-
Non è causa di cessazione del CPB il cambiamento dell’ATECO
Nella risposta a interpello n 236 del 10 settembre le Entrate chiariscono come comportarsi se nella dichiarazione in corso cambia il codice ATECO entrato in vigore dal 1° aprile scorso.
In particolare, la società istante Alfa S.r.l. semplificata, operante come agente plurimandatario nel settore del noleggio di autoveicoli, ha fino ad ora utilizzato il codice ATECO 45.11.02, non perfettamente corrispondente alla sua attività di intermediazione pura, ma il più vicino disponibile nelle tabelle ATECO 2007.
A partire dal 1° gennaio 2025, entra in vigore la nuova classificazione ATECO 2025, che introduce il codice 77.51.00, specificamente riferito ai servizi di intermediazione per il noleggio e il leasing operativo di autoveicoli, senza che l’intermediario fornisca direttamente i veicoli.
La società, intenzionata ad aderire al CPB per gli anni 2025 e 2026, chiede se il cambio di codice ATECO, che implica anche il passaggio da un modello ISA (CM09U) a un altro (EG61U), comporti la cessazione dell’efficacia del Concordato, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 13/2024.
Non è causa di cessazione del CPB il cambiamento dell’ATECO
L’art. 21, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 13/2024 stabilisce che il CPB cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta in cui: «il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente».
Tuttavia, la cessazione non si verifica se per la nuova attività è prevista l’applicazione del medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale (ISA) (art. 9-bis del D.L. n. 50/2017).
L’Agenzia conferma che la variazione del codice ATECO dovuta all’aggiornamento ISTAT non comporta, di per sé, la cessazione del CPB, anche se implica l’utilizzo di un diverso modello ISA, purché non vi sia una modifica sostanziale dell’attività realmente svolta.
Il cambio codice ATECO obbligatorio dal 1° aprile 2025 non implica automaticamente la cessazione del CPB.
- il nuovo codice 77.51.00 riflette con maggiore precisione l’attività effettivamente svolta dall’istante, senza rappresentare una modifica sostanziale rispetto al passato;
- anche se si passa da un ISA all’altro (CM09U → EG61U), la ratio della norma è rispettata, perché l’attività rimane invariata nella sostanza.
Secondo l’Agenzia, per la corretta gestione del CPB e delle dichiarazioni:
- nel modello UNICO 2025 (anno d’imposta 2024) deve già essere utilizzato il nuovo codice ATECO 77.51.00 e il relativo ISA EG61U, non più il precedente modello DM09U;
- non è necessario presentare una variazione dei dati anagrafici per il solo aggiornamento del codice ATECO, salvo diversa disposizione normativa.
L'Ade evidenzia quindi che l’eventuale variazione di indice sintetico di affidabilità fiscale (Isa) dovuto alle modifiche nei codici attività derivante dalla nuova classificazione Ateco 2025 non è, di per sé, motivo di esclusione dall’opzione per il concordato preventivo biennale (Cpb) per i periodi d’imposta 2025-2026.
Allegati: -
Carte carburante prepagate: quale regime IVA applicare
La Risposta a interpello n 235 del 10 settembre replica a dubbi di una società che gestisce la distribuzione di carburanti con annessa area di servizio.
Veniva domandato quale fosse il corretto trattamento IVA delle proprie carte prepagate.
In particolare, l’impresa aveva predisposto un sistema di carte nominative ricaricabili, utilizzabili esclusivamente per l’acquisto di carburanti (benzina, gasolio, GPL) presso l’unica stazione di servizio gestita dalla stessa.
All momento della richiesta della carta, il cliente versava l’importo tramite strumenti di pagamento tracciabili o in contanti, ricevuto l’accredito, la società provvedeva non solo alla ricarica della carta, ma anche all’emissione immediata della fattura con evidenza di imponibile e IVA, recante la descrizione “ricarica carta prepagata per vendita carburanti”.
Successivamente, al momento del rifornimento, il corrispettivo dell’erogazione veniva comunque trasmesso telematicamente e nuovamente assoggettato a IVA.
Da questa procedura derivava un effetto di duplicazione d’imposta: l’IVA risultava liquidata sia al momento della ricarica, sia al momento del rifornimento effettivo.
La società ha quindi chiesto se fosse possibile neutralizzare la doppia imposizione mediante annotazioni nel registro dei corrispettivi, trattando la ricarica come una mera anticipazione.
Vediamo la replica ade.
Carte carburante prepagate: quele regime IVA applicare
L’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto richiamato le principali norme in materia.
In primo luogo, l’art. 22, comma 3, del DPR 633/1972 (decreto IVA), che disciplina gli obblighi di fatturazione per gli acquisti di carburante da parte di soggetti IVA. Inoltre, il DPR 696/1996 e il D.lgs. 127/2015 regolano rispettivamente gli obblighi di certificazione e di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi.
Elemento centrale è però il D.lgs. 141/2018, attuativo della direttiva UE 2016/1065, che ha introdotto nell’ordinamento nazionale gli articoli da 6-bis a 6-quater del DPR 633/1972, relativi ai cosiddetti “buoni-corrispettivo”.
La normativa distingue tra:
- buoni monouso (quando al momento dell’emissione è nota l’aliquota IVA applicabile alla futura cessione)
- buoni multiuso (quando l’imposta diventa determinabile solo al momento del riscatto).
Nel caso in esame, la carta prepagata non consente di conoscere subito quantità e valore del carburante acquistabile, poiché tali elementi dipendono dal prezzo praticato al momento del rifornimento, variabile nel tempo.
Ne consegue che la carta rientra nella definizione di “buono multiuso” ai sensi dell’art. 6-quater del decreto IVA.
La qualificazione delle carte carburante come buoni multiuso comporta effetti rilevanti sul piano operativo.
L’Agenzia ha chiarito che il trasferimento del credito al momento della ricarica non costituisce un’operazione imponibile ai fini IVA.
L’imposta diventa esigibile esclusivamente quando il buono viene utilizzato come corrispettivo per il rifornimento di carburante, momento in cui l’operazione si considera effettuata.
In conseguenza di ciò, le fatture eventualmente già emesse per documentare le ricariche non risultano conformi alla disciplina vigente e potranno essere stornate tramite emissione di note di variazione ex art. 26, comma 3, del decreto IVA, al fine di recuperare l’imposta indebitamente versata.
Qualora i termini per le note di variazione siano già scaduti, il contribuente potrà ricorrere all’istituto di cui all’art. 30-ter del decreto IVA, fondato sul principio del legittimo affidamento, considerato che la società si era attenuta alle precedenti indicazioni di prassi (circolare 8/E del 2018).
In sintesi, la Risposta n. 235/2025 conferma che le carte carburante ricaricabili non generano obblighi IVA al momento della ricarica, ma solo al momento dell’effettivo rifornimento, eliminando così il rischio di doppia imposizione e garantendo coerenza con la disciplina europea sui buoni corrispettivo.
-
770/2025: la compilazione nelle operazioni straordinarie
Il Modello 770/2025 deve essere presentato entro il 31 ottobre 2025, come previsto dal comma 4bis dell’art. 4 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 esclusivamente per via telematica:
- a) direttamente dal sostituto d’imposta;
- b) tramite un intermediario abilitato ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni
- c) tramite altri soggetti incaricati (per le Amministrazioni dello Stato);
- d) tramite società appartenenti al gruppo.
Relativamente alle operazioni straordinarie, vediamo i particolari adempimenti e il quadro SX.
770/2025: cosa fare nelle operazioni straordinarie
Nell’ipotesi di prosecuzione dell’attività da parte di un altro soggetto come nei casi di:
- fusioni anche per incorporazione,
- scissioni totali,
- scioglimento di una società personale e prosecuzione dell’attività sotto la ditta individuale di uno soltanto dei soci,
- cessione o conferimento da parte di un imprenditore individuale dell’unica azienda posseduta in una società di persone o di capitali,
- trasferimento di competenze tra amministrazioni pubbliche,
chi succede nei precedenti rapporti è tenuto a presentare un’unica dichiarazione dei sostituti d’imposta che deve essere comprensiva anche dei dati relativi al periodo dell’anno in cui il soggetto estinto ha operato.
Nei casi di operazioni societarie straordinarie o successioni avvenute nel corso del 2024 o del 2025, prima della presentazione della dichiarazione Modello 770/2025, il dichiarante deve procedere alla compilazione dei singoli quadri del Modello 770/2025 per esporre distintamente le situazioni riferibili ad esso dichiarante ovvero a ciascuno dei soggetti estinti.Relativamente ai soggetti estinti, i il dichiarante deve indicare, per l’anno d’imposta relativo alla presente dichiarazione, tutti i dati riguardanti il periodo compreso fra il 1° gennaio 2024 e la data, nel corso dell’anno 2024, di effettiva cessazione dell’attività o in cui si è verificato l’evento a prescindere dagli eventuali differenti effetti giuridici delle operazioni.
Si precisa che il quadro SX è unico e deve riguardare sia i dati del dichiarante che dei soggetti estinti.
Come evidenziato dalle stesse istruzioni, il soggetto A, avendo incorporato il soggetto B il 28 febbraio 2025, sarà tenuto a presentare per l’anno 2024 una sola dichiarazione modello 770/2025 contenente i quadri riferiti ad entrambi i soggetti.
770/2025: la compilazione per i soggetti estinti
Relativamente alla compilazione dei quadri concernenti i soggetti estinti, il dichiarante deve indicare nello spazio in alto a destra di ciascun quadro, contraddistinto dalla dicitura “Codice fiscale”, il proprio codice fiscale e, nel rigo “Codice fiscale del sostituto d’imposta”, quello del soggetto estinto.
Sempre con riferimento ai soggetti estinti, laddove previsto, deve essere indicato nella casella 3, “Eventi eccezionali”, l’eventuale codice dell’evento eccezionale relativo a tale sostituto, rilevabile dalle istruzioni riferite alla casella “Eventi eccezionali” posta nel frontespizio del Modello 770.
Nel caso di successione mortis causa avvenuta nel periodo d’imposta 2024, o nel 2025 prima della presentazione della dichiarazione, con prosecuzione dell’attività da parte dell’erede, quest’ultimo ha l’obbligo di presentare un’unica dichiarazione dei sostituti d’imposta anche per la parte dell’anno in cui ha operato il soggetto estinto secondo le modalità di compilazione sopra indicate.
Nell’ipotesi invece di non prosecuzione dell’attività da parte di un altro soggetto (liquidazione, fallimento/liquidazione giudiziale e liquidazione coatta amministrativa), la dichiarazione deve essere presentata dal liquidatore, curatore fallimentare/curatore della liquidazione giudiziale o commissario liquidatore, in nome e per conto del soggetto estinto relativamente al periodo dell’anno in cui questi ha effettivamente operato.In particolare, nel frontespizio del modello, nel riquadro “dati relativi al sostituto” e nei quadri che compongono la dichiarazione, devono essere indicati i dati del sostituto d’imposta estinto ed il suo codice fiscale; il liquidatore, curatore fallimentare/curatore della liquidazione giudiziale o commissario liquidatore che sottoscrive la dichiarazione, deve invece esporre i propri dati esclusivamente nel riquadro del frontespizio “dati relativi al rappresentante firmatario della dichiarazione”.
Anche in caso di successione ereditaria, qualora l’attività delle persone fisiche decedute non sia proseguita da altri, la dichiarazione deve essere presentata con le medesime modalità da uno degli eredi in nome e per conto del deceduto, relativamente al periodo dell’anno in cui esso ha effettivamente operato; l’erede che sottoscrive la dichiarazione, pertanto, deve invece indicare i propri dati esclusivamente nel riquadro “dati relativi al rappresentante firmatario della dichiarazione”.770/2025: operazioni straordinarie che non determinano l’estinzione del soggetto
Nel caso di operazioni straordinarie non comportanti l’estinzione di società quali le trasformazioni (ad esempio di società di capitali in società di persone e viceversa), il Modello 770/2025 deve essere compilato secondo le regole generali poiché tali operazioni, pur potendo determinare la nascita di nuovi soggetti d’imposta, non incidono sull’esistenza del soggetto e sui suoi adempimenti in qualità di sostituto d’imposta.
-
Investimenti nelle aree di crisi industriale: nuova circolare MIMIT
Con la Circolare n 2006 del 5 settembre il MIMIT ha pubblicato le regole per gestire gli aiuti nelle aree di crisi.
In particolare il documento sostituisce la precedente circolare del 2022 e reca Criteri e modalità di concessione delle agevolazioni (di cui alla legge n. 181/1989) in favore di programmi di investimento finalizzati alla riqualificazione delle aree di crisi industriali.
Tra le definizioni utili alla comprensione del perimetro di interesse della circolare si evidenziano le seguenti:
- a)“aiuti alla formazione”: azioni finalizzate a promuovere la formazione e l’aggiornamento professionale dei lavoratori;
- b) “Aree di crisi”: i territori dei Comuni ricadenti nelle aree di crisi industriale complessa (individuate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 31 gennaio 2013 in attuazione dell’articolo 27, comma 8, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) o nelle aree di crisi industriale non complessa con impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull’occupazione;
- g) “importo di aiuto corretto”: importo massimo di aiuto consentito per un grande progetto di investimento, calcolato secondo la seguente formula: importo massimo di aiuto = R × (A+ 0,50 × B + 0 × C) dove: R è l’intensità massima di aiuto applicabile nella zona interessata stabilita nella Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale, esclusa la maggiorazione per le PMI; A è la parte dei costi ammissibili pari a 55 milioni di euro, B è la parte di costi ammissibili compresa tra 55 milioni di euro e 110 milioni di euro e C è la parte di costi ammissibili superiore a 110 milioni di euro;
- h) “Impresa aderente”: impresa che partecipa, in forma congiunta con l’impresa proponente, alla realizzazione di un progetto di innovazione dell’organizzazione e/o di innovazione di processo, e/o di un progetto di ricerca industriale e/o di sviluppo sperimentale;
- i) “Impresa proponente”: impresa che presenta un programma di investimento produttivo e/o ditutela ambientale, eventualmente completati da progetti per l’innovazione dell’organizzazione e/o di processo, da progetti per la formazione del personale e/o da progetti di ricerca industriale e/o sviluppo sperimentaleù.
Per le altre definizioni si rimanda al testo della circolare.
Aree crisi industriale: i beneficiari degli aiuti
La Circolare in oggetto evidenzia che sono ammissibili alle agevolazioni di cui al Decreto:
- le imprese costituite in forma di società di capitali, ivi incluse le società cooperative di cui agli articoli 2511 e seguenti del codice civile,
- e le società consortili di cui all’articolo 2615-ter del codice civile,
- che, alla data di presentazione della domanda di agevolazioni, siano in possesso dei seguenti requisiti:
- a) essere regolarmente costituite in forma societaria e iscritte nel Registro delle imprese; le imprese non residenti nel territorio italiano devono avere una personalità giuridica riconosciuta nello Stato di residenza come risultante dall’omologo registro delle imprese; per tali soggetti, inoltre, fermo restando il possesso, alla data di presentazione della domanda di agevolazione, degli ulteriori requisiti previsti, deve essere dimostrata, pena la decadenza dal beneficio, alla data di richiesta della prima erogazione dell’agevolazione la disponibilità di almeno una sede sul territorio italiano;
- b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali;
- c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria;
- d) non rientrare tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
- e) trovarsi in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente ed essere in regola con gli obblighi contributivi;
- f) aver restituito agevolazioni godute per le quali è stato disposto dal Ministero un ordine di recupero;
- g) non trovarsi in condizioni tali da risultare impresa in difficoltà così come individuata nel Regolamento GBER;
- h) nel solo caso in cui gli aiuti siano concessi ai sensi dell’articolo 14 del Regolamento GBER, non aver effettuato nei due anni precedenti la presentazione della domanda una delocalizzazione verso l’unità produttiva oggetto dell’investimento e impegnarsi a non procedere alla delocalizzazione nei due anni successivi al completamento dell’investimento stesso
Aree crisi industriale: investimenti ammissibili
Tra gli altri, sono ammissibili alle agevolazioni previste dal Decreto i programmi di investimento produttivo di cui al punto 5.2 e i programmi di investimento per la tutela ambientale di cui al punto 5.4.
A completamento dei programmi di investimento sono, altresì, agevolabili, per un ammontare non superiore al 40% del totale degli investimenti ammissibili dei predetti programmi, i progetti per l’innovazione di processo e l’innovazione dell’organizzazione di cui al punto 5.6, lettera a), per un
ammontare non superiore al 20% degli investimenti ammissibili, i progetti per la formazione del personale di cui al punto 5.6, lettera b), e, limitatamente ai programmi di investimento produttivi di cui al punto 5.2 e ai programmi di investimento per la tutela ambientale di cui al punto 5.4 con spese di investimento di importo superiore a 5 milioni di euro, progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, di cui al punto 5.6, lettera c).I programmi di investimento produttivo sono ammissibili alle agevolazioni in conformità ai divieti e alle limitazioni di cui agli articoli 13, 14 e 17 del Regolamento GBER, e devono essere diretti, fermo restando quanto previsto al punto 5.3 per le imprese di grandi dimensioni:
- a) alla realizzazione di nuove unità produttive tramite l’adozione di soluzioni tecniche, organizzative e/o produttive innovative rispetto al mercato di riferimento;
- b) all’ampliamento e/o alla riqualificazione di unità produttive esistenti tramite diversificazione della produzione in nuovi prodotti aggiuntivi o cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo;
- c) alla realizzazione di nuove unità produttive o all’ampliamento di unità produttive esistenti;
d) all’acquisizione di attivi di uno stabilimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 2, punto 49, del Regolamento GBER
Si rimanda alla Circolare del 5 settembre per tutti gli altri dettagli.
-
Fondo innovazione agricoltura: ulteriori risorse per le domande al 2 settembre
Con avviso del 2 settembre ISMEA informa dell'aumento delle risorse del Fondo Innovazione Agricoltura.
In particolare, con il comma 2 dell'art. 15 del Decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95 convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2025, n. 118, la dotazione del Fondo per l'Innovazione in Agricoltura è stata incrementata di 47 milioni di euro, consentendo così lo scorrimento nella graduatoria che si andrà formando con il progresso delle relative istruttorie.
Pertanto, in considerazione della somma di 175 milioni di euro già prevista, le risorse totali complessivamente destinate alla misura consistono in 222 milioni di euro, oltre agli eventuali importi residui a chiusura definitiva del bando 2023.
Ricordiamo che già nel mese di marzo scorso, a seguito dell'elevato numero di domande di accesso alle agevolazioni, il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste autorizzava ISMEA ad utilizzare le risorse per il 2025, pari a 75 milioni di euro, per il finanziamento delle domande pervenute nell'ambito del bando 2024, consentendo così lo scorrimento nella graduatoria che si andrà formando con il progresso delle relative istruttorie. Scarica da qui l'elenco delle domande pervenute e lo stato della loro lavorazione.
Fondo innovazione agricoltura: scorrimento risorse 2025
Il Fondo innovazione Agricoltura finanzia investimenti volti a sostenere la realizzazione e lo sviluppo di progetti di innovazione finalizzati all'incremento della produttività nei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura attraverso la diffusione delle migliori tecnologie disponibili per la gestione digitale dell'impresa, per l'utilizzo di macchine, di soluzioni robotiche, di sensoristica e di piattaforme e infrastrutture 4.0, per il risparmio dell'acqua e la riduzione dell'impiego di sostanze chimiche, nonché per l'utilizzo di sottoprodotti.
Leggi: Fondo innovazione agricoltura 2024: tutte le regole per un riepilogo.
-
Somme transitate su c/c del socio: quando sono imputabili alla società
Con l’ordinanza n. 17108 del 25 giugno 2025, la Corte di cassazione è intervenuta sul tema della legittimità della riferibilità a una società di capitali delle movimentazioni bancarie personali del socio amministratore.
Il pronunciamento chiarisce in quali condizioni l’Agenzia delle entrate può imputare a una Srl somme transitate su conti correnti personali del socio unico.
La norma di riferimento è l’articolo 32 del DPR n. 600/1973 che attribuisce all’Amministrazione finanziaria il potere di utilizzare dati bancari per fondare accertamenti presuntivi.
Somme transitate su c/c del socio: quando sono imputabili alla società
L’Agenzia delle Entrate ha notificato avvisi di accertamento ad una Srl e al socio amministratore unico, fondando l'accertamento su indagini finanziarie da cui emergevano movimentazioni bancarie (versamenti e prelevamenti in contanti) su un conto personale estero intestato al socio.
L'agenzia sosteneva che le somme movimentate erano da imputare alla società, poiché:
- tra tutte le imprese riconducibili al socio, solo la Srl aveva un volume d'affari tale da giustificare quei flussi;
- vi era identità tra socio unico e amministratore unico, quindi controllo totale.
Il motivo dell'accertamento delle Entrate risiede nella presunzione legale (ex art. 32 DPR 600/1973) di ricavi non dichiarati a carico della società, anche se le operazioni erano sul conto personale del socio.
La Cassazione ha respinto il ricorso della società, confermando la linea dell’Agenzia delle Entrate affermando il seguente principio: "La riferibilità alla società di somme transitate sul conto personale del socio è giustificata quando quest’ultimo cumula in sé le cariche di socio unico e amministratore unico, situazione che genera un controllo totale e incondizionato sulla società stessa."
In sintesi per la Cassazione
- non è sufficiente dire che il conto è “personale” se il soggetto ha un controllo pieno sulla società;
- in queste condizioni, non c’è reale separazione patrimoniale tra persona fisica e società;
- le movimentazioni si presumono riferibili alla società, salvo prova contraria dettagliata e documentata (che nel caso non è stata fornita).
-
Azienda avviata e ceduta: c’è incompatibilità con la professione di Commercialista?
Con il pronto ordini n 80 il CNDCEC si è espresso con un nuovo orientamento sulla incompatibilità per un Iscritto che concede in affitto a terzi l’azienda detenuta.
Con il quesito pervenuto si chiede se l’avvio, da parte di un dottore commercialista, di un’attività commerciale in qualità di titolare diretto (ad esempio, un esercizio di vendita al dettaglio e/o un’attività di somministrazione di alimenti e bevande), successivamente concessa in affitto a terzi (unica azienda detenuta) a pochi giorni dall’avvio, possa configurarsi come situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione, considerato che in tal modo verrebbe meno – di fatto – la qualificazione soggettiva di imprenditore commerciale.Vediamo il commento del CNDCEC.
Incompatibilità – Iscritto che concede in affitto a terzi l’azienda detenuta
Viene premess che ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. a), del D.lgs. 139/2005, l’esercizio della professione di dottore commercialista e di esperto contabile è incompatibile con l’esercizio, anche non prevalente né abituale, dell’attività di impresa in nome proprio o altrui e per proprio conto. Il medesimo articolo, al secondo comma, prevede che l'incompatibilità è esclusa qualora l'attività, svolta per conto proprio, sia diretta alla gestione patrimoniale o ad attività di mero godimento o conservative.
La norma è chiaramente volta a preservare l’indipendenza, l’autonomia e l’imparzialità del professionista, evitando che l’esercizio di attività imprenditoriali – per loro natura soggette a logiche di profitto e concorrenza – possa compromettere l’obiettività nell’esercizio della funzione professionale.
Nel caso di specie, si rileva come l’iscritto, pur avendo inizialmente assunto la veste di imprenditore commerciale, abbia successivamente e tempestivamente proceduto alla stipula di un contratto di affitto d’azienda, trasferendo a terzi il godimento del complesso aziendale e rinunciando, di fatto, alla gestione diretta dell’attività d’impresa.L’affitto d’azienda, come noto, configura un contratto con effetti obbligatori e di natura continuativa, mediante il quale il locatore (in questo caso, il professionista) si spoglia dell’esercizio dell’attività imprenditoriale in favore dell’affittuario, il quale assume in via esclusiva la conduzione dell’impresa.
Dunque, in via di principio il professionista che si limiti a concedere in affitto la propria azienda, senza ingerenza nella gestione né partecipazione agli utili dell’attività esercitata dall’affittuario, non riveste più la qualifica soggettiva di imprenditore, in quanto difetta il requisito dell’esercizio effettivo dell’attività economica organizzata ai fini della produzione o scambio di beni o servizi, ai sensi dell’art. 2082 c.c.
La sola titolarità giuridica dell’azienda non appare sufficiente a integrare una causa di incompatibilità, qualora l’iscritto si astenga da qualsiasi attività gestionale o decisionale e mantenga un ruolo meramente passivo rispetto all’attività d’impresa.
A favore di tale conclusione depongono le Note interpretative CNDCEC, che escludono l’incompatibilità qualora l’impresa sia diretta alla gestione
patrimoniale immobiliare e mobiliare di mero godimento o conservativa.
Ne deriva che, nel caso in esame, non sembra configurarsi alcuna causa di incompatibilità, a condizione che:
- i) l’affitto d’azienda sia effettivo e non simulato;
- ii) il professionista si astenga da qualsiasi ingerenza nella gestione dell’azienda affidata a terzi.
Tale conclusione è coerente con l’interpretazione sistematica del disposto normativo e con le citate Note interpretative, che, pur ribadendo l’incompatibilità con l’attività di impresa commerciale, impongono di valutare la concreta sussistenza di un effettivo esercizio dell’attività imprenditoriale e non la mera titolarità formale dell’azienda
-
Errori del commercialista sulla dichiarazione: conseguenze
Con la Ordinanza n 22742/2025 la Cassazione ha statuito che è compito del contribuente verificare che il commercialista incaricato trasmetta correttamente in via telematica la dichiarazione dei redditi all’agenzia delle Entrate, ritenendo fondato il ricorso dell’agenzia delle Entrate contro un contribuente per indebita compensazione orizzontale.
Errori del commercialista sulla dichiarazione: conseguenze
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22742/2025, è tornata a chiarire un principio fondamentale:
- il contribuente non è automaticamente sollevato dalle sanzioni tributarie se non dimostra di aver vigilato sull’operato del professionista incaricato.
Il ricorso prende le mosse da un contenzioso tra l’Agenzia delle Entrate e un contribuente, a seguito di un avviso di recupero per indebita compensazione orizzontale.
Quest’ultima sarebbe stata eseguita non direttamente dal contribuente, ma da un soggetto incaricato esclusivamente per l’impugnazione di una cartella esattoriale.
Il nodo da sciogliere è se può il contribuente essere sanzionato per un comportamento scorretto commesso da un professionista, se lui stesso non ha materialmente partecipato all’illecito.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente, annullando le sanzioni per assenza dell’elemento soggettivo.
Anche in appello, la Corte tributaria di secondo grado ha confermato la decisione, ritenendo che il contribuente fosse estraneo all’operazione contestata e che la responsabilità sanzionatoria non potesse essergli imputata.
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza di secondo grado, sollevando una questione giuridica centrale: a chi spetta l’onere della prova dell’assenza di colpa, quando un adempimento fiscale viene demandato a un consulente esterno?
Secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe mal interpretato l’art. 5 del D.Lgs. 472/1997, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., che regola appunto l’onere della prova.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte tributaria regionale in diversa composizione.
La Cassazione afferma che il contribuente non può limitarsi a dichiararsi estraneo ai fatti, deve dimostrare di aver vigilato diligentemente sull’operato del professionista, anche se la condotta di quest’ultimo non è penalmente rilevante.
La Corte richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui:
- la responsabilità per le violazioni tributarie presuppone colpevolezza, anche sotto forma di negligenza,
- la prova dell’assenza di colpa grava sul contribuente.
La sola denuncia del professionista non basta a escludere la colpa, se non è accompagnata da elementi che dimostrino di aver esercitato un controllo effettivo sull’operato del consulente.
Questa ordinanza rafforza un principio essenziale:
- la delega a un professionista non esonera il delegante da responsabilità, salvo che venga provata l’assenza di colpa.
Va però evidenziato che, benchè se il commercialista sbaglia paga il cliente in prima battuta, si può invocare la responsabilità contrattuale.
Il commercialista è comunque responsabile del suo operato, in base al generale principio della responsabilità contrattuale.
Il contribuente costretto a pagare l'Erario potrà poi legittimamente rifarsi sul professionista davanti al Tribunale, chiedendo il rimborso del danno subito.
-
La comproprietà nello stesso comune preclude la prima casa
La Corte di Cassazione con la pronuncia n 24477 del 3 settembre ha confermato che l’agevolazione “prima casa” è esclusa anche nei casi di comunione ordinaria tra coniugi, non solo in caso di comunione legale.
Si segna un punto sulla interpretazione della Nota II-bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/1986 sulla agevolazione prima casa.
Vediamo il caso di specie.
Comproprietà casa nello stesso comune preclude la prima casa
La vicenda trae origine da un avviso di rettifica notificato dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente che aveva acquistato un immobile chiedendo l’agevolazione prima casa.
L’Ufficio contestava la spettanza del beneficio, rilevando che essa già risultava contitolare, in comunione ordinaria con il coniuge, di un altro immobile situato nello stesso comune.
Secondo l’Agenzia, questo elemento bastava a precludere l’accesso all’agevolazione, sulla base della lett. b) della Nota II-bis del DPR n. 131/1986.
La contribuente eccepiva che tale preclusione valesse solo per i casi di comunione legale e che, nel suo caso, il regime patrimoniale era di separazione dei beni, dunque con titolarità individuale delle quote.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della contribuente, sposando integralmente la tesi dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo i giudici, la dicitura “in comunione con il coniuge” di cui alla lett. b) della Nota II-bis deve essere interpretata in senso letterale, senza limitazioni al solo caso della comunione legale.
La Corte ha enunciato il seguente principio: "In materia di agevolazione prima casa, la circostanza che l'acquirente sia già comproprietario pro-quota con il coniuge in comunione ordinaria di altra abitazione idonea nello stesso Comune preclude il riconoscimento dell'agevolazione”
Viene chiarito che, essendo la lett. b) riferita specificamente al comune in cui è situato l’immobile, non è corretto interpretarla in senso restrittivo alla sola comunione legale.
Al contrario, tale distinzione è esplicitata solo nella lett. c) della stessa Nota, che riguarda invece la titolarità su tutto il territorio nazionale.
Secondo i giudici di legittimità le norme fiscali agevolative, essendo eccezionali, sono soggette a stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.
Non è quindi possibile ampliare il significato delle espressioni normative con interpretazioni analogiche o estensive.
Il termine “comunione con il coniuge” va preso nel suo senso ordinario, che include qualsiasi forma di contitolarità, anche se non legata al regime patrimoniale legale.
La Corte ha anche escluso che la titolarità pro-quota di un immobile in comunione ordinaria con il coniuge equivalga a inidoneità abitativa, specificando che in presenza di matrimonio in essere (quindi non in caso di separazione legale), si presume la coabitazione e l’idoneità abitativa del bene comune, a prescindere dalla quota posseduta.
-
Residenza prima casa: sospensione per il termine di 30 mesi da superbonus
Con la Risposta a interpello n 230 del 3 settembre le Entrate chiariscono che in un acquisto di immobile realizzato nel periodo di sospensione da covid di 30 mesi il termine per spostare le residenza decorre non dalla data di acquisto ma dal 31 ottobre 2023 data ultima della sospensione.
Residenza prima casa: sospensione per il termine di 30 mesi da superbonus
Con la risposta a interpello n. 230/2025 viene chiarito che si ha più tempo per trasferire la residenza in una casa oggetto di superbonus a seguito della sospensione disposta durante la pandemia.
Riepiloghiamo però tutti i fatti per capire il senso del chiarimento Ade.
L'art. 24 del DL n 23/2020 ha disposto la sospensione dei termini in materia di “prima casa” dal 23 febbraio 2020 fino al 31 dicembre 2020.
Con la conversione del DL n 183/2020, il termine finale della sospensione è stato spostato ulteriormente al 31 dicembre 2021.
L’art. 3 comma 5-septies del DL n 228/2021 convertito ha spostato al 31 marzo 2022 il termine finale.
Infine l’art. 3 comma 10-quinquies del DL n 198/2022 convertito ha ulteriormente sospeso i termini previsti dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 in tema di prima casa, nel periodo compreso tra il 1° aprile 2022 e il 30 ottobre 2023.
Pertanto il blocco complessivo dei termini è durato dal 23 febbraio 2020 al 30 ottobre 2023.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n 8/2022 hs precisato che sono stati sospesi i seguenti termini:
- 18 mesi per il trasferimento della residenza nel Comune in cui si trova l’immobile;
- un anno per l’alienazione della prima casa preposseduta, nel caso in cui, al momento dell’acquisto, il contribuente fosse ancora titolare di diritti reali su una abitazione già acquistata con il beneficio;
- un anno per l’acquisto di un nuovo immobile da adibire ad abitazione principale, evitando la decadenza dal beneficio goduto in relazione a un immobile alienato prima di 5 anni.
L'interpello in questione ha aggiunto che la sospensione riguarda anche lo speciale termine di 30 mesi per il trasferimento della residenza operante per le prime case oggetto di interventi superbonus.
Il termine dei 18 mesi previsto dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, trova la sola eccezione degli immobili sottoposti a uno o più interventi “trainanti” di riqualificazione energetica ai fini del superbonus (“interventi di cui al comma 1, lettere a), b) e c)” dell’art. 119 del DL 34/2020), per i quali la residenza va trasferita nel più lungo termine di 30 mesi dalla data dell’atto di compravendita (art. 119 comma 10-ter del DL 34/2020).
Il soggetto istante appunto chiedeva alle Entrate se la sospensione dei termini di prima casa opera anche per il citato termine di 30 mesi.
La risposta dell'interpello n 23072025 è affermativa e viene esplicitato che siccome la sospensione riguarda “i termini previsti dalla Nota II-bis” all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 e che il comma 10-ter dell’art. 119 del DL 34/2020, nel prevedere il termine di 30 mesi, richiama la norma agevolativa del Testo unico in materia di registro, si deve ritenere che la sospensione dei termini sia applicabile anche al termine di 30 mesi valevole per le prime case oggetto di interventi superbonus.
Il contribuente, che nel caso di specie, ha acquistato la prima casa a novembre 2021, quindi durante il periodo di sospensione, e avendovi effettuato la ristrutturazione superbonus, avrà tempo fino a fine aprile 2026 per trasferirvi la residenza, in quanto il termine di 30 mesi ha cominciato a decorrere dal 31 ottobre 2023 e non dalla data dell’acquisto.