• Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Bonus export digitale: esteso alle PMI manifatturiere

    Con un avviso del 20 gennaio 2023, INVITALIA soggetto gestore della misura Bonus export Digitale informa del fatto che, anche le piccole imprese manifatturiere possono accedere alla misura agevolativa in oggetto a seguito del Provvedimento del 14.12.2022.

    Si ricorda che il bonus è una misura del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) e dell'Agenzia ICE.

    Si tratta di un contributo che punta a sostenere le microimprese nella loro attività di internazionalizzazione.

    La Convenzione MAECI-ICE per la promozione straordinaria del Made in Italy, prevede il sostegno ai processi di digitalizzazione delle PMI al fine di metterle in condizioni di avviare o consolidare le attività di export e di internazionalizzazione nell’ambito della strategia delineata dal Patto per l’Export.

    Inizialmente potevano richiedere il contributo:

    • le microimprese manifatturiere (codice ATECO C) con sede in Italia, 
    • anche costituite in forma di reti o consorzi 
    • ora si aggiunge la categoria delle PMI manifatturiere e in particolare
      • alle società con un numero di dipendenti inferiori a 50
      • con un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro.

    Attenzione al fatto che, il termine utile per la compilazione e la trasmissione delle domande di accesso al contributo (previsto per il 15.07.2022), è stato prorogato per disponibilità di fondi residui.

    Bonus export digitale: che cos'è

    Il Bonus per l’Export Digitale, progetto del Ministero degli Esteri e dell'Agenzia ICE a sostegno dell’internazionalizzazione, è un contributo a fondo perduto 

    • di 4.000 euro a fronte di spese ammissibili non inferiori a 5.000 euro per l’acquisto di soluzioni digitali 
    • o di 22.500 euro, nel caso di reti e consorzi, a fronte di spese ammissibili non inferiori a 25.000 euro.

    La misura ha l’obiettivo di sostenere le micro e piccole imprese manifatturiere nelle attività di internazionalizzazione attraverso soluzioni digitali come:

    • realizzazione di siti e-commerce e/o app mobile
    • realizzazione di una strategia di comunicazione, informazione e promozione per amplificare la presenza online attraverso attività di digital marketing (e-commerce, campagne, presenza social) adatte al settore di competenza
    • servizi di consulenza per lo sviluppo di processi organizzativi e di capitale umano
    • iscrizione e/o abbonamento a piattaforme SaaS (Software as a Service) per la gestione della visibilità e spese di content marketing

    Bonus export digitale: presenta la domanda

    Al fine di richiedere l'agevolazione, una volta effettuato l’accesso con SPID, selezionata la misura Bonus per l’Export Digitale, nella sezione “Presenta la domanda”, è possibile accedere per finalizzare la richiesta.

    Importante segnalare che, per presentare domanda di accesso al contributo ICE Bonus Export l’utente deve indicare il soggetto per conto del quale intende operare, inserendo il Codice Fiscale dell’impresa che intende rappresentare. Non è possibile presentare domanda come persona fisica. Clicca qui per accedere al sito

    Si segnala infine che, sono disponibili i manuali guida per la compilazione e trasmissione della domanda.

  • Legge di Bilancio

    Acquisto immobili green: detrazione 50% di IVA per prime e seconde case

    In data 30 gennaio arriva un ulteriore approfondimento relativo alla novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 sulla detrazione IVA per l'acquisto di immobili green dai costruttori.

    In particolare, un contribuente domandava se la nuova agevolazione riguarda le sole abitazioni principali o anche le seconde case.

    L'agenzia delle Entrate con risposta pubblicata sulla rivista on line FiscoOggi specifica che, tale agevolazione spetta anche per le seconde case non avendo il legislatore previsto nulla in merito.

    Detrazione 50% di IVA per acquisto immobili green (prime e seconde case)

    Ricordiamo che nella edizione di Telefisco 2023, il convegno in materia fiscale/lavoro de IlSole24ore, le Entrate avevano già fornito chiarimenti sulla novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 Pubblicata in GU n 303 del 29 dicembre la Legge n. 197  in materia di detrazione IVA sugli acquisti immobiliari.

    In particolare, è stato spiegato che la novità consente

    • di detrarre dall'IRPEF lorda, 
    • il 50% dell’IVA versata nel 2023
    • per l’acquisto effettuato sempre entro il 31 dicembre 2023 
    • di immobili residenziali di classe energetica A o B 
    • cedute dalle imprese costruttrici degli immobili stessi o da organismi di investimento collettivo OICR

    Viene precisato inoltre che, la detrazione:

    • è pari al 50 per cento dell'imposta dovuta sul corrispettivo di acquisto,
    • è ripartita in dieci quote costanti nell'anno in cui sono state sostenute le spese e nei nove periodi d'imposta successivi.

    In Telefisco 2023 gli esperti hanno sottolineato come per questa misura valga il principio di cassa (IVA pagata nel 2023) e rogito notarile sempre nel 2023.

    Può essere utile ricordare che questa agevolazione è stata introdotta per la prima volta dall'articolo 1, comma 56, della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2016, e successivamente prorogata dall'articolo 9 del decreto-legge n. 244 del 2016 per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2017.

  • Risparmio energetico

    Detrazione per spese Fotovoltaico: spetta per impianto su terreno di terzi

    Durante l'edizione di Telefisco 2023 tenutasi ieri 26 gennaio, è stato fornito, tra gli altri, un interessante chiarimento da parte dell'agenzia delle entrate in merito alle agevolazioni spettanti per gli impianti fotovoltaici.

    Viene specificato che, l’installazione dell’impianto fotovoltaico servente la propria abitazione consente il bonus casa al 50% anche nel caso di installazione su adiacente capannone agricolo di proprietà di un familiare.

    Si sottolinea che l’Agenzia, con alcune risposte a interpello, aveva confermato la possibilità di godere del superbonus installando l’impianto fotovoltaico dedicato all’abitazione:

    • su terreno di pertinenza (Risposta n. 171/2021)
    • su altro edificio di proprietà (Risposta n. 614/2021)

    ma mai, prima d'ora, si era parlato di installazione su terreno di proprietà di terzi, in questo caso un familiare del soggetto che beneficia dell'impianto.

    Pertanto il chiarimento fornito, consente di percorrere un ulteriore passo avanti, secondo il quale l'installazione ai fini del godimento delle detrazioni fiscali previste dai bonus edilizi possa essere fruita anche per impianto sito su di una proprietà altrui purchè servente l'abitazione del contribuente che ne usufruisce.

    L'agenzie nella risposta in Telefisco 2023, specifica che, come ribadito con la Circolare n 28/2022 per usufruire della detrazione di cui si tratta (normata dall'art 16 DL n 63/2013) occorre che:

    • l'impianto sia installato per far fronte ai bisogni energetici dell'abitazione, quali luci domestiche illuminazione alimentazione apparecchi elettrici, ecc
    • perciò che l'impianto sia posto al servizio della abitazione.

    Sempre sul tema, ricordiamo che anche che il comma 10 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022 ha previsto che dal 1 gennaio 2023 siano ammessi al superbonus gli interventi “trainati” di installazione di impianti fotovoltaici realizzati da Onlus, Odv e Aps in aree o strutture non pertinenziali, anche di proprietà di terzi, diversi dagli immobili ove sono realizzati i «trainanti» (se situati all’interno di centri storici vincolati).

  • Corsi Accreditati per Commercialisti

    Segreto Professionale: ambito di applicazione per i commercialisti

    Con il pronto ordini n. 203 del 19.01 il CNDCEC chiarisce l'ambito di applicazione del segreto professionale per i Commercialisti.

    In particolare, veniva richiesto se un iscritto, il quale ha ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un questionario ex art. 51. d.P.R. n. 633/1972 richiedente l’esibizione della documentazione inerente l’esecuzione della prestazione professionale resa nei confronti di un cliente, possa, in assenza di autorizzazione del cliente stesso, dar seguito alla richiesta dell’Agenzia delle Entrate, senza incorrere nelle sanzioni deontologiche, civili e penali conseguenti alla violazione del segreto professionale. 

    Viene chiarito che fermo restando che sarà compito dell’iscritto valutare per quali tra i documenti richiesti può opporre il segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.

    Vediamo come il CNDCEC è giunto alla suddetta precisazione.

    Innanzitutto, il Consiglio specifica che nell’ordinamento professionale l’obbligo del segreto professionale è previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 139/2005.

    Esso dispone in via generale che “Gli iscritti nell'Albo hanno l'obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 del Codice di procedura penale e l'articolo 249 del Codice di procedura civile, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti”

    Il segreto professionale attiene ai fatti, informazioni e circostanze che l’iscritto apprende in ragione dell’espletamento del mandato professionale e le stesse devono pertanto mantenersi riservate e confidenziali. All’iscritto, proprio in ragione di tale prerogativa, è riconosciuto il diritto di astenersi dal rendere testimonianza nell’ambito del processo penale e civile.

    L’obbligo del segreto professionale trova il suo completamento nell’art. 10 del Codice deontologico, il quale prevede che “1. Il professionista, fermi restando gli obblighi del segreto professionale e di tutela dei dati personali, previsti dalla legislazione vigente, deve mantenere l’assoluto riserbo e la riservatezza delle informazioni acquisite nell’esercizio della professione e non deve diffondere tali informazioni ad alcuno, salvo che egli abbia il diritto o il dovere di comunicarle in conformità alla legge. 2. Le informazioni acquisite nell’esercizio della professione non possono essere utilizzate per ottenere alcun vantaggio personale del professionista o di terzi. 3. Il professionista vigilerà affinché il dovere di riservatezza sia rispettato anche dai suoi tirocinanti, dipendenti e collaboratori”.
    Infine, l’obbligo di mantenere il segreto professionale si ricava anche dall’art. 622 c.p., il quale punisce la condotta di chi, avendo notizia, per ragione della propria professione, di un segreto, lo rivela senza giusta  causa.
    Di conseguenza, l’iscritto che viola il segreto professionale, divulgando a terzi le notizie che gli siano state confidate da un proprio cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere in sede disciplinare, civile e penale.
    Viene quindi specificato che le norme indicate individuano quindi:

    • da un lato il dovere per l’iscritto di mantenere riservate le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato 
    • e dall’altro lato il diritto a non comunicarle e/o riferirle a terzi.

    Nell’ordinamento il diritto a non divulgare le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato non solo può esercitarsi nell’ambito delle testimonianze civili e penali, come sopra evidenziato, ma anche in sede di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli Uffici facenti parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, all’art. 52, comma 3, d.P.R. n. 633/1973 è previsto che il professionista che subisce l’accesso possa eccepire il segreto professionale relativamente a 

    • perquisizioni personali, 
    • all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, 
    • all'esame di documenti 
    • e alla richiesta di notizie. 

    In tal caso la norma prevede che tali attività possano essere eseguite solo a seguito dell'autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell'autorità giudiziaria.
    Viene inoltre sottolineato che, non essendo prevista una norma che individui quali siano i documenti o le informazioni per le quali il professionista possa opporre fondatamente il segreto professionale, si ritiene che, come rilevato da autorevole dottrina, siano esclusi dal dovere di segretezza i fatti notori, ovvero le notizie che risultano essere conosciute da un elevato numero di persone o siano state in ogni caso divulgati dalla stessa parte assistita

    La Guardia di Finanza, con la circolare n. 1/2008, ha ad esempio ritenuto che “ il segreto professionale possa essere fondatamente opposto soltanto per quei documenti che rivestono un interesse diverso da quelli economici e fiscali del professionista o del suo cliente e, pertanto, quando i documenti non presentano alcuna utilità ai fini fiscali; non pare quindi che possa essere eccepito il segreto professionale per le scritture ufficiali né per i fascicoli dei clienti, limitatamente però, per quanto attiene a questi ultimi, all’acquisizione dei documenti che costituiscono prova dei rapporti finanziari intercorsi fra professionista e cliente”.
    In conclusione, fermo restando che sarà compito dell’iscritto valutare per quali tra i documenti richiesti può opporre il segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.

  • Legge di Bilancio

    Cassa Commercialisti: no a stralcio e definizione agevolata

    Con notizia pubblicata sul proprio sito internet, la Cassa dei Dottori Commercialisti informa del fatto che, in applicazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 229, della Legge 197/22 (Legge di Bilancio 2023) è stato deciso di non applicare lo stralcio automatico dei debiti di importo fino a 1.000 euro per le somme demandate all’Agente della Riscossione dal 2000 al 2015. 

    Sulla "disapplicazione" dello stralcio automatico dei debiti leggi anche Disapplicazione stralcio parziale: istruzioni per gli enti non statali

    Nel comunicato del 26 gennaio, viene precisato che la decisione è basata innanzitutto sulla necessità di rispettare il principio di equità e parità di trattamento tra gli Associati, sia nei confronti di coloro che hanno regolarmente adempiuto nel tempo agli obblighi contributivi sia nei confronti di chi ha regolarizzato la propria posizione contributiva versando anche le maggiorazioni (sanzioni e interessi) previste dal Regolamento pro-tempore vigente.

    A tal proposito, si sottolinea che le maggiorazioni sono demandate agli Agenti della Riscossione solo in caso di mancata regolarizzazione spontanea (che prevede sanzioni ridotte rispetto a quelle ordinarie) o adesione alla proposta di regolarizzazione inviata dalla Cassa.

    Inoltre, si ricorda come il mancato versamento delle maggiorazioni comporta un effetto penalizzante per l’interessato in quanto non consente di maturare l’anzianità contributiva, non dà luogo all’incremento e alla rivalutazione del montante pensionistico né al riconoscimento della prestazione previdenziale.

    Leggi anche: 

    Si comunica inoltre che la Cassa non ha aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 1, commi da 231 a 252, della Legge n. 197/22 c.d. “Rottamazione quater”.

  • Cedolare secca

    Cedolare secca: spetta al 10% per i territori in stato di emergenza

    Con Risposta n 160 del 25 gennaio le entrate chiariscono che ai contratti di locazione a canone concordato, con opzione per la cedolare secca, stipulati in relazione a immobili ricadenti in territori per cui è stato deliberato, nei cinque anni precedenti il 28 maggio 2014, lo stato d’emergenza, a causa di eventi calamitosi, si applica l’aliquota del 10%, così come previsto dall’articolo 9, comma 2-bis, del decreto legge n. 47/2014.

    L'istante specifica di:

    • essere iscritto all'AIRE, 
    • essere proprietario di un immobile abitativo; ­ 
    • aver stipulato, in data 9 ottobre 2021, un contratto di locazione ad uso abitativo a canone concordato, secondo la disciplina di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 9  dicembre 1998, n. 431; ­ 
    • aver optato per il regime della cedolare secca;
    • essere  in  possesso dell'attestazione  rilasciata,  in data  21 ottobre  2021, dalle organizzazioni rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori vigente nel predetto Comune.

    Inoltre, sottoliena che l'immobile è sito in un Comune dove è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992 

    Egli chiede se, in  relazione  ai  redditi  derivanti dal  contratto  di locazione stipulato nel 2021 possa accedere al regime della cedolare secca con aliquota del 10 per cento, prevista dall'articolo 3, comma 2, quarto periodo del decreto legislativo 14 marzo  2011, n. 23 (cedolare secca sugli affitti) sulla base della previsioni di cui all'articolo 9, comma 2­bis e del decreto legge n. 47 del 2014 in considerazione del fatto che il predetto Comune rientra tra i quelli per i quali è stato deliberato nei cinque anni precedenti la  data di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto n. 47 del 2014 lo stato di emergenza

    Le Entrate ricordano che l'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ha introdotto, a partire dal 2011, un nuovo regime facoltativo di tassazione dei redditi derivanti dalla locazione per finalità abitative degli immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze.

    La possibilità di optare per il regime facoltativo di imposizione è riservata alle  persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità  immobiliari abitative locate, che non agiscono nell'esercizio di un'attività di impresa, o  di arti e professioni. L'opzione comporta l'assoggettamento del canone di locazione ad una imposta  operata nella forma della cedolare secca.

    In relazione a tale regime sono stati forniti chiarimenti con la circolare del 1° giugno 2011, n. 26/E, cui si rinvia per eventuali approfondimenti. 

    L'imposta  dovuta  nella  forma  della  cedolare  secca è  determinata con  l'applicazione di una aliquota ordinaria del 21 per cento. 

    L'articolo 3, comma 2, quarto periodo, dello stesso d.lgs. n. 23 del 2011 prevede «Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3, e 8 della  legge 9 dicembre 1998, n. 431,relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto­legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione  abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, l'aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 10 per cento».

    Il comma 2­bis dell'articolo 9 del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, ha previsto  che la predetta aliquota agevolata del 10 per cento si applichi anche per i contratti di  locazione, stipulati in relazione ad immobili ubicati nei Comuni in cui è stato deliberato  lo stato di emergenza negli ultimi 5 anni precedenti il 28 maggio 2014 (data di entrata in vigore della legge 23 maggio 2014, n. 80 ­ Pubblicata nella Gazza. Uff. 27 maggio 2014, n. 121 ­ di conversione del decreto legge n. 47 del 2014). L'articolo  4,  comma  3­novies, del  decreto legge  30  dicembre  2019,  n.  162  ha  sostituito il comma 2­bis dell'articolo 9 del decreto legge 2014, n. 47. prevedendo che «2­ bis. L'aliquota prevista all'articolo 3, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, si applica anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali sia stato deliberato, nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, lo stato di emergenza a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi previsti dall'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per l'anno 2020 l'agevolazione si applica esclusivamente ai  contratti di locazione stipulati nei comuni di cui al periodo precedente con popolazione fino a 10.000 abitanti». 

    Le Entrate specificano che alla lettura degli atti parlamentari emerge che tale disposizione è finalizzata ad estendere ai Comuni per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi, la riduzione di aliquota al 10 per cento della cedolare secca, da applicare ai canoni derivanti dai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo a canone concordato. Per effetto di tali disposizioni l'aliquota del 10 per cento della cedolare secca si applica, per tutti i contratti di locazione a canone concordato, stipulati nei Comuni  per i  quali  sia  stato  deliberato  nei cinque anni  precedenti il  28 maggio  2014 lo  stato  di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi e per l'anno 2020 solo per i contratti stipulati nei predetti comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti. 

    Nel caso in esame, per il Comune in cui è ubicato l'immobile è stato dichiarato lo  stato di emergenza e, pertanto, ai canoni derivanti dal contratto di locazione stipulato nel 2021 spetta l'aliquota del 10 per cento della cedolare  secca di cui all'articolo 3, comma 2, sopra citato.

    Allegati:
  • Risparmio energetico

    Lavori di efficientamento energetico: quando spetta doppia detrazione

    Con Risposta a interpello n 143 del 23 gennaio 2023 le Entrate chiariscono quando gli interventi di efficientamento energetico eseguiti sullo stesso immobile in periodi d’imposta differenti non sono l’uno (il secondo) la mera prosecuzione dell’altro, quindi, godono ognuno della detrazione spettante con limite di spesa massimo. 

    In particolare, viene specificato che l’autonomia dei lavori effettuati in anni diversi è dimostrata dagli adempimenti amministrativi necessari per la loro realizzazione.
    Nel caso di specie l’Agenzia ha fornito chiarimenti ad un istante che aveva dubbi in merito alla sistemazione e il rifacimento della copertura di uno stabile, per i quali ha prodotto copia della Cila e della comunicazione all’Enea della fine dei lavori, presentate rispettivamente ad agosto e a dicembre 2019, nonché della fattura emessa dalla ditta che ha effettuato gli interventi e sullo stesso stabile, aveva provveduto anche alla sostituzione degli infissi, ma l'anno successivo, fornendo copia degli stessi documenti presentati e datati 2020.

    Egli chiedeva:

     “nel caso in cui gli interventi … realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni'' 

    Le Entrate hanno replicato invece che l'istante potrà beneficiare:

    • nel periodo d'imposta 2020, della detrazione fiscale del 50% fino a un valore massimo di 60mila euro, con riferimento alle spese sostenute per la sostituzione degli infissi, 
    • anche se ha già usufruito, nel periodo 2019, della detrazione fiscale del 65% fino a un valore massimo di 60mila euro, per le spese di sistemazione e rifacimento del tetto, come da dichiarazione della ditta individuale che li ha eseguiti.

    Viene specificato che con la circolare n 175/2015 è stato chiarito che l’intervento, per essere considerato autonomamente detraibile rispetto a quelli eseguiti in anni precedenti sulla medesima unità immobiliare, deve essere autonomamente certificato dalla documentazione richiesta dalla normativa edilizia vigente.

    Con la circoalre n 19/2020 viene precisato invece che l'autonoma configurabilità dell'intervento è dimostrata da elementi riscontrabili in via di fatto oltre che dall'espletamento dei relativi adempimenti amministrativi, come ad esempio, Scia, eventuale collaudo o dichiarazione di fine lavori.

    Visto che gli adempimenti amministrativi presentati dall’istante, in relazione ai due interventi, sono indubbiamente riscontrabili, come previsto dall'art 14 del decreto legge n. 63/2013, che attualmente disciplina le detrazioni in oggetto, le Entrate ritengono che lo sconto fiscale spetti nella misura del 65% fino a un valore massimo di 60 mila euro per l'intervento del 2019 e nella misura del 50% fino a un valore massimo di 60 mila euro per la sostituzione degli infissi.

    Allegati:
  • Successioni

    Immobile accastato su più particelle: charimenti sul bonus prima casa

    Con risposta a interpello n 155 del 24 gennaio le Entrate forniscono utili chiarimenti sulla agevolazione prima casa nella successione ereditaria.

    In particolare, viene chiarito in modo inedito che, l’agevolazione prima casa nella successione ereditaria spetta anche nel caso di trasmissione, per l’intero o per quote di comproprietà, di un’abitazione accatastata con più particelle, intestate a diversi soggetti, uno dei quali è il defunto, ma singolarmente prive di autonomia funzionale e perciò riunite di fatto ai soli fini fiscali.

    Spetta, identicamente, spiega l'agenzia anche per le pertinenze dell’abitazione che siano catastalmente costituite da una pluralità di particelle di diversa intestazione ma unite di fatto a fini fiscali.

    Vediamo il dettaglio del caso di specie sottolienando che il chiarimento delle Entrate non ha precedenti pertanto utile a tutte le situazioni specifiche e analoghe a quella dell'interpello in oggetto.

    L'istante afferma che nel febbraio 2022 è deceduta la nonna già vedova senza lasciare testamento. Gli eredi legittimi sono:

    il figlio e per rappresentazione l'istante stessa, in quanto nel 2017 era morto l'altro figlio della nonna, suo padre. 

    L'istante raffigura che tra i beni ereditari rientra un edificio «costruito a cavallo di due particelle di terreno con diversa intestazione (l'una, part. 449 sub. 3­4­7­8­9, di esclusiva proprietà della nonna  l'altra, part. 534 sub. 3­4­6­7­8, in comunione con il marito deceduto».

    L'immobile presenta «tre unità abitative (A/2), ciascuna delle quali costituita da due particelle catastali con diversa intestazione, ma senza autonomia  funzionale e reddituale e perciò riunite di fatto a fini fiscali».

    Al riguardo, l'istante riporta un prospetto riassuntivo con le intestazioni delle due particelle e dei relativi subalterni anteriormente alla morte della nonna:

    1. ­ appartamento al piano T: particella 449 ­ sub. 7 intestata a Mevia e particella  534 ­ sub. 6 intestata alla nonna, al figlio, all'istante e alla madre. 
    2. ­ appartamento al piano T­1: particella 449 ­ sub. 8 intestata alla nonna e  particella 534 ­ sub. 7 intestata alla nonna, al figlio, all'istante e alla madre; 
    3. ­ appartamento al piano 2: particella 449 ­ sub. 3 intestata alla nonna; e particella  534 ­ sub. 7 intestata alla nonna, al figlio, all'istante e alla madre. 

    Viene precisato che l'unità abitativa posta al secondo piano (particelle 449 ­ sub  3 e 534 ­ sub 7) costituisce la propria abitazione principale, in cui l'istante dimora insieme alla madre. 

    L'istante afferma, inoltre, che «lo stesso edificio consta poi delle seguenti due pertinenze (C/2 e C/6), ciascuna delle quali pure costituita da due particelle catastali con diversa intestazione, ma anch'esse senza autonomia funzionale e reddituale e perciò riunite di fatto a fini fiscali». 

    Si domanda se, ai  fini della denuncia di successione della nonna, se  possa godere dell'agevolazione  ''prima  casa'' ai sensi  dell'articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, in relazione all'unità immobiliare abitativa sopra descritta in cui vive, nonché «su entrambe le particelle che rispettivamente compongono ciascuna delle due pertinenze»

    L'agenzia dopo il riepilogo delle norme, specifica che, l'istante potrà richiedere l'agevolazione  ''prima  casa''  in  relazione  ad  uno solo degli immobili caduti in successione, da individuare nella relativa dichiarazione, anche se lo  stesso risulti formalmente costituito da due particelle catastali (con distinta titolarità), a condizione che le stesse risultino ''unite  di  fatto'' ai fini fiscali,  in quanto  prive  di autonomia funzionale e reddituale, nel puntuale rispetto della procedura delineata nella circolare 13 giugno 2016, n. 27. 

    A tal  fine, infatti, occorre che di tale situazione risultievidenza negli  archivi catastali;  il citato documento di  prassi precisa che 

    «L'Ufficio competente dell'Agenzia delle Entrate, immediatamente dopo la registrazione in banca dati catastale delle menzionate dichiarazioni di variazione, provvede ad inserire, negli atti relativi a ciascuna porzione immobiliare, la seguente annotazione ''Porzione di u. i. u. unita di fatto con quella di Foglio xxx Part. yyy Sub. zzzz. Rendita attribuita alla porzione di  u.i.u. ai fini fiscali''».

    Si fa presente, in ogni caso, che l'immobile costituito dalle particelle  catastali unite di fatto ai fini fiscali deve costituire una casa di abitazione  diversa da quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9 (cfr. circolare 12 agosto 2005, n.  38/E al paragrafo 3.4, seppure con riferimento all'acquisto di immobili contigui).

    Tali considerazioni valgono anche con rifermento alle pertinenze, composte da più particelle  senza autonomia  funzionale e  reddituale e perciò  riunite di  fatto ai  fini fiscali, fermo restando il rispetto della richiamata procedura

    In sostanza, l’interpretazione dell’Agenzia produce il risultato che se una casa è la sommatoria di fatto di una particella intestata a Tizio e una intestata a Caio, quando Tizio vende o muore, la trasmissione all’avente causa può beneficiare dell’agevolazione prima casa, ricorrendone i presupposti. 

    Allegati:
  • Redditi esteri

    Tassazione immobile venduto in paese UE: il caso del residente in Italia

    Con Risposta a interpello n. 122 del 20 gennaio le Entrate chiariscono dubbi sulla assoggettabilità ad imposizione in Italia di reddito derivante dalla vendita di immobile acquistato nei Paesi Bassi, da parte di un soggetto che vive e lavora in Italia e in Spagna.

    Il contribuente dichiara di aver venduto un immobile, acquistato più di cinque anni prima, nei Paesi Bassi, ricavandone una plusvalenza già assoggettata a imposizione in Olanda. La sua domanda riguarda il trattamento fiscale da riservare a tale introito in Italia.

    Le Entrate specificano che in relazione al reddito derivante dall'alienazione del bene immobile ubicato nei  Paesi  Bassi,  occorre far riferimento,  sotto  il profilo  della normativa  internazionale, all'articolo 13 della Convenzione per evitare la doppia imposizione tra l'Italia ed i Paesi  Bassi, firmata all'Aja l'8 maggio 1990 e ratificata con legge 26 luglio 1993, n. 305 (Convenzione o il Trattato tra Italia e Paesi Bassi). 

    In particolare, al paragrafo 1, viene prevista la tassazione concorrente in Italia ed Olanda degli utili che un residente di uno degli Stati ritrae dall'alienazione di beni  immobili, situati nell'altro Stato, di cui all'articolo 6 della stessa Convenzione. 

    Si rileva, pertanto, che nell'ipotesi di una residenza italiana della contribuente il reddito in esame, realizzato dall'Istante nell'anno  di riferimento, ai sensi della Convenzione citata, è assoggettabile ad imposizione sia in Italia, sia nei Paesi Bassi.

    Sul piano della vigente normativa italiana, si evidenzia che, nel presupposto che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia, lo stesso è assoggettata ad imposizione nel nostro Paese, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del  TUIR, sul suo reddito complessivo, formato da tutti i redditi posseduti per l'intero periodo  d'imposta, al netto degli oneri deducibili ai sensi dell'articolo 10 del medesimo TUIR.

    In particolare, per quel che concerne il reddito in esame, l'articolo 67, comma 1,  lettera b), del TUIR prevede l'imposizione delle plusvalenze realizzate mediante cessione  a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che, per la maggior parte  del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. 

    Al riguardo, si osserva che la citata disposizione normativa non è circoscritta alle sole plusvalenze generate dalla  vendita di immobili ubicati nei confini  nazionali ma, risultando come elemento determinante la presenza di un soggetto cedente residente in Italia, ricomprende anche le plusvalenze derivanti dalla vendita di beni immobili situati  all'estero. 

    Si rileva, tuttavia, che, in base a quanto disposto dal citato articolo 67, comma 1,  lettera b), del TUIR, in caso di cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti  da oltre cinque anni non è prevista alcuna imposizione di tali plusvalenze. 

    In conclusione, spiega l'agenzia, nel presupposto della veridicità e completezza della fattispecie rappresentata nell'istanza, si osserva che il reddito in esame non dovrà essere assoggettato ad imposizione nel nostro Paese e, di conseguenza, non dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi, presentata dal Contribuente, relativa  all'anno  d'imposta di riferimento.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Credito di imposta ZES: particelle catastali “parzialmente incluse”

    Con Risposta a interpello n 132 del 23 gennaio le Entrate replicano ad una Srl istante proprietaria di un opificio industriale le cui particelle catastali risultano inserite nell'elenco dei comuni inclusi nella Zes della regione Puglia come ''particelle parzialmente incluse''.

    Essa chiede chiarimenti in ordine alla possibilità di fruire dei vantaggi previsti per chi effettua investimenti nelle ZES e, in particolare, del credito d'imposta disciplinato dall'articolo 5, comma 2, del decreto legge 20 giugno  2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123.

    Le Entrate ricordano che l'articolo 4 del decreto legge n. 91 del 2017, recante ''Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno'' da ultimo modificato  dall'articolo 37 del decreto legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  29  giugno  2022,  n.  79,  «al fine di favorire la creazione di condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché l'insediamento di nuove imprese in dette aree», ha previsto la possibilità di istituire le Zone Economiche Speciali,  all'interno delle quali tali imprese possono beneficiare delle agevolazioni fiscali e delle  semplificazioni amministrative previste dall'articolo 5 del medesimo decreto. 

    «Per  ZES»  secondo  quanto  previsto  dal  comma  2  del citato articolo 4 «si intende una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,sugli orientamenti dell'Unione perlo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TENT)». 

    L'articolo 5 del decreto, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 37 del  citato D.L.  n.  36  del  2022, al comma  2,  prevede che:  «In relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d'imposta di cui all'articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al medesimo articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Il credito di imposta è esteso all'acquisto di terreni e all'acquisizione, alla realizzazione ovvero all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti (…)» 

    Le ZES sono istituite su iniziativa delle regioni interessate che individuano tali  zone, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto, nell'ambito di una proposta corredata  da un Piano di sviluppo strategico. 

    In merito al quesito le Entrate specificano che al ricorrere di tutti i presupposti normativamente previsti, la circostanza che una struttura produttiva sia ubicata su «particelle parzialmente incluse» nell'area della ZES non sia di  per sé ostativa all'accesso al credito d'imposta in questione. 

    Tuttavia, in relazione alle «particelle parzialmente incluse», in coerenza con la ratio  delle  disposizioni in esame  che è quella di creare condizioni  favorevoli per lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché per l'insediamento  di nuove imprese, anche attraverso una fiscalità di vantaggio  e della stretta connessione  con il territorio  specifico  di  riferimento, devono ritenersi agevolabili  esclusivamente  quegli investimenti  ''localizzati'', anche parzialmente, in strutture  produttive ricadenti nelle porzioni di particelle incluse nella ZES. 

    Qualora l'investimento agevolabile, dunque, sia realizzato da soggetti operanti su  territorio parzialmente incluso in una ZES, il bonus qui in esame compete solo per le  spese riferibili alla parte effettivamente localizzata nella stessa ZES. 

    Le Entrate concludono che, resta fermo che il contribuente ha l'onere di mantenere evidenza della quota di  spese riferibile ai predetti interventi in termini di fatturazione o a mezzo di un'apposita  attestazione rilasciata dall'impresa di costruzione o ristrutturazione ovvero dal direttore  dei lavori sotto la propria responsabilità, che indichino gli importi riferibili alla porzione di intervento localizzata nella ZES (ossia, dell'investimento agevolabile) utilizzando in entrambe le ipotesi criteri oggettivi (elemento quest'ultimo la cui valutazione esula dall'ambito di applicazione dell'interpello) e, quindi, dimostrabili in sede di eventuale verifica da parte dell'amministrazione finanziaria.

    Si ricorda, che il credito di imposta in oggetto è stato proprogato dalla Legge di Bilancio 2023 (In proposito leggi Credito di imposta zone ZES: proroga al 31 dicembre 2023).

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