• Dichiarazione Redditi Persone Fisiche

    Rimborsi spese taxi ai dipendenti: chiarimenti ADE

    La Risposta n. 302/2025 ribadisce un principio chiave: il rimborso delle spese di trasporto, come i taxi, non è imponibile solo se pagato con strumenti tracciabili. In caso contrario, come accade per i pagamenti in contanti, l’importo rimborsato concorre a formare reddito da lavoro dipendente e, quindi, è soggetto a tassazione IRPEF.

    Rimborso taxi per missione in Italia: quando è imponibile

    L’interpello è stato presentato da un Ministero, che ha esposto il caso di una dipendente impegnata in tre missioni, sia in Italia sia all’estero. 

    Durante una di queste trasferte sul territorio nazionale, la lavoratrice ha utilizzato il taxi pagandolo in contanti, e il Ministero si è posto il dubbio sul corretto trattamento fiscale del rimborso.

    L’ente ha richiesto se, alla luce delle disposizioni in vigore, il rimborso di tali spese potesse essere escluso dalla formazione del reddito da lavoro, o se invece fosse da assoggettare a tassazione.

    Rimborsi spese taxi ai dipendenti: imponibili o no?

    Secondo la soluzione proposta dal Ministero, l’art. 51, comma 5 del TUIR (D.P.R. 917/1986) imporrebbe la tassazione del rimborso, proprio perché il pagamento è avvenuto in contanti

    L’ente si è quindi orientato ad applicare la ritenuta IRPEF sul rimborso, usando l’aliquota massima prevista per il dipendente (23%, 35% o 43%), in base allo scaglione di reddito di appartenenza.

    L’Agenzia ha confermato quanto ipotizzato dall’istante, in base al principio di onnicomprensività previsto dall’articolo 51, comma 1 del TUIR, tutti i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro concorrono alla formazione del reddito, salvo espresse deroghe.

    Tra queste deroghe rientrano i rimborsi spese per trasferte fuori dal territorio comunale, ma solo a determinate condizioni: nel caso specifico, il pagamento del servizio taxi deve avvenire con strumenti tracciabili, come bonifici bancari, carte di credito, bancomat, o altri mezzi previsti dall’art. 23 del D.Lgs. n. 241/1997.

    La norma mira a favorire la trasparenza nei rimborsi e a contrastare possibili abusi, e proprio per questo, l’Agenzia sottolinea che la tracciabilità del pagamento è condizione essenziale affinché il rimborso non venga considerato reddito.

    Nel caso in esame, il pagamento del taxi in contanti non consente la verifica oggettiva dell’effettivo sostenimento della spesa. 

    Di conseguenza, il rimborso da parte del datore di lavoro non rientra tra le spese escluse da imposizione, e va quindi soggetto a tassazione IRPEF, con ritenuta applicata all’aliquota marginale.

    La Risposta 302/2025 conferma che la fiscalità dei rimborsi spese dipende non solo dalla natura della spesa, ma anche dal modo in cui viene effettuato il pagamento. Per evitare che i rimborsi taxi siano considerati reddito, i dipendenti dovranno utilizzare sistemi tracciabili, anche per importi contenuti.

    Un richiamo alla prudenza, valido per tutte le amministrazioni pubbliche e aziende che gestiscono trasferte e missioni del personale.

    Allegati:
  • IUC (Imu - Tasi - Tari)

    Canone unico occupazione suolo pubblico: esenti anche le targhe

    Pubblicata in GU del 3 dicembre la legge di conversione del DDL Semplificazioni, tra le novità alcune nuove esenzioni per il canone unico di occupazione del suolo pubblico.

    Canone unico occupazione suolo pubblico: esenti anche le targhe

    L’articolo 8 del DDL convertito in legge e in vigore dal 18 dicembre, amplia una delle categorie esenti dal pagamento del canone unico per l’occupazione di aree pubbliche, inserendovi anche le targhe (oltre alle insegne) che contraddistinguono anche i cantieri (oltre alle sedi) in cui si svolge l’attività a cui si riferiscono.
    L’articolo 8, inserito nel corso dell’esame al Senato, interviene su una disposizione della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019) relativa al canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (cd. “canone unico”)

    Tale canone è stato istituito dal 1° gennaio 2021 per riunire in una sola forma di prelievo le entrate relative all’occupazione di aree pubbliche e la diffusione di messaggi pubblicitari.
    Nello specifico, l’articolo 8 interviene sull’art. 1, comma 833, della predetta legge di bilancio che disciplina le esenzioni dal canone, modificandone la lettera l).
    La lett. l) attualmente vigente prevede che siano esenti dal canone le insegne di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati, relative all’esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi, che indicano la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono.
    Con la modifica in esame, si prevede che siano esenti non solo le insegne, ma anche le targhe che contraddistinguono non solo la sede ma anche il cantiere, ove si svolge l’attività cui si riferiscono (la superficie indicata è la medesima, ossia fino a massimo 5 metri quadrati).

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Dehors: proroga fino al 2027 per le autorizzazioni del periodo emergenziale

    L’articolo 50 della legge n 181/2025 pubblicata in GU del 3 dicembre, introduce misure relative ai cd. dehors, alla riforma degli incentivi alle imprese e ai prodotti confezionati. 

    Le regole entrano in vigore dal 18 dicembre prossimo.

    Dehors: proroga fino al 2027 per le autorizzazioni del periodo emergenziale

    Nello specifico, il comma 1 dell'art 50 interviene sulla normativa relativa all’installazione delle strutture amovibili utilizzate dagli imprenditori commerciali per ampliare la superficie del proprio esercizio (dehors), innovando la disciplina e modificandone alcuni termini.
    Più nel dettaglio, si introducono modifiche all’articolo 26 della legge n. 193/2024 contenente la delega al Governo per il riordino delle norme sulla concessione di spazi pubblici di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio per l’installazione di strutture amovibili funzionali all’attività esercitata (cd. dehors).
    La lett. a) modifica il primo comma dell’articolo 26, prorogando al 31 dicembre 2026 il termine per l’esercizio della delega da parte del Governo, inizialmente previsto entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge 193/2024 (entrata in vigore avvenuta il 18 dicembre 2024).
    La lett. b) interviene sul comma 2, lettera i), dell’articolo 26, che prevede l’applicabilità delle disposizioni del decreto legislativo di riordino, anche ai dehors installati in virtù dei regimi autorizzatori transitorinora vigenti, articolo 9-ter, comma 5, del decreto-legge n. 137/2020, previa richiesta con
    apposita istanza.  

    Con la modifica in esame, si dispone che tale istanza debba essere presentata entro un congruo termine, e non più entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo.
    La lett. c) dispone l’introduzione, al comma 2 dell’articolo 26, dopo la lettera i), di un nuovo principio e criterio direttivo per l’esercizio della delega, con la nuova lettera i-bis).

    Nell’esercitare la delega bisogna consentire alle imprese di pubblico esercizio che hanno installato strutture amovibili fruendo delle deroghe previste dai regimi autorizzatori transitori di disporre di un adeguato lasso temporale per il ripristino dei luoghi, nel caso di diniego dell’autorizzazione paesaggistica, edilizia o culturale prevista dal Codice dei beni culturali.

    La lett. d), infine proroga ulteriormente il termine massimo stabilito per la validità dei titoli ottenuti per l’installazione di dehors ai sensi della normativa emergenziale, intervenendo sul comma 4 dell’articolo 26.

    Tale comma dispone che i titoli ottenuti per l’installazione dei dehors ai sensi della predetta normativa emergenziale (in particolare ex articolo 9-ter del D.L. n. 137/2020) rimangono validi fino all’entrata in vigore del decreto legislativo di riordino della normativa e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025. 

    A seguito della modifica introdotta dalla lett. d), quest’ultimo termine viene esteso fino al 30 giugno 2027

  • Crisi d'impresa

    Composizione negoziata e misure protettive: rilevante la condotta pregressa dell’impresa

    Il Tribunale di Prato con l’ordinanza n. 1105 del 26 ottobre 2025 ha stabilito che le misure protettive del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza vanno revocate per la condotta pregressa della società in crisi la quale, nel decennio precedente alla presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto indipendente, si è “autofinanziata” non versando l’Iva e le ritenute dovute all’Erario. 

    Vediamo ora i dettagli della causa.

    Composizione negoziata: rilevante la condotta pregressa dell’impresa

    La pronuncia in sintesi ha statuito che, nel caso in cui una società in crisi chieda, contestualmente all’istanza di nomina dell’esperto l’applicazione delle misure protettive del proprio patrimoni il giudice, in sede di udienza per la relativa conferma, valuta come dirimente l’indisponibilità dell’Amministrazione finanziaria a qualsiasi tipo di composizione negoziale, in ragione della pregressa condotta della società debitrice, rea di aver deliberatamente inadempiuto in maniera costante negli anni le proprie obbligazioni verso l’Erario, protraendo la continuità aziendale in situazione di sistematico dissesto finanziario.

    Nel caso di specie una società trovatasi in una situazione di crisi, ritenendo ragionevole il risanamento della propria attività, ha depositato apposita istanza nella piattaforma telematica per la nomina di un esperto indipendente, ai fini dell’accesso a una procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa, chiedendo contestualmente l’applicazione in proprio favore delle misure protettive del patrimonio.

    Successivamente, a stessa società chiedeva la conferma di tali misure di protezione con conseguente udienza fissata dal giudice, nella quale ha partecipato, in veste di creditore, la direzione provinciale delle Entrate della provincia.

    Nel proprio ricorso, la società ha proposto all’Erario un accordo transattivo (ex articolo 23, comma 2-bis, Ccii), con stralcio di interessi e sanzioni e soddisfacimento della sorte capitale, calendarizzata, con previsioni di pagamento tra il 65 e il 70% per ritenute/imposte e Iva.

    In udienza, le stesse Entrate hanno evidenziato come il carico erariale si era formato nel corso del decennio 2015/2025 in maniera pressocché costante e “cadenzata”, concretizzandosi in larghissima parte nel mancato versamento “annuale” dell’Iva dovuta all’Amministrazione finanziaria.

    Inoltre, veniva sottolineato il fatto che la società fosse rimasta in vita “autofinanziandosi” con il mancato riversamento dell’imposta sul valore aggiunto: contegno che non solo dimostrava un vulnus in materia di “meritevolezza” ma che induceva, altresì, l’ufficio a nutrire molti dubbi sulla sostenibilità del piano di risanamento (piano che, ovviamente, doveva necessariamente comportare una regolarità nel versamento delle imposte dovute all’Erario: regolarità che prima non c’era mai stata).

    Il piano della società prevedeva la parziale dispersione della forza lavoro. A tal proposito l’ufficio ha evidenziato che questo punto del piano si poneva in contrasto con quella che appariva come una delle finalità principali perseguite dal legislatore, quando aveva pensato di riscrivere l’intero impianto normativo legato alle crisi d’impresa e quindi la salvaguardia dei lavoratori.

    Con l’ordinanza in oggetto, viste tali circostanze ha revocato le misure protettive richieste dalla società, non ritenendo sussistenti i presupposti per la relativa conferma: in particolare, il giudice ha evidenziato come il vaglio della sussistenza della disponibilità dei soggetti interessati a intraprendere una trattativa per la composizione negoziale della crisi trovasse una risposta nella espressa indisponibilità dell’Amministrazione finanziaria, in quanto portatrice di un credito di un milione e 200.000 euro circa, su un indebitamento totale di un milione e 700.000mila euro circa. 

    Il Tribunale ha evendenziato che la presenza delle Entrate in undinze sia stato, “un elemento cardine e imprescindibile del progetto di risanamento presentato” il quale pone al centro l’intenzione di procedere a un accordo con l’Erario “non realizzabile stante la netta contrarietà manifestata da Agenzia delle Entrate Dir. Provv..”.

    Infine veniva evidenziato come la situazione contabile aggiornata avesse fatto emergere risorse destinabili al soddisfacimento dei creditori nettamente inferiori a quelle preventivate

  • Senza categoria

    Collegio Sindacale e vigilanza su AI: il documento del CNDCEC

    Il CNDCEC ha pubblicato le Linee Guida per il controllo del Collegio Sindacale sull'adozione di AI.

    In particolare, nelle premesse del documento si evidenzia come la crescente regolamentazione in materia di intelligenza artificiale (“IA”) richieda di affiancare alle scelte tecnologiche delle imprese un’adeguata attenzione ai profili di conformità, gestione dei rischi e responsabilità. 

    Vediamo la governance del Collegio Sindacale a tema AI.

    Collegio Sindacale e vigilanza su AI: il documento del CNDCEC

    Nel documento in oggetto viene sottolineato come le attività di vigilanza debbano essere calibrate secondo principi di proporzionalità e materialità e adeguate ai singoli casi concreti, basandosi su informazioni ragionevoli fornite dalle funzioni aziendali e, SE necessario, da competenze specialistiche esterne. 

    I Commercialisti propongono le seguenti sezioni:

    • gestione strategica della transizione verso l’IA;
    • valutazione strategica dell’IA;
    • supervisione della governance interna;
    • gestione dei rischi legati all’IA
    • compliance normativa e regolamentare;
    • utilizzo dei sistemi di IA da parte degli organi di governance.

    Tra i punti focali vi è quello della gestione dei rischi connessi all'uso di AI e si evidenzia che il Collegio deve vigilare sull'attività del management affinchè abbia ricompreso nel proprio modello almeno le seguenti tipologie:

    • rischi tecnici di performance, sicurezza del modello e dei dati, disponibilità e integrità;
    • rischi di bias e discriminazione ovvero di distorsioni nei dati e nei modelli;
    • rischi legali e di conformità;
    • rischi operativi e di terze parti;
    • rischi reputazionali e di diritti fondamentali.

    A tal proposito specifica il documento, il collegio sindacale acquisisce informazioni riguardanti il sistema di controllo interno sui sistemi di IA, con metriche di performance (accuratezza, tasso di errore, automazione), trasparenza dei modelli (documentazione dei processi decisionali) e protocolli di implementazione coerenti con le policy.
    L’attenzione deve essere rivolta anche ai processi posti in essere dalla Società per prevenire errori o violazioni normative. L’AI Act richiede per esempio logging, sorveglianza umana e rispetto delle istruzioni per i sistemi ad alto rischio: il collegio sindacale deve chiedere conferma della esistenza di
    questi presidi. Un elemento fondamentale per garantire una governance efficace è il controllo sistematico sui sistemi di Intelligenza Artificiale (IA) utilizzati all’interno dell’organizzazione. 

    Ciò richiede un’analisi approfondita da parte del management delle capacità tecnologiche implementate e un monitoraggio continuo per assicurare che tali sistemi funzionino in linea con gli obiettivi strategici e operativi dell’impresa. Ciò posto, le possibili attività di vigilanza possono includere l’ottenimento di informazioni su:

    • la definizione da parte del management di metriche chiave per valutare l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di IA, come la precisione delle previsioni, il tasso di errore e il livello di automazione raggiunto;
    • come i processi della società assicurano che gli algoritmi utilizzati siano trasparenti e comprensibili per gli stakeholder interni.
    • l’utilizzo dell’AI in modo coerente con le politiche aziendali e la presenza di protocolli chiari per l’adozione di nuove tecnologie IA.

  • Antiriciclaggio

    Titolare effettivo PA: cosa prevede la Legge sulle semplificazioni

    La Legge di conversione del DDL Semplificazioni è andata in GU n 181/2025 del 3 dicembre.,

    All'articolo 29, introdotto dal Senato, estende alle pubbliche amministrazioni l’accesso, nell’ambito di procedimenti specificati dalla disposizione in esame, alle informazioni contenute nel registro della titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica e delle persone giuridiche private

    La disposizione in esame modifica l’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 di recepimento della disciplina dell’Unione europea in materia di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
    Tale articolo 21, al comma 1, pone in capo alle imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese (articolo 2188 del codice civile) e alle persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche (d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361) l’obbligo di comunicare al Registro delle imprese le informazioni relative ai propri titolari effettivi, per via esclusivamente telematica e in esenzione da imposta di bollo. 

    Tali informazioni sono conservate in apposita sezione del Registro.
    Il comma 2 del medesimo articolo 21 elenca i soggetti ai quali è consentito l’accesso tale sezione dedicata alla titolarità effettiva.
    La novità in esame inserisce in tale elenco le pubbliche amministrazioni, nell’ambito dei seguenti procedimenti o procedure (di cui all’articolo 10, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007):

    • procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione;
    • procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo le disposizioni di cui al codice dei contratti pubblici;
    • procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati.

  • Risparmio energetico

    Sanatoria edilizia 2025 in arrivo? Cosa prevede il nuovo Codice dell’Edilizia

    Sta per tornare una nuova sanatoria edilizia? Con il disegno di legge delega per il Codice dell’edilizia e delle costruzioni, il Governo apre alla regolarizzazione semplificata delle lievi difformità e mette ordine nelle pratiche di condono mai concluse.

    Il CdM del 4 dicembre ha approvato il Disegno di legge che autorizza il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a compiere un’ampia e organica revisione della normativa in materia di edilizia e di sicurezza delle costruzioni, con l’obiettivo primario di semplificare, riordinare e razionalizzare i procedimenti amministrativi oggi disciplinati dal Testo Unico dell’edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

    Il testo fa seguito al decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, cosiddetto “Salva casa”, che ha operato una prima semplificazione. 

    L’adozione del Codice dell’edilizia e delle costruzioni ha la finalità, inoltre, di porre chiarezza sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, garantendo il rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), come strumento necessario per assicurare standard minimi uniformi. 

    L’intervento normativo riguarda, in primo luogo, la disciplina legislativa di settore relativa alla sicurezza delle costruzioni, che necessita di un aggiornamento alla luce delle moderne tecniche costruttive e delle accresciute esigenze di sicurezza sismica ed energetica.

    Si prevede, inoltre, di favorire il coordinamento con le disposizioni urbanistiche e le altre normative di settore come la disciplina dei beni culturali e paesaggistici.

    Infine, si semplifica la dimostrazione dello stato legittimo degli immobili e si rafforza l’efficacia e la trasparenza delle procedure per il rilascio dei permessi di costruire, delle Segnalazioni Certificate di Inizio Attività (SCIA) e degli altri titoli del settore edilizio.

    Vediamo cosa cambia più in dettaglio.

    Sanatoria 2025-2026: cosa si potrà regolarizzare

    Secondo quanto previsto dal testo approvato si potranno sanare le difformità edilizie minori, cioè quelle che:

    • non modificano in modo sostanziale l’edificio;
    • rispettano le norme urbanistiche vigenti oggi;
    • erano realizzate nel rispetto delle regole edilizie del momento in cui furono costruite.

    Per queste situazioni, sarà possibile ottenere un titolo in sanatoria, a condizione di mettere in sicurezza l’immobile e adeguarlo, se necessario, alle norme tecniche attuali (es. antisismica, barriere architettoniche, risparmio energetico).

    Vecchi condoni mai chiusi? In arrivo una data certa

    Un altro punto chiave riguarda i vecchi condoni edilizi. Il disegno di legge prevede che le domande presentate ai sensi delle leggi del 1985, 1994 e 2003 (i famosi tre condoni) ma mai definite, dovranno essere chiuse entro una scadenza certa.

    Ciò significa che decine di migliaia di pratiche dormienti negli uffici tecnici comunali potrebbero finalmente trovare una risposta definitiva.

    Non tutto sarà sanabile

    Attenzione: non si tratta di un condono generalizzato. Le nuove norme:

    • non azzerano gli abusi;
    • non cancellano sanzioni;
    • non ammettono interventi gravi o in aree vincolate.

    Si punta invece a uniformare a livello nazionale le regole sulle difformità edilizie minori, semplificare la burocrazia e sbloccare situazioni rimaste ferme per anni.

    Quando sarà operativa la nuova sanatoria?

    Il disegno di legge fissa 12 mesi di tempo al Governo per adottare i decreti attuativi. È in quei testi che saranno definiti:

    • i tipi di difformità sanabili;
    • la procedura da seguire;
    • i termini per presentare la domanda;
    • le condizioni per regolarizzare immobili esistenti.

    Il testo del DDL è atteso in Cdm per l'approvazione.

    La riforma è importante perchè:

    • sblocca compravendite immobiliari ferme per difformità non risolte;
    • facilita l’accesso a bonus edilizi oggi bloccati;
    • riduce il contenzioso con i Comuni;
    • dà certezza giuridica agli immobili.

    E per gli enti locali? Significa meno arretrati e più efficienza amministrativa.