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Aiuti alle imprese per la moria del Kiwi: tutte le regole
Nel decreto ministeriale del 18 settembre il Ministero dell'agricoltura ha disciplinato gli aiuti per le imprese di produzione del Kiwi per la moria 2023.
La misura è stata prevista dal DL Agricoltura convertito in Legge n 101/2024 pubblicata in GU n 163 del 13 luglio
Tutte le regole degli aiuti al settore del kiwi.
Imprese produzione del Kiwi: sostegni dal Dl Agricoltura
L’articolo 3 del DL Agricoltura prevede misure a sostegno delle imprese agricole che hanno subito e segnalato danni alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia a causa della “moria del kiwi” nel 2023, ma non hanno beneficiato di risarcimenti derivanti da polizze assicurative o da fondi mutualistici.
Le misure di sostegno di cui all’articolo 5, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 102 del 2004, alle quali si consente l’accesso, prevedono:
- contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato,
- prestiti ad ammortamento quinquennale a tasso agevolato,
- proroga delle operazioni di credito agrario e agevolazioni previdenziali.
La dotazione del “Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori” viene incrementata di 44 milioni di euro per l'anno 2024, di cui 4 milioni di euro per gli interventi di sostegno ai produttori di kiwi e 40 milioni di euro per i danni da attacchi di peronospora alle produzioni viticole.
La ripartizione delle somme tra le regioni sarà effettuata sulla base dei fabbisogni risultanti dalle domande di accesso al Fondo presentate dai beneficiari, con preferenza per le imprese agricole che hanno adottato buone pratiche agricole per contenere gli effetti della “moria del kiwi”.
La dotazione del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, nonché la dotazione del Fondo per il funzionamento delle Commissioni uniche nazionali di 600.000 euro annui a decorrere dall'anno 2024.
Aiuti Imprese Kiwi 2024: tutte le regole
Viene pubblicato in GU n 232 del 3 ottobre, il Decreto dell'Agricoltura del 18 settembre con interventi compensativi per le imprese agricole che hanno subito danni alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, a causa del fenomeno denominato «moria del kiwi.
In particolare, l'art 1 del decreto stabilisce che i danni causati alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, a causa del fenomeno denominato «moria del kiwi», nel corso della campagna 2023, sono concessi contributi finalizzati alla ripresa economica e produttiva, di cui all'art. 5, commi 2 e 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a favore delle micro, piccole e medie imprese attive nella produzione di kiwi che a causa delle suddette infezioni abbiano subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile.
Gli aiuti sono subordinati alle seguenti condizioni:- a) sono versati unicamente a seguito di disposizioni amministrative nazionali di contenimento del fenomeno della moria del kiwi, che saranno emanate per la campagna 2024;
- b) sono versati in uno dei seguenti ambiti:
- i. un programma pubblico, a livello dell'Unione, nazionale o regionale, di prevenzione, controllo o eradicazione dell'epizoozia o dell'organismo nocivo ai vegetali in questione;
- ii. misure di emergenza imposte dall'autorità pubblica competente dello Stato membro;
- iii. misure atte a eradicare o contenere un organismo nocivo ai vegetali attuate in conformità dell'art. 18, dell'art. 28, paragrafi 1 e 2, dell'art. 29, paragrafi 1 e 2, dell'art. 30, paragrafo 1, e dell'art. 33, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/2031.
Il programma e le misure di cui alla lettera b), conterranno una descrizione dei provvedimenti di prevenzione, controllo o eradicazione di cui trattasi.
Gli aiuti non riguardano misure per le quali la legislazione unionale stabilisce che i relativi costi sono a carico del beneficiario, a meno che il costo di tali misure non sia interamente compensato da oneri obbligatori imposti ai beneficiari.Gli aiuti sono pagati direttamente all'azienda interessata.
Gli aiuti sono limitati ai costi e ai danni causati alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, a seguito di riconoscimento ufficiale da parte del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste mediante decreto di declaratoria da adottarsi su proposta della regione territorialmente competente.
Il regime di aiuto è introdotto entro tre anni dall'anno 2023, periodo in cui sono state registrate le perdite causate alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, e gli aiuti possono essere erogati entro il 31 dicembre 2027.
Il regime di aiuto finanzia solamente il risarcimento del danno da perdita di prodotto dovuto al fenomeno della moria del kiwi e da moria delle piante di actinidia ai sensi del comma 10 dell'art. 26, regolamento (UE) 2022/2472, con esclusione di contributi per le misure di prevenzione.L'indennizzo per i danni alle produzioni è calcolato tenendo conto delle produzioni di kiwi ottenute nel 2023 rispetto alla media delle produzioni ottenute nel triennio precedente o quinquennio precedente, in questo caso va tolta la produzione più elevata e quella più bassa e si fa la media delle tre rimanenti.
Per le piante di actinidia distrutte si considera il costo di rimpiazzo nell'ambito del programma pubblico di cui all'art. 1, comma 2.
Non sono concessi aiuti individuali ove sia stabilito che il mancato contenimento del fenomeno della moria del kiwi sia stato causato deliberatamente dal beneficiario o sia la conseguenza della sua negligenza.
Gli aiuti e gli eventuali altri pagamenti ricevuti dal beneficiario, compresi quelli percepiti nell'ambito di altre misure nazionali o unionali per gli stessi costi ammissibili, sono limitati all'80% dei costi ammissibili.L'intensità di aiuto può essere aumentata al 90% nelle zone soggette a vincoli naturali.
L'imposta sul valore aggiunto (IVA) non e' ammissibile, salvo nel caso in cui non sia recuperabile ai sensi della legislazione nazionale sull'IVA.
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Riacquisto diritto di usufrutto: non spetta l’agevolazione prima casa
Con Risposta a interpello n 192 del giorno 4 ottobre si chiariscono dettagli su Agevolazione ''prima casa'' – e riacquisto diritto di usufrutto (comma 4 della Nota II–bis, articolo 1, Tariffa, Parte I del TUR).
L'Istante ha acquistato un immobile abitativo, fruendo dell'agevolazione c.d. ''prima casa'' di cui alla Nota II bis all'articolo 1 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, tale immobile è stato ceduto.
L'Istante intende, entro un anno, «rilevare, con atto notarile, l'usufrutto totale a titolo oneroso di una abitazione, sita in un comune diverso, da destinare a propria residenza e abitazione principale con piena disponibilità dell'immobile»
In sede di documentazione integrativa l'istante spiega anche che, «il riacquisto della ''prima casa'' potrà riguardare anche l'acquisizione, a titolo gratuito, del diritto di abitazione o usufrutto».
Ciò posto, domanda chiarimenti e chiede:
- se può fruire nuovamente dell'agevolazione '' prima casa'' e del credito d'imposta per il riacquisto, entro un anno, del diritto di abitazione/usufrutto sul nuovo immobile, senza incorrere nella decadenza dall'agevolazione fruita;
- se la parte residua del credito d'imposta, dopo l'acquisto del suddetto diritto, possa essere utilizzata nella dichiarazione dei redditi, in diminuzione dell'IRPEF dovuta.
Riacquisto diritto di usufrutto: non spetta l’agevolazione prima casa
L'agenzia delle Entrate ricorda innanzitutto che il trasferimento dell'immobile acquistato fruendo dell'agevolazione ''prima casa'', prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell'atto di acquisto, comporta la decadenza dal regime di favore fruito.
La perdita del beneficio non opera qualora il contribuente, entro un anno dall'alienazione effettuata prima del decorso del quinquennio, proceda «all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale»
Tale condizione, precisa l'agenzia, si realizza soltanto con l'acquisto del diritto di piena proprietà dell'immobile e non con l'acquisto del diritto di usufrutto o di abitazione sul medesimo .
Ai sensi della citata Nota IIbis, comma 1, infatti, l'agevolazione si applica «agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse», mentre, al fine di evitare la decadenza dall'agevolazione, occorre procedere, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici, all'«acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale» (cfr. comma 4 della Nota IIbis).
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 11 giugno 2020, n. 11221, in riferimento al medesimo comma 4 della Nota IIbis,
afferma che «A differenza della fattispecie relativa all'accesso al beneficio la norma non estende espressamente il suo ambito di applicazione anche agli acquisti di diritti reali di godimento sul bene, limitandosi a richiedere l'acquisto di un immobile da destinarsi ad abitazione principale» (cfr. anche Cassazione 3 novembre 2023, n. 30527, ove si afferma che «questa Corte ha evidenziato come la disciplina dettata per il riacquisto dell' immobile trovi la propria ratio nel fine di favorire l'acquisto della casa di proprietà [...]»
Per ''acquisto'' deve intendersi l'acquisizione del diritto di proprietà dell'abitazione, e pertanto l'acquisto del diritto reale di godimento di cui alla fattispecie in esame, non integra la fattispecie giuridica prevista dal citato comma 4 di «acquisto di altro immobile» e non rappresenta un titolo idoneo ad evitare la decadenza dall'agevolazione fruita.
Tale decadenza comporta anche il mancato riconoscimento del credito d'imposta di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in quanto, come precisato con circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, il credito d'imposta in esame non spetta, tra l'altro, se il contribuente è decaduto dall'agevolazione prima casa in relazione al precedente acquisto, in quanto ciò comporta automaticamente, oltre al recupero delle imposte ordinarie e delle sanzioni, anche il recupero del credito eventualmente fruito.
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Locazioni Turistiche imprenditoriali: obbligo di SCIA
Dal 2 novembre, a seguito della entrata in funzione della BDRS per la richiesta del CIN e di quanto previsto dall'art 13 ter del DL n 145/2023 con la Disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale, scatta l'obbligo di SCIA per le locazioni turistiche imprenditoriali, i dettagli dalla norma di riferimento.
Locazioni Turistiche imprenditoria: obbligo di SCIA con sanzioni per chi non provvede
Nel dettaglio il comma 8 dell'art 13 ter in questione prevede che chiunque, direttamente o tramite intermediario, esercita l'attività di locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è soggetto all'obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio è svolta l'attività.
Nel caso in cui tale attività sia esercitata tramite società, la SCIA è presentata dal legale rappresentante.
L’obbligo di presentazione della SCIA per le locazioni turistiche imprenditoriali entrerà in vigore a partire dal prossimo 2 novembre.
Chi non dovesse provvedere sarà soggetto a sanzione.
Il comma 9 dello stesso articolo infatti, prevede ch Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio dell'attività di locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, direttamente o tramite intermediario, in assenza della SCIA di cui al comma 8 del presente articolo è punito con la sanzione pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile.
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Credito Transizione 5.0: procedura di accesso
Il MIMIT e il GSE soggetto gestore della misura Transizione 5.0 hanno pubblicato tutti i documenti esplicativi delle regole stabilite per il credito di imposta collegato.
In data 26 settembre il GSE ha pubblicato un serie di faq che sinteticamente replicano ai dubbi più frequenti per l'agevolazione.
Tra questi vediamo un ripilogo delle regole, passo dopo passo, per accedere al credito di imposta.
Credito Transizione 5.0: procedura di accesso
Il GSE, con una faq del 26 settembre ha chiarito cosa fare per accedere al credito di imposta transizione 5.0.
In particolare, l'impresa beneficiaria deve registrarsi all'Area Clienti GSE e accedere al portale Transizione 5.0 (TR5) collegandosi, esclusivamente tramite SPID.
In fase di registrazione, se non si trova una tipologia di Operatore idonea, è possibile indicare “Operatore credito d'imposta – Transizione 5.0”.
La procedura prevede i seguenti step attraverso la piattaforma informatica:
- i.Prenotazione del credito d'imposta Transizione 5.0: l'impresa trasmette la comunicazione preventiva rispetto al completamento del progetto di innovazione, contenente le informazioni necessarie ad individuare:
- a.il soggetto beneficiario;
- b.il progetto di innovazione;
- c.gli investimenti agevolabili e il relativo ammontare;
- d.l'importo del credito d'imposta potenzialmente spettante;
- e.l'impegno a garantire il rispetto degli obblighi PNRR.Si precisa che è necessario allegare tra l'altro la Certificazione ex ante (Allegato VIII) firmata digitalmente dal Certificatore, attestante la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti.
- ii.Esito della prenotazione: il GSE, entro 5 giorni dalla presentazione della comunicazione preventiva, previa verifica del corretto caricamento dei dati, della completezza dei documenti e delle informazioni rese, nonché del rispetto del limite massimo di costi ammissibili, comunica all'impresa l'importo del credito d'imposta prenotato nel limite delle risorse disponibili, anche a copertura parziale dell'importo individuato dalla comunicazione preventiva.
- iii.Conferma del 20%: entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione dell'importo del credito prenotato trasmessa da GSE, l'impresa è tenuta a presentare una comunicazione contenente gli estremi delle fatture relativa all'effettuazione degli ordini accettati dal venditore, con pagamento di acconto in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione, sia degli investimenti in beni materiali ed immateriali nuovi di cui agli allegati A e B alla legge 11 dicembre 2016 n. 232, sia degli investimenti in beni materiali finalizzati all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all'autoconsumo.
- iv.Esito della conferma: il GSE, entro 5 giorni dalla trasmissione della documentazione, previe opportune verifiche, convalida la comunicazione di avanzamento.
- v.Completamento del progetto: a seguito del completamento del progetto di innovazione, da realizzarsi entro il 31 dicembre 2025, l'impresa, entro e non oltre il 28 febbraio 2026 trasmette la comunicazione di completamento, contenente le informazioni necessarie ad individuare il progetto di innovazione completato, ivi inclusa la data di effettivo completamento, l'ammontare agevolabile degli investimenti effettuati e l'importo del relativo credito d'imposta, nonché l'attestazione del rispetto degli obblighi PNRR. Tale comunicazione è corredata tra l'altro:
- a.dalla Certificazione ex-post (Allegato X) attestante l'effettiva realizzazione degli investimenti in conformità alla certificazione ex-ante;
- b.dagli attestati comprovanti il possesso della perizia di cui all'articolo 16, DM “Transizione 5.0” e della certificazione contabile di cui all'articolo 17, DM “Transizione 5.0”.
- vi.Esito finale: il GSE, entro 10 giorni dall'invio della documentazione, previa verifica della completezza della documentazione e delle dichiarazioni, nonché il rispetto del limite massimo di costi ammissibili, comunica all'impresa beneficiaria il credito d'imposta utilizzabile in compensazione.
- i.Prenotazione del credito d'imposta Transizione 5.0: l'impresa trasmette la comunicazione preventiva rispetto al completamento del progetto di innovazione, contenente le informazioni necessarie ad individuare:
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Autofattura denuncia: occorre il pagamento del servizio
In base all’articolo 6, comma 8, del Decreto Legislativo 417/1997 c’era l’obbligo, per il cessionario o committente, trascorsi quattro mesi dall’effettuazione dell’operazione senza ricevere la fattura per l’acquisto di un servizio o di un bene, di emettere una autofattura per regolarizzare la posizione.
Tale adempimento prendeva il nome di autofattura denuncia perché, attraverso l’emissione dell’autofattura il contribuente metteva a conoscenza l’Agenzia delle Entrate della mancanza del cedente o prestatore.
La mancata emissione dell’autofattura, da parte del cessionario o committente comportava l’applicazione di una sanzione pari al 100% dell’imposta non versata.
Dal primo settembre 2024 l’autofattura denuncia va in soffitta e viene sostituita dalla comunicazione denuncia, ex articolo 2 del Decreto Legislativo 87/2024 che novella l’articolo 6 comma 8 del Decreto Legislativo 417/1997: un adempimento analogo, da effettuarsi in luogo dell’autofattura, entro il più breve termine di 90 giorni dal termine nel quale doveva essere emessa la fattura.
Anche in questo caso è prevista una sanzione da applicarsi per la mancata effettuazione della comunicazione denuncia, nella misura del 70% dell’imposta non versata.
La decorrenza del termine di emissione
La recente ordinanza della Corte di Cassazione numero 13268, pubblicata il 14 maggio 2024, prende in esame, in relazione alla contestabilità della mancata emissione dell’autofattura denuncia (ma considerazioni analoghe si possono fare per la comunicazione denuncia), i termini di emissione in caso di prestazione di servizi.
L’Agenzia delle Entrate aveva contestato al contribuente la mancata effettuazione dell’adempimento perché, trascorsi quattro mesi dall’effettuazione della prestazione, entro i successi 30 giorni avrebbe dovuto emettere l’autofattura.
I giudici di legittimità però puntualizzano un punto importante: il fatto che, dato che la fattura non emessa era relativa a una prestazione di servizi, non poteva applicarsi automaticamente il periodo di decorrenza di quattro mesi, a partire dall’effettuazione dell’operazione (come invece avviene per l’acquisto di beni), in quanto l’obbligo dell’emissione del documento, per il caso dei servizi, scatta nel momento in cui il servizio viene pagato.
E dato che, nel caso esaminato, il pagamento non era avvenuto, correttamente il contribuente non aveva emesso il documento.
La motivazione di ciò trova fondamento semplicemente nella disciplina IVA, più precisamente nel comma 3 dell’articolo 6 del DPR 633/1972, in base al quale le prestazioni di servizi si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo; momento in cui, in base al successivo comma 5, l’imposta diviene esigibile.
In base alla normativa IVA, infatti, il fatto generatore dell’imposta è l’effettuazione della prestazione, ma il momento in cui l’IVA diviene esigibile è il momento del pagamento; per questo l’obbligo di emissione della fattura, da parte del cedente o prestatore, nasce nel momento in cui il cessionario o committente effettua il pagamento del servizio espletato.
In ragione di ciò, nel momento in cui non è avvenuto il pagamento del corrispettivo, anche se la prestazione del servizio è stata espletata, non si può contestare al cessionario o committente la mancata emissione dell’autofattura denuncia, in quanto questi non ha correttamente ricevuto il documento in conseguenza proprio del fatto che il pagamento del corrispettivo non era stato effettuato.
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PVC e firma digitale: le regole ADE
Con il Provvedimento n 373280 del 30 settembre si dà attuazione all'art 38 bis comma 2 del DPR 600/73 previsto dalla Riforma Fiscale e in particolare dal Dlgs n 13/2024 al fine di disciplinare le modalità operative per la sottoscrizione digitale dei processi verbali redatti dal personale dell’Agenzia delle entrate nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale.
Il provvedimento specifica che i processi verbali o PVC redatti nel corso o al termine delle attività amministrative di controllo fiscale possono essere sottoscritti con la firma digitale.
Il contribuente, o il suo delegato, può, a sua volta, sottoscrivere il processo verbale, previamente condiviso e senza alterarne il contenuto, mediante firma digitale se ne è in possesso ovvero con firma autografa, secondo le modalità di seguito indicatePVC e firma digitale del contribuente
ll processo verbale può essere firmato dal contribuente, o dal suo delegato, in modalità digitale.
A tal fine il processo verbale viene inviato dalla casella di posta elettronica istituzionale del personale incaricato del controllo (e-mail) all’indirizzo di posta elettronica ordinaria del contribuente (e-mail), o del suo delegato, così come indicata nel processo verbale.
Nel medesimo processo verbale deve essere evidenziato l’eventuale domicilio digitale.
Successivamente alla sottoscrizione digitale il contribuente, o il suo delegato, provvede alla trasmissione del processo verbale all’indirizzo di posta elettronica istituzionale del personale incaricato del controllo.
Alla ricezione, il personale incaricato del controllo provvede ad apporre la firma digitale sul documento, verificandone la formale integrità rispetto a quello originariamente trasmesso.
Il processo verbale, completo di tutte le sottoscrizioni digitali necessarie, deve essere protocollato dal personale dell’Agenzia e trasmesso al domicilio digitale del contribuente iscritto negli elenchi pubblici.In alternativa il contribuente, sprovvisto di indirizzo PEC, può chiedere la trasmissione del processo verbale all’indirizzo PEC del proprio delegato.
Nei casi in cui il contribuente, dotato di firma digitale, risulti sprovvisto di un indirizzo PEC presente in pubblici elenchi, o non richiede la trasmissione del processo verbale all’indirizzo PEC del proprio delegato, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato al controllo procede mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o tramite raccomandata A/R della copia conforme analogica, munita del contrassegno elettronico.PVC e firma analogica del contribuente
Se il contribuente, o il suo delegato, non è munito di firma digitale il processo verbale può essere firmato in modalità analogica.
A tal fine il processo verbale deve essere stampato e consegnato nelle mani proprie del destinatario.
A seguito dell’apposizione della firma autografa del contribuente, o del suo delegato, sul processo verbale, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo produce una copia informatica del documento analogico, attestandone la conformità, e apponendo la firma digitale.Il documento così formato costituisce l’originale informatico.
Predisposto il documento originale informatico con le modalità suddette il processo verbale, completo di tutte le sottoscrizioni necessarie, deve essere protocollato dal personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo che procede, successivamente, alla consegna al contribuente, o al suo delegato della relativa copia analogica con contrassegno elettronico.PVC e rifiuto del documento controfirmato dall’ADE
Nei casi di rifiuto di sottoscrizione del processo verbale da parte del contribuente, o del suo delegato, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo ne dà evidenza nello stesso processo verbale, indicandone i motivi, e può procedere alla sottoscrizione digitale del documento e alla consegna dello stesso con le modalità sucindicate.
Allegati:
Nelle ipotesi in cui il contribuente, o il suo delegato, rifiuta la consegna del processo verbale nelle proprie mani, il personale dell’Agenzia delle entrate incaricato del controllo procede all’invio della copia analogica del processo verbale informatico con contrassegno elettronico, mediante raccomandata A/R al domicilio fiscale del contribuente ovvero con trasmissione del documento informatico originale tramite PEC al domicilio digitale iscritto negli elenchi pubblici. -
Iva, accise e dogane: dal 1 ottobre le domande di rinvio pregiudiziale al Trinunale UE
Con il Regolamento (UE, Euratom) 2024/2019 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, si modifica il protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea prevedendo che, dal 1 ottobre, le domande di rinvio pregiudiziale, riguardanti IVA, accise e tributi doganali, saranno trasferite dalla competenza della Corte di Giustizia al Tribunale UE .
Iva e Dogane: dall’1.10 le domande di rinvio pregiudiziale al Tribunale UE
Con il nuovo art. 50-ter dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea si stabilisce che il Tribunale unionale diverrà competente per la trattazione delle cause derivanti dalle istanze di rinvio pregiudiziale, presentate (ai sensi dell’art. 267 del TFUE), in ordine a:
- sistema comune di imposta sul valore aggiunto;
- diritti di accisa;
- codice doganale;
- classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata;
- compensazione pecuniaria e l’assistenza dei passeggeri per problemi dei servizi di trasporto;
- sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.
Sulle predette materie, l'assegnazione delle nuove competenze al Tribunale Ue diverrà operativa con riferimento alle domande di rinvio pregiudiziale pendenti al 1° ottobre 2024.
Inoltre, entro il 2 settembre 2025, la Corte di giustizia pubblica e aggiorna periodicamente un elenco di esempi che illustrano l'applicazione dell'articolo 50 ter dello statuto.
Entro il 2 settembre 2028, la Corte di giustizia trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione una relazione sull'attuazione della riforma dello statuto introdotta dal presente regolamento.
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Codice Crisi di impresa: le novità in vigore dal 28 settembre
Pubblicato in GU n 227 del 27 settembre il Dlgs n 136/2024 con Disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo del 12 gennaio 2019, n. 14.
Le novità entrano in vigore dal 28 settembre.
Sono numerose le novità del nuovo decreto legislativo e si snocciolano in due Capi e 57 articoli.
Il Correttivo ter persegue lo scopo di far fronte alle criticità interpretative e applicative emerse nella fase di prima attuazione del Codice della Crisi d’Impresa e mira a rilevare e affrontare lo “stato di crisi” prima che divenga irreversibile.
Ricordiamo che il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) è stato modificato già due volte ed è in vigore dal 15 luglio 2022.
Il D.Lgs. 14/2019 contine in un unico impianto, le norme della legge fallimentare (R.D. n. 267/1942) e della legge sul sovraindebitamento (Legge n. 3/2012), con l'introduzione di un procedimento unitario per la prevenzione anticipata della crisi.
Il Correttivo ter risponde ad esigenze di chiarificazione sollevate dagli addetti ai lavori.
Correttivo Codice Crisi di impresa: novità per il PRO
L'art 64 del codice della crisi viene modificato per precisare la disciplina del P.R.O piano di ristrutturazione soggetto a omologazione.
Ricordiamo che il P.R.O. ha la funzione di favorire la ristrutturazione delle imprese risanabili, con continuazione dell’attività sia diretta che indiretta, mediante un procedimento meno formalizzato e caratterizzato da minori controlli e con la predisposizione di un piano esentato dal rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione.
Con le modifiche si prevede che:
- prima della presentazione della domanda di omologazione del piano il debitore può proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie e dei relativi accessori. Alla proposta è allegata la relazione del professionista indipendente incaricato, che attesta, oltre alla veridicità dei dati aziendal la sussistenza di un trattamento non deteriore di tali crediti ispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale. La roposta è depositata presso gli uffici indicati. L'eventuale adesione dei creditori deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta. Nel caso in cui la proposta venga modificata, il termine è aumentato di sessanta giorni decorrenti dal deposito della modifica della proposta e se la modifica si sostanzia in una nuova proposta;
- quando il piano prevede, anche prima dell'omologazione, il trasferimento a qualunque titolo dell'azienda o di uno o più rami su richiesta ell'imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, puo' autorizzare l'imprenditore a trasferire in qualunque forma l'azienda o uno o piu' suoi rami senza gli effetti di cui all'articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l'articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell'acquirente.
Correttivo Crisi d’impresa: i soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria
In merito all’elenco dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione, supervisione o controllo nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e delle procedure di insolvenza e dei professionisti indipendenti si prevedono le seguenti novità.
In particolare all'articolo 356 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, sono apportate le modificazioni:
- è istituito presso il Ministero della giustizia un elenco dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nell'ambito degli strumenti e delle procedure disciplinati dal codice della crisi e dell'insolvenza, o che possono essere incaricati dall'impresa quali professionisti indipendenti. Nella domanda di iscrizione può essere indicata la funzione, o le funzioni, che il richiedente intende svolgere. Il Ministero della Giustizia esercita la vigilanza sull'attività degli iscritti all'elenco, nel rispetto delle competenze attribuite agli Ordini professionali di appartenenza dei professionisti richiedenti;
- possono ottenere l'iscrizione i soggetti che, in possesso dei requisiti dimostrano di aver assolto gli obblighi di formazione. Per l'iscrizione è altresì necessaria un'autocertificazione rilasciata ai sensi dell'articolo 46 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, attestante il possesso di una adeguata esperienza maturata non oltre l'ultimo quinquennio svolgendo attività professionale quale attestatore, curatore, commissario giudiziale o liquidatore giudiziale, in proprio o in collaborazione con professionisti iscritti all'elenco. Costituisce condizione per il mantenimento dell'iscrizione un aggiornamento biennale, acquisito mediante partecipazione a corsi o convegni organizzati da ordini professionali o da un'università pubblica o privata o in collaborazione con i medesimi enti. Per i professionisti iscritti agli ordini professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro la durata dell'aggiornamento biennale è di diciotto ore. Gli ordini professionali possono stabilire criteri di equipollenza tra l'aggiornamento biennale e i corsi di formazione professionale continua. La Scuola superiore della magistratura elabora le linee guida generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione e di aggiornamento. I requisiti di cui all'art. 358, comma 1, lett. b), devono essere in possesso della persona fisica responsabile della procedura, nonche' del legale rappresentante della societa' tra professionisti o di tutti i componenti dello studio professionale associato.
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Credito transizione 5.0: Faq GSE per i veicoli agricoli e forestali
Il MIMIT ha aggiornato la pagina relativa alla misura Transizione 5.0 con un avviso relativo alla sezione FAQ del GSE.
In particolare, si informa che dal 26 settembre sul sito del GSE è pubblicata una prima parte di risposte a dubbi frequenti.
Tra questi figura un chiarimento in merito ai veicoli agricoli e forestali per i quali già lo stesso MIMIT aveva provveduto ad integrare e correggere la Circolare 16 agosto con tutti i chiarimenti sul bonus, vediamo i dettagli.
Transizione 5.0: credito possibile per i veicoli agricoli e forestali
Il Mimit con un errata corrige al documento del 16 agosto 2024 ha evidenziato che il bonus transizione 5.0 spetta anche per i veicoli agricoli e forestali a certe condizioni.
Relativamente agli stessi veicoli il GSE con FAQ del 26 settembre ha chiarito quanto segue.
I veicoli agricoli e forestali, come definiti dal regolamento UE 2013/167 e dal regolamento UE2016/1628, per poter fruire dell'incentivo Transizione 5.0 devono soddisfare, oltre ai requisiti già previsti per Transizione 4.0 (quali le 5+2 di 3 caratteristiche tecnologiche in quanto riconducibili ai beni inclusi al punto elenco 11 del primo gruppo dell'allegato A alla legge 232/2016), anche le seguenti condizioni:
- L'uso di combustibili deve essere temporaneo e tecnicamente inevitabile;
- L'ammissibilità è consentita solo nel caso di investimento sostitutivo;
- La sostituzione deve obbligatoriamente consentire il passaggio da motori Stage I (o precedenti) a Stage V.
Il passaggio ad un veicolo agricolo di tipo Stage V risulta verificato laddove, in sede di acquisto del nuovo veicolo, venga realizzata la contestuale dismissione di un veicolo univocamente identificato con motore Stage I (o precedente) già in possesso da parte dell'impresa alla data del 31.12.2023, che potrà essere documentata attraverso il certificato di rottamazione.
Il rispetto delle condizioni sopra richiamate non viene meno anche nel caso in cui per l'uso dei veicoli agricoli e forestali si intendano impiegare combustibili alternativi quali HVO o Biodiesel.
Leggi: Transizione 5.0: gli esclusi dall'agevolazione e relative deroghe
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Opzione di sconto o cessione: salta la possibilità di correggere gli errori
In occasione della conversione in legge del DL Ominibus, i Commercialisti hanno richiesto la possibilità di correggere le comunicazioni di opzione dei bonus edilizi scadute lo scorso 4 aprile e per le quali non è possibile richiedere la remissione in bonis.
Veniva esplicitato che la “Conversione in legge del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, recante misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”, è l'occasione per consentire la correzione degli errori nelle comunicazioni di opzione di sconto o cessione.
La risposta è arrivata durante il question time del 26 settembre
Comunicazioni opzione di sconto o cessione: il CNDCEC chiede di poter correggere gli errori
I commercialisti hanno chiesto di consentire la correzione degli errori nelle comunicazioni di opzione di sconto o cessione il cui termine ultimo di presentazione è scaduto il 4 aprile 2024 è una delle richieste contenute nella memoria sulla “Conversione in legge del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, recante misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”, presentata in Senato dal Consiglio nazionale dei commercialisti presieduto da Elbano de Nuccio.
Secondo De Nuccio: “La conversione in legge del decreto-legge in esame può rappresentare la sede ideale per consentire ai contribuenti, finalmente, di correggere gli errori commessi in sede di compilazione e presentazione all’Agenzia delle entrate delle comunicazioni di opzione di sconto o cessione, di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il cui termine ultimo di presentazione è scaduto il 4 aprile 2024, con l’esclusione dei soli errori che hanno comportato la comunicazione e il riconoscimento di un credito d’imposta di ammontare minore rispetto a quello che sarebbe stato spettante”.
I Commercialisti specificano che non si appesantirebbe il monte dei crediti d’imposta attualmente riconosciuto nei cassetti fiscali dei fornitori e cessionari e preso a base dal MEF per la redazione dei documenti di economia e finanza, ma di darebbe ai contribuenti la possibilità di sanare anche errori per i quali non sussiste altro rimedio che l’annullamento della comunicazione.
In tale contesto, vista la sopravvenuta esclusione delle comunicazioni di opzione dal novero degli adempimenti fiscali per i quali vige il principio della remissione in bonis, tale annullamento non consentirebbe di procedere alla ripresentazione di una nuova comunicazione corretta, con conseguente perdita del credito d’imposta spettante al contribuente.
Tale possibilità di correzione andrebbe concessa a tutti quei condòmini che hanno commesso l’errore di far presentare la comunicazione di opzione al condominio anche con riguardo alle spese relative a interventi agevolati che riguardavano le parti private dell’edificio di pertinenza dei singoli condòmini, anziché le parti comuni di pertinenza condominiale.
La risposta negativa è arrivata con question time in data 26 settembre.
Il sottosegretario Federico Freni, nel corso del question time in commissione Finanze alla Camera ha esplicitato la risposta negativa alla richiesta di correggere fuori tempo massimo le comunicazioni di cessione inviate entro il termine del 4 aprile scorso, ma che contengano piccoli errori da correggere.
Il ministero dell’Economia ha chiuso in modo definitivo ricordando che "L’articolo 2 del decreto legge n. 39 del 2024 stabilisce espressamente che l’istituto della remissione in bonis non si applica alle comunicazioni in argomento. Non è possibile correggere o sostituire le comunicazioni già inviate entro il 4 aprile 2024."
Anche un eventuale intervento correttivo non può più essere realizzato, per un problema di tempi e di risorse.
Per consentire la possibilità di sostituire le comunicazioni errate già registrate in piattaforma sarebbe, altresì, necessario un adeguamento delle procedure informatiche anche al fine di prevenire abusi e consentirne l’utilizzo solo nei casi ammissibili.