pubblicitarie deve essere di importo complessivo non inferiore a 10.000,00 euro.
Il contributo, riconosciuto sotto forma di credito d'imposta, è pari al 50% degli investimenti effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 marzo 2023.
Credito sponsorizzazioni sportive: le domande entro il 10 agosto
La domanda di riconoscimento del suddetto contributo può essere effettuata tramite la piattaforma online attivata a partire dalle ore 12 dell’11 giugno 2024 e fino alle ore 23.59 del 10 agosto 2024.
Non saranno prese in considerazione domande che perverranno con modalità diversa da quella prevista o al di fuori dei termini stabiliti.
Si precisa che la procedura riguarda esclusivamente le richieste afferenti al primo trimestre 2023 e non al terzo trimestre 2023 che sarà oggetto di una successiva procedura
Ecco i passaggi per richiedere il credito di imposta:
Si sottolinea che per presentare la domanda occorrono i seguenti dati:
- Identificativi del contratto di sponsorizzazione (numero e data)
- Copia della fattura elettronica
- Copia della quietanza di bonifico o versamento assegno
- Dati relativi all'ente sponsorizzato (Denominazione, sede legale, codice fiscale / partita IVA, tipologia di sport olimpico praticato
- Dati relativi all'Asseveratore (dati personali, numero e albo di appartenenza)