• PRIMO PIANO

    PEC Amministratori società: chiarimenti sui requisiti oggettivi e soggettivi

    Con una Nota congiunta del 25 settembre, Unioncamere e il Notariato hanno diffuso nuovi chiarimenti sui requisiti soggettivi e oggettivi del nuovo adempimento in vigore dal 1° gennaio e introdotto dalla legge di bilancio per gli amministratori di società.

    La nota, di nove pagine, evidenzia al punto n 3 chiarimenti sul domicilio digitale degli amministratori, vediamo il dettaglio.

    Per tutte le regole leggi anche  PEC amministratori società: adempimento al 31 dicembre             

    PEC Amministratori società: chiarimenti sui requisiti oggettivi e soggettivi

    In relazione all’obbligo degli amministratori di società, introdotto dall’art. 1, comma 860, della L. 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio 2025), di “indicare il proprio domicilio digitale” e di comunicarlo per l’iscrizione al registro delle imprese (previsto per le società dall’art. 16, comma 6, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, ed esteso, dall’ art. 5, comma 1, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 alle imprese individuali), considerata la nota del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 12 marzo 2025 prot. n. 43836, si segnala quanto segue.
    Relativamene all'ambito oggettivo di applicazione per le imprese costituite in forma societaria si segnala che:

    • occorrono entrambi i requisiti, e quindi:
      • (i) attività di impresa 
      • e (ii) forma societaria:
    • sono quindi escluse le società che non svolgono attività d’impresa (ad es. le Stp, le Sta e le società di mutuo soccorso) i consorzi e altri enti che pur svolgendo attività d’impresa non siano società e i contratti di rete.

    Relativamente all'ambito soggettivo di applicazione ossia per gli amministratori di imprese costituite in forma societaria. sono inclusi tutti coloro che ricoprano la carica di amministratore, anche se non muniti di deleghe e non operativi. Sono inclusi i liquidatori, in quanto amministratori della società in liquidazione.

    Attenzione al fatto che sono esclusi i procuratori, compresi i direttori generali, nonché i preposti di società estere con sede secondaria in Italia.

    Relativamente alla decorrenza del nuovo adempimento, a partire dal 1° gennaio 2025, l’obbligo riguarda le richieste di iscrizione della nomina presentate (anche per conferma o rinnovo o modifica dei patti sociali di società di persone) a decorrere dal 1° gennaio 2025, quindi non solo le richieste di iscrizione di nomina relative alle società costituite dal 1° gennaio 2025.

    La comunicazione del domicilio digitale effettuata dagli amministratori già in carica al 1° gennaio 2025, per la quale non è previsto un termine di scadenza, è esente dal pagamento dei diritti di segreteria.

    PEC amministratori società: quale domicilio digitale indicare

    Infine, relativamente alle caratteristiche del Domicilio Digitale degli amministratori di società, la nota del 25 settembre  specifica che il domicilio digitale è un “indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata …”, “valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale”; come tale assume, ove previsto dalla legge, la stessa funzione del domicilio regolato e definito dal Codice civile (art. 43); conseguentemente
    l’amministratore/liquidatore può alternativamente:

    • indicare il proprio domicilio digitale personale;
    • indicare lo stesso domicilio digitale personale per le cariche ricoperte in diverse società;
    • indicare diversi domicili digitali per le cariche ricoperte in diverse società;
    • “eleggere domicilio speciale” elettronico, ai sensi dell’art 47 del codice civile, presso il domicilio digitale della società nella quale ricopre la carica.

    Non è invece possibile indicare un domicilio digitale di altra società o riferito ad altro amministratore/liquidatore.”

    Allegati:
  • Bonus fiscali e crediti d'imposta

    Crediti R&S: chiarimenti con question time n 5-04433

    Con il question time n 5-04433 gli interroganti chiedono chiarimenti in merito alla disciplina del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, con riferimento: 

    • alle numerose modifiche normative che si sono succedute nel tempo;
    • all’attività di controllo e contrasto alle frodi svolta dall’Agenzia delle entrate;
    • alla necessità di definire con chiarezza i criteri che distinguono i progetti ammissibili (ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale) da quelli non rilevanti ai fini dell’agevolazione .

    In particolare, gli interroganti evidenziano le difficoltà delle imprese nell’individuare correttamente gli investimenti agevolabili e i rischi di contenzioso legati a interpretazioni non uniformi.

    Nel question time 5-04433 il MEF ribadisce i criteri di ammissibilità del credito d’imposta ricerca e sviluppo, distinguendo tra crediti inesistenti e non spettanti e ricordando la possibilità di riversamento spontaneo senza sanzioni. 

    Criditi R&S: chiarimenti dal questione time

    Nella risposta il MEF sottolinea i seguenti aspetti e i relativi chiarimenti:

    • Controlli mirati dell’Agenzia: l’Agenzia delle Entrate rafforza le verifiche per evitare l’utilizzo indebito del credito, soprattutto per crediti inesistenti o frutto di frodi. 
    • Definizione delle attività agevolabili: si richiamano i criteri stabiliti dal Manuale di Frascati dell’OCSE e dalla normativa europea sugli aiuti di Stato (Comunicazione UE 2014/C 198/01). È ribadita la necessità di una rigorosa distinzione tra le attività di ricerca (ammissibili) e quelle di semplice consulenza, innovazione di processo o attività ordinarie (non ammissibili).
    • Crediti inesistenti e crediti non spettanti:
      • i primi (inesistenti) sono quelli privi in tutto o in parte dei presupposti costitutivi previsti dalla normativa,
      • i secondi (non spettanti) sono invece legati a errori interpretativi o a valutazioni non corrette sulla qualificazione dei progetti. 
      • viene evidenziarto che "mentre i crediti inesistenti sarebbero quei crediti, in tutto o in parte, dei presupposti costitutivi dei crediti individuati dalla normativa di riferimento, cui si aggiungono i crediti oggetto di rappresentazioni fraudolente, nei crediti non spettanti rientrerebbero quelli in cui, ferma restando la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi specificamente individuati nella normativa di riferimento, il credito di imposta difetta di ulteriori elementi o qualità individuate dal fonti tecniche di dettaglio non specificamente richiamate dalla normativa primaria e secondaria dell’agevolazione.”  Inoltre viene evidenziato che "resta fermo che, al fine di attestare l’effettiva sussistenza dei requisiti tecnici richiesti dalla norma, l’impresa beneficiaria può acquisire apposita certificazione rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro.” 
    • Possibilità di definizione agevolata: è stata prevista la possibilità per i contribuenti di aderire a una procedura di ravvedimento operoso rafforzato (art. 5, comma 7, DL 146/2021) per riversare spontaneamente il credito indebitamente fruito, senza applicazione di sanzioni o interessi. In particolare si evidenzia che  "con riferimento alla promozione di un intervento di definizione agevolata, giova evidenziare che il legislatore ha già previsto la possibilità di accedervi alla procedura di riversamento spontaneo, ai sensi dell’articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, come da ultimo modificato dal decreto-legge 25 maggio 2023, n. 73. Tale procedura è finalizzata a consentire alle imprese che avessero esposto crediti non spettanti in attività di ricerca e sviluppo di riversare gli importi utilizzati, senza applicazione di sanzioni e interessi, entro il termine di presentazione della sua ultima proroga, il 30 giugno 2025 (per effetto dell’articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 25/2025) — possono essersi realizzati, stante l’irrogazione delle sanzioni in ipotesi di utilizzo dei crediti inesistenti, gli effetti preclusivi derivanti dal riconoscimento dell’inammissibilità dell’istanza di accesso alla procedura di riversamento per i crediti esposti in compensazione e risultati inesistenti, in quanto privi, in tutto o in parte, dei requisiti costitutivi previsti dalla normativa di riferimento o frutto di operazioni oggettivamente o soggettivamente simulate.” 

    Da questi chiarimenti si confermano la necessità per le imprese di:

    • documentare rigorosamente i progetti di ricerca e sviluppo;
    • verificare la coerenza delle attività svolte con le definizioni OCSE ed europee;
    • valutare tempestivamente l’eventuale utilizzo del ravvedimento speciale in caso di dubbi sulla spettanza del credito.

  • La casa

    Cessione di usufrutto: si perde l’agevolazione prima casa sull’immobile?

    Con la Cassazione n 25863/2025 si replica ad un contenzionso tra l'agenzia delle entrate ed un contribuente a cui era stata recovata l'agevolazione prima causa a seguito della cessione dell'usufrutto su di un immobile da figlio a genitori.

    Vediamo l'interessante pronuncia.

    Cessione di usufrutto: si perde l’agevolazione prima casa sull’immobile?

    Il contenzioso nasceva da un avviso di liquidazione notificato a un contribuente che, dopo aver acquistato un immobile con le agevolazioni “prima casa” nel 2011, aveva successivamente donato l’usufrutto ai propri genitori.
    L’Agenzia delle Entrate aveva revocato i benefici fiscali, ritenendo che la donazione integrasse un trasferimento dell’immobile entro i cinque anni previsti dalla normativa, con conseguente decadenza dalle agevolazioni e richiesta di oltre 20.000 euro di imposta di registro.

    La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente, sostenendo che la donazione dell’usufrutto non comporta la perdita del diritto di proprietà sull’immobile, rimasto in capo al nudo proprietario.

    Con l’ordinanza n. 25863 del 22 settembre 2025 la Sezione tributaria civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e confermato la posizione del contribuente.

    La Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di agevolazione per l’acquisto della prima casa, il quarto comma della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, stabilisce la decadenza solo in caso di trasferimento degli immobili acquistati con i benefici, e non anche in caso di costituzione del diritto di usufrutto sugli immobili stessi in favore di terzi.

    Pertanto, la sola costituzione di usufrutto non equivale a trasferimento di proprietà e non determina la perdita dei benefici fiscali.

    Gia con altre pronunce la Cassazione aveva sancito che in tema di agevolazioni tributarie, anche il nudo proprietario ha diritto alle agevolazioni in materia di imposta di registro per l'acquisto della prima casa di cui all'art. 1 della legge n. 168/82, purché destini effettivamente l'appartamento acquistato a propria abitazione dopo la consolidazione dell'usufrutto con la nuda proprietà 

  • Appalti

    Concessioni balneari: debiti fiscali oltre 5.000 euro impediscono l’accesso all’appalto

    La Corte Costituzionale ha espresso un importante principio che avrà di certo delle ricadute sulle concessioni balneari.

    Si tratta della pronuncia n 138/2025 con cui si reputano legittime le previsioni secondo le quali l'omesso pagamento di debiti fiscali generano l'inamissibilità ad una gara di appalto per le concessioni.

    Vediamo tutti i dettagli della importante pronuncia.

    Concessioni balneari: debiti fiscali oltre 5.000 euro impediscono l’accesso all’appalto

    La sentenza n. 138 del 24 giugno 2025 della Corte costituzionale rappresenta un assunto determinante nell'ambito delle concessioni demaniali marittime. 

    Originata da un contenzioso sugli appalti pubblici, la pronuncia statuisce un importante principio sulla piena applicabilità, anche alle procedure di affidamento delle concessioni balneari, del regime dei requisiti generali dettato dal Codice dei contratti pubblici (Dlgs. n 50/2016, oggi sostituito dal Dlgs. n 36/2023). 

    In pratica si ribadisce la validità dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, riprodotto negli artt. 94 e 95 del d.lgs. 36/2023, che prevede l’esclusione automatica dalle gare degli operatori economici per violazioni fiscali definitivamente accertate superiori alla soglia di euro 5.000.

    Il principio affermato dalla Corte Costituzionale è il seguente: La previsione che le violazioni definitivamente accertate degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse siano considerate "gravi" e causino l'esclusione dalla partecipazione a una procedura di appalto se comportano un omesso pagamento superiore all'importo di 5.000 euro, non è irragionevole né sproporzionata. Essa contempera l'esigenza di trattare con severità i concorrenti inadempienti agli obblighi fiscali con la possibilità di consentire loro la partecipazione a fronte di debiti di importo non significativo, assicurando integrità, correttezza e affidabilità degli operatori economici. 

    Era stato il Consiglio di Stato a sollevare dubbi sulla compatibilità della norma con l’art. 3 della Costituzione, prospettando un contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità. 

    Secondo il Consiglio di Stato un debito verso l’erario di importo modesto seppur superiore ai 5.000 euro, poteva condurre all’esclusione anche da gare di rilevante valore economico, determinando una sproporzione evidente tra gravità della violazione e conseguenze sul piano concorsuale. 

    La Corte ha ritenuto la disciplina conforme alla Costituzione poichè la finalità perseguita dal legislatore è quella di garantire integrità, affidabilità e par condicio tra i concorrenti, nonché di prevenire indebiti vantaggi competitivi derivanti dall’inadempimento degli obblighi fiscali. 

    Superata la soglia dei 5.000 euro, l’operatore è automaticamente escluso, senza che la stazione appaltante (nel caso delle concessioni demaniali, l’ente concedente) possa valutare la proporzionalità rispetto al valore dell’affidamento. 

    La disciplina dovrebbe quiondi anche applicare ai bandi per l’assegnazione delle concessioni balneari che, secondo la legge 116/2024, saranno affidate entro il 2027 mediante procedure competitive. 

    Occorre evidenziare che la Corte, pur dichiarando la questione non fondata, ha tuttavia rimesso al legislatore l’opportunità di una revisione della soglia o di una disciplina derogatoria che consenta la partecipazione agli operatori che provvedano a estinguere tempestivamente il debito prima della gara. 

    Si attendono ulteriori novità in merito, data l'importanza della materia.

  • Assegnazione agevolata di beni ai soci

    Assegnazione agevolata ai soci: entro il 30 settembre

    Entro il 30 settembre le imprese possono optare per l'assegnazione agevolata dei beni ai soci.

    Ricordiamo che è stata la Legge di Bilancio 2025  in vigore dal 1° gennaio a prevedere una norma ad hoc che ha riaperto questa possibilità per le società di capitali e di persone di assegnare o cedere ai soci beni immobili e mobili registrati, non strumentali per destinazione, in regime fiscale
    agevolato. 

    L’intervento introduce una nuova finestra fino al 30 settembre 2025 e ridefinisce le condizioni di accesso e le modalità di calcolo e
    versamento dell’imposta sostitutiva.

    Scopo della misura: 

    • rafforzare la patrimonializzazione dei soci 
    • incentivare l’uscita dal perimetro societario di beni non strategici. 

    Invece del regime ordinario, per applicare la misura è necessario versare un’imposta sostitutiva pari all’8% (10,5% per società non operative) e al 13% sulle riserve in sospensione d’imposta.

    Assegnazione agevolata ai soci: misura riproposta per il 2025

    In dettaglio, con i commi da 31 a 36 dell'unico art 1 della legge, si ripropone il regime fiscale temporaneo di assegnazione agevolata di beni ai soci, introdotto dall’articolo 1, commi da 100 a 105 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023).
    In particolare, il comma 31 definisce l’ambito di applicazione del regime nei termini che seguono:

    a) Ambito soggettivo

    • società costituite nella forma giuridica di: 
      • (i) società in nome collettivo; 
      • (ii) società in accomandita semplice; 
      • (iii) società a responsabilità limitata;
      •  (iv) società per azioni 
      • e (v) società in accomandita per azioni;
    • società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione di beni non strumentali e che si trasformano in società semplici entro il 30 settembre 2025.

    b) Ambito oggettivo

    • Assegnazione o cessione ai soci, da parte delle società costituite in una delle forme giuridiche di cui sopra, entro il 30 settembre 2025, della seguente tipologia di beni:
      • beni immobili diversi da quelli strumentali ai sensi dell’articolo 43, comma 2, primo periodo, del TUIR. Ai sensi dell’articolo 43, comma 2, primo periodo, del TUIR, si considerano strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore.
      • beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali nell’esercizio dell’attività d’impresa. Trasformazione delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni (non strumentali) in società semplici, entro il 30 settembre 2025.

    c) Qualità di socio È necessario che, alla data del 30 settembre 2024, tutti i soci risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, ovvero che siano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2024.

    Il comma 32 definisce le modalità di calcolo dell’imposta sostitutiva da versare in caso di assegnazione o cessione ai soci di beni, ovvero di trasformazione di tali società in società semplici entro il 30 settembre 2025.

    Nello specifico, l’imposta sostitutiva nella misura dell’8 per cento si applica alla differenza tra il valore normale dei beni assegnati (o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all'atto della trasformazione) ed il loro costo fiscalmente riconosciuto

    Per le società che non risultano operative in almeno due dei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione, della cessione o della trasformazione, l’imposta sostitutiva si applica nella misura del 10,5 per cento.

    Ricordiamo che ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1990 si considerano non operative le società (di capitali, di persone e stabili organizzazioni in Italia di società non residenti) che hanno conseguito ricavi effettivi (ammontare complessivo dei ricavi ed incremento delle rimanenze risultanti dal Conto Economico) inferiori ai ricavi presunti (determinati applicando dei coefficienti di legge ad alcune voci dello Stato Patrimoniale).
    Inoltre, ai sensi del medesimo comma, si applica l’imposta sostitutiva del 13 per cento sulle riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell'assegnazione dei beni ai soci e quelle delle società che si trasformano.
    Il successivo comma 33, con riferimento ai beni immobili, riconosce alle società la possibilità di richiedere che il valore normale sia determinato in misura pari al valore risultante dall'applicazione all'ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori – di cui al decreto del Ministero delle finanze del 14 dicembre 1991- determinati con i criteri previsti dal comma 4, primo periodo dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986.
    In caso di cessione, si precisa che qualora il corrispettivo della cessione sia inferiore al valore normale del bene determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR (valore di mercato) o al suo valore catastale, è computato in misura non inferiore a uno dei due valori.
    Il comma 34 dispone che il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate debba essere aumentato della differenza assoggettata a imposta sostitutiva.

    Inoltre, si prevede che nei confronti dei soci assegnatari non operi la presunzione di distribuzione prioritaria dell’utile e delle riserve di utili di cui all’articolo 47, commi 1, 5, 6, 7 e 8 del TUIR.

    n ogni caso, si precisa che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, debba ridurre il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o delle quote possedute.

    Il comma 35 stabilisce che per le suddette assegnazioni e cessioni ai soci, le aliquote dell’imposta di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà (dal 3 per cento all’1,5 per cento), mentre le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (pari a 200 euro).
    Infine, il comma 36 reca delle indicazioni sul versamento dell’imposta sostitutiva prevedendo che l’imposta sostitutiva debba essere versata in due rate: 

    •  la prima (pari al 60 per cento dell’imposta dovuta) entro il 30 settembre 2025
    • e la seconda (pari al restante 40 per cento) entro il 30 novembre 2025, secondo le modalità di cui al decreto legislativo n. 241 del 1997 (con modello F24).

    Si chiarisce, inoltre, che si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi per la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso

  • La casa

    Prima casa e vendita entro 5 anni: quando scatta la decadenza

    Con la Sentenza n 24479/2025 la Cassazione esprime un principio rilevante per l'agevolazione prima casa.

    Nel caso di specie, di seguito dettagliato, viene deciso che per evitare la decadenza dai benefici prima casa non vale l’acquisto effettuato prima della vendita infra‑quinquennale dell’immobile acquistato con le agevolazioni, ciò che la legge richiede è che l’acquisto del nuovo immobile segua l’alienazione infra‑quinquennale, nell’arco di un anno, e che il nuovo immobile sia destinato ad abitazione principale.

    Vediamo il caso di specie.

    Prima casa e vendita entro 5 anni: quando scatta la decadenza

    L"agevolazione prima casa” è una norma che consente, al momento del primo acquisto di un immobile da destinare ad abitazione principale, di usufruire di benefici fiscali relativi a imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale, ecc., a determinate condizioni.

    I principali requisiti sono che:

    • l’acquirente non possieda altri immobili nello stesso Comune;
    • l’immobile sia destinato ad abitazione principale entro il termine stabilito dalla legge;
    • non si acquistino altri immobili con le agevolazioni prima casa già godute, salvo che nel frattempo sia venduto l’immobile agevolato e si proceda ad un nuovo acquisto entro un anno.

    Se l’immobile agevolato viene alienato entro 5 anni dall’acquisto, l’agevolazione decade, a meno che il contribuente acquisti un nuovo immobile da adibire a propria abitazione principale entro un anno dalla vendita.

    Se si vende l’immobile acquistato con agevolazioni prima casa prima che siano trascorsi cinque anni, scatta la decadenza del beneficio.

    La sola vendita non è però l’unica circostanza: la normativa prevede un meccanismo di “salvaguardia” se entro un anno dall’alienazione si riacquista un altro immobile da destinare ad abitazione principale. Se ciò accade, il beneficio può essere mantenuto.

    Nel 2009, due coniugi acquistavano in comunione pro‑indiviso un immobile agevolato come “prima casa”.

    Nel 2012 la moglie rilevava la quota del 50% posseduta dal marito, chiedendo di conservare il beneficio per quella quota. 

    Nel 2016, la contribuente cedeva l’intero immobile (comprese le quote), prima che fossero passati i 5 anni dall’acquisto originario. 

    L’Agenzia delle Entrate notificava avviso di liquidazione per revoca parziale dell’agevolazione, in particolare per la quota del 50% acquisita nel 2012 e poi ceduta nel 2016. 

    La Suprema Corte afferma che non è rilevante e quindi non sana la decadenza l’acquisto di un altro immobile prima della vendita infra‑quinquennale dell’immobile agevolato. 

    In altre parole, non basta aver già acquistato un nuovo immobile: è essenziale che il nuovo acquisto avvenga dopo l’alienazione del bene agevolato, e che avvenga entro l’anno successivo.

    Nel caso in esame, il fatto che la contribuente avesse acquistato una quota nel 2012 prima della cessione avvenuta nel 2016 non ha evitato la decadenza del beneficio per quella quota, la Cassazione ha respinto il ricorso. 


    Pe rla Cassazione ciò che conta è il momento degli acquisti rispetto alla vendita agevolata e in sintesi, per evitare decadenza, il contribuente deve:

    • vendere l’immobile agevolato entro i 5 anni;
    • poi (dopo la vendita) acquistare un nuovo immobile destinato ad abitazione principale;
    • fare questo nuovo acquisto entro un anno dall’alienazione.
    • Se viene fatto un acquisto prima della vendita agevolata, non serve: non “sana” la decadenza.
    • Importante: le quote di comproprietà vendute prima dei 5 anni possono implicare decadenza parziale per quella quota. 
    • Professionisti devono informare i clienti di queste tempistiche e consigliare una pianificazione attenta: non bastano intenzioni, serve rigore nei tempi.

  • Principi Contabili Nazionali

    OIC 34: questionario entro il 30 settembre

    L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) in data 21 luglio aveva ha pubblicato un questionario allo scopo di raccogliere l’opinione degli operatori sugli aspetti applicativi che hanno generato maggiori difficoltà nell’applicazione dell’OIC 34 (“ricavi”) emesso nel 2023 ed è applicabile a partire dal 1° gennaio 2024, ricordiamo tutti i dettagli in vista della scadenza del 30 settembre prossimo.

    OIC 34: questionario entro il 30 settembre

    In particoalre, l’iniziativa di OIC trae origine da alcune richieste di chiarimento che hanno determinato l’avvio della post-implementation review (PIR) del principio e di semplificazione, anche al fine di favorire la sua applicazione e ridurre i rischi di contenzioso con le Autorità fiscali.
    L’OIC 34 si applica a tutte le transazioni che comportano l’iscrizione di ricavi derivanti dalla vendita di beni e dalla prestazione di servizi indipendentemente dalla loro classificazione nel conto economico.
    Con il questionario l’Organismo Italiano di Contabilità si propone di sondare gli operatori:

    • sui dubbi interpretativi riguardanti l’ambito di applicazione di OIC 34, 
    • la rilevazione dei ricavi, 
    • nonché il modo di contabilizzare alcune fattispecie specifiche come, ad esempio, le vendite con garanzia, le cessioni di licenze, le vendite con obbligo di ri-acquisto, 
    • di raccogliere suggerimenti su possibili aree di semplificazione.

    Gli elementi raccolti con le risposte al questionario, da inviare entro il 30  settembre, verranno analizzati dall’OIC al fine di valutare eventuali modifiche da apportare all’OIC 34.

  • Agricoltura

    Legge sulla Montagna: le agevolazioni per l’agricoltura

    La Legge n 131/2025 che ha tra gli altri come obiettivo quello di ripopolare le montagne italiane, tra le agevolazioni ne prevede una per l'agricoltura.

    In particolare, con l'articolo 19 si istituisce un credito d'imposta per investimenti e attività diversificate degli agricoltori e dei silvicoltori di montagna.

    Vediamo i beneficiari e come funziona la misura agevolativa.

    Credito d’imposta per investimenti e attività diversificate degli agricoltori e dei silvicoltori di montagna

    Agli imprenditori agricoli e forestali singoli e associati, comprese le cooperative agricole e forestali, ai consorzi forestali, anche partecipati dai comuni, e alle associazioni fondiarie viene riconosciuto un credito d’imposta pari al 10% del valore degli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2027, nel limite complessivo di spesa di 4 milioni di euro per ciascun anno.

    Pertanto, non si applicano i limiti annuali di 250mila euro, per ciascun avente diritto, stabilito, per i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, dall'art 1 comma 53 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007), e di 2 milioni di euro, complessivi, fissato dall'art 34 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2000).

    Attenzione al fatto che per poter beneficiare dell’incentivo, gli imprenditori interessati devono:

    • avere la sede ed esercitare prevalentemente la propria attività nei comuni montani individuati dalla legge in esame
    • effettuare determinati investimenti volti all’ottenimento dei servizi ecosistemici e ambientali benefici per l’ambiente e il clima, anche attraverso interventi di manutenzione del territorio.

    Le tipologie di servizi agevolabili saranno messe a punto con un successivo decreto ministeriale.

    Si prevede che il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le stesse spese, comunque nel limite dei costi sostenuti, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997, dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi sono stati sostenuti).

    L’incentivo, alle stesse condizioni e limiti, è più sostanzioso e diventa pari al 20% degli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2027, nei territori dei comuni montani individuati dalla legge, con popolazione non superiore a 5mila abitanti, nei quali sia presente una delle minoranze linguistiche storiche di cui alla legge n 482/1999 quali ad esempio:

    • albanesi, 
    • catalane, 
    • germaniche, 
    • greche, 
    • slovene e croate, ecc

    i cui appartenenti rappresentino almeno il 15% dei residenti.

    I criteri e le modalità di concessione di entrambe le tipologie di credito d’imposta, anche ai fini del rispetto del limite complessivo di spesa stabilito, nonché le disposizioni relative ai controlli e al recupero del beneficio indebitamente fruito, saranno definiti con un apposito decreto ministeriale entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge. 

  • Corsi Accreditati per Commercialisti

    Formazione continua revisori: come candidarsi nel Comitato Didattico

    Il MEF con un avviso pubblicato sul proprio sito istituzionale, informa della possibilità di partecipare al Comitato didattico in materia di formazione continua per i revisori legali dei conti, previsto dall’articolo 5 del Decreto Legislativo n 39/2010 .

    In vista del rinnovo del Comitato, composto da un massimo di quindici esperti, che svolge un ruolo centrale nell’elaborazione del programma annuale di aggiornamento professionale dei revisori legali, si pubblicano le regole per partecipare alla call.

    Formazione continua revisori: come candidarsi nel Comitato Didattico

    Ricordiamo che il Comitato didattico è un organismo tecnico-consultivo istituito dal Ragioniere Generale dello Stato, che si rinnova ogni tre anni con apposita determina.

    Funzioni  principali dello stesso sono inerenti le seguenti attività:

    • analisi e studio delle disposizioni normative sulla formazione dei revisori legali;
    • proposte operative per l’attuazione dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 39/2010;
    • elaborazione del programma annuale di formazione continua

    per garantire il costante aggiornamento delle conoscenze teoriche e delle competenze professionali dei revisori iscritti al Registro della revisione legale.

    Il Comitato si riunisce almeno una volta l’anno con partecipazione a titolo gratuito.

    Come candidarsi

    Possono presentare domanda di partecipazione, firmata digitalmente o in maniera autografa, i professionisti in possesso dei seguenti requisiti:

    • Laurea Magistrale in discipline giuridico-economiche o contabili;
    • competenze specialistiche comprovate in materia di revisione legale, tecnica e deontologia professionale, principi contabili nazionali e internazionali, normativa societaria e commerciale, nonché nella rendicontazione di sostenibilità;
    • esperienza professionale consolidata, in particolare come:     
      • responsabile o componente di team di revisione presso società dotate di strutture formative interne;
      • docente universitario o relatore in istituti di ricerca nelle materie pertinenti;
      • membro di ordini professionali con ruoli attivi in ambito formativo.    

    L’incarico ha una durata di tre anni e non comporta compensi.

    Nella domanda occerre allegare un proprio cv in forma sintetica all’indirizzo:igf.ufficio15.rgs@mef.gov.it

  • IUC (Imu - Tasi - Tari)

    Bonus TARI: per chi scatta in automatico

    Con Delibera ARERA n 355/2025 vengono stabilite le regole per il bonus TARI 2025.

    La tassa sui rifiuti (TARI) è il tributo destinato a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi.
    La TARI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale tributo facente parte, insieme all’imposta municipale propria (IMU) e al tributo per i servizi indivisibili (TASI), dell’imposta unica comunale (IUC).

    Dal 2014, pertanto, la TARI ha sostituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2).
    La legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020) ha successivamente abolito, a decorrere dall’anno 2020, la IUC e – tra i tributi che la costituivano – la TASI. 

    Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire l’IMU, come ridisciplinata dalla stessa legge n. 160 del 2019, e la TARI, le disposizioni relative alla quale, contenute nella legge n. 147 del 2013, sono state espressamente fatte salve.
    I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo [art. 1, comma 668, della legge n. 147 del 2013].

    Vediamo in dettaglio quando fare domanda PER IL BONUS tari 2025 e quando scatta in automatico.

    Bonus TARI: per chi scatta in automatico

    Secondo quanto stabilito dalla delibera ARERA, il bonus è pari al 25% della TARI/tariffa corrispettiva dovuta dal cittadino e spetterà automaticamente senza esplicita domanda da parte degli utenti, a tutti i nuclei familiari che hanno presentato all’INPS una DSU (dichiarazione sostitutiva unica) e ottenuto un livello di attestazione ISEE sotto la soglia stabilita.

    In particolari le soglie ISEE ammontano a:

    • euro 9.530, 
    • euro 20.000 per famiglie numerose ossia con più di quattro figli a carico.

    Lo sconto per il 2025 partirà da febbraio 2026 e sarà applicato ai nuclei familiari che hanno ottenuto un’attestazione ISEE sotto soglia nel 2025.

    Il provvedimento detta tutte le regole che consentono l’identificazione degli aventi diritto e la corresponsione automatica del beneficio.

    Il provvedimento definisce anche gli obblighi informativi di tutti i soggetti coinvolti nel processo di erogazione anche ai fini del monitoraggio delle somme erogate.