• Enti no-profit

    Decreto Terzo settore: le novità approvate dal Governo

    Pubblicato in GU n 288 del 12 dicembre il Dlgs n 186/2025 con Disposizioni in materia di Terzo settore, crisi  d'impresa,  sport  e imposta sul valore aggiunto. 

    Il Decreto entra in vigore dal 13 dicembre.

    In materia fiscale, fra le principali modifiche, è stata inserita una proroga al 2036 dell’entrata in vigore delle norme che avrebbero richiesto l’assoggettamento agli obblighi strumentali ai fini IVA, di tenuta della contabilità e fatturazione, per gli enti benefici che svolgono prestazioni nei confronti dei propri associati. 

    Leggi anche IVA terzo settore: proroga al 2036             

    Commercialità terzo settore: cosa contine il Decreto

    Tra le novità di questo decreto, oltre alla auspicata proroga, già anticipata dal MEF e ora confermata, vi è anche l'introduzione del nuovo articolo 79 bis al CTS, Codice del Terzo settore che punta a risolvere gli effetti legati al passaggio dalle regole del Tuir a quelle del Cts. 

    In particolare, l’articolo 79 bis prevede che a fronte del mutamento di qualificazione fiscale delle attività svolte, da commerciale a non commerciale, le plusvalenze latenti sui beni strumentali non debbano essere tassate. 

    Ciò è previsto a condizione che l’ente eserciti l’opzione nella dichiarazione dei redditi e che i beni restino destinati allo svolgimento delle attività statutarie di interesse generale

    Attenzione però al fatto che la plusvalenza subisce una sorta di congelamento, e infatti, nel caso in cui i beni vengano successivamente ceduti, destinati a usi diversi o perduti, il beneficio viene meno e la plusvalenza torna a concorrere alla formazione del reddito. 

    Il decreto, al verificarsi di tali condizioni, consente comunque la rateizzazione dell’imposta fino a quattro anni, purché i beni siano stati posseduti dall’ente per almeno tre esercizi. 

    Di seguito la norma in dettaglio.

    In caso di passaggio di beni relativi all’impresa dall’attività commerciale a quella non commerciale, per effetto del mutamento della qualificazione fiscale di tale attività in applicazione delle disposizioni del presente decreto, gli enti del Terzo settore possono optare per la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile della plusvalenza di cui all’articolo 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a condizione e fintantoché i beni siano utilizzati dall’ente per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. 

    L’opzione di cui al presente comma è esercitata nella dichiarazione dei redditi.

    La plusvalenza sospesa ai sensi del comma 1 concorre a formare il reddito imponibile dell’ente:

    a) se i beni sono destinati dall’ente ad altre finalità diverse da quelle di cui al comma 1;

    b) se i beni sono ceduti a titolo oneroso o in caso di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni.

    Nell'ipotesi di cui al comma 2, lettera a), la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni all’atto della destinazione a finalità diverse ai sensi della medesima lettera a) e il costo non ammortizzato del bene all’atto del passaggio di cui al comma 1.

    Nelle ipotesi di cui al comma 2, lettera b), la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l'indennizzo conseguito all’atto della cessione o del risarcimento, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato del bene all’atto del passaggio di cui al comma 1.

    La plusvalenza determinata ai sensi dei commi 3 e 4 concorre a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è realizzata ai sensi del comma 2 ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta dell’ente del Terzo settore, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi.

    Terzo settore e regime forfettario

    L'articolo 2 rubricato Regime forfettario per le attività svolte dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale

    del decreto approvato, in attuazione dei principi di delega di cui all’articolo 7, comma 1, lettera g) della legge n. 111 del 2023 che prevedono una razionalizzazione della disciplina dell'IVA per gli enti del Terzo settore, anche al fine di semplificare gli adempimenti relativi alle attività di interesse generale, al  comma 1 modifica la soglia del regime forfettario applicabile dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato per le attività commerciali da questi svolte.

    La disposizione in commento prevede che, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale con ricavi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000 euro applicano il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 58 a 63, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 

    In sostanza, la norma innalza, da 65.000 euro a 85.000 euro, la soglia dei ricavi conseguiti entro la quale è consentito l’accesso al regime forfettario prevista dall’articolo 5, comma 15-quinquies, del D.L. n. 146 del 2021. 

    La citata disposizione prevede che, nell’attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del Codice del Terzo Settore, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale con ricavi, ragguagliati ad anno, ora non superiori a euro 85.000, possano applicare, ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all' articolo 1, commi da 58 a 63, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

    In questo modo, si è allineata la soglia di ricavi applicabile alle organizzazioni di volontariato e alle APS per l’accesso al regime forfettario a quella applicabile alle persone fisiche che intendono accedere al regime speciale, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 54, della legge n. 190 del 2014, così come modificato dall'articolo 1, comma 54, lettera a), della legge 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di bilancio 2023). 

    Il successivo comma 2 modifica l’articolo 86, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore), che disciplina il regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

    In particolare, il citato comma 2 fissa la soglia dei ricavi per l’accesso al regime a 85.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere armonizzata in sede europea. 

    Allegati:
  • Enti no-profit

    IVA terzo settore: proroga al 2036

    Pubblicato in GU n 288 del 12 dicembre il Dlgs n 186/2025 con Disposizioni in materia di Terzo settore, crisi  d'impresa,  sport  e imposta sul valore aggiunto. 

    Il Decreto entra in vigore dal 13 dicembre.

    Tra le norme quella che disciplina la proroga dell'entrata in vigore del regime IVA per gli enti in oggetto, e quindi la proroga per 10 anni dell'esclusione Iva.

    Vediamo maggiori dettagli.

    IVA terzo settore: proroga al 2036

    Il decreto legislativo, in attuazione della delega al Governo sulla riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111), introduce disposizioni in materia di terzo settore, crisi d’impresa, sport e imposta sul valore aggiunto.

    Attenzione al fatto che sul testo è stata acquisita l’intesa in Conferenza unificata, inoltre, sono state apportate modifiche che tengono conto dei pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari e delle interlocuzioni con la Commissione europea. 

    In materia fiscale, fra le principali modifiche, è stata inserita una proroga al 2036 dell’entrata in vigore delle norme che avrebbero richiesto l’assoggettamento agli obblighi strumentali ai fini IVA, di tenuta della contabilità e fatturazione, per gli enti benefici che svolgono prestazioni nei confronti dei propri associati.

    Il Sottosegretatio Mantovano a margine del Cdm ha commentato che: "è un risultato positivo e concreto. Il confronto con la Commissione europea ha permesso di riconoscere la specificità delle prestazioni che gli enti benefici svolgono nei confronti dei propri associati. Questo rinvio assicura la necessaria continuità operativa e la semplificazione degli adempimenti burocratici per una vasta platea di associazioni, tutelando efficacemente la loro missione sociale. Si è raggiunta una soluzione che garantisce stabilità al Terzo Settore, preservando il suo ruolo essenziale nel tessuto sociale della Nazione"

    Come evidenziato dalla relazione illustrativa al decreto, lo schema di norma in esame intende modificare l’articolo 1, comma 683, della legge n. 234 del 2021 (Legge di Bilancio 2022) per rinviare al 1° gennaio 2036 l’applicazione del nuovo regime di esenzione IVA per le operazioni realizzate dagli enti associativi di cui all’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, attualmente prevista per il 1° gennaio 2026.

    La modifica del regime fiscale IVA di talune prestazioni rese da enti associativi è stata disposta al fine di superare la procedura d’infrazione 2008/2010, con la quale la disciplina nazionale era stata censurata per aver escluso dal campo di applicazione dell’IVA le operazioni effettuate dagli enti associativi aventi una specifica natura o qualifica (associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona), dietro corrispettivo specifico o contributo supplementare e in ossequio ai fini istituzionali dell’ente.

    In tale contesto, è stato quindi integrato l’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 per rendere esenti dall’imposta le operazioni appena citate e precedentemente escluse dal campo di applicazione dell’IVA, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza.

    L’articolo 1, comma 683, della citata legge n. 234 del 2021 ha originariamente fissato la decorrenza del citato articolo 5, comma 15-quater al 1° gennaio 2024. 

    Con l’articolo 4, comma 2-bis, del DL n. 51 del 2023 il medesimo termine è stato posticipato al 1° luglio 2024; successivamente, l’articolo 3, comma 12-sexies, del DL n. 215 del 2023 ha previsto che l’articolo 5, comma 15-quater si applichi a decorrere dal 1° gennaio 2025; da ultimo, l’applicazione del citato articolo 5, comma 15-quater è stata prorogata al 1° gennaio 2026 con l’articolo 3, comma 10, del DL 27 dicembre 2024, n. 202. 

    La proroga è in linea con le osservazioni di cui alla lettera a) del parere della 6^ Commissione (Finanze) del Senato e di cui alla lettera b) del parere della VI Commissione (Finanze e tesoro) della Camera dei deputati, con le quali è stato chiesto al Governo di valutare l’adozione di misure volte a mantenere il vigente regime di esclusione dall'IVA per le operazioni poste in essere dagli enti associativi non commerciali.

  • IMU e IVIE

    Saldo IMU: entro il 16 dicembre

    L'IMU 2025 va versata entro il prossimo 16 dicembre. Ricordiamo che l’anno 2025 è il primo in cui i Comuni devono obbligatoriamente utilizzare il prospetto delle aliquote predisposto dal MEF per differenziare.

    Il 16 giugno scorso i contribuenti hanno versato l'IMU in una unica rata per l'anno 2025 oppure il primo acconto, che ora, con la scadenza deò 16 dicembre verrà saldato, vediamo come si versa.

    IMU 2025: come si paga

    Molti Comuni hanno adottato come modalità obbligatoria per il versamento dell’IMU il modello F24, con utilizzo degli specifici codici tributo. 

    Qualora invece il regolamento comunale lo prevede, si può effettuare i versamenti mediante bollettino di conto corrente.

    Vediamo una tabella di riepilogo con i codici tributo da utilizzare per la compilazione del modello F24:

    Codice tributo Imu Immobile Destinatario versamento
    3912 Abitazione principale e pertinenze Comune
    3913 Fabbricati rurali a uso strumentale Comune
    3914 Terreni Comune
    3916 Aree fabbricabili Comune
    3918 Altri fabbricati Comune
    3925 Fabbricati a uso produttivo categoria D Stato
    3930 Fabbricati a uso produttivo categoria D Comune

    Attenzione al fatto che, i contributenti che vantano altri crediti fiscali possono compensarli con l'F24 predisposto per l'IMU.

    IMU 2025: per quali immobili si paga

    L’IMU imposta municipale propria è dovuta in relazione agli immobili posseduti dal contribuente in ciascun comune tranne che per  l’abitazione principale e delle relative pertinenze, ricordando che  per abitazione principale si intende l’unico fabbricato nel quale il contribuente ha stabilito la dimora e la residenza.

    L'IMU è dovuta per:

    • fabbricati,
    • fabbricati rurali,
    • aree fabbricabilei,
    • terreni agricoli

    Per il calcolo dell'IMU dovuta per i fabbricati, tranne che per i fabbricati di categoria D, si fa riferimento alla rendita in Catasto vigente al 1° gennaio dell'anno dovuto, rivalutata del 5% e applicando lo specifico moltiplicatore di riferimento come di seguito riassunto:

    Categoria catastale Fabbricati Moltiplicatore
    A (diverso da A/10) – C/2 – C/6 – C/7 160
    B 140
    C/3 – C/4 – C/5 140
    A/10 e D/5 80
    D (escluso D/5) 65
    C/1 55

    Per quanto riguarda invece i terreni, la base imponibile è costituita dal reddito dominicale risultante in Catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, a cui applicare un moltiplicatore di 135.

    Attenziono al fatto che ricorrono, per i terreni dei casi di esenzione:

    • se ubicati nei Comuni montani elencati nella circolare n. 9/1993. Leggi anche Esenzione IMU 2025 terreni agricoli montani: elenco dei comuni 
    • se ubicati nelle cosiddette “isole minori” indicate nell’allegato A della Legge n. 448/2001
    • per i coltivatori diretti e gli Iap, purché iscritti nell’apposita previdenza, l’esenzione spetta per tutti i terreni non edificabili, ovunque ubicati posseduti e condotti da parte di tali soggetti;
    • terreni a immutabile destinazione agrosilvopastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile sono del tutto esenti.

    La base imponibile per le aree fabbricabile è data dal valore venale in comune commercio.

    Leggi anche IMU 2025: tutte le novità di quest'anno per approfondire i casi di riduzione o esenzione.