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Carta valore: il contributo per la cultura dei giovani
La legge di bilancio 2026, ancora in bozza, prevede l'istituzione della Carta valore per sostenere la diffusione della cultura nei giovani.
Dal 2027 sostituirà le carte già attive e note come:
- Carta cultura giovani
- Carta del merito
Carta valore: dal 2027 sostituisce le carte cultura e merito
L’articolo 108 istituisce una nuova carta elettronica, denominata «Carta valore», finalizzata all’acquisto di materiali e prodotti culturali, riconosciuta ai giovani.
Tale strumento, dal primo gennaio 2027, sostituirà la «Carta della cultura giovani» e la «Carta del merito».
L’articolo 108 comporta oneri pari a 180 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027.
Si stabilisce che a decorrere dall’anno 2027, è assegnata, nell’anno successivo a quello del conseguimento del diploma, una carta elettronica denominata «Carta valore» ai soggetti che:
- a partire dall’anno 2026, hanno conseguito, non oltre l'anno di compimento del diciannovesimo anno di età,
- il diploma finale presso istituti di istruzione secondaria superiore o equiparati.
Inoltre si prevede che la «Carta valore» assegna un credito utilizzabile nell'anno successivo a quello del conseguimento del diploma al fine di consentire l'acquisto di:
- biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo,
- libri, abbonamenti a quotidiani e periodici anche in formato digitale,
- musica registrata, strumenti musicali, prodotti dell'editoria audiovisiva,
- titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali,
- nonché per sostenere i costi relativi a corsi di musica, di teatro, di danza o di lingua straniera
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Fondo nazionale federalismo museale: 5 milioni per il 2026
La bozza di legge di Bilancio 2026 contiene con l’articolo 109 l'istituzione del Fondo nazionale per il federalismo museale (FNFM), con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, quale strumento di sostegno strutturale ai musei e ai luoghi della cultura non statali.
Vediamo in dettaglio di cosa si tratta
Fondo nazionale federalismo museale: 5 milioni per il 2026
L’articolo 109 in bozza composto di due commi, al comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero della cultura, il Fondo nazionale per il federalismo museale (FNFM), con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, al fine di assicurare uno strumento di sostegno strutturale ai musei e ai luoghi della cultura non statali con particolare riferimento alla
copertura dei fabbisogni sia di gestione ordinaria che di valorizzazione come il rinnovo degli apparati didattici, piccole modifiche allestitive, l'organizzazione di eventi, al fine di implementare il sistema museale nazionale e renderlo, nell’ottica del Piano Olivetti per la cultura, propulsore di crescita delle comunità locali e delle periferie.
Il comma 2 prevede al tal fine l'emanazione di un decreto del Ministro della cultura, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il compito di stabilire un piano di riparto relativo alle risorse del Fondo, prevedendo al contempo che tale riparto possa essere modificato annualmente, con la medesima procedura, per tener conto di eventuali modifiche dei fabbisogni.
Il dossier alla legge di bilancio specifica che ai sensi del decreto ministeriale n. 113 del 21 febbraio 2018, il Sistema museale nazionale è composto dai musei e dagli altri luoghi della cultura statali, nonché dagli altri musei di appartenenza pubblica, dai musei privati e dagli altri luoghi della cultura pubblici o privati accreditati.
Il Sistema museale nazionale è finalizzato:
- a potenziare la fruizione del patrimonio culturale, con particolare riguardo alla sua capillare diffusione sull'intero territorio nazionale, nonché alle peculiari caratteristiche dei musei e luoghi della cultura italiani;
- a garantire un accesso di qualità per gli utenti e un miglioramento della protezione dei beni culturali, attraverso la definizione di un livello omogeneo di fruizione degli istituti e ai luoghi della cultura, di modalità uniformi e verificabili per la conservazione e valorizzazione degli edifici, dei luoghi, delle collezioni e di codici di comportamento e linee di politica museale condivise, comunque nel rispetto dell'autonomia dei singoli istituti;
- a favorire la promozione dello sviluppo della cultura, in particolare, attraverso la predisposizione di un sistema di accreditamento nazionale, nel rispetto delle autonomie regionali e provinciali, nonché delle specificità delle diverse tipologie di museo o luogo
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Esenzione IVA per attività formativa: chiarimenti ADE
Con Risposta a interpello n 287 del 6 novembre le Entrate replicano ad una richiesta di chiarimento presentata da un istante che riferisce di essere il legale rappresentante di una ditta individuale, la cui attività consiste nell'erogazione di corsi di lingua straniera (codice ATECO 85.59.30), ''con un'offerta didattica rivolta a studenti di ogni età: sia bambini, adolescenti che adulti, professionisti, privati, aziende, e finalizzata all'acquisizione di competenze linguistiche a vari livelli, dal principiante all'avanzato'' che ha ottenuto un finanziamento pubblico, Resto al sud.
In sintesi, l'agenzia evidenzia che non spetta l'esenzione se manca l'autorizzazione pubblica come ente certificato per la formazione.
Esenzione IVA per attività formativa: chiarimenti ADE
La posizione dell’Amministrazione finanziaria si fonda sulla circolare n. 22/2008, la quale stabilisce due condizioni per l’esenzione:
- le prestazioni devono essere di natura educativa o didattica, inclusa la formazione professional
- l’erogatore deve essere un istituto o scuola riconosciuto da una Pubblica amministrazione.
Il contribuente ritiene che, grazie al riconoscimento ottenuto tramite il finanziamento, la sua ditta soddisfi entrambi i requisiti e possa quindi beneficiare dell’esenzione Iva per i corsi erogati.
Egli riferisce che la ditta ha ottenuto un finanziamento e un riconoscimento formale da parte di un’autorità pubblica.
L’Amministrazione chiarisce invececche l’articolo 10, primo comma, n. 20) del Dpr n. 633/1972 prevede l’esenzione per le prestazioni educative e didattiche rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni.
Questo riconoscimento può avvenire anche per “atto concludente”, come chiarito dalla circolare n. 22/2008, ma deve riferirsi a specifici progetti didattici approvati e finanziati da enti pubblici, e non genericamente a iniziative imprenditoriali.
Si vuole così limitare l’esenzione Iva ai soggetti che lo Stato considera idonei a offrire prestazioni didattiche comparabili a quelle degli organismi pubblici, valutando aspetti come la professionalità dei docenti, la qualità delle strutture e del materiale didattico.
Nel caso di specie, il contribuente ha ottenuto un finanziamento dal soggetto gestore della misura “Resto al Sud”, per avviare un’attività imprenditoriale nel settore della formazione linguistica.
Tuttavia, l’Agenzia osserva che il finanziamento non riguarda un progetto didattico specifico, ma piuttosto un’iniziativa imprenditoriale nel suo complesso, valutata in base a criteri economico-finanziari e non educativi.
La misura “Resto al Sud”, disciplinata dal Dl n. 91/2017 e dal decreto interministeriale n. 174/2017, è finalizzata a sostenere la nascita di nuove imprese in determinate aree del Paese.
In altre parole, il riconoscimento per atto concludente previsto dalla circolare 22/2008 si applica solo quando l’ente pubblico approva e finanzia un progetto educativo o formativo specifico, esercitando un controllo sulla qualità didattica e sulla coerenza con gli obiettivi formativi di interesse pubblico.
Nel caso specifico non c'è alcuna approvazione di un progetto didattico, ma solo il sostegno a un’attività imprenditoriale generica.
Poiché manca il requisito soggettivo, ovvero il riconoscimento come istituto o scuola da parte di una Pubblica amministrazione, l’attività della ditta individuale non può beneficiare dell’esenzione Iva.
In conclusione non basta ottenere un finanziamento pubblico per accedere all’esenzione Iva, ma è necessario che l’attività didattica sia formalmente riconosciuta come tale da un ente pubblico, attraverso un processo di valutazione che certifichi qualità e finalità educativa.
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Prima casa: non spetta se l’immobile non è stato costruito per tempo
Cin l’ordinanza n. 25790-2025, la Cassazione ha chiarito che non è possibile applicare le agevolazioni “prima casa” all'acquisto di un immobile in corso di costruzione per mancata ultimazione dei lavori entro tre anni dalla data dell’atto, visto che la permanenza dell'immobile nella classificazione catastale F/3 suffraga la mancata ultimazione nel termine triennale, anche qualora il contribuente vi trasferisca la residenza e attivi le utenze
Prima casa: non spetta se l’immobile non è stato costruito per tempo
I soggetti ricorrenti hanno acquistato un immobile in costruzione, usufruendo delle agevolazioni fiscali "prima casa", con aliquota Iva al 4 per cento.
L'Agenzia delle entrate, a seguito di controlli, ha contestato la decadenza dalle agevolazioni poiché i lavori non erano stati ultimati entro il termine previsto di tre anni dalla data dell'atto.Ciò rilevato ha emesso due avvisi di liquidazione con cui ha revocato l'aliquota Iva agevolata e recuperato l'imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio-lungo termine.
I contribuenti dopo essersi ricorsi alla CTP chiedendone l'annullamento, sono ricorsi alla CTP, visto il mancato accoglimento delle loro pretese.
Anche i giudici di secondo grado hanno confermato la revoca delle agevolazioni, poiché i contribuenti non avevano ultimato i lavori né regolarizzato catastalmente l'immobile entro tre anni dall'atto d'acquisto.Nel ricorso in Cassazione i contribuenti sostengono che la mancata ultimazione dei lavori entro tre anni non sia una causa di decadenza prevista dalla legge e ritengono che l'elemento determinante per mantenere le agevolazioni, in caso di immobile in corso di costruzione, sia l'effettivo utilizzo dello stesso come abitazione principale: in questo senso, sottolineano che hanno prodotto prove documentali del trasferimento di residenza e delle utenze attive, mai contestate dall'ufficio.
La Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo corretta la decisione dei giudici regionali che hanno ritenuto la legittimità dell'avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ricorrendo la violazione dell'obbligo da parte del contribuente di ultimare la ristrutturazione entro i tre anni e, quindi, di richiedere l'attribuzione di una categoria e della relativa rendita, essendo l'immobile classificato come F/3, il che non può costituire motivo di aggiramento dei termini di accertamento da parte dell'ufficio.Secondo la Cassazione la persistenza della categoria catastale F, non è idonea per usufruire di agevolazione “prima casa”, essendo una categoria “fittizia”.
Inoltre la suprema Corte ha respinto l’ulteriore censura dei contribuenti, che hanno contestato la decisione dei giudici regionali i quali non si sono pronunciati per l’incostituzionalità dell’articolo 75 del Dpr 633/1972.
Secondo i ricorrenti, la norma nella parte in cui prevede che “il venti per cento dei proventi delle sanzioni pecuniarie è devoluto ai fondi costituiti presso l'amministrazione o il corpo cui appartengono gli accertatori, con le modalità previste con decreto del Ministro per le finanze” violerebbe il principio di imparzialità della Pubblica amministrazione poiché determinerebbe un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra l'interesse pubblico e quello economico dell'accertatore.
Nel respingere tale motivo, la Corte di Cassazione ritiene che, da un lato la norma citata attenga alla discrezionalità del legislatore, dall'altro, la destinazione delle somme e i presupposti dell'attività accertatrice, sono improntati a meccanismi automatici, predeterminati e obbligatori, come tali del tutto esulanti dal potere di scelta dell'organo accertatore, quindi non si può nemmeno porre un profilo di conflitto di interesse.L'azione amministrativa, spiega la Cassazione, è comunque soggetta a principi di correttezza, legalità e buona amministrazione, che fungono da parametro di controllo idoneo a evitare, anche in astratto, la possibilità di una distorsione dell'esercizio del potere in favore di un interesse privato, arbitrario e non verificabile.
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CPB e ravvedimento speciale: chiarimenti per le scadenze dei non solari
Con la Risposta a interpello n 284 del 4 novembre le Entrate hanno chiarito le tempistiche di adesione al CPB e al ravvedimento speciale.
La società istante interroga l'ADE in relazione ai termini di adesione al Concordato Preventivo Biennale nonché in ordine all'interpretazione dell'articolo 2 quater, comma 13, del decreto legge 9 agosto 2024, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143, e da ultimo modificato dal decretolegge 19 ottobre 2024, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 189, al fine di aderire al ravvedimento speciale.
L'Istante riferisce che il proprio esercizio sociale termina il 30 giugno di ogni anno e che, per il periodo d'imposta chiuso il 30 giugno 2024, per il quale presenterà il modello SC 2024, redditi 2023, intende aderire per la prima volta al CPB.
A tal fine, evidenzia che l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 13 del 2024, prevede che è possibile aderire alla proposta di concordato, per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.La disposizione aggiunge poi che, per il primo anno di applicazione dell'istituto, il termine per aderire al CPB coincide con quello di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1.
L'Istante evidenzia inoltre che intende aderire al ravvedimento speciale per le annualità 2018-2022 di cui all'articolo 2 quater del decreto legge n. 113 del 2024 in base al quale è consentito adottare il suddetto regime, versando l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, per i soggetti che hanno applicato gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) e hanno aderito al CPB entro i termini di legge (ossia, entro il 31 ottobre 2024 o entro il 12 dicembre 2024 in caso di presentazione della dichiarazione integrativa ex articolo 7 bis del decretolegge 19 ottobre 2024, n. 155, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 dicembre 2024, n. 189).
Il citato articolo 2 quater prevede poi, al comma 13, che tale regime si applica ''per i soggetti di cui al comma 1 il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre di ciascun anno di riferimento''.
La sanatoria speciale si perfeziona con il versamento entro il 31 marzo 2025 oppure mediante pagamento integrale in un massimo di 24 rate maggiorate degli interessi, come previsto dall'articolo 2 quater, comma 8, del decreto legge n. 113 del 2024.
Premesso quanto sopra, l'Istante pone i seguenti dubbi interpretativi:- entro quale termine è possibile aderire al CPB ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 13 del 2024, essendo l'Istante una società con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare (di seguito, ''primo quesito'');
- entro quale termine è possibile adottare il regime del ravvedimento speciale di cui all'articolo 2 quater del decreto legge n. 113 del 2024, essendo l'Istante impossibilitato a rispettare il termine di versamento fissato al 31 marzo 2025 (termine precedente a quello di scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi) [di seguito, ''secondo quesito''].
Vediamo la replica ade.
CPB e ravvedimento speciale: chiarimenti per le scadenze dei non solari
Nello specifico, l'Istante chiede la corretta interpretazione dell'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 13 del 2024 e dell'articolo 2 quater del decreto legge n. 113 del 2024.
Relativamente al primo quesito, si rileva che, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 13 del 2024, ''[…] per il primo anno di applicazione dell'istituto, il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1''.
Il ''primo anno'' è rappresentato, per i contribuenti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, dal periodo d'imposta 2024 e la proposta di CPB viene dunque formulata sulla base della dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta precedente (ossia, l'anno 2023), da presentare entro il 31 ottobre 2024 (cfr. paragrafo 2.3, circolare n. 18/E del 17 settembre 2024).
La citata circolare stabilisce anche che ''deve ritenersi che il termine previsto per aderire al CPB sia perentorio, in quanto il legislatore, per il solo 2024, rinvia espressamente alla data del 31 ottobre, in deroga al termine ordinario del 31 luglio''
L'articolo 7 bis, comma 1, del decretolegge 19 ottobre 2024, n. 155, ha poi prorogato al 12 dicembre 2024 il termine di adesione al CPB, al ricorrere dei presupposti indicati dalla citata disposizione.
Nel caso concreto, l'Istante è un soggetto con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, che intende aderire al CPB, pertanto, la proposta di CPB verrà elaborata tenuto conto del periodo d'imposta chiuso il 30 giugno 2024, per il quale la relativa dichiarazione dei redditi dovrà essere presentata entro il termine indicato dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, come modificato dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 1 del 2024, cioè entro il 30 aprile 2025.
Il secondo quesito posto dall'Istante è relativo all'istituto previsto dall'articolo 2 quater, comma 13, del decreto legge n. 113 del 2024, ossia il regime di ravvedimento speciale ai fini della sanatoria delle annualità 2018-2022, mediante versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e relative addizionali e dell'imposta regionale sulle attività produttive.
In particolare, il citato articolo 2 quater, prevede, al comma 1, tale possibilità di ''ravvedimento'' per i soggetti che hanno applicato gli ISA e hanno aderito al CPB per il biennio 20242025 entro il 31 ottobre 2024 (o il termine del 12 dicembre 2024 in caso di presentazione della dichiarazione integrativa ex articolo 7 bis del decretolegge n. 155 del 2024), in presenza di tutte le altre condizioni richieste dalla disposizione.
Nel caso poi di soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, il comma 13 dell'articolo 2 quater prevede che ''[l]e disposizioni del presente articolo si applicano, per i soggetti di cui al comma 1 il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre di ciascun anno di riferimento''.
Per l'Istante il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023 (primo periodo di applicazione per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare in relazione al concordato per il biennio 20242025), è il periodo 1° luglio 2023 30 giugno 2024.
Il comma 8 dell'articolo 2 quater fissa il termine per il ravvedimento al 31 marzo 2025, con le modalità stabilite dal Provvedimento del Direttore dell'Agenzia del 4 novembre 2024.
Per l'agenzia contrariamente a quanto ipotizzato dall'Istante, il termine del 31 marzo 2025 previsto per il ''ravvedimento'' non pare in alcun modo derogabile.
Nel caso in concreto posto dall'Istante, il termine di adesione al ravvedimento (31 marzo 2025) è anteriore rispetto al momento di adesione al CPB (30 aprile 2025, termine ultimo per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo in corso al 31 dicembre 2023).L'Istante potrà aderire al ravvedimento entro il 31 marzo 2025 (essendo, appunto, termine inderogabile), fermo restando che il suo perfezionamento è
Allegati:
condizionato all'adesione da parte dell'Istante al CPB entro il termine del 30 aprile 2025. -
Fondo Cinema e Audiovisivi: la finanziaria riduce le risorse
La Legge di bilanci 2026 prosegue il suo iter di approvazione parlamentare che dovrà concludersi entro dicembre per poter consentire alla legge di entrare in vigore dal 1° gennaio 2026.
Tra le novità di quest'anno vediamo gli interventi per il settore del Cinema e Audiovisivi.
Cinema e Audiovisivi: le novità in legge di bilancio 2026
L’articolo 110 interviene con diverse novelle sulla legge n. 220 del 2016, dedicata al cinema e all’audiovisivo.
In particolare, le modifiche introdotte prevedono:
- la riduzione della dotazione del Fondo del cinema e dell’audiovisivo, che passa
- da 700 milioni di euro annui a 550 milioni di euro annui per l’anno 2026
- e a 500 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027;
- l’introduzione di sistema di monitoraggio trimestrale sulla spese sostenute per tutte le tipologie di sostegno previste dalla citata legge;
- la sottoposizione di tutte le tipologie di credito di imposta ai limiti massimi di risorse ad tali strumenti spettanti ai sensi del decreto di riparto;
- l’eliminazione dei vincoli di spesa minimi e massimi previsti per le risorse destinate ai contributi selettivi, alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva e ai piani per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali e per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.
- la riduzione della dotazione del Fondo del cinema e dell’audiovisivo, che passa
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Tassa etica per i forfettari: l’ADE chiarisce codice tributo e modalità di pagamento
Con la Risposta a interpello n 285 del 4 novembre le Entrate chiariscono che la tasse etica si applica anche ai forfettari.
Vediamo il dettaglio dell'interpello con i dubbi dell'istante e la replica ADE.
Tassa etica forfettari: come si paga
L'istante presenta un'istanza di interpello sulla Tassa etica, nei confronti dei soggetti che aderiscono al regime fiscale di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 o Regime forfetario al fine di riesaminare una precedente parere delle Entrate con il quale veniva evidenziato che: la Tassa Etica è dovuta anche dai contribuenti che applicano il regime forfetario, non essendo espressamente esclusi dalla normativa vigente […]'' e che ''[…] sul sito istituzionale dell'Agenzia delle Entrate, nello ''Scadenzario Fiscale'' relativo al mese di luglio 2024 (come, d'altronde, anche in riferimento agli anni precedenti), sono presenti le seguenti informazioni, che confermano espressamente che sono tenuti al pagamento della Tassa Etica anche i soggetti che applicano il regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 86, della legge n. 190 del 2014 […]''.
Pertanto, l'Istante ribadisce la sussistenza di una vacatio legis sulla applicabilità della Tassa etica nei confronti dei contribuenti come l'Istante che applicano il Regime forfetario, oltre a una oggettiva impossibilità di procedere al calcolo e al versamento delle eventuali somme dovute al verificarsi dei relativi presupposti.
In via subordinata, laddove si ritenga che la Tassa etica sia applicabile nei confronti dei soggetti in Regime forfetario, l'Istante chiede come procedere al pagamento della Tassa etica e quali codici tributo utilizzare.
L'articolo 1, comma 466, della l. n. 266 del 2005 ha introdotto ''una addizionale alle imposte sul reddito dovuta dai soggetti titolari di reddito di impresa e dagli esercenti arti e professioni, nonché dai soggetti di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi […] nella misura del 25 per cento''. Tale addizionale ''si applica alla quota del reddito complessivo netto proporzionalmente corrispondente all'ammontare dei ricavi o dei compensi derivanti dalla produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza, rispetto all'ammontare totale dei ricavi o compensi''. Ai fini della determinazione del reddito da assoggettare alla Tassa etica, il comma 466 specifica che ''le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente alle predette attività e ad altre attività, sono deducibili in base al rapporto tra l'ammontare dei ricavi, degli altri proventi, o dei compensi derivanti da tali attività e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi o compensi''
Le Entrate ricordano che nel comma 466 la Tassa etica è definita come una ''addizionale'' e rappresenta, un inasprimento dell'IRPEF e dell'IRES dovuta in relazione alle fattispecie puntualmente individuate dal legislatore, attutato attraverso l'introduzione di un'ulteriore aliquota che si aggiunge a quella ordinariamente prevista su una determinata base imponibile.
La circostanza che i contribuenti in Regime forfetario siano assoggettati all'''imposta sostitutiva'' di cui al comma 64 non esclude che gli stessi siano soggetti (anche) alla Tassa etica considerato che l'imposta dovuta nell'ambito del Regime forfetario è sostitutiva esclusivamente delle imposte e delle addizionali ivi espressamente indicate, ossia dell'imposta sui redditi (nello specifico, dell'IRPEF, potendo beneficiare di tale Regime solo i professionisti e gli imprenditori individuali) e dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (peraltro non più dovuta dagli esercenti arti e professioni ai sensi dell'articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, a decorrere dal periodo d'imposta 2022 cfr. circolare 18 febbraio 2022, n. 4/E, par. 3), nonché delle addizionali regionali e comunali di cui, rispettivamente, all'articolo 50 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e al decreto legislativo 28 settembre 1998 n. 360
Pertanto, si ritiene che i contribuenti che svolgono una delle attività, tra cui quelle come nel caso dell'Istante di ''produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico'', individuate dal comma 466 (come determinate dal relativo decreto attuativo cfr. il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2009) e che aderiscono al Regime forfetario, siano soggetti alla Tassa etica che si aggiunge all'imposta sostitutiva dovuta ex articolo 1, comma 64, della l. n. 190 del 2014.
In merito alle modalità di determinazione della base imponibile per liquidare la Tassa etica, i soggetti in Regime forfetario applicheranno le medesime regole previste dal citato comma 64.
Pertanto, la base imponibile della Tassa etica verrà determinata applicando all'ammontare dei ''ricavi o dei compensi derivanti dalla produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico e di incitamento alla violenza'' il coefficiente di redditività corrispondente al codice ATECO dell'attività esercitata.
L'importo della base imponibile così calcolato sarà indicato nell'apposito prospetto della dichiarazione dei redditi (cfr. modello Redditi PF, quadro RQ Imposte sostitutive e addizionali all'Irpef del modello PF, Sezione XII Tassa etica, rigo RQ49) unitamente a quello della Tassa etica dovuta calcolata applicando l'aliquota prevista del 25% a detta base imponibile (cfr. le istruzioni al modello Redditi PF 2025 per l'anno 2024, fascicolo 3, pag. 79).
Infine, per quanto riguarda le modalità di versamento della Tassa etica da parte dei contribuenti persone fisiche, occorre ricordare che la citata risoluzione n. 107/E del 2009 ha istituito i corrispondenti codici tributo e, nello specifico, i seguenti codici: 4003 relativo all'''Addizionale all'IRPEF art. 31, c. 3, d.l. 185/2008 Acconto prima rata'';
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Emergenza infanzia 114: bando per contributi agli enti del terzo settore
Con apposito avviso della Presidenza del Consiglio dei Ministri si pubblicano le regole per la concessione di un contributo per la gestione del numero pubblico emergenza infanzia 114 rivolto a enti senza scopo di lucro.
Emergenza infanzia 114: finbalità del bando 2025
Oggetto dell'Avviso è la concessione del contributo, ai sensi dell’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e del decreto interministeriale 6 agosto 2003 e s.m.i., per la gestione del servizio telefonico connesso al codice di pubblica emergenza 114, o numero pubblico “Emergenza infanzia 114” accessibile gratuitamente da parte di chiunque intenda segnalare situazioni di emergenza e disagio che possano nuocere allo sviluppo psico-fisico delle persone di minore età, anche al fine di prevenire e contrastare i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni, nell'ottica della più ampia tutela delle persone di minore età.
Il “114” è destinato a fornire alle vittime di abuso e violenza, ovvero alle persone congiunte o legate a esse da relazione affettiva, un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica, nonché consulenza psicopedagogica da parte di personale dotato di adeguate competenze e, fatti salvi gli altri obblighi di legge, nei casi più gravi, informare prontamente l'organo di polizia competente della situazione di pericolo segnalata.
Emergenza infanzia 114: beneficiari del contributo
La gestione del “114”, ai sensi del decreto interministeriale 6 agosto 2003, è esclusivamente riservata ad enti, in forma singola o associata anche temporanea:
a) non aventi, per statuto, finalità di lucro;
b) attivi, in base al proprio statuto, nella gestione di servizi alla persona e alla comunità, con particolare riferimento ai soggetti di minore età e alle loro famiglie, tramite l’ausilio prevalente di servizi telefonici di aiuto e sostegno e di messagistica istantanea
c) in possesso di consolidate esperienze professionali di settore, comprovate da attività analoghe svolte a livello nazionale da almeno cinque anni;
d) in grado di avvalersi, in relazione ai diversi livelli di gestione del “114” di personale dipendente, o comunque con esso stabilmente obbligato in forza di idoneo titolo, scelto tra esperti in psicologia, psicopedagogia, neuropsichiatria infantile, assistenza legale o, comunque, personale in possesso della necessaria formazione professionale in relazione al Servizio e che, in ogni caso, non abbia riportato condanne penali né abbia procedimenti penali pendenti, così come richiamato dall’art. 2, comma 3, del decreto interministeriale 6 agosto 2003 e s.m.i.;
e) in grado, autonomamente, di concorrere alla copertura degli oneri di gestione del “114” per una quota eccedente almeno il 20% del contributo erogato dal Dipartimento, ai sensi del paragrafo 14 del presente Avviso, onde garantire un’immediata diffusione del servizio in ambiti rilevanti e nel tempo crescenti del territorio nazionale. Resta salva la capacità del gestore di fornire e sviluppare, mediante risorse proprie, prestazioni e servizi, anche a livello locale, accessori o integrativi al presente servizio.
I soggetti partecipanti alla selezione non devono, inoltre, trovarsi in alcuna delle cause di incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione, avere riportato condanne penali o sentenze con le quali si dispone l’applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 C.p.p. o altri riti speciali, né avere o essere a conoscenza di avere procedimenti penali pendenti.
Bando emergenza 114: domande entro il 19 novembre
I soggetti interessati devono presentare, a pena di esclusione, una domanda sottoscritta digitalmente dal legale rappresentante dell’ente, nella quale formulano istanza di partecipazione alla procedura di selezione con l’impegno di accettare e rispettare, ove ne risultino gestori, i criteri e le modalità operative nonché tutte le altre condizioni stabilite dal presente Avviso.
Alla domanda di partecipazione dovranno essere allegati i documenti di cui ai paragrafi 6 e 7. 5.3 dell'avviso in oggetto.
Le domande di partecipazione dovranno pervenire, a pena di esclusione, entro e non oltre 20 giorni dalla data di pubblicazione del presente Avviso e in particolare entro il 19 novembre.
La domanda di partecipazione dovrà essere presentata, a pena di esclusione, via PEC:
- all’indirizzo di posta elettronica certificata segredipfamiglia@pec.governo.it
- unitamente alla documentazione
- e dovrà essere trasmessa da un indirizzo di posta elettronica certificata del soggetto interessato.
Nell’oggetto della PEC dovrà essere indicata la dicitura “Avviso per la concessione di un contributo per la gestione del numero pubblico Emergenza infanzia 114”.
Allegati: -
Perizia di stima per le perdite eccedenti il patrimonio netto contabile
Con la Risposta a interpello n 278 del 3 novembre l'agenzia si è pronunciata sul riporto delle perdite fiscali in ambito di fusione per incorporazione.
L'agenzia delle Entrate affronta un tema di grande rilevanza per le operazioni di fusione societaria: la possibilità di riportare le perdite fiscali in capo alla società incorporata, alla luce delle nuove regole introdotte dal D.lgs. 192/2024.
In particolare, viene chiarito se sia possibile disapplicare la norma antielusiva dell’articolo 172, comma 7, del TUIR, senza dover produrre una perizia giurata di stima.
Vediamo nel dettaglio il caso oggetto dell’istanza, la risposta dell’Amministrazione finanziaria e cosa cambia in concreto per imprese e consulenti.
Fusione e riporto perdite fiscali: obbligo di perizia con il D.lgs. 192/2024
La questione nasce nell’ambito del gruppo internazionale GAMMA, attivo in oltre 80 Paesi.
Nel 2023 il gruppo ha acquisito la società DELTA S.p.A., poi rinominata ALFA S.p.A., con l’obiettivo di rafforzare la presenza in mercati strategici, come l’Italia e la Spagna.
In seguito all’acquisizione, ALFA è stata fusa per incorporazione nella società controllante ETA S.p.A., con effetti giuridici dal 1° ottobre 2024.
Alla data della fusione, ALFA deteneva consistenti posizioni fiscali soggettive:
- perdite fiscali riportabili,
- interessi passivi indeducibili,
- eccedenza ACE.
L’Istante (ETA S.p.A.) ha chiesto all’Agenzia se fosse possibile disapplicare il limite patrimoniale previsto dalla norma antielusiva per poter riportare integralmente i tax asset di ALFA.
L’art. 172, comma 7, TUIR prevede due condizioni fondamentali:
- il test di vitalità economica, superato nel caso in esame,
- il test del patrimonio netto, che invece risulta incapiente rispetto all’ammontare delle perdite da riportare, senza perizia giurata.
L’Istante ha chiesto di basarsi sul solo valore contabile del patrimonio netto, escludendo l’onere della relazione giurata di stima, introdotta dal D.lgs. 192/2024.
Le Entrate hanno replicato che dal 2024, la riforma fiscale ha modificato sensibilmente il regime del riporto delle perdite in caso di fusione.
In particolare, ha rafforzato i presìdi antiabuso, introducendo:
- l’obbligo di determinare il patrimonio netto su base economica, non solo contabile,
- la necessità di una perizia giurata redatta da soggetti qualificati ai sensi dell’art. 2409-bis c.c.,
- un meccanismo di rettifica dei versamenti effettuati nei 24 mesi antecedenti la fusione.
L’Agenzia chiarisce che la perizia giurata è obbligatoria ogni volta che si vogliano riportare perdite fiscali eccedenti il valore contabile del patrimonio netto.
La relazione illustrativa al D.lgs. 192/2024 conferma che: “L’onere di far periziare il valore economico sussiste quando le perdite superano il patrimonio netto contabile.”
Nel caso in esame, ALFA non ha presentato la perizia, di conseguenza, l’Agenzia limita il riporto alle perdite contenute entro il valore contabile rettificato, escludendo le eccedenze.
Il legislatore ha ritenuto che il valore contabile sia un indicatore inadeguato della reale capacità dell’impresa di generare redditi futuri. Il patrimonio economico, più vicino al “going concern”, consente una valutazione più realistica e prudenziale, evitando il rischio di utilizzo di soggetti in perdita per neutralizzare l’imponibile di altri soggetti beneficiari della fusione.
Fino al 2024, l’Agenzia delle Entrate ammetteva in diversi interpelli la possibilità di fare riferimento al patrimonio netto contabile anche in assenza di perizia, qualora il valore fosse coerente con le perdite da riportare.
Con il D.lgs. 192/2024, invece, si assiste a una stretta normativa, la risposta n. 278/2025 si allinea pienamente al nuovo impianto, rappresentando una discontinuità interpretativa.
Le società che intendono beneficiare del riporto di perdite devono dotarsi di perizia, qualora:
- le perdite eccedano il patrimonio netto contabile,
- siano intervenuti conferimenti/finanziamenti nei 24 mesi precedenti,
- si voglia superare il limite quantitativo previsto.
In assenza di perizia, le perdite non sono perse, ma possono essere riportate solo entro il limite contabile, decurtato degli apporti recenti.
La relazione giurata diventa così un documento chiave:
- attesta il valore economico alla data di efficacia della fusione,
- legittima il riporto delle perdite eccedenti,
- costituisce elemento difensivo in sede di accertamento.
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Registratori di cassa e collegamento POS: come provvedere entro il 1° gennaio
Dal prossimo 1° gennaio 2026 scatterà un nuovo obbligo introdotto dalla scorsa legge di bilancio 2025 volto al contrasto dell'evasione fiscale.
In dettaglio entrerà in vigore l'obbligo di collegare Pos e scontrini telematici.
In proposito le Entrate in data 31 ottobre ha pobblicato il Provvedimento n 424470 con tutte le regole operative
Si introduce il vincolo di collegamento tecnico tra gli strumenti di pagamento elettronico e registratori telematici.
Il registratore potrà memorizzare sempre le informazioni di tutte le transazioni elettroniche, tranne i dati sensibili del cliente, e trasmettere all’agenzia delle Entrate l’importo complessivo dei pagamenti elettronici giornalieri acquisiti dall’esercente anche indipendentemente dalla registrazione dei corrispettivi.
Sarà prevista una sanzione pecuniaria e una sanzione accessoria della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per ciascuna violazione di:
- mancato collegamento dello strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici con lo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati
- mancata trasmissione o memorizzazione dei dati dei pagamenti elettronici.
Vediamo il dettaglio della norma.
Controlli sui corrispettivi: incassi e scontrini collegati dal 1° gennaio
In dettaglio, si stabilisce che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica sono effettuate mediante strumenti tecnologici che garantiscano l’inalterabilità e la sicurezza dei dati, nonché la piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico.
A tal fine, lo strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici è sempre collegato allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.
Registratori di cassa e POS: sanzioni per chi non provvede
Si applica la sanzione amministrativa di euro 100 per ciascuna trasmissione, comunque entro il limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre.
Inoltre si estende l’applicazione di tale sanzione, anche nei casi di violazione degli obblighi di memorizzazione o trasmissione dei pagamenti elettronici.
La sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 4.000 prevista per l'omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale si applica anche nel caso di mancato collegamento dello strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.
Leggi Pos e registratori di cassa: regole per collegarli per tutte le modalità per adempiere al nuovo obbligo in arrivo